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Autore: Keeper of Memories    29/03/2023    2 recensioni
Dal testo:
"«Diventerai cavaliere, Gilbert?» chiese Francis trepidante «Possiamo venire a vedere l’investitura?»
«Si! Sarà la prossima settimana, ma devo passare molto tempo a pregare quindi non so se potremo vederci prima di allora.»
«Non preoccuparti Gil!» lo rassicurò Antonio «Insomma, stai per diventare un cavaliere!»
«Si… ma non potete venire a casa mia, nemmeno questa volta. Ai monaci proprio non vanno queste visite.»
«E allora ti aspetteremo» disse Francis «Quando hai finito, vieni qui che festeggiamo tutti insieme!»
Il sorriso sul volto di Gilbert si allargò a dismisura.
«Certamente!»"
Genere: Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bad Friends Trio, Francia/Francis Bonnefoy, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo
Note: Kidfic, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Suggerimenti musicali: Hijo de la Luna  

Cuenta una leyenda
 Que una hembra gitana
Conjuró a la luna hasta el amanecer
Llorando pedía
Al llegar el día
 Desposar un calé.
 
[Narra una leggenda
di una gitana
che invocò la luna fino all'alba.
 Piangendo, chiese
quando arrivò il giorno
di sposare uno zingaro.]
 
 
Fin da piccoli Francis e Antonio erano sempre stati buoni amici. A Francis piaceva sentire Antonio cantare e suonare e a volte, quando lo andava a trovare, ballavano insieme al ritmo di quella splendida musica. Antonio, invece, restava sempre stupefatto dalla quantità di vestiti e stoffe colorate che trovava a casa di Francis; a volte il suo amico gliene regalava perfino qualcuno, dicendo che quel colore o quella fantasia gli donava, o qualcosa di simile.
Quel giorno però il tempo era così bello che avevano deciso di andare alla spiaggia, una di quelle a nord, dove il cocente sole estivo non era così inclemente. Non che ad Antonio desse fastidio, ma Francis era molto sensibile al caldo e non voleva farlo star male. Dunque, si misero caccia di conchiglie tra i detriti che le onde portavano a riva, una piccola gara che a volte si divertivano a fare in quelle occasioni.
Antonio aveva appena trovato una grossa conchiglia levigata e stava per mostrarla al suo amico, quando sentì Francis urlare. Corse da lui, trovandolo accasciato a terra.
«Che succede?» urlò Antonio, poi lo vide.
Vicino a Francis c’era un bambino che non aveva mai visto. Aveva la pelle chiarissima, i capelli bianchi e gli occhi di una strana tonalità rossiccia. I suoi vestiti erano rovinati e strappati in più punti.
«Chi sei? Cosa ci fai qui?»
Il bambino non rispose, si limitò a guardarli in cagnesco per un po’, come fanno gli animali feroci quando si sentono minacciati. Antonio notò che aveva le ginocchia sbucciate e quasi istintivamente fece un passo verso di lui, per vedere se stesse bene. Il bambino sconosciuto fu più veloce: gli lanciò una manciata di sabbia in faccia e scappò.
«Ehi!»
Francis si avvicinò ad Antonio, cercando di pulirgli il viso con un fazzoletto ricamato.
«Che è successo, Francis? Perché hai urlato? Quel bambino ti ha fatto male?»
«No! È apparso all’improvviso alle mie spalle e mi sono spaventato. Pensavo fosse un mostro uscito dal mare…»
Antonio riuscì finalmente ad aprire gli occhi arrossati.
«Che sciocchezze, Francis! I mostri non esistono. Era solo un bambino.»
«Beh, ora lo so! Anzi, credo sia come noi…»
A lavoro ultimato, Francis si alzò, sventolando il fazzoletto per rimuovere la sabbia.
«Non è carino urlare in faccia alle persone… l’hai spaventato.»
«Lo so…»
Francis abbassò lo sguardo con aria colpevole. Non l’aveva fatto apposta, ma gli dispiaceva averlo spaventato.
«Ho un’idea! Potremmo tornare domani e portare qualcosa da mangiare, per scusarci. Domani è il giorno dei churros» suggerì Antonio.
«Oh! Io potrei portare dei tortini al formaggio. Gli piaceranno sicuramente! Sono il cibo più buono del mondo.»
Con ritrovato entusiasmo i due bambini si salutarono, dandosi appuntamento per il giorno dopo.
 
 
"Tendrás a tu hombre, piel morena"
Desde el cielo habló la luna llena
"Pero a cambio quiero
El hijo primero
Que le engendres a él”
 
["Avrai il tuo uomo dalla pelle scura".
Così parlò dal cielo la luna piena
"Ma in cambio voglio
il primo figlio
che genererai".]
 
 
Francis e Antonio erano tornati il giorno dopo, armati di un’abbondante merenda e del desiderio di fare ammenda. Trovarono quasi subito il bambino misterioso, intento a disegnare qualcosa nella sabbia con un bastoncino.
«Ehi!» lo chiamò Antonio, sventolando un braccio per salutarlo.
Il bambino schizzò in piedi, pronto alla fuga esattamente come il giorno prima.
«No! Fermo! Stiamo per mangiare. Vuoi unirti a noi?»
«Si! Abbiamo del cibo» intervenne Francis, snodando il pezzo di stoffa dove teneva la merenda e mostrandogli il contenuto.
Il bambino dapprima annusò l’aria, poi molto cautamente si avvicinò.
«Posso?» chiese, indicando uno dei tortini. Francis annuì e gliene porse uno.
«Sediamoci, ce ne sono altri.»
Il bambino mangiò altri due tortini e una manciata indefinita di churros con una voracità sorprendente, come se non mangiasse da giorni. Francis e Antonio si guardarono stupiti, riuscendo solo per il rotto della cuffia a non restare a stomaco vuoto.
«Grazie. Scusate» disse lo sconosciuto, stropicciandosi le mani.
«Non preoccuparti! Come ti chiami?» chiese Antonio con entusiasmo. Era molto felice che i suoi churros gli fossero piaciuti e quella merenda l’aveva messo di buon umore.
«Io sono Gilbert. Voi chi siete?»
«Io sono Francis e lui è Antonio.»
Francis, invece, non condivideva la gioia del suo amico. Avrebbe volentieri mangiato un tortino in più, ma gli sembrava sciocco lamentarsi ora che il cibo era terminato.
«Tu sei come noi, Gilbert?» chiese invece Antonio, facendo ondeggiare la testolina bruna al ritmo di una musichetta inesistente.
«Come voi?»
«Una nazione!» dissero quasi in coro i due bambini. Gilbert sembrò pensarci su.
«Io sono un apprendista cavaliere e i cavalieri hanno delle terre… quindi, forse lo sono.»
«Sei un cavaliere?!»
Gli occhi dei due bambini si spalancarono, illuminati dallo stupore. Gilbert, invece, per la prima volta sorrise e annuì vigorosamente.
«È per questo che hai così tante ferite?» chiese Francis.
«Esatto! È perché presto diventerò un cavaliere dell’Ordine di Santa Maria» annunciò, gonfiando il petto con orgoglio.
«Ma quindi hai una spada? Possiamo vederla?» chiese Antonio.
«Eh, non ancora… E non posso comunque portarla fuori dal monastero. Ma posso farvi vedere come si usano!»
 
 
De padre canela nació un niño
Blanco como el lomo de un armiño
Con los ojos grises en vez de aceituna
Niño albino de luna
 
[Da un padre color cannella nacque un bambino
Bianco come il dorso di un ermellino
Con gli occhi grigi invece che olivastri
Figlio albino della luna.]
 
 
Gilbert insegnò ai suoi nuovi amici come tirare di spada, anche se per farlo dovevano usare dei brutti rami bitorzoluti. Non che fosse importante, si divertivano spesso a improvvisare dei magnifici duelli o a combattere insieme in un tutti contro tutti. Ovviamente, Gilbert vinceva sempre.
Francis si premurò di portare al suo nuovo amico dei vestiti nuovi di tanto in tanto, anche se, a causa degli allenamenti del piccolo aspirante cavaliere, spesso facevano una brutta fine. Era un vero peccato, si impegnava sempre moltissimo per trovare dei vestiti che stessero bene a Gilbert, ma non gliene faceva una colpa.
Antonio aveva provato a insegnare a Gilbert a ballare, ma questo proprio non riusciva a imparare, sembrava sempre muoversi in modo contorto e fuori tempo; demoralizzato, gli aveva allora insegnato delle canzoni che potevano cantare tutti e tre e, anche se non si poteva dire che Gilbert fosse abile, sicuramente si divertivano.
 
Passarono anni, i tre crebbero e, seppure non potessero minimamente dirsi adulti, erano già in quell’età incerta, in cui “giocare” era diventata un’attività “per bambini” e si tende a non obbedire più all’autorità. Anche quel giorno, come quasi tutti i giorni degli ultimi anni, i tre si incontrarono alla solita spiaggia.
«Avete visto? Quanto è bello, eh?» esordì Gilbert non appena notò gli sguardi da stoccafisso dei suoi due amici.
L’apprendista cavaliere, infatti, aveva portato il suo nuovissimo scudo, fresco di forgia. Su di esso vi era un grosso simbolo, una croce nera su fondo bianco.
«Ma è bellissimo!»
«Diventerai cavaliere, Gilbert?» chiese Francis trepidante «Possiamo venire a vedere l’investitura?»
«Si! Sarà la prossima settimana, ma devo passare molto tempo a pregare quindi non so se potremo vederci prima di allora.»
«Non preoccuparti Gil!» lo rassicurò Antonio «Insomma, stai per diventare un cavaliere!»
«Si… ma non potete venire a casa mia, nemmeno questa volta. Ai monaci proprio non vanno queste visite.»
«E allora ti aspetteremo» disse Francis «Quando hai finito, vieni qui che festeggiamo tutti insieme!»
Il sorriso sul volto di Gilbert si allargò a dismisura.
«Certamente!»
 
La settimana passò più lentamente del previsto. I due ragazzini avevano dei regali per il loro amico cavaliere e non vedevano l’ora di mostrarglieli. Francis aveva preparato uno splendido gambeson bianco, da indossare sotto l’armatura da cavaliere, mentre Antonio aveva ottenuto dal cerusico una pomatina, perfetta per le ferite che Gilbert sempre si procurava. Ovviamente avevano preparato anche da mangiare, una festa non poteva dirsi tale senza cibo!
Quando il giorno dell’investitura arrivò, però, Gilbert non li raggiunse.
 
 
Gitano al creerse deshonrado
Se fue a su mujer, cuchillo en mano
"¿De quién es el hijo? Me has engañao' fijo"
Y de muerte la hirió
Luego se hizo al monte con el niño en brazos
Y allí le abandonó
 
[Lo zingaro, credendosi disonorato
Andò dalla moglie con il coltello in mano
"Di chi è il figlio? Mi hai tradito di sicuro".
E la ferì mortalmente
Poi andò sulla montagna con il bambino in braccio
E lì lo abbandonò]
 
 
 
Francis e Antonio attendevano impazienti in riva al mare. La cerimonia d’investitura sarebbe dovuta avvenire a mezzodì, ma il sole stava calando e di Gilbert non c’era traccia.
Di comune accordo, s’incamminarono lungo la stessa strada che tante volte avevano visto intraprendere al loro amico, decisi ad avere sue notizie. Camminarono a lungo, fino al tardo pomeriggio, finché non arrivarono a un villaggio non lontano da un’imponente fortezza. Sapevano di essere nel posto giusto, perché ovunque vi erano insegne bianche con la croce nera, proprio come quella nello scudo di Gilbert. Decisero così di andare a chiedere informazioni.
Quando vi entrarono, però, il villaggio era in tumulto. Molte persone urlavano arrabbiate, altre lanciavano pietre sebbene nessuno dei due ragazzini inizialmente riuscisse a capire quale fosse il fulcro di tanta ira.
All’improvviso, Gilbert passò loro davanti. Indossava un’armatura e aveva il volto arrossato per la corsa.
«Gil!» lo chiamò Antonio.
Gilbert si fermò, notando finalmente i suoi due amici. Nell’esatto istante in cui lo fece, una pietra lo colpì sulla mascella. Il ragazzino riprese a correre, sperando di sfuggire agli altri colpi.
“Der Teufel! Der weiße Teufel!(1) urlavano i popolani.
Così, Antonio e Francis capirono finalmente perché Gilbert aveva sempre così tante ferite.
 
«Ah, siete voi! Venite a darmi una mano, non riesco a togliere l’armatura» disse Gilbert, strofinandosi una guancia.
Francis e Antonio avevano seguito Gilbert fuori dal villaggio, fino a un enorme prato. Il giovane cavaliere era seduto a terra e dava loro le spalle. Si avvicinarono all’amico e lo aiutarono a sfilarsi la cotta di maglia che indossava sopra spessi strati di stoffa e cuoio.
«Senti, Gil-»
«Non ho voglia di parlare, Antonio.»
Antonio e Francis si scambiarono uno sguardo preoccupato.
«Se noi ti facessimo delle domande e tu rispondi solo “sì” o “no”?»
«Va bene.»
Francis prese dalla bisaccia di Antonio la pomata e ne spalmò una discreta quantità sui segni lasciati dalle pietre, in silenzio. Ora che poteva guardarlo meglio, notò le lacrime che velavano gli occhi di Gilbert e di come questo stesse combattendo con tutte le sue forze per non farle scendere. Antonio gli sedette accanto, accarezzandogli la schiena per consolarlo.
«Le tue ferite… non vengono tutte dagli allenamenti, vero?»
«No.»
«Ti lanciavano i sassi per… il tuo aspetto?»
«Si.»
«È per questo che non ci hai mai invitato a casa tua?»
«Si.»
«Perché non ci hai mai detto nulla, Gil? Siamo amici!» intervenne Francis.
«Perché non volevo che mi odiaste! E mi vergognavo…» sbottò Gilbert, incapace di trattenere ulteriormente le lacrime.
«Noi non ti odieremmo mai, Gil…» disse Antonio.
«Esatto! Solo quegli stupidi bifolchi lo farebbero. Tsk!» aggiunse Francis, con tono infastidito. Finì di spalmare la pomata e si sedette anche lui accanto a Gilbert.
«Io… grazie. Scusatemi» singhiozzò il piccolo cavaliere, strofinandosi gli occhi con le maniche della veste.
«Va tutto bene, Gil. Piangi tutte le tue lacrime, ma poi vieni con noi a festeggiare!»
«Esatto!» aggiunse Francis, posando la testolina bionda sulla spalla di Gilbert «Insomma, è un giorno importante, non possiamo mica farcelo rovinare da quattro pezzenti armati di sassi.»
«Antonio? Puoi fare una cosa per me?» mormorò Gilbert tra i singhiozzi.
«Certo! Dimmi.»
«Puoi cantare una canzone? Una qualsiasi.»
Antonio annuì, conosceva una canzone molto bella che era sicuro sarebbe piaciuta al suo amico.
«Y si el niño llora, menguará la luna para hacerle una cuna…»(2)
 
 
Cullati dalla voce di Antonio, i tre bambini attesero che le lacrime si esaurissero, per concludere la serata festeggiando e mangiando churros e tortini al formaggio fino a tarda notte.



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  1. Il demonio! Il demonio bianco!
  2. E se il bambino piange, la luna calerà per creare una culla
   
 
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