Anime & Manga > Dragon Ball
Ricorda la storia  |      
Autore: Kiira_kun    09/05/2023    0 recensioni
"You're my mermaid, I am falling for you
Into your deep sea" (oneus - mermaid)
- - -
In cui Piccolo ha un incontro ravvicinato con una sirena.
Oneshot scritta per il compleanno di Piccolo. Non è necessario conoscere Paritur Pax Bello per leggerla, Miwa è leggermente OOC.
[post super hero ; mermaid!AU ; ocxcanon ; fluff]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Pan, Piccolo
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

You're my mermaid, I am falling for you
Into your deep sea
You're my mermaid, I am falling for you
We could be together
Go up to the surface with you
Feel the sweet breath
You're my mermaid, you're beautiful
Let's swim on together


- ONEUS, Mermaid








Piccolo non era mai stato il maggior esperto di creature bizzarre al mondo, anche perché non si era mai posto il problema se le suddette esistessero o meno – del resto, lui proveniva letteralmente da un altro pianeta e aveva combattuto con una miriade di creature insolite.
La sua cerchia di conoscenze spaziava da alieni con la coda di scimmie a gatti antropomorfi che andavano in giro a distruggere pianeti per divertimento, perciò quando ne sentì parlare da Pan non ne rimase granché impressionato.
L’argomento era saltato fuori perché, siccome Gohan gli aveva chiesto di andare a prendere sua figlia all’asilo, la piccola era tornata a casa con un libro illustrato – era stata la sua maestra Janet a regalarglielo, dato che aveva preso una copia in più per errore. E quel libro parlava anche di sirene, che Pan non era più riuscita a togliersi dalla testa.
«Secondo te le sirene sono davvero così, zio?», era intenta a sfogliare quel colorato volume mentre si riposavano all’ombra di un albero a casa di Gohan. Piccolo aveva gettato un’occhiata veloce alle pagine prima di tornare a concentrarsi sulla meditazione e infine rispondere: «Non saprei. Presumo che se su quel libro vengano disegnate in quel modo, allora anche nella vita reale abbiano quell’aspetto.»
«Janet dice che non bisogna farsi ingannare dalle sirene!» continuò Pan, fattasi all’improvviso seria in volto. «Loro cantano per attirare gli uomini in mare e poi se li mangiano!»
Le antenne di Piccolo si raddrizzarono per sorpresa, solo per rivolgerle un’espressione scettica: «Ma no, è solo una storiella per spaventare i bambini.»
Era uno stratagemma comune quello di raccontare storie di mostri per mettere paura ai figli che si comportano male, Piccolo lo aveva imparato da Videl.
«Quindi pensi che in realtà siano buone?» chiese ancora Pan.
«Non saprei risponderti con certezza.», Piccolo scrollò le spalle. «Perché non lo domandi a tuo padre? Sono sicuro che saprà soddisfare la tua curiosità.»
«Oppure…»
Il Namecciano scattò subito in allerta: una scintilla si era illuminata negli occhi della bambina, e sapeva bene cosa significasse quell’occhiata.
«Oppure?»
«Potremmo andare a cercarne una!»
Piccolo incrociò le braccia al petto: «Assolutamente no.»
«Perché no?» piagnucolò Pan, indispettita. «Magari non sono davvero così cattive!»
«Magari non esistono nemmeno
«Per questo dobbiamo cercarne una! Ci servono prove, come quelle che servono a papà per le sue ricerche.»
«È leggermente diverso, Pan.»
La bambina però non volle demordere: «Prometto che non mi metterò nei guai! E poi, se ci sei tu con me non potrà mai accadermi nulla.»
«Se provano a trascinarmi in acqua…»
«Vedi che ci credi pure tu!»
 
E così Pan era riuscito a convincerlo, benché Piccolo fosse alquanto riluttante all’idea di mettersi a caccia di donne per metà pesce. Insomma, non era quel genere di attività a cui si aspettava di dedicarsi.
Il punto era che non riusciva a essere troppo duro con Pan e quando Pan si impuntava su qualcosa, difficilmente metteva da parte l’argomento. Interpretò tutto come un gioco divertente che permetteva a Pan di sfogarsi, e a quell’età i bambini avevano un gran bisogno di sfogarsi – dopotutto, lei era anche un quarto Saiyan, doveva liberare le energie in qualche modo.
Ne approfittò per trasformare quella gita fuori porta in un allenamento, così da non farle perdere troppo il ritmo. Pan non aveva protestato, anche perché avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di convincere suo “zio” a seguirla in quella sua stravagante avventura.
Lei si era portata dietro il suo zainetto da viaggio e tutta contenta si era avviata con Piccolo verso la costa.
Era una giornata soleggiata ma non eccessivamente afosa, il tempo ideale per una scarpinata (e per cercare sirene, come continuava a ripetere Pan).
«Una volta trovata questa sirena, cos’hai intenzione di fare?» domandò genuino Piccolo, pendendo un poco in avanti col busto per guardarla.
Pan gli sorrise raggiante: «Ci farò amicizia! Oppure impedirò che ti trascini negli abissi per mangiarti~»
«Dici che potrei piacere a una sirena?»
«Sei troppo burbero e scommetto che la tua carne ha un sapore orribile.»
«Pan!»
Mentre lei rideva, Piccolo cercò in tutti i modi di far scemare l’imbarazzo. In quei momenti si guardava indietro e gli veniva da domandarsi che cosa l’avesse cambiato in maniera così radicale da renderlo così. Avrebbe dato la colpa al fatto di aver passato troppo tempo in mezzo agli umani, ma tutto sommato non era qualcosa di tanto terribile.
Gohan lo aveva trattato come un amico quando nessun altro lo aveva fatto, ed era stato quello in un certo senso a spingerlo ad aprirsi. Vedendo i risultati, forse era stata la cosa migliore che gli fosse mai capitata.
Certo, era sicuro di non aver perso una briciola del suo carattere scostante e solitario, ma non gli dispiaceva fare spazio nella sua vita a coloro che lo meritavano. La figlia di Gohan non faceva eccezione. Sarebbe andato avanti ad ascoltare ogni suo discorso anche per giorni interi, la pazienza era una dote che non aveva mai esaurito.
Quando finalmente arrivarono in prossimità del mare era pomeriggio inoltrato e il sole picchiava giusto un poco più forte.
Pan indicò la distesa blu che andava a confondersi con l’azzurro del cielo e i suoi occhi si illuminarono di gioia: «Guarda zio! Ci siamo!»
«Lo vedo, Pan. Guarda dove metti i piedi prima di fare un volo dalla costiera.»
«Tanto so volare!»
«Vorrei ricordarti che l’ultima volta ti sei bloccata a mezz’aria e ho dovuto prenderti prima che ti sfracellassi a terra. Tuo padre ha quasi avuto un infarto.»
«Dettagli.»
La piccola si diresse a grandi falcate verso un sentiero battuto che portava più giù, alla spiaggia. Era del tutto rossa in volto per la vergogna e Piccolo sogghignò divertito davanti a quella reazione, per poi seguirla subito dopo.
Il sentiero permetteva di osservare il panorama da una buona visuale prima di cominciare a scendere in basso. Non era ripido e l’erba permetteva anche di camminare scalzi senza correre il rischio di farsi male per colpa di qualche sasso appuntito.
Già sul promontorio tirava una piacevole brezza, che andava a intensificarsi mano a mano che percorrevano la strada verso la spiaggia. Il mantello di Piccolo ondeggiava insieme al vento.
Pan dovette invece tenersi il cappellino che portava in testa con le mani per non farlo volare via. In realtà, non aveva nemmeno programmato di indossarlo: era stata sua madre a insistere perché, siccome le avevano detto che sarebbero andati al mare, non voleva che si prendesse una brutta insolazione. Nel dubbio aveva anche infilato una boccetta di crema solare nello zainetto, intimando lei e Piccolo di mettersene un po’ in faccia.
«Oggi vedrò una sirena!» canticchiava Pan mentre si toglieva le scarpe una volta messo piede sulla spiaggia.
Piccolo la fermò prontamente: «Guarda che la sabbia scotta, è meglio se non te le togli subito.»
Pan però non sembrò preoccuparsene: «Al massimo ci volo sopra! Andiamo a sederci su quegli scogli laggiù?»
Il Namecciano guardò nella direzione che l’altra stava indicando e annuì, seguendola a ruota quando si sollevò in aria per raggiungere gli scogli.
Le onde abbracciavano la pietra con gentilezza, il mare era davvero placido quel pomeriggio.
«È raro vederlo così calmo.» commentò Pan, mentre si rannicchiava su se stessa con le ginocchia strette al petto. «Papà dice che qui la maggior parte delle volte il mare è molto agitato.»
«È il nostro giorno fortunato, allora.»
«Oh, sì! Così sarà più facile vedere le sirene se escono dall’acqua!»
«Sei proprio convinta che ne vedrai una, eh?»
«Per far sì che una cosa si avveri, devi crederci!»
L’entusiasmo di Pan gli scaldava sempre il cuore in modi che non sapeva spiegare neppure a se stesso. La sua vitalità in qualche modo gli ricordava i tempi di pace che stavano trascorrendo e ciò gli permetteva di rilassarsi almeno un pochino. E questo, anche se appena, Pan riusciva a percepirlo.
«Domani dirò a Janet che ho visto una sirena.»
«Immagino che sarà felice della tua scoperta.»
«Poi lo dirò anche a papà e lo porterò qui, così potrà disegnarne una! Se riuscisse a scriverci un articolo, diventerebbe molto importante.»
«E lui ti ringrazierà tantissimo per averlo aiutato.»
A Pan piaceva rendersi utile a suo padre, anche con gesti all’apparenza insignificanti come non disturbarlo troppo mentre era chiuso in studio, oppure aiutandolo a sistemare i libri che consultava una volta finita la sua giornata di lavoro. Ormai era un ricercatore con una carriera affermata, i suoi articoli riscuotevano sempre un largo successo e Videl ne andava davvero fiera, così come la loro bambina. Se fosse davvero riuscita a vedere una sirena in carne ed ossa, suo padre non poteva assolutamente perderselo: gli avrebbe permesso di farsi un nome ancora più grande, benché Gohan comunque cercasse di mantenere un basso profilo dato che non amava stare troppo sotto i riflettori – anche e soprattutto perché non voleva che per qualche malaugurato caso qualcuno riconoscesse in lui il misterioso supereroe che sconfiggeva i malvagi della situazione.
Eppure, più trascorrevano le ore più le speranze di Pan cominciavano ad affievolirsi: il sole stava scomparendo dietro all’orizzonte tingendo il cielo di una sfumatura arancio-viola, ma delle sirene ancora nessuna traccia.
Si era persino arrampicata sulle spalle di Piccolo per vedere meglio, ma nulla. Le onde del mare rimanevano calme, quasi immobili, senza rivelare alcuna presenza sotto il velo dell’acqua.
Il Namecciano aveva provato ad aiutarla cercando di captare qualsiasi rumore sospetto, ma non era valso a nulla.
Al calar della sera Pan aveva messo un broncio sconsolato mentre sfogliava ancora una volta il libro di illustrazioni: «Forse non esistono nemmeno…»
«Non scoraggiarti.» Piccolo cercò di consolarla al meglio delle sue possibilità. «Potremmo provare a tornare domani, che ne dici? Forse oggi non era il giorno giusto.»
A Pan tornò subito il sorriso: «Hai ragione! Riproviamoci domani!»
L’altro sospirò. Scampato un guaio, per il momento.
Non era proprio sicuro del fatto che l’indomani le cose sarebbero andate diversamente, ma avrebbe avuto tutta la notte per pensare a una scusa migliore che la convincesse a lasciar perdere. Del resto, piuttosto che vederla triste per un’intera settimana preferiva raccontarle una bugia innocente a fin di bene.
«Devi avere fame.» cercò di cambiare subito argomento prima che la piccola avesse qualche ripensamento. «Forse sei ancora in tempo per la cena.»
Pan si mise in disparte per infilarsi di nuovo le scarpe, quando all’improvviso Piccolo si girò perché aveva sentito un rumore provenire dall’acqua.
Non vide nulla, ma a un occhio più attento intravide la superficie un poco più mossa, come se qualcosa si stesse agitando al di sotto. Poi, piccole bolle d’aria presero a scoppiettare, fino a che dall’acqua non emerse una lunga chioma corvina.
Piccolo rimase di sasso: vicino agli scogli dove fino a poco prima lui e Pan erano stati seduti si appostò una donna, che fece leva sulle braccia per arrampicarsi sulle rocce.
Si stupì ancora di più quando vide il resto del corpo: una lunga coda ricoperta di scaglie dalle diverse sfumature vermiglie, alcune si illuminavano sotto il riflesso dei raggi lunari.
I capelli bagnati le ricadevano lungo la schiena, ma lei se li spostò davanti per pettinarseli e sbrigliare i nodi che si erano formati. Le dita non sembravano quelle delicate di qualsiasi fanciulla, erano screpolate e ricoperte di tante piaghe. Terminavano con delle unghie affilate che rendevano più facile ciò che stava facendo.
Poi, la donna si mise a canticchiare sommessa una melodia che non aveva mai sentito prima, ma che in quel momento pensava fosse la più bella che gli fosse capitata di ascoltare.
«Una sirena!», Pan diede voce ai propri pensieri esclamando all’improvviso, inevitabilmente però finendo anche per attirare l’attenzione della donna sugli scogli, che si girò di scatto verso di loro.
Piccolo la vide in faccia e dischiuse un poco le labbra quando incrociò il suo sguardo: aveva due occhi grandi, di un colore castano chiaro che in quel momento però sfumavano in un’ambra leggera. Brillavano nel buio e sembravano quasi volersi confondere con le stelle.
Accortasi dei due estranei, con un movimento fulmineo la sirena si rituffò in acqua e si riparò dietro a uno scoglio, fissando i due con un’espressione torva, la fronte corrugata e le unghie affilate bene in vista.
Pan però non sembrava essere per nulla spaventata dalla reazione aggressiva della creatura e si avvicinò tutta contenta. Il panico cominciò a montare dentro Piccolo, che allungò un braccio per fermarla, ma non servì perché la voce della sirena costrinse la bambina a fermarsi lì dov’era: «Cosa volete da me!?»
Piccolo si accorse che la sirena non stesse nemmeno considerando la presenza di Pan, quanto più la propria. Beh, pensò, un essere verdognolo di due metri non può poi fare molto per passare inosservato.
La creatura era tesa, ma non pareva avere l’intenzione di scappare. Piccolo ipotizzò che riuscisse a percepire le loro auree che, essendo basse in quel momento, non rappresentavano una minaccia.
«Non vogliamo farti del male.» cercò di rassicurarla Pan, decidendo di muovere un passo verso la sirena. «Siamo amici!»
«Gli umani non sono miei amici.» ringhiò l’altra. Aveva pure dei canini affilati che non si fece alcun problema a mostrare alla piccola Pan.
«Beh, io non sono umano tanto per cominciare.» s’intromise Piccolo, che continuava a tenere d’occhio la bambina con sguardo fermo, preparandosi a intervenire in caso di pericolo.
La sirena alzò ancora una volta gli occhi sul Namecciano e per un istante il suo volto parve addolcirsi, abbassando le sue difese: «In effetti… Non credo di aver mai visto esseri umani verdi. Né esseri umani con delle antenne.»
Poi si rivolse di nuovo a Pan con le zanne in mostra: «Tu però sei umana! Hai una strana puzza di qualcos’altro addosso, ma sei comunque umana!»
«Come ti ha già detto, non vogliamo farti del male.» insistette Piccolo. «Ti posso assicurare che siamo innocui.»
Ci volle un po’ prima che la sirena mettesse da parte ogni remora, tornando a sedersi sugli scogli con la coda per metà in acqua.
Pan la osservava con gli occhi pieni di meraviglia, confrontandola con le illustrazioni del suo libro quasi con una cura maniacale.
«Siete due esseri davvero insoliti.» commentò la creatura, mentre non smetteva di squadrare Piccolo da capo a piedi. «Ma credo si possa dire lo stesso anche di me. Avete un nome?»
«Io mi chiamo Pan, lui è zio Piccolo!» Pan pensò a sbrigare le presentazioni per entrambi.
«Zio?» ripeté la sirena. «Non vi somigliate per niente.»
«Lunga storia.» tagliò corto Piccolo, cercando di non lasciarsi sopraffare dall’imbarazzo. «Qual è il tuo nome?»
«Miwa.»
Gli aveva rivolto un mezzo sorriso, quel tanto che bastava per fargli andare di nuovo in tilt ogni pensiero razionale.
Senza dubbio, ciò che raccontavano nei libri era vero: le sirene avevano un aspetto mozzafiato. Però, per quel poco che le aveva immaginate Piccolo, trovava il volto di Miwa estremamente semplice nella sua bellezza, ed era proprio quel dettaglio a lasciarlo a bocca asciutta.
Sentendosi osservata, la sirena sviò subito lo sguardo, ma il Namecciano riuscì a intravedere il lieve rossore che le tinse le guance.
«Siete venuti qui a cercare le sirene?» domandò poi Miwa, stringendosi nelle spalle.
«Come hai fatto a capirlo?», Pan inarcò le sopracciglia per la sorpresa.
«È quello che vogliono tutti.» fu la risposta piatta della donna, che si perse a osservare il proprio riflesso sullo specchio dell’acqua, che cancellò con un colpo della sua coda come se non lo sopportasse. «Vogliono vederci a ogni costo per i loro assurdi motivi.»
C’era del dolore nel suo tono di voce e, per qualche motivo, Piccolo fu mosso dal dispiacere.
«Non avevamo in mente niente di cattivo.» disse, per poi incontrare di nuovo gli occhi castani della sirena, che lo immobilizzarono ancora sul posto. «Lo so. Perché voi non siete umani.»
 
Piccolo e Pan spesero i giorni seguenti a tornare da Miwa. La decisione era sorta più o meno spontaneamente, perché Pan era attratta dai racconti della sirena e voleva sapere ogni genere di cosa sul suo mondo. Quanto a Piccolo, non sapeva nemmeno lui cosa lo spingesse a tornare per vederla.
Pensò che si trattasse di qualche sorta di maleficio che hanno le sirene: ti stregano con il loro aspetto e piano piano ti spingono a seguirle con loro in mare fino a che non decidono di affogarti e renderti la loro cena. Quel pensiero venne però prontamente smentito quando Miwa con aria scandalizzata aveva detto che ormai le sirene non mangiavano più la carne degli esseri umani, al massimo si divertivano solo a far loro qualche scherzo. Non erano crudeli, solo un po’ giocherellone.
Miwa raccontò che una volta si era presa gli stivali di un qualche marinaio per fargli un dispetto e li aveva lanciati lontano, al largo del mare, e il pover’uomo era dovuto tornare indietro senza stivali, solo per poi riceverli indietro non prima che la Sirena chiedesse qualcosa in cambio.
«Questo qua era convinto che volessi un bacio!», l’espressione plateale di Miwa mentre narrava la vicenda faceva sbellicare Pan dalle risate. «Ma il suo alito era rancido, sapeva di merluzzo andato a male! Gli ho fatto baciare le sue stesse scarpe e me ne sono andata.»
«Quindi non è vero che andate in giro a sedurre gli umani.»
«Ti sembrano discorsi da fare davanti a una bambina? E comunque no, non lo facciamo più da un pezzo. È noioso e poi sono sempre tutti così prevedibili…»
Pan si divertiva molto a giocare e a parlare con Miwa. Erano quasi diventate amiche inseparabili.
Miwa le permetteva persino di seguirla in fondo al mare con lei, utilizzando un incantesimo che creava una bolla attorno alla testa di Pan per fare in modo che riuscisse a respirare anche sott’acqua. Piccolo di tanto in tanto si lasciava cogliere dall’ansia perché rimanevano a lungo sotto, ma finché percepiva l’aura di Pan era più o meno tranquillo.
Pan invece si divertiva da matti: non aveva mai avuto la possibilità di esplorare i fondali marini così da vicino. Suo padre l’aveva portata a provare le immersioni subacquee una volta, ma senza andare troppo oltre certi limiti. Miwa invece l’accompagnava anche al di là di dove pensava non ci fosse niente, e ogni volta si stupiva del mondo che le si apriva davanti.
Dal canto suo, anche Miwa si divertiva in presenza di Pan e il suo sorriso la contagiava a dismisura.
Piccolo, sempre seduto in disparte a tenerle d’occhio mentre giocavano, si perdeva a guardare il sorriso di Miwa. Era energico, solare, a sua volta contagioso, e lui non poteva fare a meno di piegare un poco le labbra quando la guardava. Non pensava nemmeno che lei si accorgesse di quella sua reazione, che di solito riusciva a mascherare piuttosto bene, ma quando i loro sguardi si incrociavano subito si giravano dall’altra parte, come a volersi nascondere qualcosa.
Come se non bastasse, Piccolo tornava a casa con più domande che rispose sul perché si sentisse in quel modo. Tutto ciò a cui riusciva a pensare era il benessere che quella donna riusciva a suscitargli quando trascorrevano i pomeriggi insieme. Scoprì anche che quando accompagnava i suoi momenti di meditazione con il canto, riusciva a concentrarsi molto di più e persino meglio. Se non era il fascino maledetto delle sirene a causargli quelle sensazioni, non aveva idea di cosa potesse essere. E da una parte aveva persino paura di scoprirlo: circolavano pur sempre cattive voci sulle sirene.
False, sporche tentatrici, bugiarde. Però né lui né tantomeno Pan volevano credere che Miwa fosse quel genere di creatura: quando parlava di sé, raccontava solo aneddoti di quando si divertiva a fare scherzi agli umani che incontrava durante i suoi viaggi. Per il resto, conduceva un’esistenza alquanto solitaria.
Un giorno raccontò che si era messa in viaggio poco dopo la scomparsa dei suoi genitori. Era molto piccola e le altre sirene della sua comunità non erano disposte a crescerla, così aveva deciso di andarsene. Finì per vagare in mari diversi, conoscendo molte altre sirene, poi una volta finì in un porto dove per la prima volta incontrò gli umani.
Non lasciarono una buona impressione su di lei: uno una volta tentò di catturarla, convinto che fosse un grosso pesce; un altro l’aveva quasi uccisa con l’arpione scambiandola per un mostro marino. Poi scoprì quanto fossero avidi ed egoisti e allora non riuscì più ad avvicinarsi a loro.
Ogni volta che si affacciava al mondo degli umani vedeva solo desolazione e impoverimento, un mondo caotico e pieno di persone che volevano solo approfittarsi degli altri.
Persone del genere non avrebbero mai compreso la bellezza e la tranquillità del mare, a detta sua.
«Non ti senti mai sola quando viaggi?» le chiese Pan in quell’occasione, e Miwa sorrise in risposta: «Affatto! Ho tanti amici sparsi per l’oceano, sai? E anche voi siete miei amici!»
«Ma se non resti a lungo in un posto… Non sei triste perché devi salutarli?»
«Non tanto, perché prometto sempre che tornerò a trovarli!»
Pan si rattristava molto quando Miwa diceva che sarebbe dovuta ripartire, prima o poi. Sotto sotto, anche Piccolo provava un certo dispiacere nel sentire quelle parole. Ma faceva parte del suo carattere libero e sempre energico: Miwa aveva bisogno di viaggiare e vedere posti nuovi, non le piaceva la fissità.
Per quel motivo (e anche per altri) Pan e Piccolo avevano deciso di mantenere segreta l’identità della loro amica. Non volevano farle un torto mostrandola ad altre persone come una specie di bizzarria, non lo avrebbe apprezzato dopo tutte le brutte esperienze nel mondo degli umani.
Era meglio se la sua esistenza rimaneva inalterata e con un ordine che solo Miwa poteva decidere, anche se avrebbe fatto male a tutti e tre doversi salutare senza sapere cosa avrebbe riservato il destino in avanti.
Oltre a ciò, Piccolo continuava a domandarsi cosa gli avesse instillato nel cuore quella sirena.
Ormai non cercava più una spiegazione a livello sovrannaturale, non credeva a incantesimi e stregonerie – Miwa non ne era capace. Aveva bisogno di una risposta concreta, reale, che andava al di là di qualsiasi diceria.
Continuò a rimuginarci per parecchio tempo prima di trovare il coraggio per parlargliene e una sera decise di andare da Miwa da solo.
Lei era appostata sugli scogli come se fossero stati un morbido letto su cui sdraiarsi. Li aspettava sempre in quel punto e quella sera non era differente dalle altre.
«Che sorpresa!» esclamò la sirena nel vederlo. «Come mai sei venuto da solo?»
Piccolo osservò ogni più piccolo movimento del suo corpo: come inclinava la testa, come muoveva la coda, il modo in cui sbatteva le palpebre e come piegava le labbra per sorridere. L’analizzava con cura per comprendere ogni più piccola parte delle sue emozioni, il che era curioso da parte sua dato che non indagava mai così a fondo quando si trattava di conoscere qualcuno.
«Passavo di qui.» disse una bugia, la prima che gli venne in mente, e Miwa abboccò senza mostrare esitazione.
«Pan sta bene?»
«È un po’ giù di morale perché sa che alla fine dell’estate dovrai andartene.»
In quel momento Piccolo notò lo sguardo felice di Miwa spegnersi, così come il suo sorriso: «Mi dispiace molto... È una bambina così adorabile, non voglio che sia triste per colpa mia.»
«Perché non resti, allora?» fu la domanda a bruciapelo dell’altro, che colse Miwa in contro…pinna.
La sirena alzò lo sguardo su di lui e inclinò un poco la testa di lato: «Se restassi, Pan sarebbe felice?»
«Penso proprio di sì.»
“E sarei felice anch’io”, voleva aggiungere. Tuttavia tenne le labbra ermeticamente chiuse dopo la sua risposta, conscio del fatto che non sarebbe mai riuscito a comunicare in maniera perfetta ciò che sentiva.
Ogni tanto sperava che con quei suoi occhi riuscisse a leggergli dentro qualsiasi cosa, in modo tale da non dover faticare per trovare le parole giuste da dirle.
«Sai, dovrei ringraziarvi.» disse poi Miwa di punto in bianco, mentre appoggiava la testa sulle braccia. «Nessuno mi ha mai dato un motivo per restare.»
«Perché mai?»
«Perché rimango una sirena, dopotutto. Non ho le gambe come voi terrestri per seguirvi, né tu o Pan potete respirare sott’acqua per venire con me in fondo al mare. Ci vengono precluse tante cose…»
«Non sono impedimenti così grossolani.», Piccolo si ritrovò a guardare il cielo stellato con aria pensierosa. Mentre diceva quelle parole, gli tornò in mente il periodo in cui aveva appena cominciato ad allenare Gohan.
«Io e il padre di Pan siamo molto legati, anche se non è sempre stato così.» continuò. «Abbiamo sempre avuto un sacco di differenze, ma ciò non gli ha mai impedito di trattarmi come un suo amico.»
Miwa aveva spalancato gli occhi per la sorpresa: «Essere amici dei terrestri è possibile?»
Il Namecciano si limitò ad annuire con un sorriso abbozzato, tornando a rivolgerle lo sguardo. Si perse nei suoi occhi un’altra volta, non avendo mai visto niente di più brillante a parte gli astri del firmamento.
«E pensi che sia anche possibile amarli?»
Piccolo ritornò immediatamente coi piedi per terra, per poi accorgersi che entrambi erano arrossiti più o meno in contemporanea. Si ritrovò a pensare che Chichi e Goku, per quanto bisticciassero, si amassero in maniera profonda – per quanto lui potesse capirne dell’amore, e lo stesso si poteva dire di tante sue conoscenze.
«Presumo di sì.»
Non seppe definire con chiarezza cosa accadde dopo, solo che si sentiva attratto dagli occhi di Miwa come un magnete e si era avvicinato; lei aveva fatto lo stesso, fino a diminuire poco a poco la distanza tra loro, poi gli aveva passato una mano sulla guancia e infine lo aveva baciato, mettendo da parte ogni remora.
Le sue labbra avevano proprio il sapore del mare: erano salmastre, ma allo stesso tempo le trovava soffici e invitanti. Forse era anche il suo fascino di sirena a fare la sua parte, ma in quel momento Piccolo parve non farci troppo caso.
Era convinto che in qualche modo lei gli aveva visto dentro e dove non avrebbero potuto riuscire ad arrivare a parole, ci potevano pensare i gesti.
Anche se non sapevano cosa dirsi dopo quel contatto, in qualche modo guardandosi erano stati in grado di trovare una comprensione reciproca. E non c’era bisogno di trovare ulteriori spiegazioni a riguardo.
Poi Miwa scivolò in acqua, e Piccolo ebbe quasi la tentazione impulsiva di seguirla, come se parte di quel bacio avesse sortito una sorta di effetto inebriante su di lui in grado di fargli perdere ogni raziocinio, ma si fermò appena in tempo per vederla sorridergli ancora una volta prima di salutarlo e nuotare giù, in fondo al mare, fino a vederla sparire.
Piccolo non sapeva spiegarsi né come né perché, ma aveva la certezza che l’indomani l’avrebbe trovata di nuovo lì ad aspettarlo.


 


[ᴀᴜᴛʜᴏʀ'ꜱ ꜱᴘᴀᴄᴇ]

Okay, dopo aver evitato un gigantesco proiettile anche detto MENTAL BREAKDOWN sono riuscita a finire questa oneshot per il compleanno di Piccolo, che non a caso è… oggi! :D
In realtà non sapevo nemmeno che il compleanno di Piccolo fosse oggi, tanto per cominciare. L’ho scoperto tramite degli artisti giapponesi che seguo su Twitter che stavano postando diversi disegni per celebrare la sua festa, visto che da loro era già il nove maggio. Ho dovuto praticamente fare i salti mortali per venire a capo con un’idea, finché non mi ha colpito un lampo di genio: il mese di maggio è solitamente dedicato al #mermay per tanti artisti, quindi ho pensato a questo universo alternativo in cui Miwa non è la nostra beniamina Saiyan traumatizzata, ma una sirena!
Ho corso un po’ per finire questa oneshot in tempo, quindi spero non me ne vogliate se trovate il ritmo strano o troppo veloce. In caso, fatemi sapere se qualcosa non va!
Vi ringrazio per essere arrivati fino a qui, come al solito vi regalo un abbraccio e un biscotto <3
Se siete interessati a leggere l’universo originale in cui la relazione tra Miwa e Piccolo ha luogo, Paritur Pax Bello vi aspetta ;D
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: Kiira_kun