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Autore: Keeper of Memories    08/04/2023    1 recensioni
Dal testo:
"Soppesò la situazione per alcuni istanti.
«In cosa consisterebbe questo lavoro, dunque?» chiese, riportando lo sguardo sulla giovane.
«Alla fine di quest’anno, si terrà un evento nella città di Philadelphia. Un prezioso opale verrà esposto per un breve periodo durante una festa, prima di essere donato a un membro di una famiglia di reali europei. Il committente vuole quell’opale.»
«Mi state chiedendo di rubare!»
Natalia distese la sua espressione, dipingendo un dolce sorriso innocente sul suo volto fanciullesco.
«Mi è stato detto che le vostre mani sono molto abili. È corretto?»
Francis sorrise serafico. «Lo sono, in più modi di quanti possiate immaginare.»"
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Quattro persone assoldate da quattro misteriosi committenti; quattro incarichi che li vedranno nemici, poiché la posta in gioco è troppo alta per lasciar correre. Chi ne uscirà vincitore? Ma soprattutto, chi sono questi misteriosi committenti?
[Human!AU]
[FrUk] [Ameripan]
Genere: Azione, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, America/Alfred F. Jones, Francia/Francis Bonnefoy, Giappone/Kiku Honda, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Per l’ennesima volta Arthur guardò il suo orologio da taschino, infastidito dalla piega che il suo piano aveva preso. Non che ci fossero stati grossi ritardi sulla sua tabella di marcia, ma proprio non gli andava il coinvolgimento di quel francese. Sapeva troppe cose e non si fidava minimamente.
Scosse la testa, come per scacciare i ricordi degli eventi appena accaduti. Non poteva permettersi distrazioni, non in quel momento. Al francese avrebbe pensato dopo.
Le luci si spensero, proprio come aveva programmato. Infilò una mano in una delle tasche interne della sua giacca, dove aveva nascosto una semplice, ruvida pietra. Anche se l’avessero perquisito all’ingresso, nessuno avrebbe fatto storie per un banale sasso.
Quando le finestre andarono in frantumi, Arthur lanciò la pietra verso la teca, rompendo il fragile vetro che lo separava dall’opale. Nascosto dall’oscurità, dal fragore e dal caos che ne seguì, l’inglese afferrò l’ambito premio e uscì rapidamente dal salone.
 
 
Francis osservò ammirato lo svolgersi degli eventi, da una tranquilla e sicura posizione accanto all’ingresso. Quell’inglese era davvero pieno di risorse, doveva ammetterlo.
L’unica nota stonata era stato un certo colpo di pistola, decisamente troppo vicino alla sua testa. Se non altro poté godersi un piacevole equivoco tra le guardie armate, un americano chiassoso e il giovane spaventoso dai tratti orientali.
È ora di mettere in atto il mio piano.
Non capì cosa le guardie armate si stessero dicendo, ma ne fermò comunque una mentre uscivano dal salone.
«Parlate francese?»
L’uomo aggrottò la fronte, poi chiamò un suo collega decisamente più giovane.
«Cosa posso fare per voi?» gli chiese, in un francese un po’ stentato.
«Ho visto uscire qualcuno quando era buio» gli disse, cercando di parlare il più lentamente possibile «aveva i vestiti del personale dell’hotel.»
«Hotel?»
«Hotel. Personale. Visto.» ripetè, indicando i suoi vestiti.
Lo sguardo della giovane guardia s’illuminò e uscì immediatamente dal salone, urlando qualcosa in inglese ai suoi colleghi. Francis sospirò, sperando vivamente di essersi fatto comprendere.
 
 
Arthur uscì dallo stanzino, gli abiti eleganti sostituiti da un’anonima divisa da inserviente. Prese uno dei carrelli per le pulizie e nascose i suoi vestiti in uno dei cesti usati per la biancheria sporca. Infine, scese al piano terra.
Non poteva uscire in grande stile o sfruttare la sua velocità come al solito, l’hotel era pesantemente sorvegliato e, come gli aveva suggerito il suo ultimo sopralluogo, avvenuto quella stessa mattina, pattuglie troppo numerose circondavano l’edificio. Doveva essere paziente ed aspettare l’occasione giusta per svignarsela senza dare nell’occhio.
Si guardò attorno; molte delle guardie si erano riversate all’esterno, allontanatesi per cercare un presunto fuggiasco. Spinse il carrello lungo i bui corridoi dell’hotel, fino alla lavanderia. Caricò i suoi abiti in un sacco e scassinò rapidamente la porta che dava verso l’esterno, usata dagli inservienti per lasciare la spazzatura per i carrettieri del giorno dopo. Guardò l’orologio da taschino: aveva impiegato meno di un minuto per l’intera operazione. Sorrise soddisfatto, prima di uscire dall’Hotel.
Non doveva attirare l’attenzione. Al massimo, se qualcuno si fosse soffermato a guardarlo, avrebbe dovuto vedere un inserviente che gettava la spazzatura e non curarsene. Non andò affatto così.
«Alt! Fermatevi.»
Arthur obbedì, mascherando la sorpresa dietro a un’espressione impassibile. Due guardie si stavano avvicinando, un imprevisto a dir poco sgradito.
«C’è qualche problema, signori? Stavo solo buttando la spazzatura» disse, cercando di riprodurre un accento americano credibile. Non aveva avuto molto tempo per esercitarsi in realtà, sperava fosse sufficiente.
«Stiamo cercando un ladro, dobbiamo perquisirla. Metta a terra il sacco e tenga le mani bene in vista!»
L’inglese imprecò a denti stretti, maledicendo la sua sfortuna. Gli era rimasta un’unica opzione. Scattò verso il vicolo più vicino, iniziando a correre più veloce che poteva. Alle sue spalle le guardie urlarono qualcosa, poi una di loro soffiò in un fischietto. Farsi perquisire non era un’opzione e non ci teneva ad avere uno stuolo di guardie alle calcagna; doveva allontanarsi il più in fretta possibile.
Aveva chiara all’incirca la direzione che stava prendendo, era certo che in quella direzione ci fosse il fiume Delaware. Continuò a correre, svoltando in tutti i vicoli meno illuminati che riusciva a incrociare. Il vociare delle guardie che gli intimavano di fermarsi era però sempre troppo vicino.
Uno strattone improvviso al braccio colse Arthur alla sprovvista, trascinandolo controvoglia nello spazio angusto tra due magazzini della zona portuale. Con suo grande rammarico, oltre ad avere le spalle al muro, si ritrovò faccia a faccia con la persona che meno desiderava vedere in quel momento.
«Bloody hell, che cosa ci fate qua, stupido francese?» sibilò, cercando di dissimulare un certo disagio. Lo spazio a loro disposizione, infatti, non permetteva a due persone di camminare fianco a fianco, costringendo il francese a stargli decisamente troppo vicino.
Francis Bonnefoy si portò un dito alle labbra, facendogli cenno di stare in silenzio.
«Sono venuto in vostro soccorso. Ho sentito qualcuno dire alle guardie che è stato un cameriere. Hanno iniziato a perquisire tutto il personale dell’albergo.»
«Molto premuroso da parte vostra, ma se ci vedono-»
«Questo si risolve molto facilmente, Arthur» lo interruppe il francese, avvicinando pericolosamente il volto al suo orecchio «dobbiamo solo dargli una buona ragione per voltarsi dall’altra parte. Reggetemi il gioco.»
«Cosa-»
Arthur venne interrotto ancora, questa volta da labbra morbide che premevano contro le sue.
 
 
Per quanto amasse improvvisare, Francis non era affatto uno sprovveduto. La sua intenzione era rovinare la fuga perfetta dell’inglese e avere una scusa per trovarsi lì, ma se Arthur fosse stato catturato, sarebbe stato contro producente per entrambi.
Per questo aveva praticamente costretto Arthur conto il muro, un braccio convenientemente posato all’altezza del suo viso, per nasconderlo da chi li avesse visti dalla strada. Sicuro che quella loro vicinanza avrebbe nascosto anche il vestiario compromettente dell’inglese, lo aveva baciato, un po’ per convenienza, un po’ perché era dalla loro precedente “caduta” che ci stava pensando e l’occasione era perfetta.
Dati i precedenti, Francis si sarebbe aspettato un altro pugno in faccia, un calcio, o come minimo uno spintone infastidito, ma nulla di tutto questo accadde. Dopo alcuni istanti, dita sottili s’insinuarono tra i suoi capelli, sorreggendogli la nuca mentre le sue labbra venivano aggredite da piccoli, voraci baci. Forse “morsi” era la parola più adatta a descriverli, era abbastanza sicuro che l'inglese volesse staccargli le labbra.
 
Oh. OH.
E pensare che volevo pure essere delicato.
 
A Francis quasi dispiacque fare quello che doveva fare, la situazione stava prendendo una piega davvero interessante. Fece scivolare la mano rimasta libera lungo il fianco dell’inglese, quasi come una carezza, sebbene il suo scopo fosse quello di frugargli le tasche.
Scrutò il volto di Arthur alla ricerca del più piccolo segnale di allarme, soffermandosi forse più del dovuto sugli occhi socchiusi e le lunghe ciglia scure che di tanto in tanto gli sfioravano le guance.
 
Questo è senza dubbio il lavoro più bello che io abbia mai fatto.
 
 
 Quanto era durato quel bacio? Minuti? Ore? Arthu non ne aveva la minima idea.
«Le guardie se ne sono andate, ma se volete possiamo continuare» sussurrò Francis sulle sue labbra.
Arthur distolse lo sguardo, ma le sue orecchie confermarono le parole del francese. Le guardie si erano allontanate a sufficienza.
«Non siate ridicolo. Mi avete detto di stare al gioco ed è quello che ho fatto, ora allontanatevi» disse, rimarcando le sue parole esercitando una leggera spinta su entrambe le spalle di Francis.
«Ne siete sicuro? Sembravate molto preso.»
Il francese fece un passo indietro e sorrise, chiaramente soddisfatto.
«Grazie per la premura, Capitaine Bonnefoy. Ora andatevene» sibilò Arthur infastidito, facendosi strada per uscire da quello spazio angusto «E, per cortesia, d’ora in poi rimanete veramente a dieci piedi da me. Grazie.»
Lanciata un’ultima occhiataccia alle sue spalle, Arthur lasciò il francese a sé stesso. Doveva trovare un posto tranquillo in cui cambiarsi d’abito, il più in fretta possibile; sapeva che nei dintorni c’era un piccolo parco, ma concentrarsi era diventato improvvisamente molto difficile.
Si sfiorò le labbra con la punta delle dita, abbandonandosi per qualche istante all’incredulità, anzi assurdità, di quello che era appena successo. Faticava a credere di aver baciato un uomo, un francese perdipiù, in un modo così naturale. Era necessario, non avrebbe potuto fare altrimenti, si disse. Eppure, una parte di lui era rimasta piacevolmente soddisfatta.
Come un faro in mezzo alla tempesta, il piccolo parco che stava cercando si parò davanti a lui, illuminato debolmente dalle fila di lampioni sulla strada. Vi entrò cautamente, alla ricerca di un posto sufficientemente appartato per cambiarsi d’abito senza dare nell’occhio.
«Non muovetevi.»
Qualcosa di molto sottile ed affilato apparve all’improvviso all’altezza della gola di Arthur, che scorse sotto il tenue bagliore lunare la lama di una spada. L’inglese non mosse un muscolo.
«Siete voi il ladro?» continuò la voce misteriosa, in un ottimo francese sporcato da un accento orientale.
 

 

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Note: eccoci qua, dopo tanto tempo il nuovo capitolo è arrivato! La tensione è ormai alle stelle e quando succede, beh… direi che far uscire un capitolo del genere il giorno dell’anniversario dell’Intesa Cordiale è semplicemente perfetto. Grazie ancora a chi è arrivato fin qui con la lettura, spero che quest’avventura sopra le righe vi stia piacendo! Alla prossima^^
 
   
 
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