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Autore: Milly_Sunshine    25/03/2023    2 recensioni
Dopo molti anni, Enrico torna nella sua città natale, dove ha accettato un lavoro nello stesso albergo nel quale lavorava suo padre. Qui rivede Carolina, sua vecchia amica che lavora alla reception, per la quale prova un'attrazione in apparenza non corrisposta ed è ignara delle vere ragioni che abbiano convinto Enrico a tornare a casa. Alle loro vicende si incrociano quelle di Vincenzo, figlio del vecchio titolare che ha di recente ereditato l'attività di famiglia. Ciascuno di loro ha i propri segreti, ma un segreto ben più grande, che risale all'epoca della loro infanzia, sta per sconvolgere le vite di tutti e tre. Il contesto è "generale/ vago" perché "persone adulte che vivono nei primi anni '90" non è contemplato.
Genere: Drammatico, Mistero, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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MATRIMONIO IMMINENTE

La porta si spalancò all'improvviso. Vincenzo alzò gli occhi, aspettandosi di assistere alla comparsa di Carletti, ma non fu così. Si ritrovò a fissare Paola che, dopo avere varcato la soglia, rimase immobile, nel suo completo con giacca e pantaloni beige. Non si aspettava di ricevere una sua visita e, anzi, capitava molto raramente che si presentasse in albergo. Quando accadeva, tuttavia, le era permesso di circolare liberamente e di andarlo a cercare ovunque volesse. Per quanto Vincenzo non impazzisse all'idea - d'altronde non gli era mai passato per la testa di fare delle improvvisate a Paola all'atelier che gestiva insieme alla madre - non aveva mai trovato alcuna scusa valida per chiedere al personale di bloccarla.
«A cosa devo l'onore di questa visita, se non sono indiscreto?»
Paola accennò una lieve risatina.
«Sono passata a controllare che tu non ti fossi appartato con l'amante.»
Vincenzo non trovò divertente quella battuta, ma non lo diede a vedere e scherzò: «Credi che sarei così sprovveduto da portarmi l'amante al lavoro?»
Paola gli strizzò un occhio.
«Magari te la fai con una delle dipendenti.»
Vincenzo preferì non commentare. In altri momenti avrebbe citato casi nei quali unire la vita sentimentale e il lavoro era stato deleterio, ma le circostanze che avevano portato Paola a raggiungerlo andavano chiarite.
«Parlando seriamente, come mai sei qui? È successo qualcosa?»
Paola scosse la testa.
«No, tutto bene, avevo solo voglia di vederti e sono sicura che stasera andrai a casa tardissimo. Domani devo essere puntuale all'atelier, a una certa ora devo andare a letto. Ho un appuntamento con una cliente importante che vuole essere seguita solo da me. Forse pensa che mia madre sia troppo in là con gli anni per intendersene di trend attuali in fatto di abiti da sposa.»
Stranamente, Vincenzo si rese conto di non trovare irritante il sentire parlare del futuro matrimonio di una cliente. Forse era dovuto al fatto che l'evento non lo riguardasse. Decise, tuttavia, di informare Paola: «Tra pochi minuti devo vedere Carletti.»
Era un modo carino per riferirle di avere una questione di lavoro urgente della quale occuparsi, ma Paola non ne fu minimamente turbata. Si limitò a replicare: «Lo so.»
Non era ciò che Vincenzo sperava di sentire.
«Te ne ha parlato tuo padre?»
«Già.»
«E cos'altro ti ha detto?»
«In poche parole, si rende conto di metterti in difficoltà, ma non ha molte alternative: o gli rendi i soldi che in passato ha prestato a tuo padre, naturalmente non subito, o gli vendi una quota.»
Vincenzo annuì.
«Non preoccuparti, ci parlo io con tuo padre. Vedrai che troveremo un accordo.»
Paola abbassò lo sguardo.
«Lo spero.» Diede una spinta alla porta, facendola chiudere, e avanzò verso la scrivania alla quale Vincenzo era seduto. «Sono certa che tutto si sistemerà. D'altronde state per diventare parenti...»
Quelle parole colpirono Vincenzo come una coltellata. La data del matrimonio era giorno dopo giorno più vicina, facendolo sentire sempre più in trappola. L'idea di diventare il genero di Damiano Rossini non era allettante, al netto del fatto che fosse l'unico modo per non dovere saldare nell'immediato l'ingente debito nei suoi confronti.
Con un balzo, Paola si sedette sul bordo della scrivania.
«Non vedo l'ora.»
«Che io diventi parente di tuo padre?»
«Che tu diventi mio marito.»
Vincenzo non replicò.
Paola lo rimproverò: «Non mi aspetto che tu mi dica che fai il conto alla rovescia nell'attesa del giorno in cui diventerò tua moglie, ma almeno mi aspetto un po' di entusiasmo.»
Vincenzo sorrise.
«È da un anno che non parliamo d'altro: la cerimonia, gli addobbi della chiesa, gli invitati, il corso prematrimoniale, il prete che ci ricorda che, comunque vada tra di noi, davanti a Dio saremo marito e moglie fino alla morte...»
Paola ridacchiò.
«Non mi dire che pensi già al giorno in cui finiremo per divorziare. Oppure che ti interessi davvero il parere della Chiesa sull'indissolubilità del matrimonio cattolico.»
«Non penso a niente, se non al fatto che perfino il prete mi sta con il fiato sul collo a mettermi ansia, come se non bastasse tutto il resto.» Vincenzo sospirò. «Sai quale sarebbe la cosa più bella? Se una mattina mi svegliassi e mi ritrovassi di colpo già sposato. Del resto lo sai, ti ho sempre detto che avrei preferito una cerimonia sobria, per pochi intimi, invece di una baracconata.»
«Sono d'accordo con te, ma il matrimonio lo paga mio padre, quindi il minimo che possiamo fare è venire incontro ai suoi desideri, specie considerato che gli devi un sacco di soldi.»
«Non so se la tua schiettezza mi piaccia, oppure mi spaventi.»
«Vedrai, sarà meravigliosa la tua vita insieme a me.»
«Mi auguro, almeno, che non sia troppo terribile, né per me né per te.»
Paola sbuffò.
«Non mi dire che stai iniziando a pentirti della nostra decisione.»
«No, non me ne sono pentito» chiarì Vincenzo, «Ma abbiamo fatto presto a convincerci che sarebbe andato tutto bene.» Si alzò in piedi, fece il giro della scrivania e si mise di fronte a Paola. Guardandola negli occhi, le chiese: «Pensi davvero che ne saremo capaci? Che riusciremo a portare avanti questa recita e che non ci verrà mai voglia di scappare a gambe levate?»
«Sono tante le situazioni da cui vorremmo scappare» replicò Paola, «Ma il segreto è affrontarle. Ne abbiamo parlato tanto, ormai è tutto deciso. Le mie clienti mi chiedono da anni quando ho intenzione di trovarmi un marito. L'idea di mettersi nelle mani di una donna non sposata le turba. Da quando siamo fidanzati ufficialmente, ho conquistato una maggiore credibilità. Quindi no, io non ho voglia di scappare, e non conviene neanche a te: a me serve un marito, a te serve un modo per non perdere il controllo dell'albergo. Mi pare uno scambio equo. Magari potrebbe uscirne fuori anche un piccolo erede, giusto per apparire più credibili. Vedrai, sarà più facile di quanto tu creda.»
Vincenzo borbottò: «Sarà solo un gran casino.»
Paola scese dalla scrivania. Guardandolo negli occhi, ribatté: «Ce la caveremo. Ho fiducia in me stessa e dovresti iniziare ad averne anche tu.»
«Fiducia in me stesso o fiducia in te?»
«Entrambe le cose.» Paola si diresse verso la porta. «Ti lascio alla tua riunione con Carletti... oppure all'incontro con l'amante. Perché no, non me la bevo, secondo me hai qualcuna qui al lavoro. E comunque non ci sarebbe niente di male, lo sai che non trovo niente di sconveniente nelle relazioni con le dipendenti.»
«La tua sarta cosa ne pensa della tua decisione di sposarti?»
«Anche lei ha dovuto sposarsi, in passato, anche se per ragioni diverse dalle mie. Era molto giovane, la sua famiglia era molto retrograda e non l'avrebbe mai accettata per quello che è veramente. In più, con il marito doveva proprio starci insieme, non era un matrimonio finto. L'idea che io mi sposi non la fa impazzire, ovviamente, ma sa che gli uomini non mi interessano. Piuttosto sei tu quello che potrebbe avere dei problemi. La tua amante cosa ne dice del nostro matrimonio?»
«Tu pensa alla tua donna, io penso alla mia.»
«Sei stato il primo a fare domande.»
Vincenzo fu costretto ad ammettere che Paola aveva ragione.
«Va bene, hai vinto tu, però adesso lasciami solo. È vero che devo incontrare Carletti.» Guardò l'orologio. «Dovrebbe essere qui a minuti.»
Paola non oppose resistenza. Vincenzo la guardò andare via, cercando di rassicurarsi. Avevano pianificato tutto nei minimi dettagli e si erano più volte ripromessi di cercare di darsi fastidio a vicenda il meno possibile. Non condivideva le ragioni di Paola - a suo parere il volere mascherare la propria sessualità era un errore di cui si sarebbe pentita amaramente, specie considerando che lo faceva perché le clienti si aspettavano che ad assisterle fosse una donna eterosessuale e possibilmente sposata - ma non era nella situazione di potersi prendere il lusso di giudicare le azioni altrui. Non si stava comportando meglio, anzi, stava rinunciando a vivere a pieno la propria vita perché il matrimonio con Paola era la soluzione migliore per le casse dell'albergo.
Fu l'arrivo del direttore a distoglierlo, almeno in parte, da quei pensieri. Non troppo, però: uno degli argomenti all'ordine del giorno riguardava il prestito da parte del signor Rossini, che scalpitava per rientrare in possesso del proprio capitale. Vincenzo lo rassicurò in proposito: avrebbe incontrato il futuro suocero nei giorni seguenti e avrebbe cercato di tenerlo buono ancora per un po', magari mettendosi a vaneggiare qualcosa sul fatto che il matrimonio con Paola fosse lo scopo ultimo della sua vita. Carletti non parve molto preoccupato, il che fu un bene. Vincenzo non si sentiva pronto per una discussione della durata infinita, l'idea di cavarsela senza troppa insistenza non gli dispiaceva: per quel giorno, ormai, aveva già dato. Informò il direttore di un mal di testa immaginario, ma funzionale per affermare che, se non gli fosse passato, di lì a un po' sarebbe andato a casa.
«Tanto sai come comportarti in mia assenza» aggiunse, guadagnandosi un'occhiata carica di ammirazione da parte di Carletti.
Il direttore borbottò qualcosa, senza sembrare troppo dispiaciuto della sua potenziale assenza. Uscì dall'ufficio e poco dopo Vincenzo fece la stessa cosa, andando a fare un giro alla reception per verificare se Enrico fosse riuscito a trovare un'altra scusa per andare a fare visita a Carolina.
Non si sorprese particolarmente di vederlo apparire al cospetto della receptionist e scambiare qualche parola con lei prima di allontanarsi. Attese che se ne andasse, poi si avvicinò a sua volta a Carolina.
«Tutto bene?»
La receptionist alzò lo sguardo.
«Sì, certo, tutto bene.»
«Spero che Enrico non stia dando problemi.»
«Oh, no, affatto, perché dovrebbe?»
«Sta sempre qui.»
«Solo quando ha qualche minuto libero» chiarì Carolina. «Non stiamo sottraendo tempo al lavoro, né io né lui.»
Vincenzo sorrise.
«Non l'ho mai dubitato.» Le voltò le spalle mormorando: «Buona serata.»
«Buona serata» ripeté Carolina, mentre Vincenzo si allontanava.
Uscì dallo stabile e si diresse nel parcheggio. Salì in macchina e, per quanto tentato di fare una visita al bar da Olimpia, si diresse verso casa. Il cancello era accostato, cosa che lo sorprese. Lo richiuse, una volta entrato, e si diresse verso la porta di casa.
Aprì, varcò la soglia e si rese conto di non essere solo.
«Mamma?!» esclamò spalancando gli occhi. «Cosa ci fai qui?»
«Visita di cortesia.»
«Come sei entrata?»
«Mi ha fatto entrare la vecchia che ti pulisce casa.»
Vincenzo spalancò gli occhi.
«La... vecchia?»
«Non mi ricordo il suo nome» rispose sua madre. «Anzi, non gliel'ho nemmeno chiesto. Parlo della tua governante.»
«Lo sospettavo» ribatté Vincenzo. «Comunque Luciana è più giovane di te, ha solo cinquantasette anni.»
«Gliene davo molti di più.»
A Vincenzo non interessava tanto approfondire quel discorso, piuttosto avrebbe desiderato scoprire le vere ragioni per cui sua madre era tornata in città.
«Perché non mi hai detto niente? Da quanto tempo sei qui?»
Comprese che non si trattava della semplice volontà di andarlo a trovare quando sua madre obiettò: «Non mi sembra il caso di parlarne qui. Togliti almeno la giacca e andiamo a sederci in soggiorno.»
Vincenzo non obiettò, d'altronde era la cosa più normale da fare. Un paio di minuti più tardi, dopo avere preso posto, osservò: «Di solito torno molto più tardi. È un'eccezione che io sia qui adesso. Se non fossi venuto a casa in anticipo, avresti dovuto attendermi molto a lungo.»
«Avrei aspettato. Mia cugina, che mi sta ospitando, sa che c'era il rischio che arrivassi a casa tardi, stasera. Volevo parlarti.»
«Di cosa?»
«Dei Rossini.»
«Se vuoi conoscere qualche dettaglio sulla cerimonia» ribatté Vincenzo, «Faresti meglio a chiedere alla mia futura consorte. Io non sto seguendo molto, come puoi immaginare.»
«Non so cosa immaginare, in realtà» replicò sua madre. «Ho parlato al telefono con la tua futura suocera, qualche giorno fa. È preoccupata. So che devi dei soldi alla famiglia di Paola. Hai bisogno di aiuto?»
Vincenzo valutò di dirle la verità.
"Sai, in realtà io e Paola ci siamo messi insieme per convenienza. Io ho bisogno di diventare parente dell'uomo che potrebbe impossessarsi dell'attività che ho ereditato da mio padre. Paola invece è lesbica e vuole nasconderlo, non tanto perché tema il giudizio di una società ancora troppo chiusa e all'antica o della sua famiglia, ma perché è convinta che le sue clienti - donne che intendono sposarsi con uomini - non la considererebbero capace di empatizzare con loro e comprendere i loro desideri. È una situazione pesante, dato che sono innamorato di un'altra donna con la quale mi frequento di nascosto, ma cercheremo di adattarci. Quindi sì, se potessi liquidare Rossini, probabilmente potrei essere libero di non sposarmi e vivere la mia vita come voglio. Puoi comprarla tu, una quota dell'albergo, anche se so che detesti quel posto, perché ti ricorda il tuo matrimonio infelice con papà. Però adesso papà è sepolto accanto ai nonni, quindi il passato non ti tormenterà in alcun modo."
Sarebbe stato troppo bello potersi liberare del peso che aveva dentro, ma sentiva di non poterlo fare. Sua madre, nel frattempo, insisteva: «Hai bisogno di qualcosa?»
Vincenzo scosse la testa.
«No, me la posso cavare anche da solo.»
«Sicuro?»
«Sì che sono sicuro. Ho quasi trentacinque anni, non sono più un bambino. Si sistemerà tutto.»
«Voglio fidarmi, ma ti prego di non fare sciocchezze. Non farti portare via ciò che ti appartiene e non fidarti delle persone sbagliate. Ci ha già pensato tuo padre, a suo tempo.»
Vincenzo azzardò: «Parli di Giuseppe Bianchi? O del fatto che io e Giorgio Carletti abbiamo assunto suo figlio Enrico? Non preoccuparti, è direttore di sala al ristorante, non può fare danni.»
Sua madre sospirò.
«Giuseppe Bianchi... chissà cos'ha combinato. Non ho mai creduto che abbia agito contro tuo padre o che si sia intascato dei soldi. Erano altri i tipi inaffidabili di cui si è circondato, ma tu eri bambino, forse non te ne ricordi più. Maurizio Melegari, mi pare si chiamasse, quel tale che amministrava l'attività per suo conto. Penso sia già morto. O almeno, qualche anno fa ho sentito dire che era gravemente malato. Aveva a che fare con della brutta gente. Tuo padre diceva sempre che Maurizio era una brava persona e che aveva salvato Giovanna Riva facendola trasferire qui in città, perché doveva nascondersi da un suo ex fidanzato che aveva tentato di ucciderla. Non so come sia andata e non so che cosa fosse successo esattamente a quella Giovanna. Non mi ricordo nemmeno come fosse quella donna, a onore del vero, so solo che aveva avuto dei seri problemi e che Maurizio l'aveva aiutata a trasferirsi e a trovare un nuovo lavoro. Questo, però, non faceva di lui un santo.» Si alzò in piedi. «Scusami, Vincenzo, ti sto asfissiando con le mie chiacchiere. Sarà meglio che vada.»
Vincenzo le propose: «Possiamo cenare insieme.»
«No, grazie. Non ho voglia di cucinare per te e ancora meno di assaggiare qualcuno dei tuoi piatti "prelibati", a meno che le tue doti di cuoco non siano migliorate negli ultimi tempi.»
«Mi dispiace, ma di solito mangio qualcosa prima di venire a casa dal lavoro, quindi non mi capita tanto spesso di mettermi ai fornelli, diciamo pure quasi mai.»
«È un buon motivo per scappare a gambe levate declinando l'offerta. Mi raccomando, se hai bisogno di me chiamami. Sai dove trovarmi.»
Vincenzo annuì.
«Lo farò senz'altro.» Poi, notando il modo in cui lo guardava la madre, puntualizzò: «Lo farò, se mai dovessi avere bisogno di aiuto. Comunque sono sicuro che non succederà. Te l'ho detto, è tutto sotto controllo.»
In verità non era sotto controllo nulla e, anzi, giorno dopo giorno era sempre più lontano da qualsiasi tipo di controllo, ma non voleva far preoccupare sua madre. Era meglio farle credere che tutto andasse a gonfie vele, dopotutto era il destino che aveva scelto insieme a Paola.
La accompagnò alla porta e rimase finalmente da solo, cercando di ricordarsi chi fosse Maurizio Melegari. Quel nome non gli era nuovo, ma del resto doveva averlo senz'altro sentito nominare, quando era bambino. Suo padre aveva avuto diversi collaboratori, che poi si erano defilati per il desiderio di intraprendere altre strade o, nel caso di quelli più anziani, per ritirarsi dalla professione. Ricordarsene uno nello specifico, che peraltro sembrava essere già deceduto, non gli sarebbe stato d'aiuto. Era colpito, piuttosto, dalle parole di sua madre a proposito di Giuseppe Bianchi. Secondo lei era stato incastrato o accusato di azioni che non aveva commesso, ma Vincenzo conosceva la verità: aveva sentito Bianchi che discuteva con suo padre a proposito di un accordo per chiudere la faccenda privatamente e senza denunce. Tutto ciò che gli interessava scoprire era piuttosto quanto Enrico fosse al corrente degli affari loschi di Giuseppe.
Si ricordò dell'intenzione di andare a fare visita a Olimpia. Forse gli conveniva passare per il bar, magari con la scusa di mangiare qualcosa per cena. Non sapeva minimamente se in quel locale esistesse o meno la possibilità di consumare un pasto decente, ma nel peggiore dei casi ci sarebbero stati almeno panini o tramezzini. Non sarebbe stato come cenare nella cucina dell'albergo, come aveva fatto la sera precedente in compagnia di Enrico e Carolina, ma sapeva adattarsi, specie quando era per una giusta causa.

   
 
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