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Autore: M a k o    27/04/2023    19 recensioni
• Datastormshipping (Ryoken/Yusaku)
• Modern&Soulmates!AU
• Dal testo:
Ryoken è il tuo cielo, le tue ali d'angelo. Ryoken è una parte di te.
[...] La sua assenza ti ha lacerato il cuore e rinsecchito le vene, ha portato i tuoi occhi a grondare lacrime salate e ad accartocciare i sentimenti come involucri ormai strappati e inutilizzabili. Eri solo un bambino, del mondo ancora non sapevi chissà quanto, ma a Ryoken era bastato poco per sconvolgerlo in quello che credevi essere il modo migliore possibile — e ti sentivi invincibile, inarrivabile.
Poi Ryoken se ne è andato, portando con sé una parte di te che non ti verrà mai restituita, o che forse vuole restituirti proprio ora.
Come puoi essere legato così tanto a qualcuno che è stato così poco presente nella tua vita?
Come puoi aver sofferto tanto per qualcuno che se ne è andato senza dirti nulla? Tu lo sai. Lo sai fin troppo bene. Ed è la consapevolezza che alberga in te a spaventarti così tanto.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ryoken Kogami/Revolver, Yusaku Fujiki/Playmaker
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
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Aurora Quale modo migliore per festeggiare il terzo anniversario con la OTP se non (ri)pubblicando quella che è stata la mia primissima fanfiction scritta addirittura quando ancora non avevo visto un solo episodio di Yu-Gi-Oh! VRAINS? È strano, lo so, ma Ryoken e Yusaku mi avevano presa così tanto che provai fin da subito il forte desiderio di scrivere su di loro, ancor prima di iniziare la serie. Sono stati proprio amore a prima vista e nessuna ship mi ha mai conquistata così tanto.

Aurora è il titolo che avrei voluto dare a questa storia fin dall'inizio, quindi sono felice di poterlo finalmente fare, anche perché ora è tutta intera e non brutalmente divisa in “prequel” e “sequel”. Inoltre, sono rimaste alcune “ingenuità” che non ho voluto sistemare, come ad esempio diversi riferimenti al canon che non ho approfondito — per citare il più lampante: non specifico mai il nome della carta che Ryoken dona a Yusaku perché ai tempi non sapevo che si trattasse di Borreload Furious Dragon e va bene così, perché andare a eliminare queste “ingenuità” credo che avrebbe imbrattato l'essenza di questa storia che non è affatto perfetta e mai lo sarà, ma c'è letteralmente il mio cuore qui dentro e quindi…

Prima di lasciarvi alla lettura (e sarebbe anche ora…), ecco come ho sistemato questa storia nella sua nuova versione: la prima parte, Younger Dreams, è stata ampliata nel punto centrale; la seconda parte, Caught in the storm, è quasi del tutto identica alla prima versione, giusto qualche accorgimento qua e là; la terza parte, Sunrise, è completamente inedita e sono felice di averla finalmente scritta, perché me la portavo dentro da tre anni.
Tutti e tre i titoli sono ripresi dalle canzoni degli Our Last Night, che secondo me shippano in gran segreto la Datastorm perché altrimenti non si spiega — se cliccate sui titoli, avrete modo di ascoltarle se vi va.
Detto ciò, scusatemi per queste note prolisse, tranquilli che a fine storia non ci sarà altro, ma ci tenevo davvero a spendere qualche parola su questo scritto perché è davvero importante per me. Spero possa rivelarsi una piacevole lettura.
Grazie per essere qui.



Aurora



|| Younger Dreams ||



I wonder how it got this way
I swear it felt just like yesterday
We were fearless and unafraid
Take me back to younger dreams
When times were easy and we believed
Take me back to revive my memory
I'm digging deep but I am scared that I have lost
My
younger dreams



1

Il cielo è azzurro. È il primissimo pensiero che occupa la tua mente nell'esatto momento in cui cadi sul prato verde a braccia aperte.
Il cielo è azzurro e nemmeno una pallida nuvola di passaggio osa imbrattarlo. Ed è giusto che sia così.
    «Ne, Yusaku». Ryoken è caduto accanto a te e respira un po' a fatica. Avete corso per tutto il parco ridendo e urlando, senza una motivazione precisa — nessuno può pretenderla da due bambini così piccoli, dopotutto.
    «Ho qualcosa per te» continua, e ancora non ha ripreso del tutto fiato.
A sentire quelle parole avverti qualcosa pizzicarti l'epidermide, e in un primo momento pensi che si tratti di una formica che zampetta sul tuo dito. Quando però alzi la mano sinistra e osservi il mignolo, non c'è nulla. Solo l'inspiegabile sensazione che qualcosa si sia legato indissolubilmente alla tua pelle. Qualcosa che non vedi, ma che c'è.
Ryoken alza il busto e dalla tasca dei pantaloni estrae una carta. Tu sei ancora steso sul prato quando il suo regalo ti copre la visuale: sventola la carta da gioco davanti ai tuoi occhi e, nel momento in cui gli blocchi il polso sbuffando divertito, avverti nuovamente l'epidermide pizzicare.
    (Che strano. Strano, stranissimo, davvero inspiegabile).


2

    «Che cos'è?» domandi, prendendola in mano. È una carta davvero particolare, che non hai mai visto nei deck degli altri bambini. Ha colori sgargianti di diverse tonalità e un nome a tratti impronunciabile. Pare quasi che brilli di luce propria.
    «Qualcosa di speciale» ti risponde Ryoken. «Ho avuto la fortuna di trovare due carte super-super-super rare nella stessa bustina! L'altra ce l'ho io, questa voglio donarla a te» spiega entusiasta.
    «Oh!» esclami, e subito dopo alzi il busto, fissandolo negli occhi, ed è come non aver mai smesso di osservare il cielo terso e immacolato.
    «Ti ringrazio». Sorridi e lui sorride con te. Poi una smorfia di fastidio increspa i lineamenti delicati del suo volto e subito ti preoccupi.
    «Che succede?» gli domandi. Hai paura di aver sbagliato qualcosa, di aver rovinato tutto. E non può finire così: Ryoken è il tuo più caro amico e non vuoi perderlo per nessuna ragione al mondo.
    «No, niente...»
Alza la mano sinistra e osserva il suo mignolo. «Credo di essere stato punto da qualcosa».
    «Penso che qui ci siano delle formiche, andiamo da qualche altra parte?»
Con uno scatto, Ryoken è già in piedi. «L'ultimo che arriva allo scivolo dovrà comprare le patatine all'altro!» esclama, e subito corre via.
    «Ehi, Ryoken! Così non vale!»
Ti alzi, ancora frastornato, e subito inizi a correre, conscio che ormai è troppo tardi, che Ryoken è lontano e che non riuscirai più a raggiungerlo. Va bene così. Almeno per quel pomeriggio, va bene così.
Gli chiederai la rivincita il giorno successivo.


3

Ryoken sgranocchia le patatine con una punta di soddisfazione stampata in volto. Sta cercando di stuzzicarti, ma ogni suo tentativo si rivela fallimentare — gli vuoi troppo bene per prendertela a causa di un motivo simile. E poi lui ti ha regalato una carta super-super-super rara, spendere parte della paghetta settimanale per lui ti sembra il modo migliore di ringraziarlo.
Siete seduti sulla torre dello scivolo, uno di fronte all'altro, entrambi a gambe incrociate. Qualche giorno addietro avete spiato una coppietta che si era rintanata lì sopra per sbaciucchiarsi e ci era mancato poco che i due piccioncini vi beccassero — il tono delle vostre risatine si era fatto un po' troppo vivace.
Di baci ancora non te ne intendi, dopotutto sei solo un bambino di sei anni, ma hai trovato interessante l'impiego della torre dello scivolo all'interno del contesto generale: è un luogo abbastanza appartato, i ragazzi più grandi devono stringersi un po' per potersi sedere comodamente e questo implica una vicinanza di corpi costante e molto intima — ricordi bene come la giovane si era stretta sempre più forte al ragazzo tra un bacio e l'altro e di come lui non avesse fatto proprio nulla per allontanarla.
Tu e Ryoken siete ancora piccini, non avete bisogno di stringervi forte l'uno accanto all'altro per poter stare lì sopra, eppure constatare ciò ti rende improvvisamente triste e non ne comprendi il motivo.
    (Ti senti come privato di qualcosa di importante).
Il bizzarro formicolio torna a farsi sentire con impertinenza e inizi a grattare il mignolo sinistro con fare preoccupato: e se fosse un'irritazione? E se il dito dovesse improvvisamente gonfiarsi senza controllo, al punto tale da impedirti di indossare i guanti durante l'inverno?
Già immagini le risate scroscianti da parte dei tuoi compagni di classe, ma non riesci proprio a figurarti quelle di Ryoken: lui non riderebbe mai per una cosa del genere, anzi, si ingegnerebbe per trovare una soluzione e, se non dovesse trovarla, si impegnerebbe per non farti pesare quest'assurda condizione.
    (Sarebbe sempre stato dalla tua parte, in qualsiasi caso).
Stai per chiedergli cosa avrebbe fatto nel caso il dito ti si fosse gonfiato in maniera spropositata quando una voce imperiosa
    («Ryoken!»)
squarcia brutalmente il placido silenzio che vi ha avvolto come una cupola invisibile fino a quel momento.
Una voce dura come la roccia e spaventosa come un fulmine assordante durante una notte tempestosa: quella del padre di Ryoken.
Quest'ultimo si irrigidisce e il prurito al mignolo sinistro perde tutta la sua importanza. Ora c'è qualcos'altro che ti impensierisce ed è molto più preoccupante del morso di quella formica, perché se lui è qui, significa che Ryoken non può più rimanere. Non quel giorno, almeno.
    «Devo andare…» sussurra Ryoken con tristezza, mentre accartoccia il sacchetto delle patatine ormai vuoto per poi infilarlo nella tasca dei pantaloni.
Ti si stringe il cuore ogni volta che assisti a una scena simile, cosa che nelle ultime settimane si sta reiterando sempre più spesso. Kiyoshi Kogami è un uomo algido, dai lineamenti duri e lo sguardo freddo; odia il fatto che Ryoken si diverta e abbia degli amici, o meglio, questa è l'impressione che ti sei fatto dopo aver visto il sorriso di Ryoken sfumare nel nulla ogni volta che suo padre si palesa, chiamandolo con voce autoritaria, per riportarlo a casa.
Non ne comprendi il motivo, ma pare quasi che quell'uomo detesti vedere Ryoken parlare con altre persone… che brutta, bruttissima sensazione. Nel momento in cui inizia a compiere i primi passi in direzione dello scivolo, Ryoken sussulta e si affretta a scendere.
    «Ci vediamo domani, Yusaku. Stesso posto e stessa ora. Porta un ombrello con te, perché probabilmente pioverà».
Mentre ti saluta, noti che anche lui si sta grattando con insistenza il mignolo sinistro.
    «Va bene, Ryoken. A domani».
    (Ancora non sai che non ci sarà alcun domani, per voi).


4

    (Ryoken, dove sei? Meno male che ti ho ascoltato, infatti sono qui al parco con l'ombrello e spero che tu arrivi presto).

(Ryoken, dove sei? È da una settimana che non ci vediamo e sono molto preoccupato. Spero che tu stia bene).

    (Ryoken, dove sei? Sono passati mesi dall'ultima volta che ci siamo visti… sto male, non so dove sei e ho tanta paura).

(Ryoken… dove sei? Dopo dieci anni ti sto ancora aspettando. Sono sempre qui. Torna da me, ti prego).


I'm never turning back until I've found
My younger dreams



|| Caught in the storm ||



I know it's been a while since we last spoke
I hope you're doing fine out there on your own
Never thought we'd grow apart,
We were together from the start
Scraping knees, collecting scars,
Now I don't know who you are



1

L'ennesima giornata di scuola vola via lentamente e per un attimo torni a respirare. Quella subdola pesantezza emotiva è rimasta appollaiata sulle tue spalle per ore intere, schiacciandoti le ossa e avvelenando ogni pensiero positivo.
E tu lo sai, lo sai fin troppo bene che non erano né l'interrogazione di storia né il test di matematica il vero problema: il fatto è che ogni giorno andare a scuola ti pesa, ti rende partecipe delle vite degli altri alle quali tu non appartieni, ti fa capire quanto tu sia, in realtà, isolato dal resto del mondo.
    (E lo hai scelto tu. Lo hai scelto tu, di tua spontanea volontà).
Non hai mai avuto amici. Ti mordi il labbro inferiore e rettifichi: non hai più avuto amici da quando lui se ne è andato. È una verità assoluta che fa inesorabilmente parte di te, che carezza le tue giornate con mani asettiche e scheletriche e ti divora le interiora senza prima averti anestetizzato. Sei reduce di una guerra che ha visto coinvolti il buonsenso di andare avanti e le catene che ancora ti tengono ancorato al passato — e ti soffocano, non ti permettono di respirare.
    (Ma cosa ci sarebbe da respirare? Solo aria inquinata da un velenoso rancore. Respiri quotidianamente la polvere del passato e i tuoi polmoni sono ormai marci, neri come il carbone).
Ti stendi sul letto e chiudi gli occhi, sogni un futuro che non avrai mai e improvvisamente sono già le quattro del pomeriggio. È già ora.
Proprio non riesci a smettere di essere così sciocco, vero? Proprio non riesci a fartene una ragione, a mettere finalmente la parola fine a un'attesa che altrimenti durerebbe in eterno? Proprio non ci riesci?
Perché ti vuoi così male? Perché il tuo cuore ancora non cede e non volta pagina? Sarà solo un altro pomeriggio vuoto e ne sei consapevole, lo sai fin dentro le ossa e questo ti schiaccia l'anima e ti cristallizza il sangue.
Sarà solo un altro pomeriggio vuoto e ne sei consapevole, però intanto ti sei alzato dal letto, ti sei cambiato e ora fissi un'anonima carta da gioco poggiata sulla scrivania — sono trascorsi dieci anni, i colori sono ormai sbiaditi, i bordi consumati e i ricordi sono impressi su quei simboli divenuti illeggibili.
Dieci anni. Dieci anni in cui, ogni giorno, non hai fatto altro che mantenere una promessa che forse non è mai esistita. Una promessa in cui, forse, hai creduto solo tu. Respiri a fondo
    (polvere, respiri sempre e solo polvere)
e alzi lo sguardo, osservando il cielo grigio oltre il vetro della finestra.
Sarà meglio prendere l'ombrello.


2

It's not our fault
It's the way things are
But I want you to know
You're still in my heart


Quando esci di casa, ha iniziato a piovere da poco. Non ci vuole molto affinché le timide goccioline si trasformino in spietate chiazze d'acqua fredde e insensibili, che si schiantano con poca grazia sulla superficie dell'ombrello. L'acquazzone non ti coglie impreparato, anzi, ormai ne hai fatto l'abitudine; avanzi lentamente, evitando con accortezza le pozzanghere che, per quanto piccole, già si sono formate da una parte all'altra della strada e non pensi a nulla se non al fatto che sarà l'ennesima ora trascorsa ad aspettare qualcosa
    (qualcuno)
che non arriverà mai.
Ci sono movimenti del tuo corpo, espressioni del tuo viso, sensazioni della tua anima e sussulti del tuo cuore, però, che sono ormai talmente incastonati nel tuo DNA, nei meandri più remoti della tua essenza, che ti è impossibile ribellarti e andare avanti.
Metti caso, anche solo per un attimo, che questo sia il giorno giusto. Come potresti andare avanti sapendo che non ti sei presentato proprio oggi, che magari era l'occasione ideale?
È stupido, lo sai. Ma giuri a te stesso che oggi sarà l'ultima volta: se ti ritroverai solo, se non ci sarà qualcuno ad aspettarti, da domani smetterai di recarti al ponte che conduce al parco e spenderai le ore pomeridiane a studiare, anziché ridurti sempre alla sera fino a tardi — in realtà è da quando hai quattordici anni che continui a ripetertelo, da quando hai iniziato a toccare picchi elevati di sconforto ed esasperazione dopo tanti anni di attesa. Ne sono passati altri due e ancora continui a farlo, però.
Scorgi una figura, immobile sul ponte, che ti dà le spalle; sei già arrivato a destinazione e ancora non lo avevi realizzato.
È solo una persona come tante, perché mai dovrebbe essere lui? Cammini lentamente e, a pochi metri dallo sconosciuto, decidi di percorrere il ponte e di aspettare dall'altra parte, mentre questi si volta.
È lì che accade. Nel momento in cui ti avvicini, senza aspettarti nulla, apatico e secco come un ramo spezzato; quando, senza neanche volerlo, alzi lo sguardo e ti perdi ad ammirare il cielo azzurro.
Tutto finisce e tutto inizia in quel momento.
E di te non rimane più nulla.


3

We got caught in the storm alone
People come and people go
Drifting away like old friends do
But if you walk through the door
Our world would be just like it was before
Rewind the good times like old friends do
We've just been caught in the storm


Acqua. Acqua ovunque. Sui tuoi capelli, sui tuoi vestiti, sotto la suola delle scarpe. L'ombrello blu è caduto a terra e ancora non l'hai recuperato
    (affrettati, sta girando a destra e sinistra e presto potrebbe rotolare via, lontano da te).
Non ci pensi, in realtà. Non ti importa.
Ryoken è a pochi passi da te e non ci credi.
È impossibile, non può essere lui. Sono passati dieci anni da quando vi siete visti l'ultima volta; lui ne aveva otto, tu sei. Eravate bambini che si sono scontrati per sbaglio, qualcosa che non accade se si presta attenzione, se si sa dove mettere i piedi. Avevate tra le mani il vostro più grande tesoro
    (un mazzo di carte per te e uno per lui)
e un arcobaleno di colori era esploso nell'esatto momento in cui i vostri mondi sono entrati in collisione.
Ryoken è stato l'unico in grado di strapparti un sorriso genuino, l'unico in grado di farti stare veramente bene. Non faceva nulla di eclatante, ma ti era accanto. E ti sei affezionato a lui fin dal primo momento.
A quel tempo eri ancora troppo piccolo, eppure l'impressione di essere legato a lui in maniera molto più intensa e profonda si era fatta strada nella tua coscienza col passare dei giorni; non c'era mai stato alcun filo rosso visibile legato al tuo mignolo e lo stesso valeva per Ryoken, eppure sentivi che se ci fosse stato per davvero, ti avrebbe portato proprio da lui.
E lo senti ancora. Il filo rosso sussulta e singhiozza, vibra nella pioggia e pizzica l'epidermide.
Lui è a pochi passi da te. Ryoken è tornato.
È tornato per davvero.


4

    «Yusaku» ti chiama.
Non è la stessa voce che eri solito ascoltare dieci anni addietro. Ryoken è cresciuto, trascinando con sé tutto ciò che lo ha sempre distinto — lo stesso vale per te, ma la tua mente è bloccata in un fermo immagine del passato.
    «Yusaku» ti chiama ancora, e un attimo dopo la pioggia non la senti più. Si è avvicinato a te di poco, il minimo indispensabile per proteggere entrambi sotto il suo ombrello bianco simile alle ali di un angelo.
Ma è lontano, è ancora troppo lontano. Ryoken è sempre lontano.
    «Sei completamente bagnato, non vorrai prenderti un malanno». Sorride.
E tu vorresti rispondere, dirgli qualcosa, ma non ce la fai. Sei imbottigliato in un traffico emotivo che ti ha mozzato la lingua e congelato i muscoli. Ti perdi nei suoi occhi azzurri che reincarnano ancora il cielo primaverile, quel piccolo pezzo di paradiso che non hai mai dimenticato.
I tuoi sono verdi e sono come un prato rinato dopo l'inverno, pronto ad abbracciare il cielo azzurrino.
Ryoken è il tuo cielo, le tue ali d'angelo. Ryoken è una parte di te.


5

The past runs away from us
Memories fade in and out
Time flies by before we can even blink an eye


    (Dove sei stato per tutto questo tempo?)
Vorresti chiederglielo, ma dalla tua bocca non evade neanche un sussurro.
    (Perché te ne sei andato senza dirmi nulla?)
Vorresti solo sapere perché il mondo ti è crollato addosso all'improvviso, perché lui sa la verità. È stato lui ad andarsene, non tu. Tu sei sempre rimasto lì, l'hai aspettato giorno e notte e non l'hai mai dimenticato.
    (Perché mi hai abbandonato?)
Vorresti urlarlo, vorresti piangere, spingerlo via e guardarlo con disprezzo. Non ci riesci. Come puoi allontanarlo da te ora che è qui, ora che è tornato?
La sua assenza ti ha lacerato il cuore e rinsecchito le vene, ha portato i tuoi occhi a grondare lacrime salate e ad accartocciare i sentimenti come involucri ormai strappati e inutilizzabili. Eri solo un bambino, del mondo ancora non sapevi chissà quanto, ma a Ryoken era bastato poco per sconvolgerlo in quello che credevi essere il modo migliore possibile — e ti sentivi invincibile, inarrivabile.
Poi Ryoken se ne è andato, portando con sé una parte di te che non ti verrà mai restituita, o che forse vuole restituirti proprio ora.
Come puoi essere legato così tanto a qualcuno che è stato così poco presente nella tua vita?
Come puoi aver sofferto tanto per qualcuno che se ne è andato senza dirti nulla? Tu lo sai. Lo sai fin troppo bene. Ed è la consapevolezza che alberga in te a spaventarti così tanto.
Cerchi di farti forza, di trovare le parole giuste. Deglutisci a fatica mentre continui a fissarlo negli occhi
    (e ti fai un gran male).
    «Dove sei stato per tutto questo tempo?» domandi, trovando il coraggio di porre la prima domanda.
Il sorriso di Ryoken si affievolisce, i suoi occhi si adombrano di tristezza. «Lontano da qui» risponde, e la mano che sorregge l'ombrello trema un poco. «In città mille volte più grandi di questa. Ho viaggiato il mondo intero, ma nessun posto mi ha mai fatto sentire veramente a casa».
Assimili ciò che ti ha detto parola per parola, non tralasci nulla. Ogni sillaba che pronuncia ti distrugge interiormente, ma stringi i denti e vai avanti: «Perché te ne sei andato senza dirmi nulla?»
    «Yusaku...»
    «Dimmelo».
Ryoken sospira. Poi chiude gli occhi e del cielo azzurro non rimane nulla, solo un'enorme chiazza nera che porta con sé pioggia e distruzione. «È successo all'improvviso. Mio padre mi ha svegliato nel cuore della notte, dicendomi che dovevamo andarcene. Io non capivo, gli ho chiesto spiegazioni più e più volte, ma non mi ha mai risposto, come se non avessi voce in capitolo. Sai, Yusaku, ancora ricordo cosa ti ho detto il giorno prima di andarmene».
    (“Ci vediamo domani, Yusaku. Stesso posto e stessa ora. Porta un ombrello con te, perché probabilmente pioverà”).
Anche tu ricordi quelle parole. Sono rimaste impresse sotto l'epidermide per dieci anni e hanno rimbombato nelle tue orecchie ogni notte.
    (“Ci vediamo domani, Yusaku”. La promessa più bella al mondo ti si è sgretolata davanti agli occhi quando hai realizzato che non ci sarebbe stato alcun domani, solo giorni che si susseguivano monotoni e monocromatici, aridi di sentimenti e sorrisi spensierati).
Hai paura. Non vuoi porgli la terza domanda, ma sai che devi farlo.
    «Perché mi hai abbandonato?»
Credevi fosse la pioggia, e invece sono le tue lacrime. Sotto l'ombrello bianco le gocce asettiche non possono scalfirti, ma le tue lacrime sì e fanno male. Fanno male da morire.
    «Non l'avrei mai fatto, Yusaku. Fosse stato per me, sarei rimasto al tuo fianco sempre, non ti avrei lasciato».
Non riesci più a distinguere la sua figura. Le lacrime sono talmente tante che ti offuscano la vista e il tuo cuore annega in quel pianto quasi incontrollato.
    «Mio padre ha fatto del male a tantissime persone. Quella notte ha deciso di fuggire portandomi con sé e io l'ho capito solo col passare degli anni. Te lo giuro, Yusaku, su tutto quello che vuoi: io volevo restare. Ma non ho potuto nulla contro la sua disperazione. Perdonami, se puoi».
Il filo rosso pizzica ancora una volta la tua epidermide. E questa volta, Ryoken annulla qualsiasi distanza. L'ombrello bianco gira a destra e sinistra, traccia una mezzaluna sulla strada bagnata e improvvisamente avverti di nuovo la pioggia che si abbatte su di te. È fredda e insensibile, ma le tue labbra percepiscono anche un calore intenso che ustiona e fa tremare al tempo stesso.
Ryoken è così vicino che lo puoi sentire. Ha poggiato le labbra sulle tue e ora ti sta baciando con tutto quell'amore che non avete potuto vivere e condividere nei dieci anni in cui non siete stati insieme. Le sue braccia ti stringono forte
    (è cresciuto tanto ed è più alto di te, come sempre)
e il suo petto aderisce perfettamente al tuo.
I sussulti dei vostri cuori sarebbero in grado di coprire il martellante suono della pioggia.
Piangi ancora mentre ti alzi sulle punte e avvolgi le braccia attorno al suo collo; e lui ti lascia fare e ti stringe ancora più forte a sé.
Ryoken non voleva andarsene. Ryoken voleva restare. La vita è stata ingiusta, il destino avverso e avete perso dieci anni di esistenza che non vi saranno mai restituiti.
Ma avete tacitamente deciso di ripartire insieme proprio in questo momento.


6

Quando apri gli occhi, non piove più. Non sai per quanto tempo tu e Ryoken vi siete baciati e abbracciati sotto la pioggia e poi sotto al sole pallido. Non sai quante parole vi siete sussurrati, quante lacrime avete versato e quanto i vostri corpi abbiano tremato.
I vestiti sono ancora un po' umidi, il venticello fresco vi strappa qualche fremito, ma il calore ustionante che avverti nel petto
    (e nel suo, ne sei più che certo)
compensa tutto.
Lo guardi negli occhi e ancora non riesci a smettere di piangere.
    «Mi sei mancato» sussurri, cercando ancora una volta le sue labbra. «Tanto» ripeti tra un bacio e l'altro. «Tanto, tanto, tanto...»
Non hai vissuto senza di lui. La tua era solo esistenza, nulla di più. Esistevi, ma non vivevi. E appassivi giorno dopo giorno.
Le sue mani calde ti carezzano il volto. E ti guarda, ti ammira e i suoi occhi sono pieni di tutto. Sono pieni del mondo.
    «Anche tu, Yusaku. Anche tu mi sei mancato tanto».
Eravate bambini quando vi siete incontrati l'ultima volta. Eravate troppo piccoli per comprendere che ciò che vi legava esisteva e non ha mai smesso di esistere: il filo rosso che avvolge i vostri mignoli e pizzica l'epidermide splende baciato dal pallido sole. C'è sempre stato, anche se era invisibile.
I vostri ombrelli sono rotolati via, ai piedi del ponte. Hanno tracciato qualche mezzaluna incontrandosi e allontanandosi, poi si sono fermati.
Forse li lascerete lì, ancora non lo sapete. Per il momento, decidete di lasciarvi cullare dall'aurora del vostro nuovo inizio insieme.




|| Sunrise ||



1

Un piccolo sospiro di piacere evade dalla tua bocca nel momento in cui le labbra di Ryoken si posano sul tuo collo. Sono calde e morbide, quasi ustionanti, e saggiano la tua pelle con fare malizioso, a tratti affamato.
Avete da poco fatto l'amore e senti che potresti scioglierti nel giro di qualche istante: una supernova è esplosa nel tuo petto e le labbra di Ryoken sono una leziosa tortura a cui è impossibile resistere, un dono che vuoi tenerti stretto per tutta la vita.
Ti lasci cullare da quelle attenzioni che tanto ami e una bruma distensiva inizia ad aleggiare intorno a te, suadente. Socchiudi gli occhi e lasci che Ryoken ti stringa forte a sé in uno di quegli abbracci che solo lui riesce a dare, nei quali non hai mai paura di sprofondare perché, in abbracci del genere, se non ci sprofondi per bene non li puoi nemmeno definire tali.
È una giornata grigia e insipida, quantomeno nel mondo esterno; tra le vostre quattro mura, invece, regnano il profumo del pane tostato e del caffè, i colori tiepidi del mobilio e delle pareti, la freschezza delle stoviglie lavate e la morbidezza delle lenzuola che avvolgono i vostri corpi tappezzati da succhiotti e piccoli morsi.
    (La realtà nella quale vivete sembra un sogno a occhi aperti, di quelli dai contorni sfumati, soffici come una distesa di piume candide e bianche come la neve).
In giornate come questa desideri solo rimanere a letto, tra le braccia di Ryoken, e sonnecchiare tutto il tempo; non c'è niente di male in questo, ogni tanto è giusto lasciarsi andare al dolce far niente — te l'ha insegnato Ryoken, facendoti capire che nessuna giornata è sprecata applicando questo pensiero.
Per questo, nel momento in cui avverti uno spostamento e poi il vuoto accanto a te — seguito a ruota da una folata di gelo spietata e pungente —, non puoi fare altro se non aprire gli occhi di scatto, alzare il busto e sporgerti verso Ryoken, abbracciandolo da dietro e implorandolo tacitamente di non andarsene.
    «Yusaku» ti chiama, ma la sua voce ti appare ovattata, lontana chilometri.
    (E tu non vuoi perderlo ancora. Non di nuovo).
Ti stringi più forte a lui e un orribile tremore inizia a sconquassarti le membra. Ryoken poggia le mani sulle tue e le carezza con garbo, rimane seduto sul bordo del letto e ti parla con dolcezza: «Non temere, sono qui. Sono sempre qui».


2

Odi questo lato di te. Quello più vulnerabile, insicuro e a tratti ancora tanto immaturo della tua essenza. Quello che ti fa passare per ciò che non sei, che ti serra la bocca dello stomaco in una morsa spietata e che ti mozza il respiro stringendoti forte la gola con mani spettrali e avvizzite.
Sono trascorsi tre anni da quando tu e Ryoken vi siete ritrovati. Tre anni in cui alla gioia sconfinata di averlo di nuovo accanto a te si è aggiunta anche la paura atavica di perderlo all'improvviso un'altra volta ancora. Sai che è irrazionale, perché Ryoken non ha nessuna intenzione di andarsene, ma alcune volte il tarlo nocivo dell'incertezza divora ogni tuo pensiero positivo e ti porta ad agire in maniera impulsiva ed esagerata.
Da quando vi siete trasferiti per frequentare l'università e avete iniziato a convivere, circa un anno addietro, le crisi sono diminuite, ma non si sono ancora del tutto estinte. E questo non lo sopporti, perché l'ultima cosa che desideri è apparire possessivo agli occhi di Ryoken, perché non lo sei.
Ryoken è riuscito a liberarsi dalla prigionia di suo padre e ha anche deciso di testimoniare contro di lui, aiutando così la polizia a raccogliere prove a sufficienza sui crimini che ha commesso, non vuoi che ora si senta nuovamente in trappola a causa tua. Sarebbe impossibile da sostenere.
E vorresti liberarlo dalle catene del tuo abbraccio, permettergli di alzarsi dal letto e lasciarlo andare, ma non hai ancora smesso di tremare e il tocco di Ryoken sulle tue mani riesce un poco a tranquillizzarti — e per questo ti senti un grande egoista.
    «Perdonami…» sussurri. Un orribile groppo si è materializzato nella tua gola e ti impedisce di respirare. Gli occhi bruciano di tutte quelle lacrime salate che stai trattenendo a fatica. Senti che manca pochissimo a un punto di rottura irreparabile.
    «Non ti devo perdonare di nulla» ti risponde Ryoken, e dal tono di voce pare davvero tranquillo, per niente infastidito o arrabbiato dal tuo atteggiamento. «Anche io ho paura di perderti».
E ora piangi. Piangi perché, arrivato a questo punto, non riesci a fare altro. Sono lacrime silenziose che solo Ryoken riesce a sentire, singulti che sbatacchiano disperati contro le pareti della vostra camera da letto.
    «Ci sono tre motivi per cui mi è impossibile andarmene» continua Ryoken. «Primo: fuori piove e non mi voglio bagnare. Secondo: sono quasi completamente nudo».
Al secondo punto, lo senti ridacchiare sommessamente. Incurvi le labbra in un sorriso e avverti le gote scaldarsi lievemente nel rammentare ciò che avete vissuto solo pochi minuti addietro.
    «E terzo: tu sei qui. E se tu sei qui, ci sono anch'io. Perché la mia casa sei tu».
Un senso di amore incondizionato si fa strada in te, caldo e avvolgente, lenitivo. Rilassi i muscoli e sciogli la presa, liberandolo dal tuo abbraccio, e Ryoken nel voltarsi verso di te si porta appresso così tanta meraviglia che è impossibile da quantificare. Ti asciuga le lacrime con garbo e ti bacia con dolcezza, facendoti capire che non hai nulla da temere.
    «Torno subito, va bene?» dice alzandosi, prima di chinarsi e baciarti un'altra volta ancora.
    «Va bene» sussurri, completamente inebriato da tutte quelle effusioni e con il cuore molto più leggero.



3

Ryoken è di parola e torna in camera poco dopo con un bicchiere d'acqua. Ti vergogni un po' nel constatare che voleva solo andare in cucina per dissetarsi — mentre tu l'hai stretto così forte per timore che sparisse da un momento all'altro — e lo ringrazi quando ti porge il bicchiere, rendendoti conto solo in quel momento di avere la gola riarsa.
Bevi a piccoli sorsi e in un attimo ti senti meglio, come rinato. Mentre poggi il bicchiere vuoto sul comodino, il materasso si abbassa di qualche centimetro e subito dopo Ryoken ti attira a sé, abbracciandoti forte.
Ti lasci cullare e amare per un tempo indefinito. Cerchi le sue labbra, le trovi, ne saggi la morbidezza e un fremito di piacere ti percorre la spina dorsale quando le vostre lingue si incontrano un'altra volta ancora. Le vostre pelli accaldate sfregano tra loro, i vostri sospiri diventano una cosa sola e un senso di completezza vi avvolge come una cupola invisibile e profumata.
    (Stretti l'uno all'altro come mai siete riusciti a fare sulla torre dello scivolo quando ancora eravate due bambini).
Capisci, dal modo in cui Ryoken cerca un contatto intimo sempre maggiore, che desidera fare nuovamente l'amore con te. E lo desideri anche tu.
Nel momento in cui diventate una cosa sola
    (una sublime unione di anime)
avverti un leggero pizzicore lambirti il mignolo sinistro: il filo rosso che ti lega a Ryoken sfrigola e sussulta, più vivo e forte che mai.
Assecondi le sue spinte e lasci che ti faccia suo un'altra volta ancora; è tutto ciò di cui hai bisogno in questo momento.
Per la prima volta da quando vi siete svegliati, i vetri della finestra imperlati di gocce di pioggia riflettono un pallido raggio di sole che entra con garbo nella camera da letto, puntando come un piccolo riflettore la scrivania ordinata. Le due carte da gioco dai bordi sgualciti poggiate sulla superficie liscia e pulita sfarfallano di un migliaio di colori diversi, di nuovo unite.
E una seconda aurora sboccia nei vostri petti.



From time to time
there arise among human beings
people who seem to exude love
as naturally as the sun gives out heat

(Di tanto in tanto
sorgono tra gli esseri umani
persone che sembrano emanare amore
nello stesso modo naturale con il quale il sole emana il suo calore)
   
 
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