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Autore: Menade Danzante    31/05/2023    1 recensioni
[What if? | 1x04 | JohnxMargaret]
"La sua mente era altrove, fissa su un unico, devastante pensiero: non avrebbe più rivisto Margaret. Non avrebbe più potuto sperare di cambiare le cose, di porre rimedio a quel che era stato, né di far avverare ciò che non era mai stato. L'aveva persa per sempre e non c'era più nulla che potesse fare per alterare il futuro già scritto."
[Questa storia partecipa alla ToBeWritingChallenge2023 indetta da BellaLuna sul Forum delle Penne]
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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inverno

L'inverno nel cuore










John non era sicuro che presentarsi a casa sua fosse stata una decisione saggia, ma quando Higgins gli aveva comunicato la triste notizia della morte di Mr. Hale non era stato in grado di fermarsi: si era precipitato da lei nella speranza – vana, lo temeva – di poter essere in qualche modo di conforto, d'aiuto. Soltanto dopo aver picchiato le nocche sulla porta era stato sfiorato dal dubbio di non essere un ospite gradito, soprattutto in tali circostanze. Quando, tuttavia, sulla soglia apparve il viso stravolto di Dixon, John Thornton seppe di non avere più alternative: aveva scelto di essere lì e non avrebbe potuto tirarsene fuori nemmeno se l'avesse desiderato con tutto sé stesso.

Senza una parola, si lasciò scortare in salotto, il cilindro in mano e la mente occupata a prefigurarsi ciò che avrebbe trovato. Realizzò con sconcerto che nulla avrebbe potuto prepararlo all'apatia che la figura di Miss Hale gli trasmise non appena entrò nel suo campo visivo. Appoggiata al davanzale, vestita di scuro, rifletteva tutto il suo dolore con composta dignità, come se non le fosse del tutto concesso di mostrarsi onestamente sconvolta da quello che aveva vissuto.

Oh, Margaret. Se solo potessi...

La donna si voltò verso di lui.

«Miss Hale,» la salutò con un lieve inchino del capo.

«Mr. Thornton,» ricambiò lei, flebile e affaticata. Non lo invitò a sedere, non gli offrì del tè, né il dono di una conversazione. Rimase immobile, vagamente protesa verso la poltrona al suo fianco e a John diede la sensazione di poter collassare su di essa da un momento all'altro. Ma l'elemento peggiore, fu costretto a notare, erano senz'altro i suoi occhi: gonfi e provati dal pianto, emanavano un così forte senso di stanchezza che John si sentì profondamente in colpa per essersi introdotto in casa sua quando a regnare in lei erano solo il lutto e il dolore.

Margaret abbassò a sua volta il capo e per un lungo minuto nessuno disse niente.

«Volevo vedervi,» John ruppe il silenzio a bassa voce, quasi temesse di disturbarla. «Avevo bisogno di accertarmi della vostra salute.»

Margaret annuì un tenue ringraziamento e fece per sollevare un angolo della bocca in un sorriso, ma il tentativo non le riuscì: il volto rimase una maschera di serietà attraversata appena da un'ombra di gratitudine.

«Mi dispiace molto,» proseguì John, il cuore in mano. «Richard Hale era un brav'uomo. E un degno amico.» Fece una piccola pausa per trovare le parole giuste, per non essere banale, per dire ciò che meritava di essere detto. Optò per la verità. «Mi mancherà molto.»

Margaret finalmente alzò il volto ad incontrare il suo sguardo. «Vi ringrazio, Mr. Thornton.» disse, stavolta accennando un timido sorriso. I suoi occhi, però, rimanevano tetri.

«Posso... Posso fare qualcosa per voi?»

La vide deglutire e sbattere velocemente le palpebre prima di esalare un sospiro. Che fosse di spossatezza, fastidio o di pacata accettazione, John non avrebbe saputo dirlo.

«Per quanto apprezzi la vostra gentilezza, temo di no. Solo il tempo saprà fare qualcosa per tutti noi.»

Malgrado la sensazione di impotenza fosse schiacciante, John si ritrovò a darle ragione: a meno che non fosse riuscito a riportare in vita suo padre, o persino sua madre, difficilmente qualcos'altro al di là del tempo avrebbe permesso a entrambi di far rimarginare le rispettive ferite. Fino a quel punto non avrebbero potuto fare altro che resistere, sopravvivere e sperare.

«Mi chiedevo se...» disse d'improvviso Margaret, sorprendendolo al punto tale che John fissò le sue iridi su di lei a bocca aperta. «Ecco, mi chiedevo se voleste accettare un regalo.»

L'uomo la guardò meravigliato e fece per ribattere, per protestare, per accettare, per dire qualsiasi cosa, ma Miss Hale non gli concesse alcuna azione e si mosse verso il tavolo ingombro di libri.

«Sono certa che a mio padre avrebbe fatto piacere,» gli assicurò, la voce leggermente tremula, mentre afferrava un volume e lo portava più vicino a John. «È il suo libro di Platone. Ve lo avrei consegnato più tardi, ma dal momento che siete qui... Perché aspettare?»

John si sentì infinitamente commosso. Non si era aspettato un dono, né parole di conforto dirette a lui – un paradosso, quasi una blasfemia considerata la situazione. Eppure non poté pensare neanche per un momento che fosse il caso di rifiutarlo: era un regalo che veniva dal cuore, lo sentiva, e che recava davvero la benedizione e la benevolenza di Richard Hale.

«Lo custodirò come un tesoro,» garantì, sincero, devoto, adagiando il cilindro sul tavolo con un sorriso tenero sulle labbra.

Eppure...

Fu quando sfiorò il libro per prenderlo dalle mani di Margaret che qualcosa gli sembrò fuori posto, una nota stonata in una già deprimente armonia. Aggrottò la fronte.

«Avete detto che avevate in mente di venire a Marlborough Mills... Perché?». Avrebbe dovuto rimanere in casa e riposare, ritrovare la sua energia e alleviare il suo spirito, non far visita ai Thornton. Non aveva senso. Non doveva loro nulla: non avrebbe dovuto sprecare il suo tempo così.

«Per salutarvi,» fu la replica sottile – esile come una confessione. «In verità, andrò comunque per salutare vostra madre e vostra sorella.»

Se possibile, le rughe sulla fronte di John si intensificarono. «Salutarci? Ve ne andate?»

Margaret si accigliò e gli parve sinceramente stupita. La vide deglutire a fatica prima di stornare lo sguardo per un secondo. Tanto bastò perché John indovinasse già la verità prima ancora di sentirla pronunciare direttamente dalle sue labbra.

«Sì, Mr. Thornton.» Il petto di Margaret si alzò e abbassò al ritmo dell'ampio respiro che la donna prese prima di continuare. «Tra non molto mia zia sarà qui e andremo via da Milton.»

John non avrebbe saputo dire quale tipo di espressione gli avesse atteggiato il volto, ma da come Margaret si sforzò di sorridere capì di doverle sembrare sconvolto oltre ogni dire.

«Ovviamente non sarei andata via senza salutarvi e ringraziarvi per tutto.»

John la osservò alla ricerca di un qualunque minimo, insignificante indizio che avesse potuto rivelargli lo scherzo, la bugia, la truffa... ma non lo trovò.

No.

Margaret non poteva andare via, non adesso.

Mai.

Non poteva lasciare Milton.

Non poteva lasciare lui.

«Perché?» fu tutto ciò che gli riuscì di esalare.

Miss Hale evitò deliberatamente il suo sguardo e lo posò sul libro di Platone sospeso tra di loro. «Non ho più nulla che mi permetta di restare,» disse, la voce pericolosamente incrinata. «Sono sola, qui, ormai. Ora che mio padre... non è più tra noi... non ho alcun motivo per non tornare a Helstone o a Londra.»

Hai me, pensò John disperato, ma ebbe l'accortezza e l'autocontrollo di non dirlo ad alta voce. Sapeva fin troppo bene di non essere all'altezza del suo amore, di non poter aspirare a tanto. Sapeva che Margaret non lo avrebbe mai considerato una motivazione degna per restare a Milton, che non avrebbe mai accettato di divenire sua moglie.

E tuttavia John non credeva nemmeno di avere la forza di chiedere di nuovo la sua mano: l'immagine di Margaret con un altro uomo era ancora troppo vivida nella sua mente perché potesse perdonarle quel segreto.

L'amava, l'amava davvero, ma non avrebbe potuto fare nulla per trattenerla.

«E non tornerete più?» disse in un filo di voce – e si sentì stupido e infantile, patetico.

Margaret incontrò nuovamente il suo sguardo. «Temo proprio di no.»

Gli occhi di John si persero momentaneamente nella stanza senza vederla. Si sentì mancare il respiro e per un attimo rimpianse di non essere stato invitato a sedersi. Intanto la realtà, le reali implicazioni di quanto gli era stato appena rivelato si facevano sempre più incalzanti nella sua testa.

Margaret se ne stava andando.

Stava andando via, lontano da lui.

E non sarebbe tornata mai più.

La confusione in lui era tale che non si accorse nemmeno di aver mosso le dita sulla superficie del libro. Quando accidentalmente le loro mani si sfiorarono, si ritrovò a sussultare insieme a lei e ad osare una tanto involontaria quanto disperatamente vagheggiata carezza. La trovò calda, fremente, e al pensiero di interrompere il contatto tra la loro pelle ebbe un tuffo al cuore. La lasciò andare piano, avendo cura di imprimere nella propria mente ogni singola scanalatura della sua pelle. Sorprendentemente, Margaret non si sottrasse al suo studio.

«Si sentirà molto la vostra mancanza qui a Milton, Miss Hale,» mormorò.

«Ed io sentirò la vostra, Mr. Thornton,» rispose Margaret, arrossendo appena. «Di Milton.»

John fu sul punto di abbattere ogni muro, di chiamarla per nome e di chiederle se non potesse fare nulla per convincerla a rimanere, se non esistesse anche una sola minima possibilità di farla tornare sui propri passi e di darle un motivo, uno soltanto, per cui valesse la pena restare, ma qualcosa si intromise prepotentemente nel filo dei suoi pensieri. Una voce dabbasso, una voce squillante, decisa, autoritaria, una voce di donna.

L'incantesimo tra loro si spezzò: Margaret lasciò il libro di Platone tra le mani di John e si allontanò da lui per tornare a una distanza socialmente accettabile, uno sguardo di scuse stampato in volto. Anche John indietreggiò di riflesso, ugualmente mortificato e all'improvviso consapevole dei rischi a cui erano scioccamente andati incontro.

Registrò l'arrivo della zia, Mrs. Shaw, con la testa annuvolata da un fosco torpore, come se qualcun altro si fosse impadronito della sua volontà e l'avesse indotto a reagire con la dovuta cortesia e le consuete buone maniere per salvarlo dall'imbarazzo di mostrare quel nuovo dolore, che ora si mescolava al primo. La sua mente era altrove, fissa su un unico, devastante pensiero: non avrebbe più rivisto Margaret. Non avrebbe più potuto sperare di cambiare le cose, di porre rimedio a quel che era stato, né di far avverare ciò che non era mai stato. L'aveva persa per sempre e non c'era più nulla che potesse fare per alterare il futuro già scritto.

D'un tratto il salotto gli divenne troppo piccolo, troppo stretto, soffocante, come l'idea di condividere ancora lo stesso spazio con Margaret per l'ultima volta. Capì di non poter rimanere lì ancora per molto, di dover scappare via, lontano da tutto e tutti – lontano da lei.

«Vi prego di scusarmi,» s'intromise di getto nella conversazione, uno sguardo rivolto ad entrambe. «Devo andare. Mrs. Shaw.» Guardò solo Margaret per aggiungere: «Addio, Miss Hale.»

«Addio, Mr. Thornton.»

John non attese di essere accompagnato all'uscita: si strinse il libro sotto braccio, conquistò le scale in fretta e si diresse alla porta, dilaniato tra la necessità impellente di fuggire da quella casa e la voglia ardente di tornare indietro e supplicare Margaret in ginocchio di rimanere a Milton. La lucidità che gli rimaneva gli suggerì di affrettare il passo prima che fosse troppo tardi.

Mise una mano sulla maniglia, ma non fece in tempo ad abbassarla che sentì dei passi dietro di sé, seguiti da quella voce femminile che non avrebbe potuto sentire mai più.

«Mr. Thornton, aspettate.»

John si accorse di tremare, pieno di speranza, ma quando, voltandosi, vide Margaret con il suo cilindro tra le mani non poté fare altro che darsi dello sciocco.

«L'avevate dimenticato,» spiegò la donna, come a spazzar via ogni dubbio: non era tornata indietro per lui, ma solo per restituirgli una sua proprietà.

«Vi ringrazio,» disse, sincero, recuperando il cappello.

Margaret gli tese la mano e il sorriso che la irradiò quando John la strinse lo ripagò di tutte le emozioni contrastanti che stava provando, di tutto il tormento che lo stava distruggendo.

Di colpo qualcosa mutò in lei, nel suo sguardo, o forse era solo la fioca luce dell'ingresso che le rendeva gli occhi più lucidi e brillanti di quanto ricordasse. Gli sembrò più bella e dignitosa che mai in quella tenue aura di cristiana rassegnazione che l'avvolgeva e per un attimo pensò anche di sentirsi in pace, di poter accettare quella separazione con muta arrendevolezza: era quello che era e avrebbe fatto bene a ricordarlo per il resto della sua vita.

Ma John non aveva previsto che Margaret si sarebbe liberata dalla lieve presa della sua mano per sporgersi in avanti e passargli le braccia intorno alle spalle in un dolce abbraccio. Non aveva previsto di avvertire il calore di un corpo – il suo corpo – contro di sé, né l'ondata di felicità che lo stava pervadendo. E non aveva previsto nemmeno la tristezza: neanche per un attimo John fu in grado di dimenticare che il gusto di quell'abbraccio era quello della separazione, dell'addio, dell'abbandono. Tra le braccia di Margaret non v'era più il desiderio di proteggerlo da una folla di operai inferociti; semmai vi era il tentativo di alleviare in qualche modo il suo dolore, o forse quello di entrambi; lo stavo salutando con affetto, nonostante tutto. Questo pensiero gli diede la forza di stringerla in vita con il braccio libero nella vana illusione di prolungare quel contatto per qualche secondo in più, magari per sempre.

Ma per sempre finì in fretta.

«Vi auguro ogni bene, Mr. Thornton,» disse piano Margaret sciogliendosi dall'abbraccio, un sorriso malinconico sulle labbra.

John chinò il capo nella silenziosa consapevolezza che, con lei lontano da Milton, non avrebbe mai raggiunto quel bene che gli aveva appena augurato.

«Ed io a voi, Miss Hale.»

La guardò ancora per un ultimo istante prima di indossare il cappello, voltarle le spalle e aprire la porta.

L'aria gelida lo aggredì appena uscì in strada, ma John non se ne accorse neanche: là dove il corpo di Margaret aveva aderito al suo, la pelle sembrava bruciare di inappagato ardore e disperato rimpianto. L'inverno era solo nel suo cuore.







Angolino di Menade Danzante:
Salve!
Anche il mese di maggio, ovviamente in extremis, vede la pubblicazione della quinta puntata della ToBeWritingChallenge2023 di BellaLuna indetta sul Forum delle Penne! Questa volta il prompt scelto è “Forbidden/Starcrossed Love”. Sappiamo che il canon va a finire diversamente, ma ho voluto analizzare con un “What if?” un momento in cui a tutti gli effetti non abbiamo ragioni per sperare che la situazione cambi. Sono stata indecisa se far valere la OS per Unrequired Love, ma alla fine ho optato per la storia d'amore travagliata che non può svilupparsi per una serie di ragioni socio-culturali prima ancora che per l'iniziale antipatia reciproca dei due protagonisti.
Vi ringrazio per essere arrivat* fin qui!
Alla prossima!

Menade Danzante

   
 
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