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Autore: colinred_    24/03/2023    2 recensioni
Di Jasper e del suo Inferno personale.
"In principio si trattò di attrazione, poi arrivò quel senso di appartenenza che mi guidava costantemente verso di lei, verso i suoi sguardi, verso i suoi timidi sorrisi, verso quelle braccia esili che tanto desideravo stringessero il mio corpo. Erano arrivate le cacce alle ore più disparate della giornata, per allontanarmi quanto più possibile da lei, da Alice, ma soprattutto da Edward, perché tenere a bada i miei pensieri e le mie emozioni diventava sempre più impossibile."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Isabella Swan, Jasper Hale | Coppie: Bella/Jasper
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight, New Moon
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FAR TOO YOUNG TO DIE

I've never so adored you
I'm twisting allegories now
I want to complicate you
Don't let me do this to myself

I'm chasing roller coasters
I've got to have you closer now!

-Far too young to die, Panic! at the Disco.
 
 

Avevo promesso a me stesso che mai più avrei dovuto pensare a lei.
E lo feci, o almeno ci provai.
Bella restò nei dintorni di casa Cullen per tutto il periodo estivo e l’attenzione di Edward nei confronti della sua ragazza aumentò maggiormente, se possibile, rispetto al periodo precedente alla morte di James. A Bella sembrava andare bene, lo amava, lo capivo, ma non capivo come riuscisse ad accettare di poter vivere in quella bolla di vetro in cui Edward l’aveva rinchiusa.
Edward l’amava anche, troppo, e avrebbe fatto di tutto purché lei si trovasse al sicuro e di conseguenza tutti noi - la sua famiglia - avremmo fatto di tutto.
Sapevamo… sapevo che l’unica soluzione affinché Bella si fosse trovata realmente al sicuro sarebbe stata la trasformazione: vivere tra i vampiri, non era certamente consigliabile, prima o poi un umano sarebbe entrato a far parte della cerchia o semplicemente sarebbe diventato cibo per sfamare la nostra sete.
Mi sorprese infatti quanto spesso Edward permettesse a Bella di stare da noi non pensando minimante ai rischi, forse ciò che gli dava conforto era il fatto che ci cibassimo tutti di sangue animale mentre la necessità di tenere sott’occhio Bella superava di gran lunga questa sua preoccupazione.
Lo sentivo.
Bella ogni volta portava con sé quel pizzico di speranza che le faceva credere che quel giorno finalmente Edward si sarebbe deciso a renderla una di noi. Speranza che si spegneva lentamente, trasformandosi in frustrazione, mentre la sera avanzava prepotente, così come l’ora di tornare a casa.
Bella era felice, ma sentivo che le mancava quel qualcosa per esserlo pienamente, se solo qualcuno l’avesse trasformata… ma Edward non era assolutamente d’accordo, sembrava quasi odiare l’idea di Bella trasformata in un mostro senza anima, il quale si credeva lui stesso.
L’amava per quello che era, per essere quell’umana fragile e per il compito che si era dato decidendo di volerla proteggere da tutto e da tutti, si sentiva forte accanto a lei e questo senso di potenza aumentava in relazione alla sua resistenza al sangue da cantante di Bella.
Se fosse stata già una vampira, Edward l’avrebbe mai davvero notata? Si sarebbe mai innamorato di lei? Avrebbe mai nutrito un interesse tanto viscerale?
Edward, per la prima volta dopo un secolo, aveva finalmente uno scopo: avere la convinzione che proteggendola non sarebbe più stato un mostro; scopo che, se Bella fosse diventata vampira, non avrebbe più avuto.
Ma non lo eravamo già tutti, fin dalla nostra trasformazione, dei mostri?
I vampiri, si sa, sono tra le razze più egoiste del pianeta.
 
Non vedevamo nostro fratello così felice da tanto tempo, immerso nel suo nuovo passatempo.
No, di certo, non sarei stato io a rovinare quella bolla di apparente felicità.
Era questo ciò che mi aiutava a convivere con quel fuoco dentro di me, era questo che mi spingeva a tenere per me ciò che provavo, a tenere per me i miei pensieri ogniqualvolta che i volti sorridenti dei due amanti si presentavano davanti ai miei occhi. Se Edward si credeva un mostro senza anima, invece io ero pienamente convinto di possederne una, ma destinata al tormento.
Le emozioni che mi travolgevano ogni volta che Edward e Bella varcavano la soglia di casa erano lapidarie nei miei confronti, mi facevo travolgere da quelle di Bella giusto il tempo impiegato a scappare via di casa e rifugiarmi nella foresta con l’unico desiderio che quell’amore fosse rivolto a me.
Eppure, Bella ci amava tutti a suo modo, e riusciva - quando Edward decretava dalla lettura dei nostri pensieri che non ci sarebbero stati pericoli - a passare del tempo con ognuno di noi: aveva trovato in Edward il suo ragazzo, in Alice la sua migliore amica e la sorella che non aveva mai avuto, in Carlisle ed Esme quell’appoggio genitoriale che solo loro sapevano donare, in Emmett quell’amico con cui ridere delle battute inopportune di quest’ultimo, in Rosalie la cognata insopportabile, e in me?
In me aveva trovato la persona con cui starsene quando non le andava di parlare con nessuno, quando necessitava solo di qualcuno che la comprendesse attraverso i sentimenti. Avremmo potuto passare ore ed ore insieme, senza proferire parola, ma ci saremmo capiti, io avrei capito i suoi desideri.
Io l’avrei capita…perché è dalla comprensione delle emozioni che conosci la vera essenza di una persona.
Anche se non parlavamo molto tra di noi, avevo imparato a conoscere Bella, senza l’aura iperprotettiva di Edward che le aleggiava intorno e che a volte non le permetteva neanche di respirare.
In quei momenti - in cui la caccia non era utile a diventare una scappatoia adeguata affinché potessi allontanarmi dalla villa e a lei era concesso scappare via dalla stanza di Alice, o dalle braccia di Edward - mi trovava sempre al limitare più lontano dell’abitazione, appoggiato con la schiena alla corteccia di un albero e immerso nella lettura di un nuovo libro. Edward ormai era meno restio a lasciare che lei si avvicinasse a me, anche se sentivo i suoi occhi puntati addosso per la maggior parte del tempo.
Percepivo l’arrivo di Bella, lentamente una nuvola di serenità mi avvolgeva a poco a poco e mentre la distanza fra noi si accorciava e lei tratteneva qualche sbuffo esausto, io ero pronto a trattenere il respiro per i successivi minuti. Alzavo lo sguardo e la osservavo arrivare mentre il viso contratto e lo sguardo rivolto a terra era concentrato sull’attraversare quello spazio che ci separava senza incespicare sui suoi passi; si adagiava malamente accanto a me, qualche volta aiutandosi con la mia spalla, altre volte ero io a tenderle la mano, poi sospirava e lasciava andare la sua testa sull’albero dietro di sé.
 
A volte capitava che parlassi e chiedessi, con gli occhi sempre puntati sulle pagine del libro che non stavo più leggendo: “Alice ha terminato i suoi esperimenti per oggi?” piegando la mia bocca in un mezzo sorriso, lei lasciava andare una mezza risata e una punta di divertimento si impossessava della sua nuvoletta, travolgendomi ancora, dopo chiudeva gli occhi e si godeva il venticello fresco che soffiava fra le foglie degli alberi.
Spesso staccavo gli occhi dalle parole e mi concedevo un rapido sguardo: in meno di un secondo registravo i cambiamenti che erano avvenuti in lei dopo l’uscita dalla camera di Alice, notavo i suoi capelli lunghi e castani acconciati in qualche modo strano di cui solo Alice era capace, altre volte un leggero strato di trucco le copriva la pelle chiara, sembrava che da un momento all’altro dovesse indossare un vestito da cerimonia, ma così non era, i suoi jeans strappati e qualche felpa sbiadita dal tempo, contrastavano sempre con quel suo visino tanto delicato.
Amavo il suo modo di vestire, la rappresentava in pieno: sembrava, o forse era davvero così, che indossasse sempre la prima cosa che trovava sotto tiro, indifferente del giudizio degli altri e questa era una cosa, tra le altre, che riusciva a farmela apprezzare ancora di più.
C’erano volte in cui invece anche quella minima interazione era inesistente, il silenzio ci avvolgeva, ma entrambi non ne sentivamo il peso, eravamo due persone che sapevano stare insieme anche senza il bisogno di proferire parola, allora io mi concentravo su un ennesimo libro, mentre lei si guardava intorno e giocava con qualche ago di pino oramai secco.
La beccavo spesso a guardarmi, anzi, beccare non era il termine giusto perché non cercava affatto di nascondere i suoi sguardi quando mi voltavo e trovavo i suoi occhi puntati sui miei. Mi osservava in silenzio, perdendosi fra le pieghe dure del mio volto concentrato sulla lettura.
Cosa mi stava succedendo? Se solo fossi stato ancora un umano probabilmente il calore – e il colore - sulle mie gote sarebbe divampato, poi mi muovevo imbarazzato sul posto, pronto a cambiare la posizione del mio corpo, movimenti del tutto inutili per i vampiri.
In una di quelle volte, lei mi sorrise a tornò a giocare con le sue foglie secche, mentre ciò che provai io mi lasciò confuso. Non fu quel fuoco bruciante che da mesi era diventato il mio fedele compagno, ma un lieve tepore confortevole - o il ricordo sbiadito di quella sensazione vissuta durante la mia vita umana - che invase tutte le mie membra, era questo l’amore?
Le fiamme, però, erano pronte a sfavillare più forti di prima nel momento in cui si rialzava dal nostro posto e tornava dentro casa per raggiungere Edward; io sospiravo, un gesto tanto umano che in parte cancellava via il mio rammarico.
L’inferno era lì, le sue lingue di fuoco mi alitavano ancora contro e bruciore intenso del mio corpo non accennava a diminuire, ma erano questi momenti, di cui facevo tesoro, che ne assopivano le fiamme.
 
Bella stringeva sempre le sue mani calde fra quelle del suo ragazzomio fratello – quando alla sera si dirigevano alla Volvo per tornare a casa di Charlie, poi, Edward tornava al garage per lasciare la sua macchina e tornare a piedi da lei.
Lo guardavamo ogni sera fare la stessa cosa: chi con gli occhi pieni di amore come Esme o Alice, chi come Emmett che tendeva a prendere in giro il fratello attraverso i suoi pensieri; io tentavo di rimanere piuttosto indifferente, allineandomi al comportamento di Rosalie.
L’inizio della scuola fu ciò che costrinse Bella a diminuire le sue visite in casa Cullen e ciò che allontanò da casa anche Alice ed Edward.
Se per un verso l’assenza di Bella si fece evidente e il suo tempo passato fra quelle mura diminuì drasticamente, dall’altra mi sentii sollevato perché finalmente raggiunsi la pace dei sensi, i pensieri erano liberi di girovagare per la mia mente, di fare giravolte e creare evoluzioni degne di acrobati professionisti, almeno fin quando Edward era lontano.
La villa era parecchio vuota perché durante il giorno solo io, Esme, Rosalie ed Emmett abitavamo quella casa e molto spesso questi ultimi preferivano passare il loro tempo nella loro dimora, mentre Esme veniva completamente risucchiata dai suoi progetti. La mia stanza era diventata il luogo ideale dove immergermi in quelle montagne russe di sensazioni, dove immaginare situazioni che avrei potuto sperimentare, se mai Bella fosse diventata mia.
Ad occhi chiusi, sognavo le mie mani toccare e scoprire lentamente il suo corpo, scoprire la nostra differenza di temperatura, posare le mie labbra sul suo collo, con il solo desiderio di vederla piegarsi dal piacere, di muovermi su di lei e respirare il suo odore.
Il mio autocontrollo e la mia resistenza al sangue umano erano, però, ancora qualcosa che non avevo affinato ed Edward con la sua chiara mancanza di fiducia nei miei confronti non faceva altro che aumentare i miei sensi di colpa, più di quanto io stesso facessi già.
Una risata fece vibrare il mio petto, quella ragazzina mi stava accompagnando alle porte del manicomio, a me Jasper Whitlock, il maggiore dai nervi saldi!
Come ero finito in quella situazione strana, come potevo desiderare la donna di mio fratello, come potevo non pensare alla donna che avevo al mio fianco mentre quei pensieri mi riempivano la testa e soprattutto come resistere al richiamo di quella fragile umana?
 
Come avrei potuto pensare così intensamente a Bella, se il legame tra compagni esisteva davvero? Avrei sempre e solo dovuto pensare ad Alice e a nessun altro.
Forse io e Alice non lo eravamo, forse io e Alice eravamo solo innamorati – o lo eravamo stati - forse entrambi non avevamo ancora trovato la nostra metà, forse ognuno di noi si era solo accontentato dell’altro, di qualcuno che in quel momento sembrava la mano tesa più vicina e più giusta a cui aggrapparsi.
Alice era stata la prima donna di cui mi ero mai realmente fidato. Io ero stato la sua prima visione, solo questo, nessuno di noi ha mai messo in conto quanto quella visione possa solo esser stata una semplice visione, perché le visioni di Alice non sono altro che possibilità, possibilità a volte difficili da decifrare. Il nostro destino era incontrarci, ma eravamo davvero destinati a stare insieme per il resto della nostra esistenza o il nostro tempo insieme avrebbe raggiunto una fine? Per oltre cinquant’anni non avevo mai pensato a questa possibilità.
Avevo conosciuto l’amore, non direttamente, lo avevo conosciuto attraverso i miei due migliori amici, Peter e Charlotte, e riflettendoci, mi appariva assurdo quanto lontane erano quelle emozioni dall’amore che provavo io per Alice, amore che piano piano stava scemando e assumendo le sembianze di una profonda devozione.
Peter e Charlotte erano davvero compagni, io e Alice probabilmente non lo eravamo, perché non riuscivo più a ricambiare tanto profondamente i sentimenti che Alice ogni secondo del nostro tempo insieme mi mostrava.
Io e Alice non eravamo compagni o non mi sarei mai trovato sul punto di dubitare così tanto dei miei sentimenti nei suoi confronti, non mi sarei neanche permesso di desiderare qualcuno al di fuori di lei e non sarei mai arrivato al punto di odiare le sue abilità da preveggente.
Il pensiero che la mia vita fosse in mano ai progetti preannunciati di Alice e alla sua ingerenza nelle vite della nostra famiglia mi faceva infuriare, anche se sapevo che lei non aveva colpe in tutto questo.
Sì, probabilmente questo sarebbe stato il nostro futuro, accontentarci di noi stessi.
Mi fidavo ancora di lei, ed ero sicuro che se mai le nostre strade si fossero separate lei me lo avrebbe fatto sapere, eppure non potevo non sperare che questo non accadesse, che il mio riscoperto ardore per l’umana non venisse alla luce, perché se mai il mio futuro e quello di Alice non fosse stato più coincidente, ero sicuro sarebbe stato proprio a causa di Bella, anzi no, proprio a causa mia.
I miei voli pindarici mi mostrarono anche un’altra alternativa: forse io e Alice non eravamo compagni, ma io e Bella lo saremmo stati se ci avessero dato, un giorno, la possibilità di esserlo? Bella, forse, non sarebbe mai neanche diventata un vampiro.
 
In principio si trattò di attrazione, poi arrivò quel senso di appartenenza che mi guidava costantemente verso di lei, verso i suoi sguardi, verso i suoi timidi sorrisi, verso quelle braccia esili che tanto desideravo stringessero il mio corpo. Erano arrivate le cacce alle ore più disparate della giornata, per allontanarmi quanto più possibile da lei, da Alice, ma soprattutto da Edward, perché tenere a bada i miei pensieri e le mie emozioni diventava sempre più impossibile. Stavo perdendo la giusta via e riprenderla sarebbe stato difficile, anzi, sarebbe stato inutile ormai. Sapevo che non c’era più nulla da fare, conoscevo fin troppo bene l’arte delle emozioni, per non comprendere le mie o far finta di non comprenderle.
Si trattava ormai di aspettare un qualcosa che non sarebbe mai arrivato, qualcosa che potevo immaginare solo attraverso la mia fervida fantasia e i miei più profondi e oscuri desideri di farla mia in qualsiasi modo possibile.
Perché Bella, perché mi costringi a fare questo a me stesso? Perché mi costringi a fuggire via e macinare chilometri su chilometri solo con lo scopo di pensarti liberamente?

Angolo Autrice
Buonasera!
Sì, sono tornata e soprattutto sono tornata con il secondo capitolo di questa storia ormai finita nel dimenticatoio.
Sapevo che avrei dovuto riprenderla solo quando mi andava e infatti eccomi qui, ho semplicemente aperto il mio file word e corretto e sistemato il secondo capitolo, che attenzione attenzione, faceva la muffa letteralmente dall'istante successivo in cui avevo pubblicato il primo! Però ecco non linciatemi, ho riletto in un giorno tutto quello che ho scritto e pensato, a differenza della prima volta, che forse tanto male non era ciò che avevo scritto (io e la mia insicurezza quando scrivo in prima persona)

così ho deciso finalmente di pubblicarlo.
Cosa dire su Jasper? Niente, me lo immagino proprio così con tutti i monologhi interiori, visto quanto silenzioso è come personaggio, per questo credo che abbia un intero mondo da scoprire e che voglio trasmettere, secondo la mia umile visione e scrittura. Spero mi facciate sapere cosa ne pensate :* e come sempre un bacione e un abbraccione!
colinred_

p.s. in questi giorni sto continuando la revisione di "Distraction", la mia storia su Sam/Bella che ho amato scrivere durante la scorsa estate, se vi va passate a dare un'occhiata! 
  
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