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Autore: _Atlas_    26/03/2023    1 recensioni
1997.
Axel, Jake e Jenna vivono i loro vent’anni nella periferia di Mismar, ubriacandosi di concerti, risate e notti al sapore di Lucky Strikes. Ma la loro felicità è destinata a sgretolarsi il giorno in cui Jake viene trovato morto, spingendo gli altri nell’abisso di un’età adulta che non avrebbero mai voluto vivere.
Diciotto anni dopo, Axel è un affermato scrittore di graphic novel che fa ancora i conti col passato e con una storia di cui non riesce a scrivere la fine.
Ma come Dark Sirio ha bisogno del suo epilogo, così anche il passato richiede di essere risolto.
Genere: Generale, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo XIX
 
 
 
 
 
 
 
«Ciao Axel, mi fa piacere sentire la tua voce, significa che non sei stato rapito da una qualche entità extraterrestre, o rimasto incastrato in una realtà parallela sconosciuta a noi comuni essere umani
 
Axel ridacchiò ascoltando le parole di Loraine, che quasi sicuramente si era imposta di rispondere con studiato ritardo al suo ultimo messaggio.
Avviò il suo audio come un qualsiasi sottofondo musicale mentre cercava di dare una sistemata al sottotetto, incappando in cianfrusaglie, foto e altre diavolerie di cui aveva dimenticato l’esistenza. Con un gesto quasi esasperato era persino arrivato ad aprire lo scatolone che gli aveva dato Darryl settimane prima e dove in effetti non aveva trovato nessuna lettera di Jake che lo accusava della sua morte. Impolverate e consumate dal tempo, c’erano solo decine e decine di fotografie, probabilmente scattate tutte da Jenna, qualche rivista e oltre una ventina di cd e audiocassette. Non ci si soffermò molto, li mise da parte e continuò con le sue faccende sperando di dare un senso a quel posto. Poi dovrei venderlo, pensò, conscio che non sarebbe mai stato capace di farlo.
 
«In ogni caso, ero sicura che le tue conferenze stessero riscuotendo successo, del resto Dark Sirio è tutta farina del tuo sacco, non potevo aspettarmi altro.
Mi fa piacere sapere che i tuoi problemi gastrointestinali non siano più sfogati nei bagni degli studenti, immagino quanto ne saranno lieti i professori.
Io sto bene, anche se purtroppo non ho ancora trovato scrittori più viziati e maledetti di te, non è facile scovarli in quest’epoca così politicamente corretta.
Mi dispiace che le gocce non siano di tuo gradimento, immagino che il dottor Perkins ti abbia spiegato che servono per farti dormire e non per intrattenerti con un viaggio mentale psichedelico a tema anni Settanta.
A presto, nella speranza che tu non finisca intrappolato in un buco nero.»
 
Axel rise ancora, ma smise di farlo quando all’improvviso si ritrovò tra le mani una foto particolare che lo ritraeva insieme a Jake. Sorridevano entrambi all’obiettivo, ma il volto di Jake era tirato e già allora si capiva quanto stesse male.
Quel pomeriggio era andato a trovarlo per provare a riappacificarsi con lui, dopo il fiasco del concerto al Lenox Blues. Non era stato semplice, ricordava ancora bene quanto poco autocontrollo avesse l’amico e come rifiutasse ogni tentativo di dialogare e confrontarsi con lui.
«Ti faccio pena, per caso?», «Non mi serve il tuo aiuto» e ancora «Sei venuto per farmi la morale? A dirmi che certe cose non si fanno? Lo so che lo sai, Axel.», «O forse ti manda Darryl? Lui e la sua voglia del cazzo di salvarmi la vita…Dovete lasciarmi in pace, cazzo.».
Non aveva reagito a quelle provocazioni, ma ricordava chiaramente l’angoscia che lo aveva assalito nel realizzare che quella situazione era più grande di lui e che non aveva la minima idea di come affrontarla. Quel senso di impotenza lo aveva paralizzato, impedendogli di scappare ma anche di riconoscere nel volto paonazzo di Jake lo stesso amico di sempre.
Alla fine si era seduto accanto a lui sul letto senza dire una parola, lottando internamente contro la delusione, le aspettative distrutte e un ideale di amicizia in cui aveva osato credere e che invece non esisteva.
«Scusa» aveva mormorato poco dopo Jake, più calmo ma ancora visibilmente scosso.
«Ho una birra in frigo, ti va se ce la dividiamo?»
Oltre alla birra, quella sera si erano divisi un pacchetto di Lucky Strikes.
Axel aveva faticato ad assecondare gli sbalzi d’umore di Jake, eppure in qualche modo era riuscito a stargli dietro, ridimensionando con ingenuità tutto quello che stava succedendo. Jenna li aveva raggiunti poco dopo, intercettando forse solo di sfuggita i loro sguardi turbati. Anche lei aveva evidentemente peccato di ingenuità, mentre con la polaroid aveva scattato la foto che Axel stava adesso stringendo tra le dita.
 
Improvvisamente un bussare scombinato alla porta d’ingresso lo riportò al presente.
«Axel??!» gridò qualcuno, una voce giovanile che non riconobbe subito.
Rimase interdetto per qualche istante non appena davanti a lui comparve il volto sorridente di Lion, chiaramente lieto di averlo trovato.
«Che ci fai qui?» gli chiese senza capire il motivo di quella visita.
«Darryl mi ha cacciato» rispose quello senza dare troppe spiegazioni.
«Che significa, in che senso?»
«Boh, dice che non posso stare lì e che oggi sono chiusi al pubblico. Anche se io non sono il pubblico…» borbottò piccato.
Axel si morse la lingua, ricordando il motivo per cui forse lo stavano tenendo alla larga dal locale.
«Capisco,» gli disse «magari hanno da fare» azzardò restando vago.
«Sì, tipo organizzarmi la festa di compleanno» fece spallucce Lion, facendosi spazio per entrare in casa. Axel lo lasciò fare, appena un po’ impacciato.
«Posso stare qui?» gli chiese all’improvviso il ragazzo, guardandosi attorno con aria curiosa e a tratti meravigliata.
«Cos- Eh? Non c’è niente da fare qui» rispose lui allarmato «Perché non vai con i tuoi amici a…non so…»
«Ma chi, Mike?»
«Sì, Mike, per esempio.»
«Mmm.»
Lion continuava a scrutare con curiosità la stanza, soffermandosi sulle foto e i disegni appesi alle pareti, ormai ingialliti e consumati. Axel seguiva i suoi movimenti senza sapere bene come comportarsi. Tra meno di un’ora avrebbe dovuto trovarsi alla C.A.M. per una conferenza sulla prima pubblicazione di Dark Sirio, e anche se ce la stava mettendo tutta per arrivare in ritardo non era proprio in vena di stare dietro a un ragazzino vispo e un po’ ficcanaso.
«Questi li hai fatti tu?» gli domandò quello, indicando una manciata di fogli che riproducevano strade e quartieri abbandonati.
«Sì, molto tempo fa.»
«Wow. Dark Sirio
«Già. Lion…» tentò poi di richiamarlo mentre si soffermava su alcune foto.
«Sei proprio sicuro di non aver mai fumato?» gli chiese invece il ragazzo, scrutando una polaroid in particolare che in effetti lo ritraeva insieme a Jake con una sigaretta in bocca.
«Uhm.»
Lion sbuffò rumorosamente. «Ma perché pensate che io sia scemo?» domandò risentito.
«Non l’ho mai pensato» si difese Axel.
«E allora perché mi hai detto una balla? Bastava che mi dicessi “sì Lion, ho fumato…e fumo ancora”» disse guardandolo sospettoso.
«Ehi! Non fumo più!» chiarì subito Axel, agitandosi. «Ho smesso da quasi vent’ anni e non inten-»
«Okay, okay, ho capito!» alzò le mani Lion «Non fumi, va bene. Ma un tiro te lo faresti ogni tanto, o sbaglio?»
«Lion!» lo riprese, strabuzzando gli occhi.
«E va bene, la smetto» si arrese infine il ragazzo, tornando a guardare le foto.
Axel sospirò, sentendosi comunque un po’ in colpa per avergli mentito e in generale per come lo stesse trattando, così provò a recuperare.
«Senti, mi dispiace di averti detto una balla. È vero, fumavo, ma quella roba fa schifo e non te la consiglio per niente. Puzzi di marcio e ti vengono i denti gialli. Non piacerebbe a Annie.»
«Amy» lo corresse Lion, arrossendo appena.
«Appunto.»
«Tu e Jenna eravate amici?»
Giusto, c’è anche lei nelle foto.
Axel si morse la lingua con agitazione e annuì rapidamente, iniziando a trafficare con il materiale da portare alla conferenza.
«Lion, io devo andare adesso…»
«Dove?»
«A scuola. Cioè, una specie, in realtà è più un college…Aspetta un attimo» si fermò poi, realizzando all’improvviso che c’era qualcosa che non gli tornava del tutto. «Tu dovresti essere a scuola. Perché non sei a scuola?» chiese con un certo nervoso.
Lion perse di colpo la sua espressione spavalda e gli rivolse uno sguardo a metà tra il colpevole e l’implorante.
«Perché…» tentò di spiegare, senza però aggiungere nulla.
«Oh no, no, no! Lion ti prego vai a scuola!» lo implorò a sua volta, non riuscendo a credere di essere stato raggirato da un ragazzino e già immaginando la scenata che gli avrebbe fatto Darryl una volta che lo avrebbe scoperto. Per non parlare di Jenna.
Lion però scosse la testa, sedendosi sul suo letto.
«Lion tu devi andare a scuola» gli ripeté Axel, sperando di risultare convincente.
«Resto qui, non faccio niente di male. Non rompo nulla, te lo giuro.»
«Cosa?! Non esiste! Senti, ti sarai anche offeso perché ti ho mentito sulla storia del fumo, ma vedo che tu hai fatto lo stesso con me. Non ti sembra scorretto?»
Lion abbassò un po’ la testa, mordendosi il labbro.
«Non ci vado a scuola, Axel» disse poi «A meno che tu…»
«Non ti insegno a fumare, te lo puoi scordare!» lo interruppe brusco, prima che se ne uscisse di nuovo con quel discorso.
«…non mi lasci venire con te» disse invece.
«COSA?! Col cazzo!» sbottò incredulo Axel «Lion, ascoltami bene: tu devi andare nella tua scuola, e io nella mia, ma sono due scuole diverse. Chiaro?»
«Solo per oggi, per favore! Pensaci, a quest’ora potevo essere in un parco a farmi le canne, e invece…»
«Piantala, le canne non te le fai perché tanto non sai fumare» lo stroncò, senza lasciarsi intimidire troppo dalla sua espressione risentita.
«È il mio compleanno oggi» borbottò poi poco dopo, senza aggiungere altro.
Axel sobbalzò, ma si obbligò a guardarlo con sospetto.
«Non è una balla» chiarì «E ho saltato scuola altre volte, se proprio vuoi saperlo. Ma oggi non voglio andarci.»
«Okay. Ma perché?»
«Perché non voglio!» proruppe Lion con rabbia, alzandosi in piedi.
Axel rimase invece piantato sul posto, senza avere idea di come comportarsi e forse sull’orlo di una crisi di nervi.
«Mi dici cosa dovrei fare adesso?» gli chiese esasperato, ignorando risoluto tutte le sirene d’allarme che gli erano scattate nella testa dopo quello scambio.
«Intanto potresti farmi gli auguri.»
«Giusto, scusa. Auguri Lion, buon compleanno.»
«Grazie.»
«Prego. E ora?»
«E ora niente, ti lascio alle tue cose. A scuola non ci vado, te l’ho detto.»
Axel lo vide avvicinarsi alla porta, tirandosi sulla testa il cappuccio della felpa e salutandolo con un cenno.
«Merda!» imprecò poi sottovoce.
 
 
 
*
 
 
 
Era in ritardo. Era agitato. E soprattutto aveva una gran voglia di vomitare.
Attraversò il giardino della scuola a passo rapido, sperando che nessuno si facesse troppe domande sul come si sarebbe presentato agli studenti quel giorno.
«Non sapevo che insegnassi. Credevo fossi uno scrittore e basta» commentò Lion riuscendo a fatica a stare al suo passo.
«Infatti non insegno. Ti sembra che io abbia la faccia di un insegnante?»
«In effetti, no. Perché siamo qui allora?»
«Io sono qui perché devo tenere una conferenza. Tu, invece, sei qui perché io sono una persona di buon cuore.»
«Che genere di conferenza è?» domandò ancora Lion, scansando agilmente le sue frecciate.
«Una conferenza su me stesso» spiegò Axel faticando a prendere ossigeno e imboccando l’ultimo viale che portava all’ingresso della scuola.
«Cioè ti pagano per parlare di te stesso?»
«Sembrerebbe di sì. E più che di me stesso parlo di Dark Sirio, la storia che…che..»
«Sì, ho capito, Darryl ne parla continuamente. Ma io cosa faccio? Ti tengo i fogli mentre parli?»
«Quali fogli? No, Lion, tu te ne stai seduto buono buono senza fiatare e senza fare nulla.»
Fu costretto a fermarsi. Il cuore gli batteva all’impazzata nel petto e un singulto gli fece trattenere per qualche istante il respiro.
«Ti senti male? Sei pallido. Devi vomitare?»
Le domande di Lion rimasero sospese fin quando lui non si sentì pronto a rispondere, e per farlo si ripiegò su sé stesso vomitando quella che era stata tutta la sua colazione quel mattino. Mentre i conati lo assalivano pregò che nessuno studente fosse lì nei dintorni, e che se proprio ci fosse qualche professore nelle vicinanze, che almeno non fosse Adam Layton.
«Stai meglio?» gli chiese Lion vedendolo di nuovo in piedi.
«Diciamo di sì. Di solito riesco ad arrivare al bagno.»
«Posso farti una domanda?»
Axel lo guardò di sbieco, trattenendosi dal dargli una rispostaccia. «Dimmi.»
«Quello era un attacco di panico, vero?»
Lo guardò serio in volto, stavolta senza alcun cenno di scherno. Per un istante si sentì lui quello scoperto, costretto a trovare una spiegazione plausibile.
Decise infine di non girarci troppo intorno.
«Sì, era un attacco di panico. Adesso vieni, dobbiamo darci una mossa.»
 

 
 
_________
 
 
 
NdA
Hello!
Stavolta sono stata brava e ho aggiornato in tempi ragionevoli :’)
Come ho detto nelle scorse note, scrivere questa parte di storia mi diverte un sacco e – ovviamente- l’aspetto più divertente è proprio quello di far ammattire il nostro povero Axel :P
E a proposito di questo, posso anticipare che dal prossimo capitolo ci sarà una grossa gigante ENORME novità, non proprio positiva…ma non del tutto negativa.
Potrebbe, inoltre, esserci un avvicinamento tra due personaggi e con ciò BASTA SPOILER MI CHIUDO LA BOCCA.
 
Come sempre grazie a chi passa di qua,
 
Alla prossima,
 
_Atlas_

 
   
 
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