Libri > Good Omens
Ricorda la storia  |      
Autore: genius_undercover    14/04/2023    2 recensioni
"[...] “Angelo–Angelo, davvero, grazie,” Provò a protestare, arrossendo come un peperone “non è necessario, tutto quest–”
“Finisci il tuo tè e poi dritto a letto, caro!” Tagliò corto l’altro.
“Letto?! Tu non hai un letto!”
__
Sick!Crowley Caregiver!Aziraphale [CrowleyxAziraphale]
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

*Ehm, ehm*
!Annunciazio' annunciazio' prima che cominci a leggere!
Questa shot è basata su questa dolcissima fanart a cui riconosco ogni colpa (in senso buono) e sopratutto ogni credito all'autore:
 https://www.pinterest.it/pin/405183297736720691/sent/invite_code=850d5c01413f4d259604de8d04cc1a22&sender=117586377679365096&sfo=1 

In tutto ciò, spero di aver mantenuto le dinamiche canoniche e di non aver reso i nostri cari ineffabili maritini OOC. 
Ogni commento è assolutamente apprezzato, anche se negativo: sono sempre aperta a critiche e a migliorare! 
Buona lettura!
-gen



 

Hot ‘N’ Cold

 

Iniziò tutto una mattina. 

Una maledetta mattina di settembre. 

Il demone Crowley era stato recentemente impegnato a salvare il mondo insieme ad un certo angelo, il quale, proprio da quella mattina, si stava pregustando il momento in cui avrebbe consumato un lauto pasto in uno dei ristoranti più in vista di Londra. 

Da quando avevano scongiurato l'Armageddon, Aziraphale non aveva mai perso occasione di concedersi dei piccoli piaceri, non tanto quello del cibo, quanto quello di farsi accompagnare dal migliore amico ovunque desiderasse. 

A volte era Crowley stesso a proporre delle uscite sulla sua amata Bentley fortunatamente nuova di zecca. 

Avevano dunque fatto numerosi picnic, bevuto, brindato e poi bevuto di nuovo, finché un pallido pomeriggio, Aziraphale si era addormentato ubriaco e felice sulla coperta accanto al demone.

Crowley non aveva potuto fare a meno di osservare incantato quello spettacolo: l’angelo era noto per non dormire mai. La trovava un’abitudine inutile, -non perchè ne avesse bisogno- soprattutto perchè dormire significava sottrarre del tempo prezioso alle sue amate letture. 

Ma se c’era una cosa che Aziraphale amava più dei libri, di mangiare…persino più del tè, era avere Crowley accanto. 

Il biondo principato aveva scoperto di provare qualcosa di profondo, per il suo caro amico, qualcosa che però era diverso dalla semplice amicizia e a cui da secoli aveva sempre avuto paura a dare un nome. 

Se doveva essere sincero non poteva pensarci per più di cinque minuti: nell’ultimo periodo erano state più le volte in cui si era ritrovato imbambolato e stralunato che quelle in cui era effettivamente riuscito a concentrarsi per leggere qualcosa. 

Ma quella mattina doveva essere particolare: Aziraphale guardò l’orologio da taschino e strabuzzò gli occhi. Crowley era in ritardo. 

__

Cosa faccio, cosa faccio, cosa faccio, cosa faccio…

Continuava a ripetersi l’angelo, girovagando nella libreria come un’anima in pena. 

Un’ora di ritardo. 

In seimila anni, Crowley non aveva mai mancato un appuntamento, soprattutto se quell’appuntamento prevedeva Aziraphale e del cibo. 

Un’ora e mezza.

Forse era rimasto imbrigliato nel traffico, valutò l’angelo. 

Poi si disse che non era possibile: quel demone guidava come uno scriteriato, figurarsi se una cosa minuscola come del banale traffico l’avrebbe potuto fermare. 

Due ore. 

Aziraphale era sempre più in apprensione. Magari, l’amico se n’era semplicemente dimenticato. 

Non dire sciocchezze, stupido angelo.” Si disse. “È di Crowley che stai parlando.” 

Trascorsero due ore e venti. Due ore e venti in cui la testa del principato valutò tutti gli scenari più apocalittici della fine del mondo stessa. 

E se Crowley fosse stato catturato dalle forze infernali per fargliela pagare della loro collaborazione? 

Aziraphale non resistette più: corse al telefono e compose il numero. 

Rispondirispondirispondirispondirispondi per favore…

__

Nel frattempo, in un arioso appartamento pieno di piante e finestre giganti, un demone dalla chioma di fuoco giaceva addormentato direttamente sulle lenzuola stropicciate di un grande letto.

Maledetti…” Mugugnava nel sonno. “Maledetti, lasciatelo in pace!”

Crowley non era nuovo agli incubi. Ne faceva spesso, soprattutto quando aveva preso la sciocca abitudine di dormire. Allora aveva smesso per un po’. 

Aziraphale…resisti, sto arrivando.

Non l’avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, ma lui, a differenza dell’angelo, amava riposarsi al buio della sua stanza, sotto le coperte lavate di fresco. 

…solo che quella mattina non poteva proprio dormire: un rumore assordante e molesto si stava propagando per tutta la casa. 

In realtà, Crowley non si era neanche reso conto di essere andato a letto il giorno prima. La realizzazione lo colpì sulla coscienza come un pugno in pieno stomaco.

“DANNAZIONE!” Gridò, svegliandosi completamente e cadendo giù dal letto. 

La testa gli faceva così male che avrebbe giurato che qualcuno gli avesse tirato una Bentley addosso. 

E non era neanche ubriaco. 

Inoltre, sentiva un caldo non indifferente, ma resistette all’impulso di spogliarsi. 

L’ennesimo trillo stridulo gli entrò in testa passando direttamente dalle orecchie. 

Allora si alzò da terra, puntando sulle braccia tremanti e si diresse a grandi falcate nella stanza che gli faceva da studio. 

L’avrebbe distrutto, quel telefono. 

 “PRONTO!” Sbraitò infuriato dentro la cornetta. Qualunque scocciatore si sarebbe pentito, di aver osato disturbare Anthony J. Crowley.  

“Crowley?” Chiamò la voce inconfondibile di qualcuno.

“Oh merda.” Mormorò il demone a denti stretti, reclinando la testa pulsante di dolore all’indietro. 

Aziraphale. 

L’appuntamento con Aziraphale. 

Il pranzo al Ritz. 

“Cosa hai detto?” Chiese il biondo, preoccupato all’inverosimile. “Crowley…sono io!”

“Sei l’unico che mi chiama, angelo! Lo so, che sei tu!” Ribattè il demone, totalmente incapace di reprimere un accesso di tosse.

Aziraphale non potè fare a meno di ridacchiare nervosamente. “Oh, hai proprio ragione. Dove sei, caro?”

Dall’altra parte della cornetta, l’angelo udì un altro accesso di tosse e poi una smorfia.“Sto arrivando.” 

“No, no, aspetta! Dimmi prima che è successo!”

“Nulla, mi ero messo a terrorizzare le piante e ci ho preso gusto.”

“Crowley–”

“Aspettami lì!”

“Crowley, fermati–”

“Sto arrivando, considerami già davanti alla porta!”

Fu il viaggio più terribile che Crowley avesse mai intrapreso. 

Aveva percorso la strada da casa sua a Mayfair, alla libreria di Soho una quantità infinita di volte, ma mai una aveva sofferto in quel modo. 

Durante il tragitto aveva cambiato una ventina di occhiali perchè vedeva doppio. Dopo aver rischiato di investire una scolaresca in gita al parco ed essere finito fuori strada, decise di abbandonare l’uso delle lenti fino a destinazione.

Alla fine, vedere l’insegna della A.Z. Fell AND Co. fu un autentico sollievo. 

Crowley aveva i sensi inibiti, avvertiva il fastidio di sentire i propri abiti appiccicati addosso, e le gambe fastidiosamente instabili. 

Una volta parcheggiato, ci mise due minuti buoni per riconoscere Aziraphale sul ciglio della porta, dopo di che, afferrò gli occhiali e scese dalla Bentley con un piglio allegro e la migliore camminata che gli riuscì esibire. 

“Eccomi qui, angioletto!!” Esordì, tenendo le mani dietro la schiena per nascondere il tremore. “Pronto per il Ritz?”

Aziraphale non si convinse. Indipendentemente dagli occhiali, aveva notato che il suo amico fosse più pallido del solito e che il suo buonumore era troppo falso per uno che fino a qualche minuto prima gridava al telefono come un forsennato. “Che cosa ti è successo??” 

“Niente, angelo, te l’ho detto! Dovevo dare una strigliata alle mie piante e–eeeee—etchù!

“Attento!” 

Nello starnutire, il demone perse l’equilibrio e Aziraphale riuscì ad afferrarlo al volo, circondandogli la vita sottile con un braccio.

Crowley rimase immobile per lo stordimento, così, l’angelo ne approfittò per sfilargli gli occhiali da sole. 

Rimase assolutamente intenerito, quando si accorse che il demone riusciva a tenere aperti gli occhi a malapena, e il pallore delle sue guance si era colorato di un tenue rosso. Per non parlare del naso. 

“Oh, caro, ora capisco tutto!”

Crowley era rimasto imbambolato a sua volta: da quell’angolazione, capì che si trovava assurdamente vicino alle labbra di Aziraphale. “C–cosa?” Farugliò.

“Hai la febbre.”

“Non è vero!”

“Invece sì!”

“Non ho la febbre, angelo! I demoni non la prendono!”

“Ma gli umani sì, e tu usi questo corpo da secoli!”

“Allora mi trasformerò in serpente!”

“No!” Le mani di Aziraphale arrivarono sulle sue, e il demone si ritrovò immobilizzato. “Non sei in te! Rischi di discorporarti, se sbagli qualcosa.”

Crowley valutò bene quelle parole. Le argomentazioni dell’angelo erano del tutto sensate…e trovare un altro corpo che gli piacesse quanto quello che aveva, era una rottura micidiale.

 “Non trasformarti, Crowley...per–favore.”

“E va bene.” Cedette il rosso, abbassando la testa. Come avrebbe potuto dire di no ad una preghiera tanto accorata? Senza contare che adesso la sua fronte sfiorava quella dell’angelo. “Credo…credo che me ne andrò a casa, è meglio.”

“Resta.” Ribatté Aziraphale. 

Crowley sbatté le palpebre socchiuse un paio di volte. 

“Voglio che resti.” Ripeté l’angelo. 

L’altro non potè fare altro che annuire, sentendo le forze venirgli meno. 

“Vieni, caro, lascia che ti aiuti.”

Aziraphale trascinò l’amico senza fatica fino al piano superiore della libreria, accompagnandolo delicatamente su un bel divano imbottito.

Dopo di che, l’angelo schioccò le dita, e Crowley avvertì la sensazione che a mente lucida avrebbe annoverato come la più paradisiaca dell’Universo: i suoi vestiti di pelle si erano tramutati in un morbidissimo pigiama in cotone grigio, e la pelle stessa del demone era divantata inspiegabilmente liscia e profumata, come se si fosse appena fatto un bagno rilassante. 

La stanza era calda e accogliente. Il divano lo era ancora di più. Crowley si sentiva letteralmente in paradiso. 

“Non–non sssprecare i miracoli, Aziraphale.” Balbettò poi, rischiando di mettersi a piangere per l’insperato sollievo.

“Non è stato nulla.” Ribatté l’angelo, mettendogli tra le mani la sua tazza bianca con le ali. “Avevi assolutamente bisogno di un bagno, e l’unica cosa che mi ha impedito di buttarti dentro la vasca è stato il ricordo di ciò che avevano intenzione di farti i miei, l’ultima volta che li abbiamo affrontati.”

E Aziraphale si sarebbe infilzato da solo con la sua spada di fuoco, piuttosto che rischiare di comportarsi in maniera anche solo simile a Michele…e poi aveva sinceramente paura di poter rendere l’acqua della vasca in acqua santa senza accorgersene.  

Crowley rimase ad ascoltare quelle parole più sconvolto che mai, poi, dalla tazza che fumava tra le sue mani, riconobbe all’istante l’aroma corposo dell’Earl Gray, il preferito di Aziraphale e di conseguenza anche il suo. 

“A–allora grazie, angioletto…” farfugliò il rosso, sempre più emozionato. 

Il biondino per fortuna fece finta di non aver sentito, allontanandosi dalla stanza con fare circospetto. 

Per qualche istante, si sentì solo lo scoppiettio del fuoco già acceso a causa del clima ostile e umido dell’autunno londinese e i rumori soffocati di Aziraphale che cercava Lei sola sa cosa. 

Sulle guance di Crowley scesero due grosse lacrime…mai, in seimila anni, si sarebbe aspettato di beccarsi la febbre e mai, in seimila anni, si sarebbe aspettato di essere curato in quel modo dal suo angelo. 

A pensarci, dei due, era sempre stato Crowley, quello a correre in soccorso. 

C’era stata la volta in cui aveva salvato l’amico dai nazisti…o quella più recente, in cui era riuscito a congelare il tempo per evitare che l’esistenza di Aziraphale e di tutta l’umanità si distruggesse…

Da quando era caduto, se l’era sempre cavata da solo, non aveva mai avuto bisogno di essere aiutato. 

O almeno non ne aveva avuto bisogno fino a quel momento. 

Si rese conto che erano state moltissime, le volte in cui invece avrebbe voluto avere Aziraphale al suo fianco, e non solo per compagnia…ma perchè per lui era diventato fondamentale, una costante, come la luna nel cielo o il sole alto a mezzogiorno. 

Gli era mancato così tanto, nel corso dei secoli…

“Trovata!!” Esordì improvvisamente l’angelo momentaneamente scomparso in una stanzina adiacente.

Crowley alzò lo sguardo e si asciugò le lacrime giusto in tempo per vedere un raggiante Aziraphale tornare indietro con una coperta tra le mani. Senza smettere di sorridere, si avvicinò e indusse Crowley ad alzarsi dal divano per potergli mettere la coperta sulle spalle. 

Era di color beige con un motivo tartan dal gusto pessimo…però era calda, e profumava di cioccolato e vaniglia. Come Aziraphale. Crowley si sentì sopraffatto di nuovo. 

“Angelo–Angelo, davvero, grazie,” Provò a protestare, arrossendo come un peperone “non è necessario, tutto quest–”

“Finisci il tuo tè e poi dritto a letto, caro!” Tagliò corto l’altro. 

“Letto?! Tu non hai un letto!”

“C’eri sopra fino a poco fa!”

Crowley si voltò, e vide che la seduta del divano dietro di loro si era allungata, assumendo l’aspetto di un vero e proprio letto. 

“Sono impressionato!” Commentò, alzando per un momento la barricata di cinica ironia che tanto lo contraddistingueva. 

Aziraphale non si lasciò impressionare, anzi, il suo sorriso divenne ancora più incantevole. 

“So che ti piace dormire,” ricordò, “e…io al tuo posto ne approfitterei!”

Crowley lo guardò di nuovo, stavolta realmente stupito. “Mi stai tentando, amico?”

“Io!? Sinceramente, Crowley, come ti è potuta venire in mente una cosa del genere!”

Adesso era il demone, a sorridere in maniera tutt’altro che raccomandabile. “Salirò su questo fantastico coso solo se ci verrai anche tu.” 

Il demone credette di aver messo l’angelo in soggezione, con quella richiesta, invece quello non se lo fece ripetere due volte. 

Cercando di calmare il proprio cuore che batteva impazzito, Aziraphale afferrò un paio di libri che sicuramente avrebbe letto fino alla mattina dopo, e con apparente tranquillità occupò un lato del grande divano.

Crowley restò attonito, finchè l’ennesimo brivido di freddo lo costrinse a muoversi. 

Aziraphale non lo guardò. Rimase seduto, con un grande tomo in grembo, dando modo all’amico di sdraiarsi senza ulteriori imbarazzi. 

Alla fine, Crowley finì per rannicchiarsi su un fianco, rivolto verso di lui. Il corpo intero era sparito sotto la calda coperta, la fronte quasi toccava il fianco dell’angelo

Per almeno un’ora, il silenzio regnò nuovamente sovrano: Aziraphale cercava di concentrarsi a leggere -con il risultato di aver letto la solita frase almeno un centinaio di volte- Crowley invece, combatteva per non lasciarsi andare e rimanere sveglio. 

“Angelo?” Mormorò di colpo, senza osare alzare lo sguardo.  

La risposta arrivò immediata. “Sono qui, Crowley.”

“Mi dispiace, per il tuo pranzo.”

“Ah, non ci pensare! Preferisco di gran lunga le giornate così.” 

“Grazie, per…”

Per esistere, per essermi amico, per esserti preso cura di me. 

“Tutto.”

Ecco, l’aveva detto. 

Anche se aveva rinunciato definitivamente a tenere gli occhi aperti, il demone fu certo di sentire il rumore del sorriso di Aziraphale, e se l’avesse guardato avrebbe indovinato. 

Ciò che lo sorprese per l’ennesima volta, però, fu il tocco di una mano angelica sulla propria spalla. 

Allora si sentì pervadere da un calore bruciante, che aveva provato una sola volta in tutta la sua vita, quando, secoli prima, sotto la prima pioggia che si era abbattuta sui giardini dell’Eden, un’ala bianca l’aveva prontamente protetto.

Senza conoscerlo.

Senza avergli parlato una volta. 

Crowley allora nonostante i deliri della febbre, si ricordò il perché aveva sempre voluto proteggere Aziraphale…per quel gesto così semplice e così gentile che, era sicuro, nessun altro angelo o altra creatura sovrannaturale gli avrebbe mai rivolto. 

Era stato il primo. 

“Sei se qui con me, non ho bisogno di andare da nessuna parte.” Rispose tranquillamente Aziraphale, senza spostare la mano. Tuttavia, il demone Crowley non poté sentirlo: era già profondamente addormentato con un gran sorriso sulle labbra e un’ultima lacrima traditrice che gli era sfuggita tra le ciglia. 

Era vero, aveva preso la febbre. Forse ce l’aveva da giorni, ma a cosa aveva portato? A una splendida dormita sotto la protezione del più dolce degli angeli e sicuramente alla notte più bella della sua vita…

 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Good Omens / Vai alla pagina dell'autore: genius_undercover