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Autore: Jeremymarsh    25/05/2023    6 recensioni
Nel peggior giorno della sua vita, Kagome ripensa alle leggende che il nonno le raccontava da piccola prima di andare a dormire e alle quali ha smesso da tempo di credere.
È convinta che sia ormai impossibile uscire dal baratro in cui è precipitata all’improvviso, ma non è detto che tutti i mali vengano per nuocere. Un unico evento – per quanto disastroso – ha provocato conseguenze impensabili e ben presto dovrà affidarsi credenze e valori finora ignorati per sopravvivere, lasciando dietro ogni cosa conosciuta.
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inu no Taisho, Inuyasha, izayoi, Kagome, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango, Rin/Sesshoumaru
Note: Lemon, Soulmate!AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo XXIII: Il piano

 

 

 

“Sometimes the hardest thing and the right thing are the same”

All at once, The Fray

 


 

Quando giunse nella sala da pranzo, seguita a ruota da Sesshomaru, Rin sentì subito più di un paio di occhi addosso e dovette sforzarsi per non abbassare i suoi e apparire debole. Si ripeté che non era quella l’immagine che voleva dare né al demone dietro di lei né a quelli davanti.

Riconobbe il Generale seduto a capo tavola che le stava sorridendo amabile, indicandole di prendere posto dove preferiva, e accanto a lui un altro giovane che condivideva gli stessi tratti a parte per le orecchie canine. Aveva sentito delle voci che parlavano di un mezzo demone che abitava il castello, ma a causa della diffidenza dilagante non aveva avuto mai alcuna conferma. Eppure, data la somiglianza, dovette dedurre che l’Inu-no-Taisho aveva davvero avuto un figlio da una donna umana.

Deglutì, spostando lo sguardo per capire in fretta dove sedersi e non rimanere immobile al centro della stanza e solo allora notò la presenza di non una, ma ben due donne.

Entrambe le sorrisero, prive dello sguardo contemplativo e scontroso che le aveva rivolto l’hanyou.

Doveva pur significare qualcosa, si disse; magari loro capivano il suo stato d’animo.

Poi sentì Sesshomaru fermarsi dietro di lei, così vicino da sentire il calore che il suo corpo emanava, e capì di doversi dare una mossa.

Senza pensarci troppo, andò a sedersi accanto alla più giovane delle due e notò che la sua mano sinistra stringeva quella del mezzo demone. Per conforto o per trattenerlo, non seppe dire, ma fu l’ultimo tassello che le mancava per mettere a fuoco l’intera situazione.

Il padre e il fratello di Sesshomaru avevano entrambi trovato un’anima gemella, una umana – proprio come lei –, e dubitava fosse qualcosa di positivo per lui. Semmai, ragionò, doveva essere parte dei motivi per cui detestava tanto la loro razza.

Si sedette di fronte a lei, lasciando il posto accanto alla matrigna vuoto, e Rin incrociò il suo sguardo senza far trasparire i dubbi e le difficoltà che stava incontrando per essere in un luogo sconosciuto. Non si lasciò intimidire dalla sua espressione feroce né dagli occhi carichi di disapprovazione e quando ne ebbe abbastanza ruppe il contatto visivo, spostandolo verso il padre di lui e lasciandogli intendere – di nuovo – che non aveva bisogno del suo permesso per andarsene e lasciarlo appena avrebbe voluto.

“Siamo molto contenti di averti con noi stasera,” esordì Toga, “e spero vorrai fermarti più a lungo possibile. Da oggi, è come se questo castello fosse anche casa tua, e mi aspetto che mio figlio sia stato un padrone degno di questo nome finora.” Lanciò un’altra occhiata a Sesshomaru, una che faceva intendere quanto in realtà dubitasse di quell’ultima affermazione, soprattutto dati i toni della discussione che aveva interrotto poco prima.

E Rin non ebbe dubbi che, in altri occasioni, quel luogo sarebbe potuto essere proprio quello: una casa. Di sicuro più del villaggio che la ospitava e dei parenti che l’avevano presa in carico controvoglia alla morte dei suoi e che probabilmente erano sollevati dalla sua improvvisa scomparsa. Non dubitava che le altre due donne l’avrebbero accolta e condiviso con lei le proprie esperienze, che in Toga avrebbe trovato un secondo padre e che anche il mezzo demone nascondesse un animo più buono di quello che il broncio che indossava ora lasciava trapelare.

Tuttavia, il fulcro di tutto rimaneva Sesshomaru.

Quel castello non sarebbe mai diventato più che un temporaneo luogo di riposo se lui non avesse cominciato a vederla come un’eguale, a considerarla una persona al di là del suo sangue e, soprattutto, ad abbandonare le sue insulse idee razziali.

“Sesshomaru,” riprese il padre, “perché non fai le presentazioni?”

Interpellato, il demone spostò la sua furia verso il genitore, ma non apparve incline a far ciò che gli era stato chiesto.

Così, accettando il rischio di apparire maleducata e sfrontata, Rin si intromise. Si alzò in piedi e calando il capo in segno di rispetto si presentò: “Il mio nome è Rin, Signore. Sono nata e cresciuta in un villaggio di pescatori ad Est da qui. Devo la vita a suo figlio per avermi salvata, insieme alle mie compagne, da una banda di banditi. La prego di accettare le mie scuse per il mio improvviso arrivo in questo castello; non era mia intenzione arrecare alcun disturbo né approfitterò della sua accoglienza.” Finito il discorso, fece un secondo inchino, decisa ad aspettare un cenno da parte del Generale prima di azzardarsi a riprendere posto.

Se Sesshomaru voleva continuare quella farsa, Rin avrebbe fatto a modo suo. Non aveva bisogno di essere presentata o del suo permesso; aveva imparato a cavarsela da sola da tempo, e da sola sarebbe tornata al villaggio se necessario.

“Non c’è bisogno di essere così formali, Rin,” l’apostrofò Toga. “Senza dubbio sarà difficile per te all’inizio, ma vorremmo che tu ti sentissi a tuo agio. Conosco le circostanze dietro il tuo incontro con mio figlio e sarebbe un onore considerarti già parte della nostra famiglia. Così come abbiamo accolto Kagome tra noi non poco tempo fa,” accennò alla ragazza accanto a lei, “così sarà lo stesso per te. Se vorrai,” aggiunse alla fine.

“Perché invece di perderti in inutili convenevoli non vieni al dunque?” parlò infine Sesshomaru.

“Stava facendo quello che tu sei troppo pomposo per fare,” sbuffò Inuyasha, già stanco dell’atteggiamento del fratello. “Si potrebbe pensare che con la tua compagna ti comportassi per lo meno in modo diverso, ma solo chi ti conosce davvero sa che non c’è nulla che possa farti perdere questo atteggiamento altezzoso. Se le chiacchiere ti annoiano, puoi andar via; nessuno ti trattiene.”

“E vedo che tu non hai ancora imparato il tuo posto,” sibilò Sesshomaru.

Toga sospirò, non credendo ai suoi occhi – e alle sue orecchie – e Rin immaginò lo avesse fatto per darsi la forza di affrontare quella che ai suoi occhi sembrava una lite immatura tra fratelli.

Le sembrava di essere tornata indietro a un periodo dimenticato della sua vita, ma i suoi fratelli, all’epoca, erano molto più piccoli dei due demoni nella stanza.

“Rin, prima che questa cena possa trasformarsi in altro, credo sia giusto cominciare con le spiegazioni,” riprese Toga, il tono di voce abbastanza alto da sovrastare quello dei figli. Poi, davanti all’espressione interrogativa di lei, non perse tempo e le raccontò tutto ciò che era accaduto nelle ultime settimane, facendole capire in poche parole che ora che era coinvolta, non c’era modo per lei di tornare alla vita di prima.

Il tono del Generale era stato comprensivo e le era sembrato anche in parte dispiaciuto per averla indirettamente coinvolta in quella situazione, ma non le fu di alcuno conforto. Anche le parole più dolci non avrebbero potuto nascondere la verità e se prima si era sentita spaesata, ora in un certo senso era come se fosse intrappolata.

Aveva voluto lasciare Sesshomaru per fargli capire che non avrebbe accettato il suo atteggiamento se non avesse cominciato a considerare gli essere umani suoi eguali, lo avrebbe fatto anche se gli fosse costato uno sforzo immane. Ma dopo quel racconto, dopo aver saputo di quell’essere instabile e vendicativo di nome Naraku, si rendeva conto che in stallo non c’era solo il futuro della sua relazione con Sesshomaru, ma la sua stessa vita.

“Mi spiace tu ti sia ritrovata coinvolta senza scelta,” le disse Kagome gentilmente, riscuotendola, “ma volevo almeno farti sapere che non sei sola.”

Rin ricambiò il sorriso mentre con la coda dell’occhio cercava di seguire la reazione di Sesshomaru, capire i suoi pensieri sulla situazione. “Non ne hai avuta nemmeno tu, Kagome. Non hai scelto di diventare l’oggetto delle ossessioni di un pazzo. Non mi devi alcuna scusa.”

“Gli Dei sanno il fatto loro,” si intromise Inuyasha. “Rin, mi sembri una ragazza molto intelligente e forse è per questo che hanno deciso di legarti a Sesshomaru. In qualche modo bisognava compensare la sua mancanza di cervello.”

Suo malgrado, la ragazza scoppiò a ridere e con lei anche gli altri si lasciarono andare a qualche risatina, stemperando per un attimo la tensione che si respirava. “Io credo che sia intelligente a modo suo, ma per dimostrarlo dovrebbe smetterla di credere a preconcetti vecchi tanto quanto il mondo.” Lo disse incontrando ancora il suo sguardo, sperando che cogliesse il messaggio – credendo che ci fosse ancora una possibilità per lui.

Inuyasha sbuffò mentre il padre rimarcava la necessità di agire al più presto.

“Domani finiranno i tre giorni di tempo che Naraku ci ha concesso,” ricordò Kagome, facendo riferimento all’uomo che aveva riportato le minacce del mezzo demone.

“Kagome, non crederai ancora a quel messaggio? Naraku ci ha attaccato a meno di un giorno dall’avvertimento. E poi da come dice papà, quando è scappato con la coda tra le gambe non era in condizioni di combattere. Sono passate a malapena delle ore; per domani non sarà guarito.”

“Ciò non vuol dire che non possiamo giocarcela a nostro favore,” continuò lei imperterrita.

“Cosa hai in mente?” le chiese Toga, che a quel punto era aperto ad ascoltare qualsiasi idea.

“Beh, a lui interesso io, no?”

Inuyasha capì immediatamente. “Cosa? Sei pazza. Ti sei dimenticata cos’è successo l’ultima volta che sei stata da sola con lui? Non esiste!” Le risolve uno sguardo carico di rabbia, come se ce l’avesse con lei per aver solo azzardato una proposta simile, ma Kagome non vacillò.

“Almeno fammi finire di spiegare, credo che potrebbe funzionare. L’ultima volta siamo stati presi in contropiede, la prossima, invece, avremo il fattore sorpresa dalla nostra. E io non starò da sola con lui. Non ci tengo per nulla, se proprio vuoi saperlo,” ribatté la fidanzata rimandandogli indietro uno sguardo altrettanto carico.

Sesshomaru sorrise contemplativo mentre la cena prendeva una piega inaspettata. “Se non vuoi, fratellino, potrei offrimi io di accompagnarla al tuo posto.”

Rin trattenne il fiato insieme a Izayoi per la velocità con cui Sesshomaru si era detto concorde, ma prima ancora che Toga o Inuyasha potessero ribattere, fu Kagome a parlare. Era la prima volta che guardava davvero Sesshomaru negli occhi da quel giorno – e la prima in cui il coraggio non le mancava. Era da un po’ che si era detta di cominciare a fare la sua parte, smetterla di trovarsi in situazioni in cui doveva essere salvata, perché voleva guadagnarsi quella vittoria quando sarebbe arrivata.

Così, stupendo anche se stessa, con un tono tagliente e sardonico gli rispose: “Oh, non ce ne sarà bisogno, Sesshomaru. Dopo tutto, sono certa che Naraku ha cambiato abitazione dall’ultima volta e non vorremmo che tu ti perdessi per fare un piacere a tuo fratello.”

“Insisto,” continuò lui. “Dopo tutto, ora potrai sentirti al sicuro con l’appoggio della tua famiglia, ma non vorremmo che ti spaventassi una volta rimasta sola.”

A nessuno sfuggì l’insulto poco velato e l’intento di sminuire la sacerdotessa, ma in risposta quest’ultima sbuffò.

“Il tuo perfetto udito ha smesso di funzionare per caso? Mi sembrava di aver detto che non sarò sola.” Si voltò verso Inuyasha. “L’ho detto, vero?” chiese per conferma, alzando la mano a tirargli scherzosamente un orecchio.

Inuyasha, che si stava godendo lo spettacolo, scoppiò a ridere. “Oh, certo che l’hai detto. Ma a quanto pare la vecchiaia gli sta tirando dei brutti scherzi.” Si sporse oltre Kagome per incrociare lo sguardo di Rin, che pure aveva un sorriso divertito sulle labbra. “Sei certa di volerti legare a un vecchietto come lui? Perché altrimenti potrei presentarti qualche giovane più nelle tue corde.”

Un ringhio proveniente dalla parte opposta del lungo tavolo lo interruppe. Inuyasha alzò il viso per incontrare l’espressione feroce di Sesshomaru e ghignò in risposta. Pensò che l’improvvisa comparsa di Rin nelle loro vite avrebbe potuto fargli comodo; era anche ora che Sesshomaru capisse come andava il mondo per tutti.

Così, ignorando il sopracciglio alzato del padre – che pure aveva seguito tutto lo scambio e di certo aveva fatto le stesse osservazioni – si fece indietro, riaggiustandosi con un’espressione rilassata, dimenticando anche la proposta che Kagome aveva avallato solo pochi minuti prima.

Il divertimento duro poco però, perché Kagome sembrava intenzionata a spiegare meglio il suo piano.

“Da quel che ho potuto vedere, Naraku è convinto davvero che io sia vittima di un vostro inganno, di trovarmi qui contro la mia volontà e in questa ottica, ogni cosa che sta facendo è volta a riportarmi da lui e unirmi a lui come avevamo concordato quando era ancora umano.” Rabbrividì a quel pensiero.

“Da quel che io ho potuto vedere, quel tipo è ossessionato e in questi casi, non ne esce mai nulla di buono,” sottolineò Inuyasha ribadendo il suo dissenso.

“Non stai vedendo la cosa dal mio stesso lato, Inuyasha. Lui crede che io rimanga qui contro la mia volontà, che sono stata plagiata… se tornassi da lui entro domani, apparentemente sola, potrebbe non comprendere la trappola.”

“Oppure, potrebbe approfittare della tua mossa scellerata e finire quello che ha iniziato la volta scorsa!” ruggì ancora Inuyasha.

“Credi che io sia tanto stupida da andare da lui impreparata? Secondo te perché ne sto parlando qui davanti a tutti? Possiamo organizzare un piano, coglierlo impreparato quando è ancora debole e porre fine alla sua vita una volta per tutte!” Anche Kagome alzò la voce, in parte ferita dalla mancanza di fiducia che Inuyasha le stava dimostrando.

Pur comprendendo perché non si dicesse d’accordo e i pericoli che un piano del genere comportavano, voleva dimostrare di essere in grado di cavarsela, avere la sua parte nella distruzione di quell’essere che aveva stravolto le loro vite e lasciato la sua famiglia senza una casa.

“Procediamo con calma,” li interruppe Toga. “Inuyasha, nessuno ha detto che Kagome deve fare da esca. Ho chiesto io di ascoltarvi, ma ciò non significa che faremo per forza in questo modo. Per ora, posso solo concordare che sarebbe saggio approfittare di queste convinzioni di Naraku, continuare a fargli credere che Kagome stia dalla sua, non dalla nostra.”

“Sì, e come pensi di fare? Quel suo piano fa acqua da tutte le parti,” sbuffò Inuyasha agitando le braccia. “Mi sta bene approfittare di tutto quel che volete, ma non a sue spese. Mi accusate di essere sempre avventato e ora chi è che lo è proponendo una cosa del genere?”

“Almeno io ho avuto un’idea!” Kagome stava cominciando a scocciarsi. “Non ho intenzione di restare ferma qui mentre Naraku ha tutto il tempo di pensare al prossimo piano che ci metterà in difficoltà o al prossimo modo per tentare di uccidere una di noi!”

“Nessuno vuole mettere a repentaglio la salute di Kagome, Inuyasha,” lo rassicurò Toga cercando di ritrovare un po’ di calma, ma senza ottenere grandi risultati. “Se anche finissimo per accettare qualcosa di simile, la sua sicurezza sarebbe la priorità.”

Le loro voci si stavano sovrapponendo, il mezzo demone e la sacerdotessa stavano litigando, non si era arrivato a nessun punto di incontro e la cena era nemmeno iniziata. Toga non aveva idea di come avrebbero resistito fino alla sua fine.

“Vedo che tutto sta andando secondo i tuoi piani, padre,” ironizzò Sesshomaru che aveva seguito tutto con uno sguardo freddo. “È per assistere a questa sceneggiata che ci hai fatto venire? O devo aspettarmi anche un altro dei tuoi sermoni inutili?”

Le orecchie di Inuyasha si agitarono sul capo e per un attimo, lasciò perdere la discussione con la fidanzata. “Per lo meno noi stiamo cercando di fare qualcosa. Tu, invece, Sesshomaru? Te ne starai lì impalato a darti arie, agendo solo quando ti fa più comodo o intromettendoti sul più bello per dimostrare a tutti che sei il più forte? O forse sei troppo impegnato a ripeterti che nulla è cambiato e che Rin non è nessuno? Giusto? Tu sei un dai-youkai, non hai bisogno di anime gemelle o compagne, tanto meno un’umana.”

“Non parlare di cose che non capisci, mezzo demone,” sibilò il fratellastro. “Continua a farti comandare da quella donna e lascia ai grandi certi discorsi.”

“Mezzo demone.” Inuyasha si voltò di nuovo verso Rin. “Lo sai che ogni vostro figlio sarebbe un mezzo demone, no? Beh, semmai vorrai permettere a quel pomposo di toccarti, tieni bene a mente che qualsiasi bambino nascerà dalla vostra unione verrà ripudiato dal padre a causa del suo sangue sporco, quello che gli passerai tu in quanto umana.”

“Inuyasha!” A parlare era stata Izayoi, scandalizzata dalle parole che gli avevano appena lasciato la bocca.

“Ho detto solo la verità e lo sai bene, mamma, visto che sono le stesse che il qui presente Sesshomaru ha rivolto a te più di una volta. Perché non dovrebbero valere anche per Rin? È umana proprio come te, e semmai avranno figli saranno mezzo demoni proprio come me. Le ho solo fatto un favore rivelandole tutto ora e non quando si troverà ad accudire un marmocchio senza il padre.”

“Ciò non toglie che non era compito tuo farlo,” si intromise Kagome che accanto a Rin poteva sentirla chiaramente tremare, vedere il pallore del suo viso.

“Ora basta!” urlò Toga, annoiato da quella messa in scena, prima che del sangue venisse versato. E dagli occhi rossi di Sesshomaru capì che gli mancava poco per perdere le staffe; era stupito, anzi, che avesse resistito così a lungo senza attaccare Inuyasha. Si alzò in piedi, troneggiando su di loro, e lanciò dardi ad entrambi i figli, intimando loro il silenzio. “Mi rendo conto di essermi illuso a credere che una cena del genere sarebbe potuta andare liscia, ma non siete dei poppanti, comportatevi come gli adulti che dite di essere.” Si voltò verso Inuyasha. “Non lasceremo che Kagome si immoli per la causa e se l’avessi lasciata parlare forse saremmo potuti arrivare almeno a una prima conclusione. E per quanto tuo fratello abbia sbagliato, non era compito tuo dire quelle cose crudeli. Ciò che accaduto tra lui e tua madre in passato non sono affari tuoi.”

Inuyasha aprì bocca per dissentire, facendo per alzarsi, ma Toga lo immobilizzò sul posto con uno sguardo. “Ora accompagna Kagome e Rin nelle loro stanze.” Quando non lo vide muoversi ripeté: “Ora ho detto.”

“Sì, padre,” gli rispose, digrignando i denti. Nei suoi occhi, Toga non ebbe problemi a leggere la delusione; immaginava quanto potesse sentirsi tradito, ma avrebbe avuto tempo per spiegargli le sue ragioni in seguito.

Anche Rin, ancora scossa, si alzò, non riuscendo a credere alle parole che le erano state dette, all’idea che Sesshomaru le avesse mai rivolte a Izayoi.

Quando i tre ebbero lasciato la stanza, anche Sesshomaru fece per andarsene così da poter raggiungere la ragazza, ma Toga lo fermò come aveva fatto con Inuyasha. Sesshomaru però lo ignorò e dandogli le spalle si avviò a passi lunghi verso la porta.

“Per quanto tu faccia finta che la situazione sia diversa, tuo fratello non ha torto. Rin non è diversa da Izayoi e anche se hai accettato il vostro legame e i tuoi sentimenti per lei – qualunque essi siano al momento – nulla cambierà se continuerai a considerare tuo fratello e la tua matrigna come esseri inferiori. Né lei ti accetterà mai; l’hai sentita anche tu stasera.”

Pur non ricevendo alcuna risposta da Sesshomaru, sapeva che le sue parole avevano colto il segno. Infine, quando sparì anche lui, si lasciò cadere sulla sedia, sospirando mentre la compagna allungava la mano per stringere la sua.

 

 

*

 

 

Quella sera, camminare lungo corridoi percorsi per raggiungere la sala da pranzo non fu cosa semplice.

Nessuno parlò e il silenzio era opprimente.

Rin era ancora scioccata da ciò che le era stato detto, anche se non avrebbe dovuto siccome aveva sempre saputo che Sesshomaru non era una brava persona. Eppure, non capiva come riusciva a fare la differenza tra lei e Izayoi e, soprattutto, quando avrebbe smesso. Era sicura, infatti, che qualcuno che pensava quelle cose avrebbe cominciato a odiare anche lei, prima o poi.

Accanto a lei, Kagome continuava a osservare il suo viso pallido, comprendendo parte del suo dilemma, chiedendosi se davvero ci fosse una possibilità per Sesshomaru. Non sapeva nemmeno lui cosa stava facendo, come potevano pretendere loro di capirlo? Poteva solo guardare e sperare che presto avrebbe capito cosa gli era stato affidato dal destino – qualcosa che Kagome non era certa meritasse; non meritava Rin, non se rimaneva lo stesso demone senza cuore che aveva incontrato quel fatidico giorno.

Non che la sua anima gemella fosse una persona facile, anzi.

Alcuni giorni era davvero difficile interagire con Inuyasha e lei ne aveva appena avuto un altro esempio.

Camminava davanti a loro, scortandole e dando loro una buona immagine delle sue rigidi e larghe spalle, della rabbia e del tradimento che provenivano a ondate da lui, e anche se non poteva vedergli il viso, Kagome era certa della sua espressione accigliata.

Ma lo aveva anticipato, sapeva dall’inizio che Inuyasha avrebbe reagito in quel modo: era estremamente protettivo nei suoi confronti, ancor di più dopo il suo rapimento, ma ciò a volte offuscava il suo giudizio.

Ciò che non aveva anticipato, tuttavia, era il sentirsi così ferita dalla sua mancanza di fiducia in lei. Aveva sperato che la lasciasse spiegare, per fargli capire perché aveva escogitato quel piano. Invece, non l’aveva nemmeno fatta finire, presumendo che si stava comportando in modo irrazionale e avventato.

La faceva arrabbiare – e la deludeva.

Oh, aveva intenzione di dirgliene due; non lo avrebbe dimenticato.

Infine, dopo essersi accertati che Rin stesse bene da sola, raggiunsero la stanza di Kagome e la tensione aumentò, forse perché rimasero al centro e in silenzio, nessuno dei due inclini ad avere la prima parola.

Fu Kagome poi a parlare per prima, con parole che era certa avrebbero ottenuto una reazione da parte di Inuyasha. “Se non hai intenzione di ascoltarmi, domani mattina ne discuterò con tuo padre. Almeno lui sembra disponibile a studiare un piano senza saltare a conclusioni affrettate. Se pensi che-”

Lui scoppiò a ridere, quasi maniacale, interrompendola. “Ah, sì, il mio caro vecchio papà,” sputò, la voce che indicava quanto si sentisse tradito. “Non sembrava vederci nulla di male nel rimandarti da Naraku, no?”

“Le tue orecchie devono avere lo stesso problema di quelle di Sesshomaru, presumo,” rispose Kagome, roteando gli occhi. “Visto che non ha detto nulla del genere.”

Inuyasha sbuffò. “Non ti ha comunque fermato quando hai sparato cose senza senso.”

“Perché è più intelligente di te e sempre disponibile ad ascoltare e organizzare un piano insieme. Non vuole fare il prepotente, decidere da solo cos’è meglio per me!”

“Ora sono anche prepotente, è vero?” Assottigliò lo sguardo. “Scusami tanto se non voglio che un viscido e violento si avvicini alla mia fidanzata dopo che ha già provato a stuprarla! Scusami tanto se sto provando a proteggerti visto che da quando sei tornata non sei più te stessa!”

Lei trattenne il fiato. “Credi che sia così stupida da non poter ragionare?”

“Se suggerisci qualcosa del genere, allora sì, lo credo!” Replicò senza esitazione.

“E ovviamente la tua miglior risposta è tenermi in una gabbia dorata dove puoi controllare che non faccia altro, decidendo per me cosa mi è permesso fare per la mia stessa sicurezza. Molto maturo da parte tua; immagino tu non sia tanto diverso da Sesshomaru in questo.” Scrollò le spalle, dandogli la schiena.

Inuyasha si infuriò, prendendola leggermente per le braccia e facendola voltare di nuovo verso di lui. “Questo è ciò che ottengo preoccupandomi per te? Essere chiamato uno stronzo come quel razzista?”

Lei deglutì, vedendo nei suoi occhi quanto ne fosse ferito, ma pur sempre risoluta. Doveva vedere che non si stava comportando bene nei suoi confronti.

“Potresti preoccuparti in tanti altri modi, senza essere prepotente o ignorando i miei tentativi di prendere parte in questa battaglia. Non sono la ragazzina debole che attende il suo cavaliere per essere salvata; sono stata addestrata per essere un guerriero. E cosa ho fatto finora? Cosa? Miroku ha portato qui Kaede per finire il mio apprendistato ma poi, non appena le mie abilità possono essere utili, è il primo a suggerirmi di nascondermi. E tu non stai facendo di meglio, Inuyasha. Voglio combattere, distruggere Naraku tanto quanto lo vuoi tu. Non sono debole,” ripeté, nervosa, arrabbiata e ferita, così tanto da cominciare a piangere nelle mani. “Lasciami provare che posso stare accanto a te, non dietro.”

D’improvviso, Inuyasha perse tutta la sua combattività, colpito dalle sue lacrime e dal sentimento nella sua voce. Non si era accorta che lei pensasse quello di lui e non poteva sopportarlo; non aveva mai voluto farle credere che stesse provando a tenerla in una bolla o a proibirle di essere se stessa. Certo, desiderava che non fosse mai in pericolo, ed era per questo che insisteva così tanto nel non lasciarla andare da Naraku. Eppure, allo stesso tempo, credeva in lei e nelle sue capacità.

Immaginò di non averlo dimostrato molto, allora, non se lei credeva quelle cose che aveva appena detto, ed era ciò che lo aveva colpito di più, ciò che lo stava facendo tornare sui suoi passi.

“Non piangere,” sussurrò, muovendo con cautela le dita verso il suo viso ma poi fermandole a mezz’aria. “Non piangere,” ripeté, non sopportando l’odore delle sue lacrime o l’idea di esserne la causa.

Kagome lo guardò attraverso le mani aperte, abbassandole leggermente. “Devo piangere,” ribadì, tra il pianto e un grido. “Devo piangere perché il mio fidanzato è un idiota!”

Lui rise, nervoso. “Sì, lo sono, sono un idiota, ma puoi biasimarmi?” Fece un altro passo avanti e finalmente le afferrò le mani per abbassarle del tutto e scoprirle il volto. “Puoi immaginare come mi sento all’idea di un mondo senza te? Me lo sento dentro, Kagome… se il peggio accadesse…”

“Non incolpo le tue paure, Inuyasha; sono spaventata anch’io. Ho paura di perdere ogni cosa che abbiamo costruito insieme finora e tutto ciò che abbiamo aspettato tanto di fare. Ma non sopporto più quest’attesa, non posso permettergli di avere un tale peso nella nostra vita. Ti incolpo per la tua mancanza di fiducia in me dopo tutto quello che abbiamo passato!”

Lacrime di rabbia e dolore le rigavano le guance e spezzarono il cuore di Inuyasha in un modo che non aveva creduto possibile. Le prese il viso a coppa e avvicinò le loro fronti, lasciando che la sensazione della sua pelle sotto le sue dita lo calmasse e che il suo respiro caldo lo avvolgesse. “Ti amo, Kagome, ma amo la donna forte che sei di più. Non devi provare niente al mondo, non devi farlo scegliendo la via più avventata.”

“Sei uno stupido, Inuyasha,” rise senza alcun divertimento.

“Pensavo lo avessimo già stabilito.”

“E lo dirò ancora e ancora se necessario. Sei uno stupido se pensi che mi consegnerei a lui così ciecamente. Sei ancora più stupido di Sesshomaru.”

“Non paragonarmi a lui. Ancora meglio, non fare il suo nome quando stiamo discutendo cose del genere!”

“Devo invece,” lo contraddisse. “Ti ho chiesto una cosa quando eravamo ancora a cena; ti ho chiesto se avevo, infatti, detto che sarei andata da Naraku da sola. E cosa hai risposto?”

Sorrise timido.

“Sì, avanti, sorridi quanto vuoi. A chi credi che mi stessi riferendo? Cosa credi che stessi implicando? Tu, stupido, tu!” sottolineò colpendolo al petto con un dito. “Parlavo di te tutto il tempo. Mi fido di te e so che mi terrai al sicuro se dovesse essercene bisogno, che resterai al mio fianco e mi darai una mano. So che mi guarderai le spalle così che non dovrò temere che un viscido demone diventi ancora più psicopatico. Voglio che tu venga con me,” concluse senza distogliere lo sguardo anche solo una volta.

“Volevi che venissi con te?” le chiese con voce sottile, non credendo alle sue orecchie.

Lei alzò gli occhi al cielo nel vedere quel sorriso stupido sulle sue labbra, la nuova luce nei suoi occhi e le sue spalle raddrizzarsi come se un grosso peso fosse stato appena rimosso. Gli aveva ripetuto quel concetto più e più volte negli ultimi cinque minuti, ma che importava? Se aveva bisogno di rassicurazioni, gliene avrebbe date sempre se glielo avesse chiesto.

“No, Inuyasha, non volevo, voglio che tu venga con me, e so che, anche se sei tu quello più avventato in questa coppia, sarai abbastanza intelligente da non farti scoprire nel bel mezzo del nostro piano. E tu ti fiderai di me, credendomi capace di restare al sicuro e coscienziosa anche quando i tuoi occhi non potranno vedermi,” gli disse con tenerezza, alzando le mani per accarezzargli le orecchie mentre Inuyasha abbassava la bocca verso la sua.

“Mi dispiace averti fatto pensare che dubitassi di te. Non volevo farti piangere.”

Kagome scosse la testa. “Ti conosco, Inuyasha, e so che non sarà sempre semplice, ma ciò non cambia i miei sentimenti per te.”

Allora la baciò con prepotenza, non sopportando più la distanza tra loro; gemette nella sua bocca quando lei rispose premendo le labbra contro le sue e toccandogli ancora le orecchie; provò a fondere i loro corpi mentre la sua lingua cercava quella di lei e i loro respiri si mischiavano. Eppure, quando l’aria si fece più calda e il controllo cominciò a mancargli, ruppe il bacio.

La voleva; diamine quanto la voleva. E ascoltando le sue dolci rassicurazioni, il modo in cui confermava il suo amore per lui, gli faceva quasi venire voglia di mandare all’aria ogni precauzione.

Ma non era un ingenuo e, ancora più importante, sapeva che non era il momento giusto. Quindi si accontentò di qualche altro bacio, di sentirla tra le sue braccia, della sua risposta e di quel suo dolce odore.

La guardò nei suoi occhi scuri e vi lesse comprensione, quindi la baciò un’ultima volta prima che si abbandonassero a quel confortevole silenzio, stretti in un abbraccio.

Nel frattempo, appena fuori la porta, un altro demone si lasciava andare a un sospiro di sollievo.

Toga aveva voluto spiegare le sue ragioni al figlio, fargli capire ogni cosa, ma era sollevato che tutto fosse andato bene anche senza il suo intervento.

Era abbastanza per ora, e Inuyasha e Kagome stavano bene anche da soli.


 



N/A: Non sono bellissimi Inuyasha e Kagome? 🥺❤. 

Comunque, prima che vi chiedate se ho dimenticato qualcosa, ovviamente il piano a cui fa riferimento il titolo è stato solo accennato, quindi dovete aspettare per avere qualche dettaglio in più. 

Vi ringrazio per essere arrivati fin qui, perché continuate a leggere e un grazie speciale a coloro che continuano a lasciarmi parole carinissime per incoraggiarmi: siete un po' come la benzina per la mia macchina, ma visto che non guido, forse è meglio cambiare paragone. 
Siete come il caffé che sto andando a prendere per far carburare il resto di questa giornata. 

Tanti, tanti baci ❤. 

   
 
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