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Autore: Quella Della Pasta    11/04/2023    0 recensioni
Non era la prima volta che si infiltravano in un college. O che ricoprivano l’incarico di docenti, studenti fuori corso e tirocinanti dal sorriso smagliante e tanta, tantissima voglia di lavorare gratis per un futuro che vedranno soltanto in cartolina.
Ma è la prima volta che Parker gli viene a chiedere aiuto.
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Ha partecipato al COW-T #13 (sesta settimana) (...ed ultima) col prompt: Missione 3 (uniti per le cronache) - 21. scuola.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nathan Ford, Parker
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Can't we be seventeen

Is that so hard to do?

(Heathers: The Musical - ‘Seventeen’)


Non è facile, ficcarsi nei panni di un eterno adolescente. Specie se tu, adolescente, non lo sei mai stato. O non ne hai avuto il tempo. Oppure sì, ma hai avuto una giovinezza leggermente…fuori dagli standard del sistema.

Sophie l’aveva avvertito. Ovviamente , si dice Nathan, versandosi il terzo bicchiere di whiskey della giornata. E non sono neanche arrivati alle sette di sera. Ma a Sophie piace interpretare il ruolo della voce della coscienza, nella sua personalissima variatio di un affascinante avvoltoio del malaugurio nelle spoglie di Cassandra la profetessa, con quel tocco di lady Macbeth che non guasta mai. Finché Sophie non sale su un palco, e allora addio a tutti i tocchi artistici del mondo.

Andiamo a rubare una scuola, aveva detto al suo team. Di nuovo?, aveva chiesto Hardison; Elliot aveva alzato gli occhi al soffitto; Parker aveva semplicemente fatto spallucce. E Sophie? Lei gli avrebbe presentato il conto dopo, com’era sua abitudine. Ora dovevano soltanto pensare all’incarico. Il piano aveva la priorità, sempre e comunque. Per lezioni di vita e correzioni dell’ultimo minuto, avrebbero trovato il tempo lungo la strada, tra un dosso e l’altro. Come fanno sempre.

Non era la prima volta che si infiltravano in un college. O che ricoprivano l’incarico di docenti, studenti fuori corso e tirocinanti dal sorriso smagliante e tanta, tantissima voglia di lavorare gratis per un futuro che vedranno soltanto in cartolina.

Ma è la prima volta che Parker gli viene a chiedere aiuto. Di sua spontanea volontà, anche se Nathan ha il non tanto lieve sospetto che ci sia di mezzo una chiacchierata per i corridoi con Elliot. Ché quando Sophie non è presente – o ha il cellulare staccato, perché sta assistendo a un dramma a teatro o facendo shopping in un museo – è il loro caro, vecchio “martello” quello che si assume il compito di fare da grillo parlante ai mille e più dubbi della loro ladruncola escapista.

Lo trova in presidenza, dove Nathan si è installato – col beneplacito del preside, spedito alle Hawaii per una settimana, e quel pover’uomo non ha certo rifiutato, non con i colloqui con dei genitori ricchi, bizzosi e in vena di lamentele alle porte. Lo trova lì, a una goccia di distanza dal suo terzo bicchiere di liquore, appunto. Parker storce appena il naso, e Nathan mette tutto via, sotto la scrivania. Dannata Sophie, pensa, con un goccio invece d’affetto. «Dimmi pure, Parker», e la invita ad entrare.

Lei entra con la stessa circospezione di un gatto rinchiuso per sbaglio in una pescheria. Anche se non le servono affatto le vibrisse per orientarsi, e invece della sua più pratica tuta con imbracature, in quel momento (e per tutta la settimana che resteranno lì, Sophie è stata molto chiara su quel punto, ché l’interpretazione è tutto, Parker! ) indossa un’uniforme collegiale tutto sommato ridicola: blazer blu, cravattino rosso e un ridicolo fiocco a scacchi gialli e neri, che è d’obbligo per i membri della confraternita in cui l’hanno costretta a entrare, o col cavolo che sarebbero arrivati a trovare prove della ragazzina ricca, viziata e scomparsa che ha rubato la tesi del loro assistito.

«C’è qualcosa di cui vuoi parlarmi…?»

«Non lavoro bene, qui.»

Diretta e precisa. Non per niente, Nathan le sta affidando sempre più peso nella preparazione dei loro piani d’attacco. Resta il fatto che è criptica come ancora agli inizi. «Qui in che senso? Nella squadra, o…»

«No, no, la squadra va bene; tu bevi già molto meno, Sophie mi sta di meno col fiato sul collo e Hardison l’ha piantata con quella sua fissa per i combattimenti tra robot…»

«Ma?» Perché Nathan sa che c’è un ma. E non soltanto perché si è calato appieno in quei suoi panni da preside saggio ma scanzonato, col gilet di tweed per farsi rispettare ma un papillon al collo per rompere le regole. L’interpretazione è tutto, come dice Sophie. Anche in dettagli così piccoli.

Parker sospira. E non è certo un piccolo dettaglio. Si appollaia sul divanetto di quell’ufficio, coi piedi sui cuscini. Al vero proprietario di quello stanzino, al momento assente, non dispiacerà.

Nathan le dà ancora due o tre minuti per prendere coraggio, e smetterla di tormentarsi quel cravattino che detesta dal momento che è stata costretta a legarselo al collo. «È che…be’, io non so niente di cosa fanno le ragazzine, ecco tutto. Come parlano o come dovrebbero comportarsi. Tutto qua.»

«Be’, e come credi debbano comportarsi?»

«Non lo so!», Parker esplode, i capelli biondi e stirati che le ballonzolano intorno al viso. «So solo che ci ho provato, okay?, a diventare loro amica, infiltrarmi e tutta quella roba là. Si mettono a parlare di cosa fanno nelle vacanze, e io allora penso di potercela fare, insomma, non è così difficile, no?»

«E…?»

«Be’, quando ho raccontato di aver prima rubato i due David di Michelangelo e poi di averli restituiti, mi hanno guardato come se Elliot mi avesse fatto un buco in testa. Col suo trinciarrosto.»

Nathan ce la mette tutta per non ridere. E per non sospirare. «Ognuno ha i suoi hobby…e non sempre capiamo quelli degli altri», si risolve, neutrale. In fondo, non è forse così? Anche se quegli hobby comprendono lo studio di gabbie laser moderne invece di prendere il sole sul prato del campus o giocare a hockey su prato. «Magari…prova a partecipare a qualche loro attività, eh? Nei club, cose del genere. Potresti anche trovare qualche indizio sulla ragazza scomparsa.»

Parker non sembra molto convinta. Fa spallucce, e balza giù dal divanetto. Vedendola uscire dall’ufficio, Nathan può solo sperare che non decida di appendere una delle sue compagne di dormitorio da una finestra soltanto perché è la via più veloce per chiacchierare con qualcuno.

   
 
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