Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart
Ricorda la storia  |       
Autore: EleWar    26/02/2023    10 recensioni
“Non dovevi andare in quel club per imparare a sparare, non ti permetterò di uccidere nessuno!” sentenziò l’uomo, cercando di ergersi sull’esile figura della socia.
E' difficile non ricorrere alle pistole quando si è degli sweeper professionisti, ma Ryo non vuole che Kaori diventi un'assassina... eppure... sarà solo questo che metterà in subbuglio i nostri amati City Hunter?
Genere: Angst, Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Kaori Makimura, Nuovo personaggio, Ryo Saeba, Saeko Nogami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Benvenuti a questa mia nuova long, spero che vi piaccia. E’ un po’ più ‘tosta’ delle mie solite, ma tanto sapete che con me non dovete penare troppo ^_^
Buona lettura
Eleonora

 
 
 
Cap.1 - Scintille
 
“Non guardarmi così, non mi fai paura, e non mi fai nemmeno sentire in colpa!” gli disse Kaori con aria di sfida, un bagliore gelido negli occhi.
 
“Te l’avevo detto che non avresti dovuto farlo!” rispose Ryo accigliato.
 
“Senti, ne abbiamo già parlato. Questo lavoro ce l’ho nel sangue, e non lo lascio per niente al mondo, ma ho bisogno di imparare a cavarmela da sola” continuò la ragazza sullo stesso tono, pronta a non cedere di un millimetro.
 
“Non dovevi andare in quel club per imparare a sparare, non ti permetterò di uccidere nessuno!” sentenziò l’uomo, cercando di ergersi sull’esile figura della socia.
 
“Ma non voglio uccidere nessuno! Come te lo devo dire? Però devo essere in grado di difendermi, e se sono costretta a sparare, devo poterlo fare bene, per non colpire organi vitali” argomentò, con una nota di esasperazione nella voce Kaori.
 
“Non ne hai bisogno perché ci sono io a proteggerti!” Sentenziò Ryo, convinto che con questo avrebbe chiuso il discorso una volta per tutte.
 
“E invece no, tu non ci sei e non ci sarai sempre. E comunque io non ho bisogno di un protettore, ma di un uomo accanto, uno che mi apprezzi per quello che sono, e che mi faccia sentire amata…” Stavolta Kaori non avrebbe lasciato perdere il discorso che, con mille varianti, avevano già affrontato e che li portava sempre allo stesso punto, invariabilmente.
 
“…. ci sei andata di nascosto da me” sibilò l’uomo, con l’orgoglio ferito.
 
“Certo, perché tu non saresti stato d’accordo; so come la pensi e, del resto, non mi hai mai voluto dare lezioni! E in ogni caso sì, l’ho fatto di nascosto, era un mio segreto, uno contro i cento che hai tu!” quasi gli gridò sul muso.
 
“Non è questo il punto. Non era così che doveva andare” Ryo continuava a volersi imporre sulla donna.
 
“E come doveva andare? Cosa avevi deciso per me, cosa avevi deciso per noi? Sei sempre tu che detti le regole per entrambi: io non ho mai voce in capitolo, ciò che voglio io non conta, finisce sempre in secondo piano” gli gettò in faccia la sweeper esasperata.
 
“Non è vero!” disse Ryo con tono tagliente.
 
“Ah, sì? Allora baciami, avanti fallo! So che mi desideri e sai che anche io ti voglio… baciami, adesso, subito!” lo sfidò apertamente la socia, mettendosi le mani sui fianchi, con gli occhi fiammeggianti di desiderio e audacia.
Non si era mai permessa tutta questa sfacciataggine, ma era stanca di quell’eterno balletto che stavano portando avanti già da troppo tempo.
 
Erano arrivati alla resa dei conti.
 
Ma lui non si mosse, non raccolse la provocazione, nonostante avrebbe voluto strapparle quel sorriso beffardo a forza di baci e morsi; nonostante tutto il suo corpo si protendesse verso quello di lei; nonostante baciarla fosse il suo più grande desiderio, tanto da sconvolgergli la mente, notte e giorno.
Eppure non era quello il modo, non era quello il momento, sarebbe stato come cedere, su tutta la linea; cedere alle sue maledettissime voglie, al suo amore, al sentimento che provava per lei; ma soprattutto sarebbe stato come cedere a lei, arretrare, farsi da parte, darle ragione, accontentarla, e lui non poteva farlo.
 
Non le avrebbe mai dato il permesso d’imparare a sparare.
 
“… lo sapevo, non ne hai il coraggio, e non mi dispererò dietro la stupida scusa che è perché non ti eccito abbastanza, perché so che non è così. Sei tu che sei un codardo, un vigliacco e…” non finì la frase e sbuffò, rassegnata e ferita insieme; con Ryo Saeba andava sempre a finire così.
 
Lei non ce la poteva fare, era un testardo bastardo maschilista, uno stronzo egoista ed egocentrico; un manipolatore, un libertino buffone, un cinico uomo di mondo… ma non poté aggiungere altro, che il suono insistente del telefono li strappò dal loro duello verbale.
 
Driinnn driiinnn!
 
Scese un silenzio greve fra i due.
 
Driinnnn driiinn!
 
“Pronto?” si decise a rispondere la sweeper.
 
Kaori? Ciao sono Kyokun Seitaro, ti ricordi di me?” rimbombò la voce nel ricevitore; nell’improvviso silenzio della stanza, quelle parole risuonarono chiare e comprensibili anche senza il vivavoce.
 
“Seitaro? Ma certo! Il ragazzo del poligono! Dimmi!” rispose Kaori, mettendoci molto più entusiasmo del dovuto.
 
Stasera, dopo il torneo, io e i ragazzi del club pensavamo di andare a bere qualcosa e mi chiedevo se ti andasse di unirti a noi” si udì distintamente dall’apparecchio.
 
Ryo non poteva non aver sentito.
Kaori si voltò a guardare Ryo, ritto al centro della stanza proprio dove l’aveva lasciato: la mascella serrata, gli occhi freddi come acciaio, i pugni stretti lungo i fianchi; dopo una brevissima pausa, la ragazza rispose nel ricevitore:
 
“Ma certamente, è una bellissima idea” e nel dirlo sorrise eccitata.
 
Ryo girò sui tacchi e lasciò la stanza.
 
 
Questo era tutto ciò che Kaori riusciva chiaramente a ricordare, dopo di che era quasi il nulla.
Aveva una vaga idea di essersi sentita, in quel momento, come Pirro, e di aver vinto, cioè, una battaglia che però non la faceva felice.
Non aveva ceduto davanti a Ryo, non gliel’aveva data di vinta sul non andare al poligono per imparare a sparare; aveva creduto di poter essere superiore a lui, di farlo ingelosire, perfino… di poter essere padrona del suo destino e delle sue scelte.
L’aveva addirittura sfidato a baciarla, ma lui non l’aveva fatto.
 
Le era sembrato di essere nel giusto, eppure lui se ne era andato lasciandola lì, senza dire una parola.
Ripensandoci, sicuramente dentro di sé aveva imprecato dietro a quel mulo impossibile del socio, ma non aveva perso tempo a fare recriminazioni o a maledirlo; era certa di essersi preparata per la serata, di aver preso la sacca sportiva e dei vestiti di ricambio per la serata nel locale scelto dai ragazzi, ma poi…?
Cosa era successo veramente?
 
Si guardò addosso.
 
Indossava brandelli di vestiti e, a giudicare da ciò che vedeva e riconosceva, quelli erano i jeans aderenti che aveva indossato quella sera, anche se erano tutti macchiati a vario titolo e il colore originale si perdeva fra gli sfilacci, gli strappi e tutto il resto.
Quelle macchie non erano solo fanghiglia e terra, alcune più dure erano sicuramente sangue, e non necessariamente solo il suo.
Si toccò la gamba, lì dove sentiva dolore, lo stesso che l’aveva strappata da un’incoscienza agitata e dolorosa; aveva una ferita profonda, sporca e incrostata di fango; miracolosamente aveva smesso di sanguinare però i bordi erano frastagliati, vermigli tendenti al violaceo, e non prometteva nulla di buono.
Provò a muoversi e una breve fitta le fece mancare il fiato.
Chiuse gli occhi e una miriade di stelle le tempestarono la calotta cranica.
Attese che passasse quel dolore atroce e poi, più lentamente, provò a muoversi.
 
I movimenti, seppur lenti e misurati, misero in moto una fitta ragnatela di dolori vari, e si sentì come se fosse finita sotto un treno, e che per un miracolo non fosse morta; le doleva praticamente di tutto.
Cosa le era successo esattamente?
Chi o cosa l’aveva ridotta in quel modo?
 
Improvvisamente si rese conto di avere freddo, un freddo pungente che le pizzicava le braccia nude, graffiate, doloranti; lentamente portò le mani al busto per scoprire che indossava solo il reggiseno, o ciò che ne restava, perché una bretella penzolava strappata dalla spalla e un seno occhieggiava dalla coppa.
 
Si spaventò.
 
Il pensiero di essere stata aggredita, magari malmenata, non era così terrificante come il dubbio di essere stata… violentata o abusata.
 
Tentò di concentrarsi, di provare a sentire se anche sentisse del dolore, ma era difficile dirlo perché non c’era un solo centimetro di pelle che non le facesse male.
 
Chiuse gli occhi, esausta.
 
Anche ragionare e pensare la faceva soffrire.
 
Dopo un po’ di tempo, e quanto non seppe dirlo neanche lei, riaprì gli occhi e cercò di guardarsi intorno.
Cosa vedeva?
 
Era raggomitolata sotto un albero, un sempreverde a giudicare dagli aghi che ne tappezzavano la base; alzando gli occhi al cielo ne seguì il complicato intrico dei rami, stranamente spogli.
Tutto intorno alberi simili.
Era finita in un parco?
In un giardino?
O peggio ancora in un bosco?
Ma non c’erano boschi a Shinjuku… A Tokyo c’erano parchi rigogliosi, ma perché non c’era traccia di sentieri, viottoli, gente che passeggiava, bambini rumorosi o il solito ronzio della metropoli in sottofondo?
 
Tentò di mettersi in piedi a più riprese, cercando la sequenza giusta dei movimenti per provare meno dolore possibile; infine la trovò.
Si appoggiò sfinita al tronco e, ansando, cercò di mettere a fuoco la sua situazione.
 
Mezza nuda, dolorante come se l’avessero percossa o fosse scampata ad un grave incidente, sola, abbandonata in un posto sconosciuto, apparentemente lontana dal consorzio umano; senza borsa, effetti personali, senza nemmeno un orologio per stabilire l’ora.
Senza la camicetta con i famosi bottoni-ricetrasmittenti con i quali sempre Ryo la ritrovava; senza speranza, senza… Ryo.
 
Ecco, l’ultima immagine che aveva di Ryo era lui che le voltava le spalle e se ne andava accigliato, e non seppe dire se quella visione le procurasse più rabbia o disperazione, perché in quel momento aveva urgentemente bisogno di lui e non sapeva come farlo tornare indietro.
 
Una gelida raffica di vento la riscosse: il cielo già grigio si stava velocemente incupendo e di lì a poco, se non fosse scesa la notte, di sicuro sarebbe arrivata la pioggia e, nelle condizioni in cui si trovava, non era l’ideale restarsene in quel modo all’aria aperta.
 
Era comunque autunno inoltrato, quello se lo ricordava e, a giudicare dalla natura selvaggia che la circondava, non c’era forse troppa speranza di trovare un riparo entro breve.
Non vedeva segni di attività umana, né costruzioni che ne attestassero la presenza; togliersi da lì era la sua priorità e, visto che una direzione valeva un’altra, decise di salire un lieve pendio che le si parava di fronte: almeno, sperava, se l’avesse portata su una vera e propria altura, da lì avrebbe potuto guardarsi meglio intorno e il suo sguardo avrebbe potuto spaziare più lontano.
 
Fatto un bel respiro, si dispose a muoversi, non prima che una sequela di dolori e fitte le strappassero mugugni e lamenti; per fortuna i muscoli si sciolsero e, fatti pochi passi, non fu poi così male riprendere a camminare.
 
Chissà per quanto tempo era rimasta rannicchiata a terra in quella posizione infelice; forse anche star lì scomoda, l’aveva fatta star male.
Mano a mano che saliva il leggero pendio, malgrado i dolori sparsi, le sembrava di tornare alla vita: il corpo ricordava di essere stato allenato, un tempo.
Kaori era un’atleta con un fisico tonico e scattante, si teneva in forma con lunghe sessioni in palestra, e veramente la sua vita di sweeper l’aveva portata a superare qualsiasi ostacolo fisico e mentale.
Quel malessere sparso e generalizzato non poteva nulla sul suo corpo sano e vigoroso, era solo un leggero impedimento, non era fiaccata totalmente e questo pensiero la rinfrancò.
 
Passo dopo passo, con l’ossigeno ad irrorare i polmoni e girare libero in circolo nel sangue, tornavano anche i ricordi: no, stavolta non era vittima della solita amnesia.
Piano piano le stava tornando tutto alla mente.
 
   
 
Leggi le 10 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart / Vai alla pagina dell'autore: EleWar