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Autore: Milly_Sunshine    27/05/2023    2 recensioni
Dopo molti anni, Enrico torna nella sua città natale, dove ha accettato un lavoro nello stesso albergo nel quale lavorava suo padre. Qui rivede Carolina, sua vecchia amica che lavora alla reception, per la quale prova un'attrazione in apparenza non corrisposta ed è ignara delle vere ragioni che abbiano convinto Enrico a tornare a casa. Alle loro vicende si incrociano quelle di Vincenzo, figlio del vecchio titolare che ha di recente ereditato l'attività di famiglia. Ciascuno di loro ha i propri segreti, ma un segreto ben più grande, che risale all'epoca della loro infanzia, sta per sconvolgere le vite di tutti e tre. Il contesto è "generale/ vago" perché "persone adulte che vivono nei primi anni '90" non è contemplato.
Genere: Drammatico, Mistero, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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EPILOGO

Erano passate settimane, quella mezz'ora in macchina con Giorgio Carletti sembrava appartenere ormai a un'altra vita. Olimpia aveva deciso di dargli fiducia, anche se le era costato, e di andare avanti senza ripensare al passato. In fondo, se Carletti avesse voluto eliminarla, l'avrebbe fatto. Invece l'aveva davvero accompagnata a casa, alla fine, suggerendole di non cercarlo più e di dimenticarsi una volta per tutte di lui e delle persone che gli stavano intorno. Una parte di lei sapeva che accettare quel compromesso era sbagliato, ma si consolava ripetendosi che in tanti avevano accettato dei compromessi spiacevoli. Quando la sua vicinanza con Enrico era aumentata, nei giorni immediatamente successivi al fatto, l'amico di sempre le aveva fatto delle confidenze. Giuseppe Bianchi e Giovanna Riva convivevano da decenni con segreti piuttosto pesanti e così, sempre con segreti molto pesanti, era vissuto anche Roberto Gottardi. Era stato lui, quando Giuseppe e Giovanna gli avevano chiesto di intervenire, a sbarazzarsi del cadavere di Alfredo Vitale.
Per quanto Olimpia non avesse mai conosciuto Roberto, se somigliava almeno un po' a Vincenzo, le era difficile pensare a lui come a un occultatore di salme. Aveva chiesto spiegazioni a Enrico, se gli fosse stato riferito dal padre il perché di una tale decisione, dopotutto la reazione più immediata nel ritrovarsi di fronte a un uomo assassinato sarebbe stata quella di rivolgersi alle forze dell'ordine. Tutto ciò che Enrico aveva saputo dirle era che tutti loro temevano, visto il luogo in cui era stato ritrovato Vitale, di essere coinvolti in una storia più grande di loro. Avevano preferito passare il resto della loro vita a mentire, piuttosto che correre quel rischio. Su come Maurizio Melegari fosse venuto a conoscenza di quella storia, invece, non era riuscita a scoprire nulla di preciso. Era molto probabile, tuttavia, che avesse udito a loro insaputa Giuseppe, Giovanna e Roberto che discutevano del fatto, anche se nemmeno i due superstiti tra di loro avrebbero saputo darle una risposta certa. Non importava, non tutto era destinato ad avere risposta e, anzi, a volte la soluzione migliore era smettere di farsi domande.
Erano passate settimane, ma la vita di Olimpia non si era affatto fermata. Già prima del fattaccio di Carletti aveva vaneggiato sull'eventualità di lasciare la città e di trasferirsi altrove alla ricerca di un nuovo capitolo della propria esistenza, ma la differenza stava nel non essersi più limitata a fare chiacchiere in proposito. Aveva davvero raccolto tutti i propri effetti personali ed era partita. Non l'aveva fatto da sola, c'era Enrico insieme a lei e avevano scelto la loro destinazione per caso: era stato lui a proporle di affidarsi alla sorte. Le aveva messo davanti una cartina politica dell'Italia, le aveva chiesto di chiudere gli occhi e di indicare un punto a caso sulla mappa, promettendole che l'avrebbe portata da quelle parti, non necessariamente in una località precisa, ma nel luogo più vicino in cui avesse degli agganci. Avendo girato in lungo e in largo quasi ogni regione, aveva conoscenze in molte città. Il caso aveva voluto che la scelta andasse proprio laddove si nascondeva uno dei grandi segreti di Enrico, quel bambino nato da una relazione terminata già da molto tempo, la cui madre non l'aveva informato della sua esistenza se non dopo tanti anni. Enrico avrebbe tanto desiderato conoscerlo, ma quella donna non era mai stata d'accordo. Eppure, Olimpia se lo sentiva, qualcosa stava cambiando. Negli ultimi tempi la madre del bambino - che per pura coincidenza aveva ricevuto il nome di Giuseppe, lo stesso del nonno - si era mostrata più accomodante e sembrava intenzionata a concedere a Enrico di incontrarlo, a condizione di essere presentato come un amico di famiglia e non come colui che l'aveva concepito.
Le acque si stavano muovendo in molte direzioni e i fatti dei mesi precedenti sembravano ormai appartenere al passato. Olimpia si sentiva molto più serena - forse perché, aveva avuto modo di scoprire, lo stesso Carletti era caduto molto recentemente in disgrazia - e finalmente aveva completato l'ultimo passo per iniziare una nuova vita. Rientrò nel monolocale che condivideva con Enrico, sperando di trovarlo in casa. Aveva un'ottima notizia da riferirgli e sperava di farlo il prima possibile.
Fu fortunata. Anzi, le sembrò quasi che Enrico stesse aspettando proprio lei. Volle sapere subito come fosse andato il colloquio che aveva appena fatto.
«Allora?»
Olimpia fece un sorriso smagliante, richiudendo la porta.
«Mi hanno presa.»
«Così, a scatola chiusa?»
Olimpia annuì.
«Ebbene, sì.»
«Sarà il fascino dei capelli rosso fuoco» osservò Enrico.
Olimpia ridacchiò.
«Lo vedi che ho fatto bene a tornare alla vecchia tinta?»
Anche Enrico fece una mezza risata.
«Lo sai che non riesco a immaginarti nei panni di una commessa di una profumeria?»
«Perché no?»
«Ti immagino mentre discuti di sport, politica e amenità varie con pensionati annoiati venuti a prendersi un caffè dopo avere passato le prime ore del mattino a contemplare cantieri con il giornale in mano.»
«Quel tipo di pensionati non parlano di sport e politica» ribatté Olimpia, «Ma piuttosto del fatto che non ci sono più i cantieri di una volta e che gli operai di oggi non sanno lavorare.»
Enrico le domandò: «Sei davvero sicura di non volere più stare tutto il giorno a contatto con questa gente?»
«Non sono sicura di niente» ammise Olimpia, «Ma esistono tante persone al mondo che vivono tranquillamente anche senza lavorare in un bar. D'altronde, per me, era una scelta obbligata, non mi sono mai chiesta se volessi davvero fare altro. Pensavo di non potere.»
«Vedi, alla fine è un bene che i tuoi genitori abbiano deciso di vendere.»
«Forse sì.»
«Se non fosse successo, adesso saresti ancora là ad ascoltare le chiacchiere di gente sconclusionata, invece che qui.» Enrico accennò un sorriso, ma lieve ed esitante. «Invece che qui con me.»
Olimpia sospirò.
«Sembri quasi dispiaciuto.»
Stavolta Enrico rise di gusto, e la risata non parve forzata.
«Lo sai, sono una frana nel relazionarmi con le altre persone.»
«Visto tutto ciò che hai combinato in questi anni, mentre eri in giro per l'Italia e per il mondo, mi è difficile crederlo.»
«Eppure dovresti averlo capito che non sono un fenomeno nel mostrare le mie emozioni, specie quelle positive. Mi rendo conto di sembrare fin troppo freddo e distaccato... eppure ti assicuro che sono molto felice che tu sia qui.»
Olimpia gli strizzò un occhio.
«Dimostramelo.»
Enrico obiettò: «Mi sembra di avertelo dimostrato in mille modi.»
Olimpia sbuffò.
«Non ho la pretesa che ti lanci su di me strappandomi i vestiti di dosso, ma non mi dispiacerebbe se tu mostrassi un po' più di partecipazione emotiva.»
Enrico ribatté: «Magari inizia a toglierteli, i vestiti. Un pensiero ce lo potrei anche fare.»
Olimpia era indecisa sul da farsi, non sapeva se iniziare a sbottonarsi la camicia oppure se mandarlo a quel paese. A volte si diceva che iniziare una relazione con lui - una delle novità accadute un po' per caso nei giorni immediatamente successivi alla vicenda di Carletti - era stata una pazzia, ma d'altronde non sarebbe tornata indietro. In fondo Enrico non faceva troppo sul serio. Anzi, era certa che non vedesse l'ora di ritrovarsi a tu per tu con lei senza indumenti addosso.
Non attese. Gli si avvicinò e mormorò: «Non hai impegni, vero?»
«Dipende come me lo chiedi» ribatté Enrico.
Olimpia allungò una mano e gli sbottonò i pantaloni.
«Va bene se te lo chiedo così?»
«Sì, può andare» scherzò Enrico, «Ma solo perché sei tu.»
A quel punto, a sorpresa, la afferrò e la spinse contro il muro, come a intrappolarla tra sé e la parete. Non importava che apparisse freddo e distaccato, quello che contava era che la desiderasse e Olimpia era certa che fosse così. Non aveva ragioni per rimpiangere il passato, né per pensare troppo a ciò che si era lasciata alle spalle. In quel momento, comunque, il passato non la sfiorava più, nemmeno la notizia che, se lei non aveva denunciato Carletti, ci aveva pensato una persona molto vicina a lui. 

Damiano ascoltò ancora una volta ciò che Paola gli stava raccontando. Non riusciva a capacitarsene, ma aveva imparato già da molto tempo che non sempre le persone erano come davvero apparivano.
«Sei davvero sicura di quello che dici?»
«Sì, te lo ripeto» confermò Paola. «Sono riuscita a fargli confessare tutto... e ho la registrazione di quello che mi ha detto.»
Nemmeno Paola era come appariva. Per lungo tempo aveva pensato che fosse davvero legata a Giorgio, invece riusciva a restare quasi impassibile di fronte all'idea di essersi fidanzata con l'uomo che aveva aggredito la povera Olimpia.
Per quanto non potesse fare a meno di provare empatia per quella donna quantomeno bizzarra - c'era qualcosa, in lei, che attirava le persone come una calamita, sembrava impossibile non volerle bene - Damiano non sapeva come fosse giusto comportarsi. Giorgio Carletti poteva diventare suo genero, prima o poi, e per tanto tempo aveva creduto che fosse l'uomo giusto per Paola.
«Cosa pensi di fare?»
«Quello che è giusto.»
«Sei sicura che non preferisci distruggere quella cassetta e fingere che non sia mai successo niente?»
La risposta di Paola lo spiazzò.
«È quello che farei se Giorgio mi amasse.»
«Giorgio ti ama più di quanto tu ami lui.»
Paola rise, sprezzante.
«Hai ragione, non lo amo. Non l'ho mai amato, qualsiasi cosa vogliano dire queste parole. Pensavo solo che, se devo passare la mia vita accanto a una persona, potesse essere lui l'uomo giusto. Mi sarei accontentata, se per lui fosse stato lo stesso. Il problema è che Giorgio ama qualcosa di me, ovvero il fatto che sono ricca. Vuole sposarmi per questo... e io mi sono fidata di lui, quando avrei potuto scegliere Vincenzo.»
Damiano spalancò gli occhi.
«Ti interessa davvero Vincenzo?»
Paola alzò le spalle.
«Mi interessa non rimanere da sola. Quando avrò denunciato Giorgio e me lo sarò tolta di torno, penserò a cosa voglio davvero per il mio futuro.»
«Credi che, se dovessi proporre a Vincenzo di riprendere a frequentarti, accetterebbe?»
Paola annuì.
«Mi piace pensare che andrebbe proprio così.»
Damiano sospirò.
«Mi dispiace deluderti, ma dubito che possa accadere. C'è rimasto molto male, quando ha scoperto qual era il nostro piano.»
«Lo so, c'è rimasto male» replicò Paola, «Ma sono sicura di potermi ancora giocare le mie carte. Voglio dire, Carolina è bella, sensuale e probabilmente anche brava a letto, ma non penso abbia molto altro da offrirgli.»
Damiano avrebbe voluto ribattere, ma preferì non farlo. Quando Paola si metteva in testa di fare qualcosa, non c'era verso di convincerla a desistere. Sarebbe andata incontro a una delusione, ma era una donna adulta ed era giusto che se la cavasse da sola. 

Vincenzo non poté trattenere un sorriso, nel girarsi a guardare Carolina, distesa completamente nuda, coperta solo in parte dal lenzuolo, accanto a lui. Allungò una mano per accarezzare i capelli, in quel momento sciolti e disordinati, anziché raccolti con eleganza come li portava di solito. Non riusciva a capacitarsi di quanto fosse fortunato ad avere al proprio fianco una donna come lei. Non aveva idea di come sarebbe stata la sua vita senza Carolina, ma il periodo in cui lei non c'era ancora, seppure neanche troppo lontano  gli appariva ormai un'epoca buia.
Carolina gli si avvicinò e un istante più tardi Vincenzo seppe di non avere scampo: era molto probabile che volesse ripetere tutto dall'inizio. Non gli dispiaceva affatto come idea, anzi, era molto soddisfatto che il desiderio di Carolina fosse sempre piuttosto evidente, ma si stava facendo tardi e quella sera aveva un appuntamento importante - o almeno, qualcosa che si prospettava come tale.
Per quanto gli costasse, aveva dovuto inventarsi una scusa, facendo credere alla donna che amava che si trattasse di una questione professionale. Non sapeva con esattezza cosa fosse, ma di sicuro il lavoro non c'entrava nulla. Era stata Paola a chiedergli di incontrarsi - colei che stava dietro all'accusa di tentato omicidio che di recente era piobata sulla testa di Giorgio Carletti - e temeva che Carolina potesse fraintendere. Era certo che avrebbero discusso soltanto degli ultimi sviluppi relativi all'aggressione ai danni di Olimpia, ma aveva scelto la strada più semplice, per quanto se ne rammaricasse e si sentisse scorretto nei confronti della donna che amava. Forse avrebbe dovuto dirle la verità e pregarla di presentarsi all'appuntamento insieme a lui. Ormai, però, era troppo tardi per fare marcia indietro, piuttosto sarebbe stato meglio evitare di vedere Paola. Le mani di Carolina, che esploravano il suo corpo nudo portandosi istante dopo istante più vicine all'inguine, sembravano una risposta a tutti i suoi dubbi, eppure sentiva di avere bisogno di risposte che ancora non aveva avuto. Per il momento, comunque, la lasciò fare. Sarebbe arrivato in ritardo, ma Paola se ne sarebbe fatta una ragione.
La sua "ex fidanzata" lo attendeva nell'atelier deserto; ormai, a quell'ora, non c'era più nessuno a parte lei, che si era fermata proprio perché aveva scelto quello come luogo dell'incontro. Non appena lo vide, guardò l'orologio, come a volerlo fare sentire colpevole.
«Dov'eri? È da una vita che ti aspetto.»
«Ero a casa» rispose Vincenzo, «In dolce compagnia.»
«Posso immaginare» borbottò Paola. «Immagino che la compagnia in questione fosse sempre la solita: una mia ex dipendente», Carolina aveva infatti lasciato il vecchio lavoro, «forme generose, capelli neri e labbra piene. Del resto uno come de dubito che resista alla tentazione di baciare una bocca così bella e sensuale.»
Vincenzo le strizzò un occhio.
«Quella bocca bella e sensuale non dà solo baci.»
«Soprassediamo che è meglio. Ti ho chiesto di vederci per un motivo più importante. Non fraintendermi, non sono dispiaciuta che tu abbia approfittato di questa parentesi per spassartela, ma penso sia giunto il momento di mettervi la parola fine.»
«Cosa intendi?»
«Il tuo futuro non è con Carolina.»
Vincenzo si irrigidì.
«Che cosa ne sai del mio futuro?»
«Non so nulla del tuo futuro, hai ragione» convenne Paola, «Ma so del tuo passato e so che c'ero io. In fondo abbiamo convinto tutti che saremmo stati la coppia con la C maiuscola.»
«Stavamo fingendo» le ricordò Vincenzo, «E tu fingevi anche con me. Hai finto su ogni cosa, perfino sulla relazione con la sarta. Ti sei perfino impossessata della sua storia personale e l'hai spacciata per la tua.»
«Ho fatto degli errori, lo so, ma alla fine ho fatto la cosa giusta» replicò Paola. «Giorgio dovrà rispondere delle proprie azioni e sarà solo un ricordo lontano, per me, il ricordo di un momento buio.»
«Era la cosa giusta, o volevi semplicemente liberarti di lui?» obiettò Vincenzo. «Tu non fai mai niente per caso o disinteressata.»
«Volevo liberarmi di lui e anche tu dovresti mettere da parte Carolina» rispose Paola, con fermezza. «Proviamoci, proviamo a essere una vera coppia. Puoi riprenderti il tuo posto in albergo, puoi ancora tornare ad avere un legame con il tuo passato, con...»
Vincenzo la interruppe: «Non voglio un legame con il passato. Voglio vivere il mio presente e viverlo con Carolina. Non so che cosa tu ti sia messa in testa, ma faresti bene a tornare nella realtà. Non siamo mai stati una coppia, io e te, e non lo saremo mai.»
Non permise a Paola di trattenerlo. Uscì dall'atelier e si diresse verso la propria auto. Aveva solo perso tempo, presentandosi al loro appuntamento, ma ormai era tardi per tornare indietro. Poteva solo guardare avanti ed era ben desideroso di farlo. Accese il motore e si mise in strada, contando i minuti che l'avrebbero separato dal momento in cui si sarebbe trovato di nuovo tra le braccia di Carolina.
La trovò ad attenderlo accanto alla porta. Non era più nuda, ma indossava soltanto una sottoveste quasi trasparente che lasciava ben poco spazio all'immaginazione.
«Com'è andato il tuo appuntamento di lavoro?» volle sapere.
Vincenzò alzò le spalle, con indifferenza.
«È stato del tutto inutile, ma non importa, meglio così.»
Carolina non gli fece altre domande, se aveva capito qualcosa, sembrava non darvi peso. Doveva essere sicura della loro relazione almeno tanto quanto lo era lui. Chiuse la porta e si avvicinò a lei.
«Ho sentito la tua mancanza, sai?»
«Sei stato via solo quaranta minuti» ribatté Carolina. «Pensavo sapessi resistere, almeno per un po', senza di me.»
Vincenzo sorrise.
«Lo pensavo anch'io.»
«E invece?»
«Invece, quando sono con te, il resto del mondo non esiste più. Non vedo l'ora di sposarti.»
«Anch'io» ribatté Carolina. «Sono solo un po' preoccupata da come si vestirà la nuova ragazza del mio fratellastro per venire al matrimonio.»
Vincenzo rabbrividì al pensiero di Olimpia che si presentava alla cerimonia in un elegante abito fucsia, ma doveva ammettere che l'idea di rivederla lo rendeva molto felice. 

*** fine ***




GRAZIE A ILBILBO E HOLLS PER AVERE RECENSITO PASSO PASSO I CAPITOLI DURANTE LA STESURA. GRAZIE ANCHE A CHI HA LETTO IN INCOGNITO E CHI LO FARÀ IN FUTURO, OLTRE CHE EVENTUALI FUTURI RECENSORI.
   
 
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