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Autore: samaelstoker    07/06/2023    0 recensioni
[Guerra e Pace]
Pierre visita Andrej a Mosca dopo che il fidanzamento di quest'ultimo con Nataša è andato a monte - e un'epifania è raggiunta.
Quindi: Pierre si chinò sopra il principe Andrej e scoprì di aver disimparato i confini del suo corpo.
[Pierre/Andrej, !Tematiche Delicate per: omofobia internalizzata | 1982 parole]
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Il pacchetto che conteneva le lettere e la miniatura del ritratto di Nataša, accuratamente incartato con carta cerata e legato stretto con un nastro scuro che finiva in un fiocco perfettamente simmetrico, già pesava nella tasca di Pierre quando si chinò per baciare il principe Andrej.

Il principe Andrej lo aveva raggiunto alla porta dei suoi appartamenti moscoviti quando Pierre aveva fatto per andarsene, com'era solito fare e, com'era suo solito fare, Pierre gli aveva stretto il braccio, sopra il gomito, e si era chinato per baciargli la guancia. Forse era stato il turbamento che ancora gli impediva di rassegnarsi all'esito della discussione appena conclusa che aveva reso il suo movimento più impacciato; forse, dopo il periodo che il principe Andrej aveva passato all'estero, Pierre, irrimediabilmente goffo, aveva dimenticato quanto in basso doveva chinarsi per sfiorargli appena la pelle con le labbra nel punto giusto. Quindi: Pierre si chinò sopra il principe Andrej e scoprì di aver disimparato i confini del suo corpo.

Quando la bocca di Pierre toccò l'arco di cupido della sua, incastrandosi contro il suo labbro superiore ancora un po' increspato, il principe Andrej inspirò con forza tra i denti e il suo corpo ebbe un sussulto. Pierre, spaventato e confuso, subito si scostò un po' ma, colto dall'improvviso timore che potesse cadere da un momento all'altro, strinse più forte la presa sul braccio del principe Andrej–non avrebbe saputo dire, però, chi in quel momento stesse sorreggendo l'altro; il principe Andrej gli afferrò di riflesso il gomito e in quello spazio di neanche mezzo braccio che condividevano Pierre lo sentiva respirare con malcelato affanno.

“È ferito e io gli ho appena fatto del male,” fu il pensiero incongruente di Pierre, nonostante sapesse che il principe Andrej fosse stato ferito al capo e non al braccio e che la cicatrice non si era riapriva da molti mesi. Non osava alzare lo sguardo per paura di trovare sul volto dell'altro ancora quella rabbia nervosa, o il sorrisetto astioso che tanto assomigliava a quello del vecchio principe Bolkonskij; temeva lo scherno del suo amico più caro e cercava le parole giuste per tirarsi fuori da quella situazione imbarazzante–e intanto osservava la mascella dal taglio deciso del principe Andrej, liscia e sbarbata, la bella curva della sua bocca che aveva assaporato gelida e ruvida, il lembo di pelle delicato del collo appena esposto sotto il colletto perfettamente pressato della giacca fermato da un cravattino accuratamente annodato, e un certo pensiero si risvegliava dal profondo delle sue viscere.

– Scusatemi, – iniziò Pierre strascicando le sillabe; si riferiva al goffo bacio che si erano brevemente scambiati, al sentimento che si agitava in lui, al pacchetto che gli pesava nella tasca, a nessuno di questi e tutti quanti insieme, come se il semplice atto di manifestare pentimento l'avrebbe reso reale. Era qualcosa di più simile alla pietà quella che sentiva agitarsi dentro di sé: per Andrej che ancora non aveva disfatto le proprie valigie ma aveva incartato con tanta cura la corrispondenza e i sentimenti di un anno per rispedirli al mittente; per la piccola Nataša, masticata e sputata dalla movida moscovita; per se stesso, perduto nei labirinti della propria mente mentre il delicato ponte fra i due suoi affetti più cari si sgretolava irreparabilmente dalle fondamenta, per questo si scusava, per aver lasciato che il prospetto di felicità del principe Andrej e della contessina Rostova venisse cancellato così irreparabilmente così facilmente, come l'ultima neve d'inverno si scioglie ai primi raggi di primavera.

Pierre pronunciò quelle parole ancora curvo sul principe Andrej, il fiato caldo contro la sua pelle fredda, e lo sentì ma non lo vide quando il principe Andrej alzò il viso verso di lui e premette la bocca dalle labbra secche e screpolate contro quella di Pierre.

S'incontrarono maldestri; Andrej baciava più con i denti che con le labbra e con la lingua, inseguendo Pierre con una furia disperata. Mordeva le labbra di Pierre fino a farlo gemere e poi le succhiava tra le proprie per lenirne il dolore; si aggrappava al colletto di Pierre, stropicciando la stoffa nei pugni serrati, e lo spingeva a piegarsi, ingobbirsi, su di sé fino a rendere le loro figure separate un'unica sagoma.

Pierre indulgeva nella stessa fame di Andrej e si meravigliava come un solo assaggio avesse resi entrambi così ingordi; teneva tra le mani il viso del suo vecchio amico d'infanzia e ne disegnava il contorno con le dita mentre rispondeva ai morsi di Andrej mappando con la bocca ogni singolo lembo di pelle del suo viso altero e freddo–passò la lingua sulle sue labbra socchiuse e Andrej intrappolò un gemito dietro ai denti e si scostò e aprì gli occhi. Si guardarono, non si erano mai visti così da vicino; Andrej aveva gli occhi più blu che Pierre avesse mai visto, l'iride ridotta a un'azzurra striscia di cielo intorno al cerchio nero della pupilla. Si guardavano, la fronte premuta contro quella dell'altro e le punte del naso che si sfioravano, entrambi scarmigliati come appena svegliati, a inseguire in punta di piedi il confine del sonno–eccetto. Eccetto, Andrej era troppo freddo per essere stato strappato dall'abbraccio del sogno e Pierre sentiva sotto la punta delle dita la porzione di scalpo cicatrizzata dove Andrej era stato ferito; erano svegli e avevano gli occhi bene aperti.

A Pierre tornò alla mente una superstizione che si aggirava su zampe felpate nei corridoi e tra le porte socchiuse del vecchio collegio francese in cui aveva trascorso l'adolescenza e recitava, più o meno, così: chi bacia tenendo gli occhi aperti mente sui propri sentimenti – e questo piccolo gesto, gli occhi che si aprivano e Andrej che si scostava e ricambiava lo sguardo di Pierre, sembrava che gli confermasse che tutto il rispetto e l'amicizia e l'amore che aveva accumulato per lui in questi lunghi anni non sarebbe mai stato mal riposto.

Il principe Andrej stava mordendosi le labbra fino a sbiancarle sotto ai denti–“Se fossi un uomo migliore,” pensò Pierre “mi fermerei,” e premette il pollice sul mento di Andrej, appena sotto il labbro inferiore rosso e lucido di saliva, e lui schiuse di nuovo la bocca.

S'incontrarono a metà strada, in un bacio più languido del primo, le bocche aperte, cercando di incastrarsi in quante più maniere possibili. Pierre era consumato dall'interno, come se i diavoli dell'Inferno avessero acceso un fuoco nel profondo del suo stomaco, e anche la bocca di Andrej era calda mentre si apriva a lui e Pierre passava la lingua su quei denti che lo avevano prima così tormentato, bruciavano nello stesso fuoco e Pierre non avrebbe mai creduto di poter combaciare così bene con qualcuno se Andrej non si fosse mai aggrappato a lui con tanta forza.

Baciare Andrej era stupendo e terrificante insieme; era l'ebbrezza della convinzione dell'amare ed essere riamato e la consapevolezza che questo sentimento sarebbe stata la sua condanna: se davvero Pierre fosse stato un uomo migliore, più assennato e meno vizioso, capace di amare normalmente, se fosse stato un uomo diverso non avrebbe trascinato nel peccato l'amico di una vita, l'uomo che era stato il suo punto di riferimento fin dal suo ritorno in Russia–ma Pierre era solamente se stesso e Andrej–splendido, intelligente, stoicissimo Andrej–con lui stava peccando e a lui si stringeva–a lui, Pierre! goffo, ingombrante Pierre!–e Pierre espiava la propria colpevolezza stringendolo più forte e baciandolo più a fondo.

Cos'era l'infinito universo, in confronto a quell'unico eterno momento in cui Pierre e Andrej non erano la congiunzione che legava i loro nomi, erano un unico essere che respirava la stessa aria, viveva sotto la stessa pelle e bruciava dello stesso sentimento?

Ancora aveva le mani guantate, Andrej, e Pierre s'indaffarò nello sbottonargliene uno con l'unica mano libera che gli rimaneva.

Aveva le mani piccole, proporzionate, Andrej, e pallide come il guanto che Pierre gli aveva sfilato era bianco. Premette la mano sul viso di Pierre appena questa fu nuda, le dita arricciate e le unghie corte e mordicchiate che graffiavano la guancia irruvidita dalla barba del mattino non rasata. Pierre si volse e gli baciò il polso; la pelle del principe Andrej andava intiepidendosi e Pierre sentiva il battito del suo cuore sotto le labbra, rapido e vivo. Sorrise contro di esso, stupidamente felice di essere vivo anche lui e con lui.

Il tempo rimase immobile per un lungo momento nel loro piccolo spazio condiviso, poi: – Petka, – disse Andrej e Pierre ebbe appena il tempo di premere un ultimo ardente bacio contro il palmo della sua mano prima che il principe gli scivolasse via dalle braccia.

Pierre si umettò le labbra con la lingua, incapace di smettere di sorridere, mentre seguiva con lo sguardo Andrej muoversi intorno al disordine della stanza, ravvivarsi i capelli come meglio poteva. Si fermò davanti alla finestra, una figura pallida e rigida che si perdeva contro il terso cielo della tarda mattinata moscovita; Pierre provò il bisogno di raggiungerlo (sarebbero bastati cinque passi), di tornare a essere parte di Andrej e Andrej parte di lui, ma attese, trepidante, che fosse Andrej a invitarlo.

– Qualunque cosa vogliate, André, –

Andrej teneva le mani intrecciate dietro la schiena, quella nuda sotto quella guantata, così contratte da sbiancarsi le nocche.

– Petka, – ripetè, e la sua voce suonava così lontana che a Pierre pareva quasi un'eco da un'altra stanza: - Pierre, anche di questo atto disonorevole, non farmene più menzione. -

Pierre farfugliò, incespicò sulle parole: – Déshonorant? – balbettò, senza rendersi conto di essere passato al francese–era, d'altra parte, l'unica lingua in cui aveva imparato a parlare di certi sentimenti. – Mais, je vous aime. Tellement–

Il principe Andrej si voltò a guardarlo da sopra la spalla; aveva gli occhi sgranati e i denti scoperti, respirava a singulti.

Tu m'aime–! – calcò esageratamente il tu, – Se nutri lo stesso affetto che io provo per te, Pëtr Kirìllovič, non parliamone mai più. –

Pierre chinò il capo in un breve inchino, la vista annebbiata, e si chiuse la porta alle spalle con un tonfo sordo, lo sguardo disperato di Andrej che gli bruciava la schiena.


 

Quando fu giunto quasi alla fine scalinata, Pierre udì la porta che si riapriva e richiudeva alle sue spalle, poi i passi del principe Andrej che lo seguiva dabbasso per il pranzo. Il colletto della sua giacca e la cravatta erano irrimediabilmente spiegazzati ma Pierre li lisciò comunque nel tentativo di rendersi più presentabile; per un attimo si ritrovò a pensare come il principe Andrej avesse aggiustato il proprio abito da solo in così poco tempo ma non riuscì a voltarsi per controllare.

Il principe Andrej non commentò le misere scuse che accompagnarono il rifiuto di Pierre all'invito a pranzo e Pierre riuscì ad accomiatarsi dal vecchio principe Bolkonskij e dalla principessina Maria senza creare troppo tumulto; il principe Andrej si era già spostato in sala da pranzo con Dessales, riprendendo con fin troppa animazione la discussione interrotta poco prima, il piccolo Nikoluška che li seguiva silenzioso.


 

La fredda brezza accolse Pierre sul viale con una carezza ghiacciata che spazzò via ogni residuo di torpore e gli fece nascondere il viso nel collo di pelliccia del cappotto alla ricerca del tepore perduto. Pierre non si era mai sentito così lucidamente sveglio come in quel momento, col vento che gli pungeva le guance e gli scompigliava i capelli, i suoi pensieri orribilmente nitidi–che cosa terribile, credere di appartenere ancora al posto di un altro.

Non ricordava che la mattina fosse così fredda. Quando fece per infilarsi i guanti, Pierre si rese conto che stringeva ancora nel pugno il guanto del principe Andrej; scorse un lembo di stoffa bianca stropicciata e subito richiuse la mano, rabbrividendo.

Pensò di tornare indietro, restituire al principe Andrej quello che era suo; pensò di cacciare il guanto nella tasca insieme alle lettere di Nataša, insieme a tutto ciò che non era stato capace di aggiustare.

Pierre alzò il braccio e fece accostare una carrozza.









post scriptum: il titolo viene da qui; perchè chi potrebbe meglio descrivere la situazione di Pierre se non il papa satanico e la sua combriccola di arrapati?

traduzione dal francese:
[Pierre] "Disonorevole?" "Ma io vi amo! Così tanto"
[Andrej] "Tu mi ami!"
--nota a parte; il mio francese è molto arrugginito, ho fatto del mio meglio ma non sono sicurissima della correttezza dei dialoghi, prendeteli con le pinze - e se conoscete il francese meglio di me, vi prego, correggetemi XD

serietà a parte! ho scritto questa fic in tre sedute posseduta da non so quale demonio, partendo dal presupposto di voler immaginare come baciassero alcuni personaggi. viene fuori che ho dei pensieri particolari riguardo ad Andrej. huh. tutto sommato, si tratta di un esperimento di scrittura e come tale lo presento senza particolari riletture - a questo proposito, ringrazio visbs88 che ci ha buttato un occhio prima della pubblicazione e mi ha detto che non era un totale disastro <3
come sempre, ogni tipo di feedback è apprezzato - spero vi sia piaciuto leggere questa fic quanto è piaciuto a me scriverla ;)
se volete, potete mandarmi minacce di morte per aver osato scrivere due frasi in francese @ whenyoulosesmallmind su tumblr

   
 
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