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Autore: Lily_Chase    21/02/2023    1 recensioni
La nascita della figlia Daenerys porta la regina Rhaella a ripercorrere la sua vita e a dirle addio.
Dal testo:
Valyria è i suoi discendenti sono già morti, pensò la regina, mentre con un ultima spinta si sgravava di quel figlio concepito dallo stupro.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aerys II Targaryen, Daenerys Targaryen, Rhaegar Targaryen, Rhaella Targaryen, Viserys Targaryen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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La notte è oscura e piena di terrori, 

ma il fuoco li brucia via tutti

 

Rhaella Targaryen urlò e all’esterno la tempesta urlò più forte di lei. 

Il dolore si propagava dal ventre in tutto il corpo, la possedeva, la comandava e dentro di lei il bambino si contorceva su se stesso, non dandole tregua. 

Almeno era certa che fosse vivo, ma non si illudeva di sapere ancora per quanto: conosceva la durata di vita dei cuccioli d’uomo, all'incirca come un battito di ciglia, se poi erano frutti del suo grembo ancora meno. 

 

Un'altra fitta la fece urlare, si aggrappò alla colonna vicino al letto; presto non sarebbe più riuscita a camminare. 

Le levatrici le furono subito accanto, le chiesero, la implorarono di sdraiarsi. Si rifiutò, non era ancora il momento. 

 

Conosceva tutte le fasi del parto a memoria, sia per tutte le volte che le erano state illustrate da sua madre e dalla sua septa, sia per tutte le volte che l'aveva vissuto in prima persona. 

Si ricordava che da bambina l'aveva disgustata ascoltare le due donne parlargliene: le descrizioni nei minimi particolari non lasciavano spazio all’immaginazione e lei ne era rimasta spaventata. Ricordava che dopo era scappata da suo padre, tra le sue braccia aveva affermato che mai avrebbe dato alla luce un piccolo lord. Lui aveva riso e, con quello sguardo pieno di amore, che rivolgeva unicamente a lei, le aveva dato ragione. E poi aveva aggiunto che, infatti, il frutto del suo grembo sarebbe stato un principe. 

 

Aveva avuto ragione: ogni volta che stava per partorire o che guardava il suo primogenito gli tornavano in mente le parole di suo padre. 

 

Si amavano i suoi genitori, di un amore puro e sincero, quello che non aveva mai unito lei e Aerys. 

 

Rhaella si era sempre chiesta se era per colpa della sua incapacità di amare il marito, o l'imposizione dei suoi genitori di farli sposare oppure, più semplicemente, i peccati di Aerys che le avevano fatto perdere tanti bambini. 

Non si rassegnava all’idea che fosse solo una drammatica casualità a non farla essere madre, preferiva una colpa, anche sua, come spiegazione. 

 

Il matrimonio suo e di Aerys non era sempre stato una tragedia. Inizialmente era stata una rassegnazione, una sconfitta. Poi una gioiosa convivenza: non si amavano, ma si volevano bene e da quel sentimento di rispetto reciproco era nato Rhaegar. 

Quello era stato il parto più spaventoso, l’incendio di Sala dell'Estate, assassino di sua madre e della sua intera famiglia, come sfondo a quel travaglio rapido e doloroso. Ma il bambino nato dalla tragedia, come sussurravano le levatrici, era stato una benedizione. Aerys aveva ringraziato per mesi lei e gli dei per quella piccola vita. 

Poi loro padre era morto e suo fratello era andato a sedare una rivolta. Non era tornato per mesi e, forse, sarebbe stato meglio se non fosse tornato affatto. Gliele aveva confessato lui stesso, in uno dei suoi rari momenti di lucidità.

 

Rhaella singhiozzò, con passo malfermo raggiunse il letto, era quasi il momento. 

Le levatrici iniziarono la loro danza, laboriose come api, le si affolavano intorno. Il piccolo dentro di lei sembrava essersi placato, a differenza del dolore che non smetteva. 

Questo la scosse. Il bambino poteva essere già morto.

 

Dopo Rhaegar cerano stati gli aborti, due, entrambi troppo presto perchè la gravidanza si notasse, ma non per questo non l'avevano ferita. All’epoca era troppo giovane e inesperta del dolore.

 

Dopo otto anni da quel primo figlio era nata Shaena, battezzata così per sua madre. Non amava particolarmente il nome, ma avrebbe amato la bambina, se solo questa fosse vissuta per più di tre ore. La sua morte l'aveva distrutta. 

Aerys invece, a parte il dispiacere iniziale, l'aveva vista come una conferma della loro fertilità: un incidente di percorso, come era solito a dire, poteva capitare.

 

Due anni dopo nacque Daeron: i sette regni, insieme al loro re e al loro principe, ne erano entusiasti. 

Era un infante piccolo, ma i maestri dicevano forte. Lei invece, anche dopo che furono trascorse le prime ore di vita, non riusciva a rasserenarsi. Aerys diceva che doveva solo ringraziare gli dei di averla fatta partorire in fretta e con poco dolore. 

Rhaegar, invece, girava sempre intorno alla culla del fratellino, leggeva per lui, cantava per lui e per lui pianse quando morì. E allora lei seppe che il suo presentimento era stata l’ombra dello Sconosciuto che, aveva inseguito il suo bimbo da quando era uscito dal suo grembo e alla fine, l'aveva raggiunto. Non affrontò mai veramente quella morte, troppo presa a consolare quel figlio che l’era rimasto per pensare al suo dolore. 

 

Quasi neanche si rese conto della nuova gravidanza che era sopraggiunta, fino a quando, con due lune di anticipo, venne al mondo Aegon. Quel figlio era condannato fin dal suo primo, inaspettato, vagito, lo sapevano tutti. Tutti tranne Aerys. Lei faticò a riprendersi da quel terribile parto e alla morte del figlio lui l’accusò di tradimento, lei per risposta gli scoppiò a ridere in faccia. Per quanto lo desiderasse mai sarebbe stata così folle da tradire il suo folle marito. 

 

Due anni dopo nacque Jaehaerys: argentato, paffuto, forte e sano. Nessuna premonizione di sventura scaturiva dalla sua mente, nessun ammonimento dalla bocca di suo padre. Il loro piccolo principe, come lo chiamava la corte, riuscì dove anche Rhaegar aveva fallito: risanò, seppur temporaneamente, la mente malata del sovrano. 

L’unico che all’infante non si avvicinava era il fratello maggiore, ma Rhaella non lo biasimava, suo figlio aveva 15 anni, i bambini non erano un suo interesse, e poi solo lei sapeva che ferita profonda gli aveva inferto la scomparsa di Daeron. 

Jaehaerys non aveva motivi di morire e invece ne trovò uno, o meglio, il motivo trovò il suo bambino. Fu un amante di suo marito ad ucciderlo, lo sapevano tutti, ma tutti tacquero, tranne il re. La vita di suo figlio durò nove mesi e con la sua scomparsa sparì definitivamente anche la parte sana che ancora viveva in Aerys. 

Come sempre fu Rhaegar a salvarla, con più pazienza e dedizione delle altre volte, suo figlio si occupò di lei. Una sera arrivò addirittura a sussurrarle di provare a non averne altri: le confessò di non riuscire più a sopportare di sopravvivere a tutti quegli infanti. Le chiese, senza mezzi termini, quale potesse essere il motivo, lei allora gli diede la stessa risposta che il re suo padre aveva dato a lei: viviamo per uno scopo, qualunque esso sia, e se siamo fortunati lo capiamo solo un attimo prima di morire.

Lei, comunque, provò a rispettare il desiderio del figlio che da ormai molto tempo era il suo, ma fallì. 

 

Un anno dopo venne al mondo Viserys. 

Tutta la corte si relazionò a quel bambino come lei: con rassegnazione. Presto o tardi sarebbe morto. Non era particolarmente robusto o forte, e i suoi giorni, per un motivo qualsiasi, erano contati. Arrivò perfino a implorare la Madre di non farlo morire con dolore, perché ormai, per il frutto del suo grembo era l'unica cosa che poteva sperare.

 

E invece Viserys visse, e le restituì la gioia. Inseguire quell’adorabile fanciullo per la fortezza rossa, insegnargli a parlare e camminare la fece sentire viva, il suo ultimo figlio le donò una nuova giovinezza. Tutti si affezionarono al principe e, inaspettatamente, anche il fratello, di cui Viserys divenne fedele seguace. 

Tutti tranne il padre che, al secondo compleanno del bambino, le disse che se doveva mettere al mondo una creatura sana che almeno fosse stata femmina, giacché ora non sapeva con chi far sposare il suo erede. 

 

Invece Aerys trovò una moglie al suo primogenito, una principessa Dorniana. 

Elia, così si chiamava la giovane, diede, con fatica, a Rhaegar due figli: Rhaenys e Aegon. E per quanto essi fossero frutto di un sentimento puro, fu il suo stesso figlio a confessare alla regina che non amava la principessa. Si volevano bene, ma non si amavano. 

Ma nelle rare occasioni in cui aveva visto la fanciulla, poiché dopo la nascita della prima figlia i due sposi si erano trasferiti a Roccia del Drago per sfuggire al re, Rhaella aveva colto gli sguardi che la giovane lanciava al principe quando pensava di non essere vista, e si era rammaricata sia dell'ingenuità del suo primo figlio, sia del destino ingiusto della sua sposa. 

Ma ormai Rhaegar era un uomo, più che in grado di scegliere. E soprattutto, ringraziando gli Dei, aveva preso così poco da suo padre che la madre non metteva in dubbio la saggezza del figlio.

 

Quanto si era sbagliata, pensò mentre le levatrici la incitavano a spingere. Quanto era stata sciocca a non vedere il cambiamento del principe dopo il torneo di Harrenhal, a non vedere l'amore riflesso nei suoi occhi, a non notare la scintilla di ribellione e il peso della preoccupazione che tormentavano il suo bambino. 

 

L'aveva salutata Rhaegar, due volte.

La prima quando era scappato dalla giovane Stark lasciando nella Fortezza Rossa moglie e figli. Lei però, all'epoca, non ne conosceva le intenzioni. 

Il rapido bacio e il sorriso triste erano andati perduti nelle risate di Viserys e di sua nipote che giocavano a rincorrersi nel fortino di Maegor.

Più tardi, quel giorno, era toccato a lei consolare la piccola Rhaenys, abbandonata dal padre, e coccolare il piccolo Aegon perché Elia non sembrava avere neanche più la forza per vivere.

 

La contrazione la fece urlare, il bambino però non si mosse.

Il terrore l'ancorava al letto peggio del dolore.

 

Il secondo saluto era avvenuto davanti all'esercito in attesa, come una promessa, aveva pensato Rhaella. Non aveva fatto in tempo a chiedere al figlio il motivo del suo gesto né di informare lui o chiunque altro della gravidanza. Ma nello sfiorargli la fronte in segno di benedizione aveva giurato a se stessa che in un modo o nell'altro si sarebbero rivisti.

 

Ma poi lui era morto, pensò la regina mentre si contorceva.

Morto erano state le parole dette dal soldato, giunto qualche ora prima a Roccia del Drago.

 

Scappare nella fortezza dei loro antenati allo scoppiare della ribellione era stata un'imposizione del re alla moglie e al figlio. Un modo per proteggerli indirettamente da un destino terribile, concessione non fatta alla principessa Elia e ai suoi eredi.

Rhaella si era sentita in colpa nel provare sollievo quando il re non aveva concesso alla nuora e ai nipoti di seguire lei e Viserys. 

Quelle tre anime le rammentiamo troppo spesso la perdita dei suoi figli e l'infelicità di Rhaegar. Oltre al fatto che la regina, con la nuova gravidanza, non sarebbe riuscita ad occuparsi di due bambini e l'infelice Elia era un peso troppo grande da sopportare. 

 

Si era sentita in colpa all'epoca e ora si sentiva morire. Egoista erano le parole che le bruciavano sulla pelle.

Elia e i suoi figli erano stati assassinati, il suo Rhaegar era cenere e suo marito era stato ucciso.

 

Era la fine della sua casata? Poteva la dinastia iniziata a Valyria che aveva conquistato un intero continente, che aveva cavalcato draghi, bruciato città e regnato per tre secoli terminare con una donna che partoriva un bambino morto mentre l'altro figlio che le rimaneva piangeva in un angolo della stanza? Era davvero questa la morte degli ultimi valyriani? 

 

Valyria è i suoi discendenti sono già morti, pensò la regina, mentre con un ultima spinta si sgravava di quel figlio concepito dallo stupro.

 

Incredibilmente, mentre l'aria tornava a bruciarle nei polmoni, sentì un pianto, forte e sicuro. 

Con la vista annebbiata Rhaella alzò la testa, e allungò le mani. La levatrice pose in esse un fagotto urlante che si calmo immediatamente al contatto con la madre.

- È una femmina maestà -

 

Se già la fatica del parto e la sorpresa che l'infante fosse nato vivo non l'avessero fatta stupire, ci sarebbe riuscita quella semplice combinazione di parole.

 

Femmina, figlia, bambina, fanciulla, principessa, regina. 

Erano questi i nomi, preghiere sussurrate prima di addormentarsi, tanti anni prima, da una donna sola, che chiedeva agli dei un'unica benedizione.

Sua figlia, pensò, mentre la bimba rivelava due occhi indaco identici ai suoi, identici a quelli di Rhaegar.

 

Nata dalla tempesta… No aspetta, quel pensiero non era suo. Perché mai la sua bambina doveva essere nata dalla tempesta se l'aveva messa al mondo lei?

Non l'aveva pensato la sua mente, però ci era finito dentro, frutto del sangue di Daenys la sognatrice. 

Nata dalla tempesta perché senza madre, la promessa fatta al primogenito di rivedersi, la punizione per provare sollievo nel lasciare indietro i suoi incubi e la sua famiglia. Morire.

 

La madre strinse a sé un po' più forte la figlia. 

Il mondo all'esterno di quell' abbraccio era composto da una tempesta di fulmini e le urla delle levatrici che tentavano di fermare il sangue. Il mondo che presto la bambina avrebbe affrontato da sola. 

Daenerys, la bambina si doveva chiamare Daenerys, come la sua antenata che aveva conquistato l'amore di un popolo con solo la sua forza e bontà. 

 

- Viserys- chiamò la regina.

Il bambino le fu accanto. Piangeva. Aveva assistito a tutta la scena è sapeva cosa stava per accadere. 

La paura, vide nei suoi occhi Rhaella, d'ametista come quelli del padre, come quelli del fratello-marito che lei stava per raggiungere. 

- Bambino mio, ascoltami. Devi essere forte e coraggioso, devi prenderti cura di tua sorella, amala, proteggila, fanne di lei una principessa e raccontale di quanto vi amassi e anche tu non dubitarne mai.- 

 

Ora anche gli occhi della madre erano bagnati di lacrime nel dire addio ai suoi figli.

Mise tra le braccia del bambino di nove anni la neonata, che riprese a piangere.

 

- Daenerys, chiamala Daenerys. E ora va, scappa, prima che arrivino.-

 

Viserys si allontanò di qualche passo dal suo letto, la guardò un'ultima volta e lei annuì, e così con quell'ultima immagine della madre e con la sorellina stretta tra le braccia, il bambino si girò e corse fuori.

 

Rhaella, solo allora, si permise di scoppiare in singhiozzi mentre l'oscurità dai margini della stanza guadagnava terreno.

Era questo che avevano provato i suoi figli, mentre morivano? 

Avevano avvertito il freddo, la paura, la mancanza, ma anche un senso di esaltazione nel sapere che presto sarebbero stati bene, che sarebbero stati liberi? 

 

Incredibilmente il buio prima dell'oblio le mostrò la vita. 

Vide Aerys, giovane e prigioniero e poi uomo pazzo, come lei lo aveva lasciato, un istante prima della coltellata mortale.

Le mostrò Rhaegar morire con il nome della donna che amava sulle labbra e poi vide quella stessa giovane lupa spirare come stava spirando lei. 

Infine la sua bambina, la vide donna che partoriva morte, senti il ruggito dei draghi, avvertì l'odore della sua città in fiamme, senti il dolore di un pugnale e poi…

- Rhaegar?-





   
 
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