Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Nuage_Rose    24/03/2023    2 recensioni
Allerta Spoiler! Non continuare la lettura se non si ha concluso di leggere il manga.
In questa FF, mi sono chiesta cosa potrebbe succedere a Mikasa dopo aver perso il suo amato Eren. Si chiuderà nel dolore, restando per sempre a vegliare sulla tomba del ragazzo o deciderà di sfruttare al meglio la libertà che Eren le ha donato? Riuscirà ad amare nuovamente?
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jean Kirshtein, Mikasa Ackerman
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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5. Devil


<< We got to be born, so don't lament this fate.
After all, we're all free!
If I had wings, just like a bird, I could go anywhere I wanted.
But if I didn't have a place to go back, surely, I could go nowhere.
Just living is not good enough!
The world is cruel, yet I'll still love you.
It doesn't matter what I'd need to sacrifice, yet I'll still protect you.
Even if I'm wrong, I'll not hesitate.
The correct thing to do is believe in myself through the end. >>
Akuma no Ko (Devil's Child) - Ai Higuchi


Mikasa fatica a prendere sonno, si rigira e rigira nel futon. Per lei, è stata una serata impegnativa e non fa che ripensarci, rivivendo nella sua mente il ballo con Jean e quel momento in cui era tornata al passato, alla morte del suo amato.
Sente che il cielo notturno sopra di lei è molto, molto distante da casa. Da Eren. E il silenzio di quella stanza le ronza nelle orecchie, la consapevolezza di essere sola la innervosisce, impedendole di addormentarsi.
Decide di alzarsi e, senza neanche preoccuparsi di indossare i suoi vestiti, si avvia per i corridoi, diretta alla stanza di Jean. Per fortuna le signorine in kimono le avevano lasciato nella stanza una vestaglia lilla, troppo femminile per lei ma abbastanza calda per la notte.
Bussa alla porta scorrevole di Jean e, con sua grande sorpresa, lui le apre dopo pochi secondi. Ha i capelli chiari scompigliati, gli occhi ci mettono qualche secondo a metterla a fuoco e indossa solo dei pantaloni scuri. “Mikasa, cosa ci fai qui…?”
Non si disturba nemmeno a rispondergli e si limita ad entrare nella stanza. Si guarda intorno, alla ricerca di qualcosa e poi si volta verso Jean: “Hai un altro futon o un sacco a pelo?”
Lui alza un sopracciglio: “No, perché mai dovrei…?”
Lei scrolla le spalle e si infila dentro il letto di Jean, per poi guardarlo aspettando che lui si sdrai accanto a lei. Ha l’aria di una che vorrebbe chiedergli Che cosa stai aspettando? Muoviti.
Ma Jean è ancora confuso, indeciso se quello sia un sogno o la realtà. Si stropiccia gli occhi, sperando che quella visione improbabile scompaia. Ma Mikasa è ancora lì. Lo fissa coi suoi occhi a mandorla profondi, coprendosi il corpo con la coperta del suo letto. Non ci credo, non può essere vero.
Quante volte aveva desiderato e immaginato un momento simile? Talmente tante da vergognarsene.Vorrebbe imprecare, ma si limita ad avvicinarsi a lei: “Non puoi venire qui, nella mia stanza, come se niente fosse e nel cuore della notte. E se l’ambasciatore lo scoprisse? O peggio, la famiglia di tua madre? Potrebbero… pensare male. Fraintendere.”
Mikasa inclina la testa, confusa: “Che c’è da pensare male? La mia stanza è troppo vuota. Preferisco dormire con te. Se vuoi, esco un attimo e vado a recuperare il mio futon…”
“No, potrebbero vederti mentre gironzoli! Ah, a questo punto… prenderò un’altra coperta e dormirò sul pavimento.”sentenzia, massaggiandosi nervosamente la nuca. La ragazza risponde: “Perché? Qua in due ci stiamo. E tu non indossi la parte superiore del pigiama. Avendomi nel futon con te, non avrai freddo.”
“Io…” la frase muore in gola a Jean, strozzata dal pensiero di Mikasa che lo scalda col suo corpo. Sospira, socchiudendo un attimo gli occhi e cercando di riprendere il controllo di sé stesso: “Non ho freddo, quindi dormire sul pavimento non sarà un problema. Per questa notte.” Mikasa scrolla le spalle e si accoccola nel letto. Le piace di più quel futon, forse perché ha un buon profumo ed è caldo. Jean nel mentre riesce a recuperare una coperta blu con dei fiori rosa ricamati e la stende nell’unico spazio disponibile della stanza, ossia accanto a Mikasa. Per fortuna, il pavimento è in legno e non in piastrelle.
Una vocina nella sua testa gli dice che è stupido e che avrebbe potuto approfittare della situazione, visto che la ragazza di cui è innamorato da anni è lì, nella sua stanza, sono da soli… e per il momento lo tratta come se fosse un fratello.
Gli stava quasi per cadere la mascella quando l’aveva vista davanti alla porta della sua stanza con solo quella vestaglia addosso, poteva quasi intravedere le forme del suo corpo. Sospira, cercando di allontanare quel pensiero che lo fa arrossire. E sente il respiro regolare di Mikasa, che si è già addormentata. Si china appena, per guardare meglio il suo viso, coperto da qualche ciocca di capelli corvini. Non può fare a meno di sorridere, con tenerezza: vale la pena di essere decapitato per quella visione.
Decide però che la porterà nel suo letto verso l’alba, quando non ci sarà ancora nessuno sveglio e lei sarà completamente addormentata. Ma non riesce a resistere alla tentazione e le sfiora il viso candido e delicato, con tutta la delicatezza di cui è capace.
Sarebbe bello poter dormire insieme a te ogni notte.

Un suono flebile basta a svegliarlo, di passi. Spalanca gli occhi e una immagine terrificante gli si para davanti: una figura mascherata sta strangolando Mikasa, stringendo le mani al collo candido di lei, che non smette di dimenarsi.
Istintivamente cerca il cuscino sotto il quale ha nascosto la pistola, ricordandosi solo in quel momento che ha dormito per terra. Un altro aggressore gli piomba addosso da dietro, Jean lo atterra e inizia a prenderlo a pugni, cercando di divincolarsi da lui per aiutare Mikasa. Vede i suoi occhi scuri perdere piano piano la forza, insieme ai pugni di lei.
Lo trova strano, quella è la donna più forte che conosca. Eppure i suoi occhi si stanno chiudendo e l’idea di perdere anche lei lo sta facendo impazzire, grida il suo nome. Mikasa sente il respiro venirle meno. All’inizio aveva combattuto per togliersi di dosso quelle mani estranee, poi quella sensazione l’ha sopraffatta e un pensiero sepolto è tornato a galla, con la sua promessa maliziosa.
E se lo lasciassi fare? E se… mi lasciassi morire? Potrei rivederlo. Potrei rivedere Eren. Potrei rivedere la mia famiglia. E non dovrei più combattere, mai più. Una prospettiva allettante. Una idea di libertà da quella vita che le sembra così vuota da quando lui non c’è più. Magari, nell’altra vita, avrebbero potuto finalmente stare insieme e vivere quel sogno di armonia che non si era realizzato in questa. Per quale motivo era rimasta in vita fino a quel giorno? Non riesce più a ricordarlo, la sua mente si annebbia piano piano ed il dolore le blocca i pensieri, mentre annaspa in cerca d’aria.
Sente la voce di Jean, non riesce a capire cosa le sta dicendo ma è certa che stia parlando con lei. Si sente lusingata da quell’attenzione, qualcuno c’è ancora che vorrebbe averla accanto.
Eppure l’oblio, il nulla… è un’idea così allettante, piena di promesse di pace e serenità. Chiude gli occhi, lasciando che l’oscurità la inghiotta.

Una luce chiara le accarezza il volto. Apre gli occhi, sulla punta delle labbra c’è il suo nome, perché pensa di essere all’Inferno finalmente. “Ere…” Non è lui.
C’è un’altra persona, che conosce molto bene, inginocchiato al suo capezzale. Sta piangendo. Lo ha già visto piangere. Jean la chiama per nome e singhiozza. Quella consapevolezza la colpisce al cuore. Il suo tempo non è ancora terminato, non può ancora ricongiungersi ad Eren. Lentamente il suo corpo riprende vita, le fa male e pesa. Sente un forte dolore al collo soprattutto. Gli occhi pieni di lacrime di Jean si fanno più duri, arrabbiati, mentre lui le ringhia: “Non farlo mai più. Altrimenti giuro che ti vengo a prendere, dovunque andrai da morta!”
Le prende il viso tra le mani, ora trema e Mikasa non sa dire se di rabbia o di paura. Jean la ispeziona e torna a respirare appena si rende conto che sta riprendendo pienamente conoscenza. Odia quei segni rossi che sono sul collo candido e perfetto di lei, mozzerà personalmente le mani di che le ha fatto questo. I suoi occhi si tingono di una furia omicida che si placa solo incontrando lo sguardo confuso e triste di Mikasa: come temeva, lei si stava arrendendo. Quella consapevolezza gli fa male. Non sono un motivo sufficiente per vivere, Mikasa? Non sei un motivo sufficiente per vivere?
Appoggia la sua fronte a quella di lei, respirando lentamente e cercando di regolarizzare il battito del suo cuore: da tanto tempo non provava una paura così, la paura di perdere qualcuno che ama. E le ripete, con voce quasi rotta dal pianto: “Non farlo mai più. Ti prego.”
Non lasciarmi. Non morire. Non ti chiedo altro. Resta.

Mentre Jean riporta alle autorità locali e all’ambasciatore dell’Oriente l’accaduto, Mikasa riposa nella sua camera, con le finestre barrate e guardie davanti alla porta. Quasi le viene da ridere, lei che ha una scorta. Se avesse voluto, avrebbe fatto fuori quei due sciocchi facilmente. O almeno, sarebbe stato così ai tempi in cui i titani ancora erano presenti sulla terra. Ma non voleva fermarli. Voleva solo che il suo dolore si fermasse, che la sua vita si fermasse. Nient’altro.
Ma Jean l’ha salvata. Qualcuno la vuole ancora viva. E lei non sa per certo se vuole vivere ancora o meno, le era sembrato così allettante andare da Eren, all’altro mondo. Non ci aveva mai pensato prima, al suicidio. L’aveva sempre trovata una mossa da deboli e immaginava che Eren si sarebbe arrabbiato molto: aveva fatto così tanto per dar loro modo di vivere, felici e liberi. E lei stava per mandare a monte tutto, ma anche lei ha il diritto di essere contraddittoria.
La vita, da quando Eren è morto, le è pesante. Ma sentir parlare del suo amato come di un mostro, sentirsi elevata ad eroina per aver contribuito ad ucciderlo… è troppo, soprattutto ricordando che era stata lei a mozzargli la testa, non Armin come hanno voluto raccontare. Per questo si era nascosta sull’isola, fingendo che il mondo esterno non esistesse. E stando a guardia della tomba del suo amato amico d’infanzia. Colui che le aveva dato la libertà, due volte. Ora non è più una guerriera, non è più un soldato e nemmeno l’ambasciatore di Paradise come Armin e gli altri. Resta solo Mikasa. Che scopo ha, lontana dalla tomba di Eren? Che scopo ha in questo mondo?
La porta a scorrimento si apre, mostrando il viso preoccupato di Jean. Entra senza dire una parola. I suoi occhi esprimono un misto di sentimenti tra cui lui stesso non sa scegliere. Con un sospiro, si mette a gambe incrociate sul pavimento davanti a lei: “Stai meglio adesso?” Lei annuisce e Jean prosegue:“Mi hai fatto spaventare. Sei diventata forse stupida?! Sappiamo entrambi che avresti potuto battere facilmente quei due. E invece… non voglio nemmeno sapere perché, non dirmi cosa ti è passato per la testa. Posso immaginarlo e anche solo quello mi fa infuriare. Se pensi di non avere un motivo per vivere, ti sbagli. E non so quante volte dovrò ricordartelo. Ma non smetterò mai di farlo, dovessi continuare ogni giorno della mia vita!”
Il viso di Mikasa accenna una smorfia di sorpresa: “E perché dovresti? Non sono affari tuoi cosa faccio della mia vita. Io… non volevo. Ma in quel momento mi era sembrata la cosa più facile da fare. Lasciarmi alle spalle tutto sembrava un’idea così… seducente.”
Jean avrebbe la tentazione di legarla in quel letto, come un salame, per essere certo che non farà nulla di stupido. Invece, le fa cenno di alzarsi, contenendo a stento la rabbia. Avvisa le due guardie che vanno soltanto nel giardino interno alla corte e mostra la pistola che tiene all’interno della giacca, per sicurezza. Non controlla nemmeno che Mikasa lo stia seguendo, si avvia a grandi passi verso l’area verde al centro del complesso dove alloggiano. Fortunatamente, è una giornata dalla temperatura primaverile.
Una piccola cascata artificiale troneggia al centro del giardino, circondata da alberi di ciliegio e acero rosso. Jean chiude gli occhi, concentrandosi sul rumore dell’acqua e Mikasa lo imita: è un suono rilassante, che trasmette pace. Il tepore del sole le accarezza il volto, quasi fosse una madre dolce. Apre lentamente gli occhi, domandandosi come mai l’abbia portata in quel posto.
Gli occhi chiari di Jean le procurano un leggero brivido lungo la schiena, poi lui le prende una mano e con voce ferma le dice: “So che non sono Eren. E che mai lo sarò, non ho alcuna intenzione di sostituirmi a lui. E sinceramente sono felice di non essere lui. Ma non posso più permettermi di tacere. Ieri ti ho quasi persa. Ricordo benissimo il momento esatto in cui ho provato per la prima e unica volta invidia per Eren. Quanto mi ha fatto incazzare la cosa. Quanto mi ha fatto incazzare vederlo accanto a te, mentre ti diceva di tagliare i tuoi bellissimi capelli. Che cosa stupida, togliere una cosa così bella dal mondo. Mi ha fatto incazzare perché mi piacevano i tuoi capelli scuri. Perché mi piacevi tu. E non ho mai smesso di provare questi sentimenti, persino quando ti vedevo preoccuparti a morte per Eren e rincorrerlo. Hai sempre dovuto rincorrerlo. Con me non dovrai. Io sono qui, accanto a te, se mi vorrai.”
Le labbra di Mikasa si aprono, alla ricerca di qualcosa da dire, ma nessun suono esce dalla sua gola. Jean gira la testa, volgendo lo sguardo al giardino e alla cascata. Sospira e riprende: “Non devi rispondermi. Non ne ho bisogno. Volevo solo che tu lo sapessi. Puoi stare qui, se vuoi, un po’ d’aria fresca dovrebbe farti bene. Ma dovrai restare alla portata della mia vista, così sarò sicuro di poterti aiutare in caso di bisogno.”
La verità è che vuole tenerla d’occhio personalmente per assicurarsi che non ci riprovi.
Mikasa si rende conto che è la prima volta che riceve una vera dichiarazione d’amore. Con Eren non era stato così. Si chiede se può accettare o persino ricambiare i sentimenti di Jean. Nel suo cuore dovrebbe esserci spazio solo per Eren. Dovrebbe. Ma se non fosse così? Inoltre, Eren è morto. Lo ha sepolto lei stessa, con le sue mani. Razionalmente, sa che non ha senso precludersi la possibilità di essere felice con qualcun altro. E Jean… è cambiato. Oppure è lei ad essere cambiata. Quando la guarda, la fa sentire la donna più bella del mondo. Non si era mai sentita bella, al massimo letale. Le piace il profumo di Jean. Le piace anche il calore del suo corpo quando l’abbraccia. Le piace essere importante per lui. Ma… lui è importante per lei allo stesso modo? Non lo sa. Vorrebbe saperlo. E si dice che nessuno potrà mai sostituire Eren nel suo cuore. Ma forse… forse è semplicemente tempo di fare più spazio, per qualcun altro. Magari proprio per Jean.
Il senso di colpa però la spaventa, le sembra quasi un tradimento ai danni di Eren. Però è stato lui ad abbandonarla, a lasciarla da sola. E se fosse arrivato il momento di provare ad amare qualcun altro? Un uccellino dal piumaggio marrone si appoggia ad un ramo dell’albero di ciliegio davanti a lei, cinguetta allegro. Non riesce a trattenere un piccolo sorriso a quella vista: è un animaletto così carino, non ne aveva mai visto uno.
Scommetto che Armin ha già letto tutti i libri di botanica, geografia e biologia esistenti.

Dopo aver riportato Mikasa alla sua stanza, Jean torna nella sua senza dire una parola e senza nemmeno avere il coraggio di incontrare lo sguardo della ragazza. Si lava il viso, più volte, domandandosi perché diavolo ha dovuto parlare: credeva che quello sarebbe stato un segreto che si sarebbe portato nella tomba, che col tempo avrebbe imparato a dimenticarla e ad innamorarsi di un’altra. Una che non fosse fissata col suo ex morto, il quale aveva deciso di uccidere ogni forma di vita sul pianeta. Era troppo da chiedere?
E invece aveva vuotato il sacco, si era talmente imbarazzato che aveva dovuto portare Mikasa in quel giardino per evitare che qualcuno lo ascoltasse. Sospira, guardando il suo riflesso nello specchio: goccioline d’acqua gli attraversano il viso e le punte dei suo capelli sono bagnate. “Sei uno stupido.” dice al suo riflesso, scrollando la testa e asciugandosi con un panno bianco panna.
Esce dal bagno, riprendendo a sospirare. Ma si blocca lì non appena vede Mikasa, seduta sul pavimento della sua stanza, con addosso un kimono blu scuro. “Che cosa diavolo ci fai qui? Non dovresti essere nella tua stanza?”
Lei alza le spalle: “Sai benissimo che non ho bisogno di una guardia del corpo. Ed è stato facile uscire dalla finestra e entrare dalla tua, dovresti stare più attento anche tu alla sicurezza.”
Jean si massaggia le tempie, gli occhi stretti e cerca di non gridarle addosso: “Cosa sei venuta a fare qui? Ti piace tanto stare nella mia stanza?” Si sorprende della domanda impertinente che le ha fatto, ma ancora di più della risposta di lei: “Sì. Mi piace stare qui. Dove sei tu.”
Gli occhi di Mikasa sono seri. E Jean non può fare a meno di arrossire, sentendo un calore al petto che lo abbraccia. Sospira, scuotendo la testa: “Ah, cosa devo fare con te, principessa? Sai che non ti allontanerò mai da me.”
Le accarezza la testa, come farebbe con un bambino cocciuto. Gli pare di notare un leggero rossore sul volto di Mikasa.
Sarà stata la mia immaginazione.

   
 
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