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Autore: Ladyhawke83    07/06/2023    5 recensioni
Questa storia partecipa all'iniziativa del Secret Rainbow del gruppo Facebook «Prompts are the way ~».
“Achille lo guardava.
Si era fatto grande Patroclo: il suo piccolo gufo aveva indossato penne nuove e più forti, dopo l’inverno. Lo sguardo del suo compagno, il suo therapon si era fatto più acuto, anche se spesso sfuggiva, rifiutandosi di vedere l’ovvio, era diventato quasi un uomo, un bel giovane di sedici anni. Nonostante avessero passato gli ultimi tre anni fianco a fianco, di giorno e di notte, Patroclo si comportava sempre come se fosse in difetto, indegno, rispetto a lui. Non riusciva proprio a “vedere”, vedere davvero cosa animava il petto di Achille, cosa faceva accelerare il suo cuore, cosa solleticava i suoi sensi la notte, sotto le coltri, in quello stretto giaciglio che li portava a condividere ben più che il solo sonno e i nomi delle stelle e delle costellazioni sopra le loro teste.”
Genere: Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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 “Questa storia partecipa all'iniziativa del Secret Rainbow del gruppo Facebook «Prompts are the way ~»”

 

 

Piccolo gufo

 

 

“Quando nessuno le guarda, le stelle non sono più stelle. Forse sono diamanti, polvere di fate, risate di bambini, re o schiavi.

 

      Sono come siamo noi quando nessuno ci guarda.”

 

(Fabrizio Caramagna - Il numero più grande è due)

 

 

Achille lo guardava. 

Si era fatto grande Patroclo: il suo piccolo gufo aveva indossato penne nuove e più forti, dopo l’inverno. Lo sguardo del suo compagno, il suo therapon si era fatto più acuto, anche se spesso sfuggiva, rifiutandosi di vedere l’ovvio, era diventato quasi un uomo, un bel giovane di sedici anni. Nonostante avessero passato gli ultimi tre anni fianco a fianco, di giorno e di notte, Patroclo si comportava sempre come se fosse in difetto, indegno, rispetto a lui. Non riusciva proprio a “vedere”, vedere davvero cosa animava il petto di Achille, cosa faceva accelerare il suo cuore, cosa solleticava i suoi sensi la notte, sotto le coltri, in quello stretto giaciglio che li portava a condividere ben più che il solo sonno e i nomi delle stelle e delle costellazioni sopra le loro teste.

Eppure Achille era quasi certo che Patroclo provasse i suoi stessi turbamenti, che anelasse a qualcosa di più che semplici discorsi sul coraggio, sul futuro e sulle lezioni di medicina.

Tre anni prima, su quella spiaggia di sabbia bianca si era bruciato le palme dei piedi correndo, era scappato, Achille non aveva avuto il coraggio di reagire a quel gesto timido, impacciato, ma potente. Le parole gli si erano incastrate in gola, la spuma del mare se le era prese.

Per la prima volta in vita sua, Achille aveva avuto paura, paura di perdere quell’amicizia, quella sensazione di sentirsi a “casa” che provava solo accanto all’amico. 

Correndo, non si era voltato indietro verso Patroclo, ma poteva immaginare la sua delusione, la sua tristezza la sentiva come propria. Achille a quel tempo aveva solo tredici anni e temeva la reazione di sua madre, che da sempre lo osservava a distanza, che scrutava ogni suo passo e gesto, che non perdeva occasione, nelle notti in cui gli faceva visita di ricordargli ciò a cui era destinato. Un fardello troppo grande per un bambino per lo più umano, ma con un destino grandioso già assegnato da una profezia. 

Sua madre, la divina, e gelida, Teti sicuramente aveva visto quel bacio, quella debolezza e quella forza tutta umana di Patroclo.

Achille doveva proteggere il suo piccolo gufo, il suo compagno “sorprendente”, il suo Patroclo, così seguì l’istinto di fuggire da lui, dalla spiaggia e dal fato.

Ora che lo guardava nella bellezza, acerba ed eterna, dei suoi sedici anni, Achille si chiese come avesse fatto ad aspettare tanto.

Sapeva dove Patroclo si rifugiava quando voleva star solo, sapeva cosa faceva con quelle mani sul suo corpo, sapeva il perché dei gemiti solitari e vergognosi  mentre si dava piacere mimando il suo nome, lo sapeva perché nella notti passate nello stesso giaciglio, con la sua pelle e il suo odore a circondarlo, quelli erano i suoi stessi pensieri.

Il desiderio non era nato all’improvviso, si era consolidato come un albero di ulivo che cresce e il cui tronco si indurisce e si contorce.

La mente si rifiutava spesso di pensarci, ma il cuore di Achille sapeva già a chi apparteneva.

“Non riesce a vederci qui” fu quello che disse a Patroclo per fargli capire che erano liberi, che non doveva temere la vendetta di sua madre Teti. Non ancora.

Si coricarono sotto la volta della grotta e delle stelle dipinte sul soffitto. Si baciarono e Achille sentì di nuovo la paura di Patroclo. Il suo desiderio di continuare e il terrore di perdere tutto, tutto quello che avevano, tutto quello che erano stati fino a quel momento.

Quando si baciarono di nuovo, fu travolgente, caldo, dolce tenero e umido, come nessun’altra cosa Achille avesse mai provato. Una marea che erompe, un vento che smuove le fronde e rimescola le acque del fiume, che da respiro alla terra.

Patroclo lo toccava, lo accarezzava con infinita dedizione, come se Achille fosse stato allo stesso tempo un tesoro sconosciuto e prezioso, ma anche il profumo di casa, l’unica casa dove Patroclo si fosse mai sentito amato e considerato.

Achille quasi si sciolse quando l’altro lo baciò sul collo, poi sulla spalla, stringendogli i fianchi con le mani, il verde dei suoi occhi divampò quando poi prese ad accarezzarlo e a stringerlo là dove sentiva crescere sempre di più il bisogno di lui.

Si sfregarono, si legarono, si respirarono come non fossero mai sazi, linfa del cuore l’uno dell’altro, avevano atteso a lungo per trovarsi, per riconoscersi, per chiamarsi davvero.

Patroclo si inarcò verso Achille e lo strinse a sé, vennero entrambi colti dal caldo e umido del loro corpo che si abbandonava al piacere.

“Non riesce a vederci qui” ripensò Patroclo dopo che Achille gli aveva domandato se fosse pentito di ciò che avevano fatto.

“Non riesce a vederci qui, ma presto capirà. E tutto sarà perduto”  Patroclo ebbe paura, non per sé stavolta, ma per Achille.

Lo sguardo di Achille era felice, rilassato, sembra ombra di incertezza o imbarazzo, gli occhi di un Dio, il verde sconfinato di una foresta, nelle iridi la sicurezza del futuro.

Patroclo si sentiva fortunato, era un miracolo che fosse stato tutto così giusto e perfetto, per lui che perfetto, né onorevole. Lui che aveva ucciso un ragazzo per dei dadi, forse non meritava quella felicità pura, quell’innocenza vigorosa, quei segreti che solo a lui Achille rivelava.

“Non lo lascerò mai, sarà così, per sempre, per tutto il tempo che lui me lo permetterà.” Pensò Patroclo facendo una promessa a se stesso e agli dei, e quando Achille gli prese la mano e la strinse tra la propria di concesse il lusso di sperare. Sperare che sarebbe andato tutto bene, che sarebbero stati felici, nonostante il destino, il mare, Teti e la guerra incombente.

 

***

 

Note dell’attrice: ho amato tanto questo libro “La Canzone di Achille”, non potevo non scrivere anche io di loro, nonostante sia stato scritto già di tutto e di più su questa coppia.

Ho voluto riprendere una parte del testo cruciale, ma vissuta non dal punto di vista di Patroclo, ma di Achille. Spero che vi piaccia e di aver reso giustizia a questo romanzo.

Buona lettura!

Ladyhawke83 

   
 
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