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Autore: _aivy_demi_    23/05/2023    14 recensioni
Questa raccolta partecipa a una serie di iniziative, comprendenti i gruppi Non solo Sherlock e Hurt & Comfort Italia, tra i generi più vari e i contesti più disparati.
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Credits to the arstist: #akame_(chokydaum)
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1- Just for her (Jessie, James, Meowth), gruppo Non solo Sherlock, casellina n.4: traumi nascosti; angst
2- Lavander Town, that night, gruppo Non solo Sherlock, #springbingo casellina n.1: Di notte a Lavandonia
3- Ghosts, gruppo Non solo Sherlock, #springbingo casellina n.2: di tipo spettro
4- Where, gruppo Hurt/Comfort Italia, #3frasific: esausto, compagno, lacrime
5- Finally over, gruppo Non solo Sherlock, #springbingo casellina n.3: tremore
Genere: Generale, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime, Videogioco
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#Springbingo
Casella n.3: Tremore
Prompt di Giulia Lausi

 

 

 

No, così non va bene.
La grafite grattava il foglio, il suono dei graffi riempiva la piccola stanza immersa nel buio. La stentata luce di una lampada rischiarava il piano da lavoro abbastanza da consentire una giusta illuminazione esclusivamente sulle bozze, e nient’altro. La finestra era sigillata così come la porta, rigorosamente chiusa a chiave.
Nessuno avrebbe dovuto permettersi di disturbarlo. Neppure la moglie.
Cazzo, non è quello che voglio.
La carta venne stracciata, appallottolata con cattiveria, lanciata alle sue spalle. Sugimori tentò di nuovo, ancora e ancora, mentre le ore scorrevano: più lavorava, più rifiutava i risultati di quella notte.
Sul pavimento giacevano idee morte, rigettate, scarti: occhi stanchi le osservarono un’ultima volta, prima di calciare da parte il frutto sbagliato di ore inutili. L’uomo si gettò sul letto sfatto, uno tra i pochi mobili presenti nello stanzino adibito a studio.
Domani andrà meglio, sì. Domani ci riuscirò. Domani.
E senza nemmeno svestirsi, si addormentò.


«Non si preoccupi, signora Sugimori. Mi ha detto che suo marito lavora di notte, quindi è normale abbia gli orari sonno/veglia sfasati. Cerchi di renderlo conscio che potrebbero presentarsi dei problemi a lungo andare. Al momento non vedo nulla di particolare su cui intervenire.»
Atsuko salutò con cortesia e ripose la cornetta del telefono. Non doversi preoccupare, insomma: questo il verdetto del medico di famiglia. Sospirò di sollievo pensando di essersi impensierita troppo. Non era la prima volta che suo marito Ken affrontava delle difficoltà lavorative: essere illustratore per un’azienda ricca di progetti fitti e complessi non doveva essere facile. Ovviamente. Anche se…
Anche se ultimamente aveva notato un certo sconforto nella barba non curata, in quelle occhiaie e nei capelli sempre disordinati: non che faticasse a riconoscere il marito, ma pareva davvero più sciupato del solito. Che stesse lavorando troppo?
Gli avrebbe parlato, avrebbe cercato di capire cosa gli stesse passando per la testa, anche perché se non fosse stato per lei… chi si sarebbe preso cura di Ken e della sua salute?


L’aria odorava di birra, di chiuso, di viziato e di fallimento. Disinteresse, concentrazione indirizzata e aridità d’affetto. Lo studio era il ritratto dell’autore e viceversa.


«Lasciami stare, ho bisogno di dormire…»
«Ma sono le quattro del pomeriggio… ti va di bere un tè, o un caffè?»
«Voglio dormire, devo. Sento che stanotte sarà la volta buona.»
Atsuko era avvilita: ciò che era rimasto di suo marito era un fantasma dalle vaghe linee familiari. Accusava uno stress passivo rispecchiando quello più forte di Ken che si riversava su di lei a ogni parola pronunciata con cinismo, cattiveria o noncuranza. Ci stava soffrendo, ma sapeva di aver scelto un uomo difficile. O stava semplicemente cercando di giustificarsi, per non ammettere apertamente che quello non era certo il matrimonio che aveva sognato da giovane; ricredersi sulle proprie scelte non sarebbe comunque stato ammissibile.
«Non vuoi nemmeno mangiare qualcosa?»
Era già il terzo giorno in cui gli proponeva di pranzare assieme, ricevendo sempre un secco rifiuto biascicato.
«No.»


«Dottore, buongiorno. Sono Atsuko Sugimori, sì, di nuovo. Esatto. Non dà segni di miglioramento, è smagrito, non vuole us-… sì, sì certo, capisco. Credo però che ci sia qualcosa che non vada. Quando si è degnato, perché sa, ormai lui si degna e basta di uscire da quella maledetta camera… bene, quando era uscito da quel buco mi pareva tremasse.» Una pausa. La donna stava cercando le parole giuste per descrivere ciò che aveva notato la sera precedente. «Non quei tremori dei vecchi, no, qualcosa più… più strano, ecco. Non saprei nemmeno come farglielo capire.» Altra pausa, intenta ad attendere istruzioni. «Sì, guardi, è evidente: faticava a portare il cibo alla bocca, la presa sulle bacchette era pessima. Anche il capo? Sì, anche quello. Dice? E quanto è forte quel farmaco?»
La conversazione aveva dato i suoi frutti. Uscì con un po’ di buon umore ritrovato, lasciandosi alle spalle l’atmosfera pesante del suo stesso tetto; avrebbe raggiunto lo studio medico per poi andare in farmacia e dare un taglio agli scatti del marito, al suo malessere, al suo trattarla con sufficienza e distacco.
Era tutta colpa di quel  maledetto lavoro, delle sue scadenze serrate e delle pretese troppo alte che i colleghi di Ken avevano nei suoi confronti.
E anche di lui. Era anche colpa sua.


«Se le prendo mi prometti che non romperai più il cazzo e mi lascerai in pace, finalmente?!» Il tono di Ken era acido, sarcastico, acuto: nulla a che fare con il riservato signor Sugimori che si era presentato ad Atsuko qualche anno prima, titubante e introverso. «Quante? Quante sono? Ecco, contenta?» Lanciò il bicchiere nel lavello, incurante del rumore del vetro in frantumi, e raggiunse rapido il proprio nascondiglio, il suo angolo di mondo dove l’estro creativo poteva uscire, prendere vita e dare soddisfazione. In fondo le uniche soddisfazioni della vita di Ken risiedevano in disegni bidimensionali dai tratti sempre più tremuli e imperfetti: le matite sbavavano spesso sul foglio, le macchie delle chine si erano asciugate sui listelli di legno del pavimento e nel complesso le opere concluse parevano più inquietanti, anche se effettivamente molto più espressive.
«Continua su questa strada, potremmo dedicarci a concetti di buio, spettri, poteri psichici, città infestate. Mi piace. Bravo, Sugimori
Le parole dell’amico e collaboratore Tajiri per lui erano state benefiche e quindi si era concentrato sul mantenere fede ai propositi di entrambi. Una emozione positiva, finalmente. L’unica nella sua giornata, nella sua esistenza. Tentava di tutto per riuscire a dare vita ai frammenti di pensiero che gli ronzavano per la testa: da confusi puntini luminosi si trasformavano in schizzi, in segni, in colori specifici e questo era vita. La sua vita. Ciò a cui dedicava tempo e passione, realizzazione.
Ma cosa avrebbe potuto capirne sua moglie, in fondo? Atsuko pensava davvero di inibirlo dandogli dei farmaci?
Vuole sabotarmi.
Più ci pensava, più la rabbia e la frustrazione cancellavano ogni singolo momento di lucidità e di concentrazione.
Più il volto e la voce di lei si materializzavano nella sua testa, più grattava con foga, tremava su quei fogli reggendo a stento la matita tra le dita.
Non ha mai sopportato quello che faccio.
Sabotarmi.


Tremavano ancora le dita di Ken Sugimori strette al collo di Atsuko.
Tremavano.
Più stringeva però, e più le articolazioni si stendevano e dolevano meno.
Quando il colorito della pelle e delle labbra della donna cambiò, le mani erano stese ferme. Perfettamente controllate. L’uomo si alzò, recuperò dal frigo una lattina di birra e si accasciò di fianco al corpo esanime della donna che aveva smesso di amare da tempo. Inspirò profondamente, rilassò le spalle contro alla parete della cucina e chiuse gli occhi.
Non tremava più.
Eliminato il motivo dello stress, le conseguenze erano piacevolmente svanite. Nuovi colori mescolati, diverse forme, espressioni, tratti si muovevano dietro alle palpebre. Perfino la birra aveva un sapore migliore. Sicuramente Tajiri sarebbe stato entusiasta delle nuove bozze dei personaggi.

   
 
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