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Autore: OrnyWinchester    13/03/2023    9 recensioni
Di ritorno da una missione, uno scherzo di Galvano rischia di mettere in pericolo lui, Merlino e Artù. Una figura incappucciata compare sulla scena dello scontro: sarà lì per aiutarli o per sfidarli?
La storia è ispirata alla serie tv "Merlin" e si colloca tra le stagioni 3 e 4.
Questa storia è candidata agli Oscar della Penna 2024 indetti sul forum Ferisce la penna.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Galvano, Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
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Merlino, Artù e Galvano erano di ritorno verso Camelot da una missione in una località oltre i confini del regno e pativano particolarmente la calura della giornata rovente.
“Fa caldissimo, oggi!” esclamò Artù, accaldato e sudato. “Non vedo l’ora di tornare al castello, così potrai prepararmi un bel bagno, Merlino.”
“Già.” sbuffò il servitore, mentre lo seguiva a cavallo.
“Potete dirlo forte, Artù. Questo caldo è insopportabile e mi dà fastidio il sole che batte sulla testa.” gli fece eco Galvano.
“Non che quella testa ti serva a molto altro…” gli sorrise il principe, ironico.
“Molto divertente.” “Comunque, nelle vicinanze c’è un fiume e potremmo fermarci a rinfrescarci per qualche istante: un po' di refrigerio farebbe bene a tutti!” propose il cavaliere.
“Di sicuro.” convenne Artù. “Ma mi preme rammentarti, Galvano, che un cavaliere deve essere un esempio per gli altri e deve imparare a cavarsela anche nelle situazioni più complicate. Non sarà un raggio di sole ad ucciderti!”
Sir Galvano annuì, infastidito. Poi, allungò una mano verso l’alto, come a volersi fare accarezzare dal sole, e sussurrò a Merlino:
“Non gli riesce granché bene il ruolo di educatore…”
Il giovane mago sorrise, divertito, e continuò a seguire i due cavalieri fino a quando giunsero in prossimità del fiume. Qui preferì restare in disparte, seduto sull’erba soffice e profumata, mentre Galvano e Artù si avvicinarono alla sponda per bagnarsi. Se il primo impiegò solo qualche breve istante per liberarsi del mantello, della cotta di maglia e degli stivali per, poi, tuffarsi nel fiume e improvvisare una breve nuotata, il secondo preferì prima rinfrescare il viso e le braccia. Quando Galvano riemerse sul filo dell’acqua e si apprestò a strizzare i lisci capelli castani, si accorse che Artù, appesantito dall’abbigliamento militare e dal mantello inevitabilmente bagnato, faceva fatica a tenersi in equilibrio in quel punto del fiume. Così, gli saltò in mente un’idea tanto spiritosa quanto folle. Facendosi largo nell’acqua, si avvicinò di soppiatto alle spalle di Artù, che, rimasto sulla riva, si trovava in posizione sopraelevata. Non appena lo raggiunse, guardò in direzione di Merlino, che assisteva alla scena incuriosito, e gli fece cenno di stare al gioco. Poi, afferrò uno stivale del principe e lo strattonò fino a quando questo, dopo aver tentato invano di mantenersi in equilibrio, cadde all’indietro nel fiume.
“Ma che accidenti…?!” si domandò Artù, perplesso.
Dopo un primo momento di confusione, però, riuscì a districarsi tra le vesti fradice e, notando Merlino che si sbellicava dalle risate, si rese conto di quanto era appena accaduto. Rivolse uno sguardo inferocito a Galvano, che lo osservava da poca distanza, non riuscendo a sua volta a trattenersi.
“Una lezione di nuoto, Artù?” esclamò scherzoso, scoppiando, alla fine, a ridere.
 
***
 
“Galvano, puoi essere davvero così stupido?” proferì sonoramente Artù, mentre pian piano risaliva la riva del fiume, bagnato fino alle ossa.
“Non volevo mancarvi di rispetto. Ho solo pensato che anche nelle avversità che si trovano nell’acqua, avreste potuto impartirmi una lezione in stile cavalleresco.” si giustificò Galvano, lasciando trasparire una certa ironia nelle sue parole. “Poi non fa mica male farsi due risate!”
“Sì, se ti fai beffe del principe di Camelot!”
“La mia intenzione era di ridere con voi, non di voi. Non avrei immaginato che ve la sareste presa così tanto!”
“Artù, suvvia, lo scherzo di Galvano era innocente: non credo volesse ferirvi o offendervi.” intervenne Merlino, in difesa dell’amico.
“Nello scherzo di Galvano, Merlino, non c’era niente di innocente. E mi meraviglio di te, che non hai esitato un attimo a stare al suo gioco per rendermi ridicolo! Avresti anche potuto avvisarmi!” lo rimproverò Artù, contrariato.
“Ma non ce n’è stato il tempo…” si giustificò Merlino, ancora molto allegro per via dell’effetto che la trovata di Galvano aveva avuto sul principe.
“Ora, per giunta, dovrò trovare un posto dove potermi asciugare e sistemare prima di tornare a Camelot. Sono un principe e ho una certa reputazione da mantenere. Non posso presentarmi al castello bagnato e disordinato come un abitante delle paludi! Se hai finito di divertirti, dammi una mano a togliermi questo mantello zuppo!” sbottò Artù, seriamente infastidito dallo scherzo di cattivo gusto di cui era stato vittima, mentre Merlino si precipitava ad aiutarlo e sir Galvano cercava con scarso successo di frenare le risate, palesemente compiaciuto dal siparietto che era scaturito dal suo gesto avventato.
“Andiamo, Artù! Non molto lontano da qui c’è un piccolo villaggio, dove potrete rimettervi in ordine prima di rientrare a Camelot. Non sono sicuro che ci sia una locanda, ma di certo qualche popolano sarà ben lieto di ospitarvi finché non vi sarete asciugato.” propose il cavaliere.
“Certo, Galvano. Soprattutto quando racconterò loro di come mi sono ridotto in questo stato per colpa dell’idiota che porto con me.” continuò Artù, irritato.
“Può capitare a chiunque di cadere in un fiume. Non è motivo di vergogna.”
“Sì, se si tratta di me. Non mi renderò ridicolo davanti a nessuno; quindi, sarà meglio cercare un posto più isolato. Aspetteremo lì fino a quando mi sarò asciugato e riordinato. Tanto con questo caldo non dovremmo averne per molto!” disse, mettendosi a sedere sul prato vicino all’argine del fiume. “Ah, Galvano. Dammi i tuoi stivali!”
“Perché?”
“Perché sono asciutti. Su, svelto, passameli. Se vuoi, puoi indossare i miei.” disse Artù, mentre iniziava a sfilarsi i gambali fradici.
Galvano prese i suoi stivali, che erano rimasti adagiati sull’erba, e ne lanciò uno verso Artù, in segno di stizza. Lo stivale finì di poco a lato del principe, che esclamò:
“Ehi! Fai attenzione! Stavi quasi per colpirmi!”
Di risposta sir Galvano lanciò il secondo stivale con maggiore forza, ma angolò male il tiro e prese Artù in pieno viso.
“Scusate.” esclamò con il volto pervaso da un certo timore, preoccupato per la sua reazione. Merlino si portò le mani alla bocca e fece di tutto per non sembrare divertito da quella scena indescrivibile, ma sapeva che la furia di Artù stava per venire fuori da un momento all’altro.
Invece, il principe, indignato, si affrettò a rimettere i propri stivali e disse:
“Sai, Galvano, ci ho ripensato. I miei stivali saranno di sicuro più comodi dei tuoi. Riprendili pure.”
E mentre il cavaliere fece per avvicinarsi a recuperarli, Artù scagliò lo stivale che gli era finito in faccia in direzione del sentiero che avevano imboccato, lasciandolo finire in mezzo alla boscaglia. Poi aggiunse ironico e con un tono canzonatorio nella voce:
“Oh, scusatemi. Andate pure a recuperare il vostro stivale, sir Galvano.”
E questa volta fu Artù a mettersi a ridere di gusto.
 
***
 
Mentre procedevano a piedi verso una piccola radura, situata vicino ad un bosco, dove avrebbero potuto fermarsi, Galvano, che non era riuscito a ritrovare lo stivale, procedeva zoppicando.
“Che strazio dover camminare in questo modo!” si lamentò.
“Puoi sempre togliere anche l’altro. Così non noterai il dislivello!” gli suggerì con un certo sarcasmo Artù.
“Grazie del vostro prezioso consiglio.” rispose Galvano, con una smorfia.
“Tutto questo è stato causato dalla tua insolenza. Se ti limitassi a non eccedere in qualunque circostanza, saresti il migliore dei miei cavalieri.” lo rimproverò Artù. “Mi pentirò di averlo detto, ma sei una persona leale come poche. Dietro la tua voglia di scherzare, c’è un animo nobile. Ti esorto a mostrare quello!”
Galvano, indubbiamente compiaciuto dagli elogi di Artù, gli lanciò un mezzo sorriso, mentre Merlino, che li seguiva con in mano il mantello del principe appesantito dall’acqua, annuì con vigore, comprendendo la veridicità delle sue parole.
Raggiunto il prato, il servitore stese il mantello sull’erba e aiutò Artù a liberarsi degli stivali bagnati. Poi si sedette di fianco ai due cavalieri in attesa che il sole rovente asciugasse i loro vestiti e i loro capelli. Galvano si lasciò cadere a terra con estrema rilassatezza e intavolò con lui una conversazione riguardo ai pericoli che aveva incontrato in una delle sue ultime missioni e a come era riuscito a sfuggire ad una prigionia certa da parte di un gruppo di briganti, che commerciavano praticamente ogni cosa, persone comprese. Artù, dal canto suo, si limitava ad annuire di tanto in tanto, senza prestare troppa attenzione al discorso monotono dell’amico.
Quiiiiaaahhh!
Trascorsi pochi minuti, un verso animale allarmante, che proveniva dal bosco limitrofo, squarciò l’aria. A quel punto i tre si misero in piedi immediatamente e, prese in mano le spade, Artù e Galvano si affrettarono a seguirne le tracce. Merlino percepì una strana forza oscura giungere dalla direzione verso la quale si stavano dirigendo e intuì che la cosa poteva avere a che fare con la magia.
Non fu necessario nemmeno addentrarsi nel bosco per scoprire cosa stava accadendo, perché ben presto un essere imponente si parò davanti a loro in tutta la sua fierezza. Era grande quasi quanto un essere umano, ma le sue sembianze e due robuste ali lo accomunavano più ad un volatile. Merlino notò che il suo aspetto aggressivo veniva inasprito da una strana lucentezza emanata dal becco e dagli artigli, oltre che da una mole inusuale per un esemplare della sua specie.
“Fate attenzione!” urlò ai due cavalieri che avevano già iniziato a colpirlo con le loro spade. “Ho la sensazione che sia una di quelle strane bestie dell’Antica Religione. Se vi colpisce, potreste rimanere uccisi.”
“Merlino, allontanati da qui e non distrarci!” tuonò Artù, mentre rifilava un fendente sul corpo dell’animale.
“Ma…”
“Fai come ti ho detto e non replicare!”
Il mago, certo che quella creatura potesse essere più pericolosa di quanto Artù e Galvano avrebbero mai potuto immaginare, aspettò che i due fossero distratti e provò ad escogitare qualcosa per eliminarla con la sua magia.
Ofeslæp!”
Un flusso di particelle incolore avvolse la bestia, che sarebbe dovuta cadere immediatamente in un sonno profondo, ma non accadde nulla.
Forp fleoge!”
Ancora niente.
Allora Merlino scosse la testa in segno di disappunto e provò ad incantare le spade dei due cavalieri, sperando vivamente che non lo scoprissero.
Bregdan anweald beaduléoman!”
Tuttavia, sebbene le spade, ormai colme di magia, avessero trafitto il corpo dell’animale, si udirono soltanto dei rumori metallici in risposta. Ogni tentativo di ucciderlo veniva respinto indietro. Come se non bastasse, l’effetto acustico che scaturiva, lo infastidiva ancora di più e lo faceva scagliare contro i due con maggiore ferocia, cercando di beccarli o di colpirli con un’ala.
“Galvano, proviamo a dividerci. Io vado a destra, tu a sinistra. Aspetta il mio segnale, poi attacchiamolo all’unisono.” ordinò Artù.
“Artù, credo che Merlino abbia ragione: è senza dubbio una creatura della magia oscura. I nostri colpi non lo raggiungono; il suo corpo deve essere protetto da quelle strane penne o qualcuno deve avergli lanciato un incantesimo che gli impedisce di essere ferito.” disse Galvano, quasi rassegnato.
“Almeno proviamoci. Magia o meno, dovrà pur avere un punto debole. Tutti ne hanno uno.” insistette.
Al segnale del principe, entrambi cercarono di perforare il corpo della creatura, ma i loro tentativi, per quanto rapidi, precisi e coordinati, furono ancora una volta ricacciati indietro.
Fu in quel momento che sir Galvano notò qualcuno muoversi nella selva, alle spalle della bestia.
“Ho visto una figura incappucciata spostarsi tra gli alberi, proprio lì, davanti a noi. Potrebbe essere la persona che ha condotto qui questo strano animale, non trovate?”
“Sì, ma anche qualcuno che ne sta scappando. Non possiamo andargli dietro, comunque; la creatura ci ucciderebbe prima ancora di riuscire ad avvicinarci al bosco.” constatò Artù con rammarico.
“Ma non possiamo nemmeno restare qui a lungo. Non stiamo facendo progressi e rischiamo ugualmente di morire da un momento all’altro, se quella cosa ci colpisce a dovere.” concluse Galvano, asciugandosi la fronte imperlata di sudore con il dorso della mano.
“Pensiamo a come distogliere l’attenzione di quell’essere da noi e avere qualche momento per elaborare una strategia per neutralizzarlo.”
Accertata l’inefficacia della sua magia su quell’animale, Merlino, preoccupato, osservava la battaglia in disparte quando sentì una voce riecheggiare nella sua testa.
Dovete andare via subito o quella bestia vi ucciderà tutti!” udì, senza riuscire, però, a capire da dove provenisse quella voce, che doveva appartenere ad una fanciulla.
Intanto, il volatile, sempre più infuriato, decise di passare al contrattacco. Così, con un violento battito d’ali scagliò verso i due cavalieri almeno una dozzina delle sue penne, come se si fosse trattato di altrettanti dardi.
Merlino, guardandosi intorno per controllare che nessuno lo vedesse usare i suoi poteri, fece brillare gli occhi e le deviò con un gesto della mano, scaraventandole lontano.
Emrys, lasciate questo posto, per favore. La bestia non può essere uccisa così facilmente.” ripeté ancora la voce nella testa del mago, ribadendo lo stesso avvertimento.
Merlino, che aveva già intuito che quell’avviso proveniva da qualcuno con dei poteri come i suoi, trasalì ugualmente nel sentirsi chiamare con il nome di “Emrys”.
La loro attenzione, poi, fu attirata nuovamente dalla figura incappucciata che Galvano aveva visto sparire nel bosco poco prima.
“Allontanatevi dallo stinfalo, cavalieri, le vostre armi non possono fare niente per ucciderlo!” gridò una ragazza, il cui viso era ancora nascosto da un cappuccio.
All’improvviso si udì risuonare un aggeggio metallico posto tra i rami di un albero e la creatura ne fu subito attratta, distogliendo il proprio interesse da Artù e Galvano e spostandosi verso la foresta.
“Chi sei?” chiese Artù ad alta voce, un po' sospettoso.
La giovane si avvicinò ai due, fece ricadere il cappuccio sulla mantella, mostrando il suo volto, e rispose:
“Mi chiamo Ragnelle*. Vivo qui vicino e sto cercando di uccidere quello stinfalo, che già da alcuni giorni tormenta questi boschi.”
“E come pensi di riuscirci?” domandò il principe.
“Usando quello!”
La ragazza indicò in direzione del congegno in metallo, simile ad un crotalo, che tintinnando aveva suscitato l’interesse della bestia.
“Sei stata tu a farlo suonare?! E come avresti fatto? E’ molto lontano da qui.” osservò.
“Con… la mia magia.” rispose Ragnelle, titubante.
Il cavaliere sussultò.
“Tu… tu, per caso, sei una strega?”
La giovane annuì in risposta. Pur non vedendo di buon occhio la cosa e diffidando dei suoi poteri, Artù preferì non esporsi troppo, poiché non erano nei territori del regno di Camelot e lì la magia non era bandita. Così, si concentrò unicamente sulla minaccia che incombeva su di loro in quel momento.
“Hai detto che si chiama “stinfalo”? Cos’è esattamente?” chiese incuriosito.
“E’ una bestia mitologica. E’ originaria del lago Stinfalo in una terra lontana e non è nota per abitare questi luoghi. E’ molto strano che sia giunta fin qui, signore.” spiegò la strega con un’espressione di inquietudine in volto.
“Io sono Artù Pendragon, principe di Camelot, e questo è sir Galvano. Nonostante non approvi l’uso della magia, ti ringrazio per averci salvato.” si presentò, continuando, tuttavia, a nutrire qualche remora riguardo ai suoi poteri.
“Chiedo scusa, non conoscevo la vostra identità.” disse subito Ragnelle, rivolgendogli un rapido inchino, sebbene egli non avesse alcuna autorità in quel posto. “Comunque ho soltanto distolto l’attenzione della bestia in un altro luogo, ma se non la uccido, presto tornerà a fare del male.”
“Ah, eccoti!” esclamò Artù, non appena Merlino li raggiunse. “E questo è Merlino, il mio servitore.” lo presentò a Ragnelle, che gli lanciò un tiepido sorriso e un’occhiata d’intesa, a cui il mago rispose con un cenno del capo, certo che la voce che aveva udito nella sua testa fosse quella della giovane strega.
“E’ pericoloso per voi restare qui! Quella è una bestia dell’Antica Religione, non sarà facile ucciderla, non senza la magia, almeno.” insistette di nuovo la ragazza.
Galvano, che non aveva ancora detto una sola parola e si limitava a scrutarla con diffidenza, le chiese in modo brusco:
“Sai dirci come mai ci ha attaccato? Cosa vuole esattamente da noi?”
“Vuole “esattamente” banchettare con le vostre carni, sir Galvano.” rispose questa, con un accenno di polemica, a cui il cavaliere replicò con una smorfia.
“Magari dovremmo fare come dice e allontanarci, così potrà usare la sua magia per eliminare la bestia.” suggerì Merlino, convenendo che da lontano avrebbe potuto fornirle un aiuto maggiore, in caso ne avesse avuto bisogno.
Mentre aspettava che Artù e Galvano prendessero una decisione in merito, il mago, percepite le buone intenzioni di Ragnelle e intenerito dalla sua espressione triste e sofferente, le chiese con il pensiero:
C’è qualcosa che posso fare per aiutarti?
La strega scosse la testa in modo impercettibile, ma questo bastò a Merlino per capire.
La creatura, attirata dall’odore della carne umana, fece per rivolgersi di nuovo in direzione dei quattro e a quel punto Artù prese la parola.
“Non possiamo lasciarti sola in balia di questo mostro. Hai detto che puoi ucciderlo?”
Ragnelle annuì, anche se Merlino si accorse che aveva la sua stessa folle paura quando temeva che la sua magia potesse fallire.
“Allora fai ciò che serve. Noi resteremo in tua protezione, se qualcosa dovesse andare storto.” le confermò Artù, in uno dei suoi soliti slanci di cavalleria.
Lo stinfalo può essere ucciso solo con un particolare veleno e devo fare una difficile evocazione per questo. Se le cose si mettono male, sarà meglio che ti occupi della salvezza del principe Artù e di sir Galvano.” pensò questa, lasciando l’affermazione per il solo Emrys.
“Posso chiedervi di far risuonare le vostre due spade nell’aria, per favore?” chiese, poi, all’improvviso, all’indirizzo di Artù e Galvano.
I cavalieri, pur non comprendendo l’origine di quella strana richiesta, iniziarono a colpire reciprocamente le proprie spade. Infastidito dal clangore, lo stinfalo si alzò in volo sopra le loro teste e Ragnelle si raccolse in cerca di coraggio, poi lanciò un incantesimo verso la creatura.
Arewan ātres fléogendan bēatath.”
Merlino seguiva da posizione più defilata ogni gesto di Ragnelle con trasporto, come se fosse stato lui, in realtà, a pronunciare le parole. La strega scosse la testa, consapevole che quel primo tentativo non era andato a buon fine. Quando ne fece un secondo, il mago pensò di darle supporto e, senza farsi scoprire da alcuno, ripeté con lei la formula.
Arewan ātres fléogendan bēatath.”
Arewan ātres fléogendan bēatath.” sussurrò piano Merlino.
Artù e Galvano, ad ogni modo, non percepirono niente delle sue mosse perché la loro attenzione era fissa su qualcos’altro, su qualcosa che li aveva sbigottiti più del dovuto. Mentre guardavano in direzione della strega, infatti, il colore dei capelli di Ragnelle cambiò bruscamente, divenendo da nero a rosso acceso. Lo sforzo per quell’incantesimo fece irrigidire il viso della ragazza e i suoi occhi verde scuro, grandi e sporgenti, si ridussero a due fessure. Il suo corpo fece per piegarsi, ma non le impedì di portare a termine la potente magia. All’improvviso apparvero davanti a loro quelle che sembravano essere delle frecce magiche, che vennero scagliate con scioltezza verso la bestia, trafiggendola in più parti. Mentre ampi buchi le lacerarono il corpo dove le frecce avevano colpito, questa iniziò a precipitare verso il suolo, ferita, proprio in direzione di Galvano, che si spostò appena in tempo e venne mancato per un pelo dall’enorme mole che cadde giù con un forte tonfo. Un verso stridulo decretò la sua morte, prima che i suoi resti annientati si dissolvessero nell’aria.
 
***
 
La giovane strega, i cui capelli era tornati nuovamente neri, si avvicinò a Merlino e ai due cavalieri per ringraziarli del loro aiuto, ma prima che potesse dire qualcosa, fu Artù ad esprimerle la sua gratitudine.
“Grazie per averci salvato, Ragnelle, e per aver sconfitto quella bestia dell’Antica Religione al posto nostro.”
Ragnelle fece un altro inchino verso il principe e rispose:
“Se non fosse stato attratto dal vostro odore, mi troverei ancora nei boschi tentando di inseguirla. Perciò sono io a ringraziare voi.”
E grazie anche a te, Emrys.” pensò, mentre lanciava uno sguardo pieno di riconoscenza a Merlino. “Stai tranquillo, non rivelerò mai la tua identità. Il tuo segreto è al sicuro con me.”
“C’è una cosa che non capisco.” le domandò Galvano, con un tono astioso nei suoi confronti. “Come conoscevi quell’animale, anche se non vive da queste parti ed è opera della magia oscura?”
“Le streghe a cui sono stata affidata per la mia formazione magica erano molto pedanti quando c’era di mezzo la conoscenza e lo studio degli esseri leggendari. Ho riconosciuto lo stinfalo quando l’ho visto volare sopra il bosco giorni fa. Purtroppo l’attimo giusto per ucciderlo è quando da terra spicca il volo e ancora non avevo avuto successo in questo.” spiegò, molto semplicemente, pur percependo la riluttanza del cavaliere verso di lei e i suoi poteri magici.
“E hai detto che questo stinfalo voleva mangiarci. Come lo sai? Non è che per sbaglio ne hai attirato uno qui e non sapevi come liberartene?” aggiunse Galvano stizzito.
“Lo stinfalo è un animale mitologico con becco, artigli e penne di bronzo, che utilizza per procurarsi il sostentamento, che nel suo caso è la carne umana. Questo è quello che ho appreso; poi, come l’animale sia finito qui, non lo so proprio! Il fatto che io sia una strega non vuol dire che sappia fare ogni cosa o che usi la mia magia per nutrire le arti oscure. Sono nata in questo modo, non ho potuto scegliere se avere dei poteri o meno. E l’immediata conseguenza è il disprezzo di quanti vedono nella magia la causa di ogni male, proprio come voi, sir Galvano.” rispose, offesa dalle insinuazioni del cavaliere.
Merlino fu colpito dalle sue affermazioni e trovò la sua visione delle cose incredibilmente familiare. Anche Artù prese molto a cuore quelle parole, quasi dimenticandosi che davanti a lui c’era una strega, una di quelle che suo padre Uther avrebbe fatto giustiziare in un istante, se si fossero trovati nel territorio di Camelot.
Galvano le sorrise e sbuffò.
“Ma io non ti disprezzo! Mi dispiace se ti ho dato questa impressione! Sei una ragazza davvero interessante… Se solo non fossi così… bizzarra e ti dimostrassi meno irruente, ti chiederei perfino di conoscerci meglio…” affermò, quasi divertito da quello scambio di vedute.
“Piantala, Galvano! Ragnelle ci ha salvato la vita e merita solo la nostra riconoscenza.” lo rimproverò Artù.
“Naturalmente! Grazie!” disse scherzoso, prendendo una mano di Ragnelle per improvvisare un baciamano.
Tuttavia, la giovane la ritrasse immediatamente e riuscì a malapena a trattenere il forte impulso di colpirlo con un ceffone in pieno viso.
Merlino scosse la testa, ormai abituato alle più strane avances che Galvano riservava alle ragazze, ma in quel caso stava decisamente esagerando.
“Come possiamo ringraziarti per averci salvato? C’è niente che possiamo fare per te o per la tua famiglia?” sentenziò Artù con tono solenne, cercando di ristabilire la quiete.
“Non mi dovete nulla, principe Artù. Ho fatto ciò che ritenevo giusto e questo mi basta. E non è saggio da parte vostra coinvolgere i miei familiari. Se voleste rispettare le loro usanze strane, dovrei diventare la futura regina di Camelot o, più probabilmente, dato che siete un principe e avete un’autorità assoluta, dovrei chiedervi di sposare il cavaliere che vi accompagna.” spiegò, rivolgendo uno sguardo di sottecchi, quasi afflitto, verso Galvano.
“In che senso?” chiese questo confuso, sentendosi tirato in ballo.
“Le tradizioni della comunità magica di cui fa parte la mia famiglia prevedono che se qualcuno salva una persona da morte certa, poi quest’ultima dovrà contraccambiare, sposandolo e prendendosi cura della sua vita. Usanze un po' fasulle, per come la vedo io. Sono convinta che molti matrimoni di quelle persone siano stati “forzati” in questo modo, se capite ciò che voglio intendere!” chiarì una diffidente Ragnelle. “Ad ogni modo il villaggio in cui vivevo mi ha allontanato e non rispondo più alle loro regole ridicole.”
“Come mai ti hanno cacciato? Hai seccato anche loro con i tuoi modi da “so tutto io”?” domandò Galvano, infastidito e al tempo stesso interessato, mentre Artù gli piantava una gomitata su un fianco.
“No, quella gente è perfino più irritante di me, sir Galvano. Semplicemente hanno iniziato a provare paura quando si sono manifestati alcuni dei miei poteri magici. Come avrete di sicuro notato, quando uso magie o incantesimi di grande complessità, i miei capelli cambiano colore e diventano rossi.” “Perfino i maghi più anziani che vivevano nel villaggio non sono riusciti a spiegarsi il motivo di questo cambiamento e tutti hanno iniziato a guardarmi in modo strano e a chiamarmi con il soprannome di “strega rossa”. Ogni evento nefasto che accadeva al villaggio era per principio una mia responsabilità e alla fine tutti mi avevano messo da parte, impedendomi anche di praticare la magia, sebbene in questo regno non fosse proibita. Così mi sono ribellata e sono stata allontanata. Sono passati già tre anni e da allora vivo in una casupola dall’altra parte del bosco, alla sommità di quella collina.” raccontò, indicando in direzione della sua dimora.
“Avrebbero dovuto soprannominarti “Rokkielle”**, visto il colore di cui diventano i tuoi capelli.” notò Galvano, continuando quel misto di flirt e offese.
“Sono dispiaciuto per la tua sorte! Magia o meno, non meritavi un tale comportamento!” asserì Artù, ignorando la battuta di pessimo gusto del cavaliere.
Mi dispiace. Vorrei fare qualcosa di più per te, visto che condividiamo lo stesso destino. Nessuno può capirti meglio di me, credo che tu lo sappia. Ad ogni modo, prenditi cura di te!” le disse Merlino con il pensiero, poiché era difficile esprimerle a parole la sua solidarietà senza farsi scoprire.
Lo so, Emrys. Hai un grande compito che grava sulle tue spalle e non puoi condividerlo con nessuno. Ma ricorda: se dovessi avere mai bisogno del mio aiuto, io sarò disposta ad assisterti. E’ stato un onore poterti conoscere. Prenditi cura di Artù: senza di lui, il regno di Albione non sorgerà mai!” rispose Ragnelle nella sua mente, mentre per Artù e Galvano quello rappresentava soltanto un momento di silenzio e congedo.
Ah! E non fare caso a Galvano: penso che ci provi gusto a rendersi ridicolo con tutte!” aggiunse.
Ragnelle dovette quasi mordersi le labbra per impedirsi di ridere.
 
***
 
“Grazie ancora e arrivederci!” la salutò Artù con un cenno della mano, a cui si unirono anche Galvano e Merlino.
“E’ stato un piacere!” ricambiò il saluto la ragazza.
Quando ripresero i cavalli e si apprestarono a tornare a Camelot, Galvano, stranito, disse al principe:
“E’ stato un azzardo lasciare la nostra sorte in balia di quella strega e fidarci di lei per uccidere la bestia. Non sappiamo niente sul suo conto. Se fosse stata una spia di Morgana o di chissà quale altro mago? Saremmo già tutti morti in quel caso!”
“Eh, dai, Galvano! Era solo una ragazza timida e spaventata.” asserì Artù.
“E poi, voi non condannavate chiunque facesse uso di magia? Avete cambiato idea di colpo?” insistette il cavaliere con sarcasmo.
“Io in queste terre non ho alcuna facoltà, Galvano, ma questo non c’entra niente. Se anche fossimo stati a Camelot, non avrei approfittato della mia autorità per condannare chi mi ha salvato la vita.” chiarì. “Tu, piuttosto, sembri perfino più crudele di quei maghi che l’hanno cacciata! Non mi pare si sia comportata male con te!”
“Ha un’aria saccente: si comporta come se sapesse tutto e non ci pensa due volte a criticare gli altri!”
“Mi era sembrato di capire che ti piacesse…” insinuò il principe.
“A Galvano piacciono tutte le ragazze che incontra, Artù. Ormai dovreste saperlo!” intervenne Merlino, che aveva passato gli ultimi minuti in silenzio a rimuginare sulle parole di Ragnelle. “Quello che non gli va giù è che queste lo rifiutino!”
Artù rise di gusto, mentre Galvano scosse la testa, ma era anch’egli molto divertito.
“E che risolvano il problema, mentre lui non fa niente…” aggiunse il giovane Pendragon.
“Che vuol dire?! Anch’io ho fatto la mia parte!”
“E cosa avresti fatto di preciso?”
“Ho agitato la mia spada per attirare la bestia!”
“Ah, scusatemi sir Galvano!” esclamò Artù, continuando a ridere insieme a Merlino “In effetti, avete ragione. Il vostro contributo è stato “essenziale” affinché la creatura venisse sconfitta!”
Il cavaliere accennò un rapido sorriso in risposta. Dopo poco, però, si fece nuovamente serio.
“E, poi, cos’era quella storia che dovevo sposarla?” obiettò, incredulo.
“Ci stava solo spiegando quali erano i modi per sdebitarsi nel posto da cui veniva.” osservò Merlino.
“E perché non potevi sposarla tu?” domandò di rimando.
“Perché Merlino è un servitore e non può disporre di piena libertà, a differenza tua.” s’intromise Artù. “Ma se hai ben capito il senso delle parole di Ragnelle, Galvano, le sue intenzioni erano decisamente l’opposto di quello che vuoi intendere tu, soprattutto dopo che ti sei comportato come un villano con lei.”
“Ma…”
“A pensarci bene, avrei fatto meglio a prendere in considerazione l’usanza della sua gente di combinare matrimoni. Mi sarei liberato di te e risparmiato diversi grattacapi al tempo stesso! Anche se poi, per quella ragazza saresti stato più una punizione che una ricompensa!” concluse, accennando una risata maliziosa verso un imbarazzato Galvano, a cui si unì anche Merlino, che stava pian piano ritrovando il suo buonumore.
Mentre stavano per riprendere il loro cammino, una strana malinconia iniziò ad affliggere Galvano. Anche se forse non lo avrebbe mai ammesso esplicitamente, Ragnelle e la sua vicenda lo avevano colpito in un modo che non riusciva a spiegarsi e si sentiva in difficoltà per come l’aveva trattata. L’impeto e la concitazione del momento lo avevano portato ad essere brusco e maleducato, senza che la giovane strega meritasse le accuse che le aveva mosso. Lanciò un ultimo, rapido sguardo verso la radura, convinto che, se il fato avesse voluto, li avrebbe fatti rincontrare in futuro e avrebbe potuto così rimediare al suo sbaglio. Poi, strattonò le redini del suo cavallo e seguì Artù e Merlino sulla strada verso Camelot.







*[’ragnɛl]
**Il soprannome “Rokkielle” fa riferimento al termine nordico “røkkr” che significa “crepuscolo”. In questo caso è usato per accostare il colore che assumono i capelli di Ragnelle al colore rosso del crepuscolo.
   
 
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