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Autore: suni    12/10/2009    5 recensioni
[“Forse la vita non ha alcun significato, ma puoi sempre trovare qualcosa di interessante da fare finché sei vivo.”]
Prima di Mimizu, prima di Konoha, mattina c’è un traditore. Prima del traditore c’è un amico perduto. E prima ancora c’è semplicemente Sasuke; Naruto lo ritrova realmente in una pigra primavera di Konoha, la stessa primavera in cui Sasuke riscopre qualcosa di se stesso che giurava di aver cancellato. E magari, tra tutti questi rinvenimenti, possono riuscire anche a capire quali sono le cose veramente importanti.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Ok, bene. Questa… cosa avrà teoricamente quattro capitoli, collegati effettivamente due a due. Oggi, per aver cassato il SasuNaru Day (mea culpa, maxima culpa) mi punisco postando i primi due.

Deprimentissimi, chiaramente.

Abbiate pazienza.

suni

 

 

 

 

 

I. Mille chilometri

 

 

Le ultime cose che vede sono l’espressione sbigottita del volto di Sasuke, sporco di uno schizzo di sangue – chissà se suo o di qualcun altro – contrapposta a quella malevola e vittoriosa di Uchiha Madara davanti al mostro che si risveglia, e l’alone come fuoco che si forma intorno al proprio corpo, sgorgando direttamente da dentro di lui; brucia ed è doloroso persino più delle ferite profonde che si è procurato combattendo. Poi la sua mente va in totale blackout.

Quando ritorna in sé non c’è un singolo punto del suo fisico che non gli faccia male da urlare, ha la vista appannata dalla debolezza per la perdita di sangue e dalla sofferenza e sente qualcosa di freddo sfiorargli la spalla con un suono di stoffa che si lacera, ma non si ferma. Davanti a lui c’è il leader dell’Akatsuki e tutto quel che Naruto fa, con un grido di collera e ferocia, è approntare la sua versione più avanzata del rasengan per finire il malconcio avversario. Quando Madara cade è come se scendesse un silenzio innaturale, assordante. Gli sembra di trovarsi in un altro posto, tanto l’ambiente è irriconoscibile: una distesa devastata di macerie e terra divelta, rami d’alberi scagliati tra le pareti frantumate, polvere e detriti. L’estremità a sud di Konoha sembra essere stata distrutta dal passaggio di un ciclone.

Ma Naruto sa che non è stato un ciclone.

È stato lui.

È stato Kyuubi.

Casca sulle ginocchia con un gemito di dolore, sentendo le forze abbandonarlo completamente, ed è allora che intravede il fagotto: sembra un mucchio di stracci buttati in un angolo, tra una porta scardinata e una buca nel terreno dissestato. Ma quel che i suoi occhi riconoscono, chiaro ed evidente come se fosse enorme, è il simbolo disegnato su uno di quei pezzi di stoffa lercia e sporca di sangue: la ben nota effige bianca e rossa, stemma del clan Uchiha.

Geme istintivamente, incespicando in avanti sulle ginocchia che strisciano tra le pietre spaccate. Quelli non sono stracci, quello è Sasuke.

“Sas’ke,” soffia stremato, trascinandosi avanti con uno sforzo che prosciuga il poco che resta delle sue energie. “Sas’ke,” ripete, con la voce che trema.

Fa forza sui gomiti per tirare il proprio corpo in avanti. Ad avvicinarsi lo vede meglio, localizza la sua testa seminascosta da un pezzo d’intonaco. Ha gli occhi chiusi e un filo di sangue gli scivola dal lato della bocca. Sul suo fianco è aperto uno squarcio da cui ne sgorga altro, copioso, imbevendogli la camicia e allargandosi a terra.

Sembra addormentato.

“Sas’ke,” ripete ancora Naruto, senza più riuscire a vederlo attraverso la nebbia che gli offusca la vista. Allunga una mano fino ad afferrare debolmente il suo avambraccio, senza nemmeno riuscire a muoverlo, e nel farlo cade in avanti, accasciato per terra. Si accorge solo dopo qualche attimo di stare singhiozzando così forte che la gola gli fa male ad ogni singulto, scosso da un pianto irrefrenabile.

“Dei, no,” geme tra le lacrime, sbattendo la fronte in terra. “No! No! No! No!” ripete stravolto.

Non c’è altro che il silenzio e il suo pianto che diventa un urlo bestiale, disperato, mentre tira un pugno al suolo e poi un altro. Con voce impastata e arrochita lancia alti lamenti confusi, incomprensibili a lui stesso, con in mente un solo pensiero agghiacciante e insopportabile. È morto, l’ha ucciso lui. Dopo anni passati a cercare di salvarlo, dopo infinite rinunce e fatiche sovrumane, dopo aver sognato di ritrovarlo così tante volte da aver perso il conto, l’ha ucciso. E’ finita, è finita davvero. E grida, vomitando dolore e impotenza senza potersi trattenere, senza riuscire nemmeno a respirare.

“L’ho uccis…no!” singhiozza ancora. “No, dei, ridate…melo indiet…! Sas’ke,” lo chiama, vinto. “Qualcun…mi ammazzi…dei…”

Non si accorge di nulla. Non si rende conto dell’arrivo silenzioso e tempestivo – ma non abbastanza – di Kakashi, barcollante sulle gambe malferme e con un braccio inerte abbandonato lungo il fianco in un’angolazione innaturale, dei suoi occhi che si sgranano e si inumidiscono di lacrime d’amarezza e dei suoi passi che si avvicinano. Lo sente soltanto quando gli poggia la mano sulla spalla.

“Naruto,” lo chiama il sensei, piano.

Lui si divincola rabbiosamente, senza smettere di piangere.

“Ti porto in ospedale, sei ferito gravemente,” mormora il ninja copia, bonario e desolato, cercando di afferrarlo per sollevarlo con l’arto sano.

Lasc…” ringhia lui sottraendosi alla presa con uno sorta di spasmo. La sua mano è ancora stretta intorno al braccio immobile del genio. “Lasciami…q-qui!”

Kakashi non risponde, cerca soltanto di staccare la sua mano dal corpo di Sasuke con la propria, invano.

“Naruto…”

“Lasciami!” ruggisce il ragazzo, furioso, scattando come un animale ferito. “Lasciami o ammazzo anche te! Lasciami!”

Kakashi prova allora a tirare via direttamente il polso dell’ex allievo, serrando penosamente le labbra nel toccare dopo tanto tempo quel caro corpo perduto, che una volontà cieca e incrollabile ha trascinato avanti fino all’estremo.

“Cos…” mormora, raggelato dalla sorpresa, e spinge via Naruto bruscamente. Rimane immobile, ascoltando nel timore di aver preso un abbaglio. Ma sotto le sue dita chiuse febbrilmente sul polso di Sasuke c’è una seconda, debole pulsazione.

Tenace oltre ogni immaginazione, come sempre, l’erede degli Uchiha si dibatte per vivere, ancora. E Kakashi dimentica il braccio spezzato, le altre ferite e la testa che pulsa di fitte violente per il troppo uso dello sharingan.

“Un medic-ninja! Shizune! Ino! Sakura!” sbraita, nominando a caso tutti i medici che gli vengono in mente come un ossesso, mentre si china a cercare un alito di fiato e di vita in un quel corpo martoriato. “Un medico, maledizione!”

Naruto non sta più badando a lui, ha gli occhi chiusi, la testa abbandonata in avanti e singhiozzi muti, rapidi a ostruirgli il fiato in gola.

“Non voglio…medico.”

“Sensei!”

È Sakura, seguita da qualcun altro. Le voci intorno a lui si fanno confuse, irriconoscibili e sempre più flebili, accavallandosi l’una all’altra. Naruto sente qualcuno afferrarlo e sollevarlo con decisione da terra.

“No!” cerca di urlare di nuovo, ma senza emettere più di un sussurro, quando la sua mano perde definitivamente la presa su Sasuke. Qualcuno esclama qualcosa, si sente adagiare su una superficie più morbida e avverte il pizzicore di una puntura sul braccio. Poi è buio di nuovo.

Non sa quanto tempo dopo, la luce del giorno gli fa bruciare gli occhi non appena socchiude le palpebre, strizzandole subito con un gemito. Le riapre lentamente, con cautela, riconoscendo poco a poco il familiare ambiente di una stanza d’ospedale. Piega la testa di lato con un gemito e una smorfia, le lacrime tornano ad affacciarsi dall’azzurro dei suoi occhi nel ricordare, immediatamente, la conclusione della grande battaglia per la salvezza di Konoha.

“Naruto, come ti senti?”

I capelli dorati di Ino, il suo volto colorato di premura.

Lui non risponde, stringe solo i denti scuotendo piano la testa. Non ha parole per esprimere lo strazio.

“Naruto, Sas’ke-kun è vivo,” annuncia la ragazza posando la mano sulla sua spalla.

La frase impiega qualche secondo a raggiungere il suo cervello e soprattutto a palesare il proprio senso compiuto. Allora il jinchuuriki sgrana gli occhi, sollevando la testa con uno scatto.

“Cosa?” gracchia incredulo.

Ino annuisce, sorridendo.

“E’ incosciente e ancora in grave pericolo, ma per il momento è vivo,” spiega seria.

Naruto rimane immobile, le labbra semiaperte e lo sguardo fisso. Non reagisce per qualche istante, mentre un fiotto di calore lo pervade da capo a piedi e l’ossigeno sembra ricominciare finalmente a farsi largo nei suoi polmoni, oltre la morsa di angoscia e disperazione che li opprimeva. Emette un lungo respiro, quasi uno sfiato di liberazione, e sorride.

Poi ride piano, nonostante gli faccia male dappertutto. Ride.

 

 

Non può ancora alzarsi, ma può stare seduto e ricevere visite, dopo quattro giorni d’immobilità e cure intensive. Oggi una fila di persone si sono susseguite accanto al suo letto, per omaggiare l’eroe che ha salvato il villaggio dalla distruzione.

Poi Sakura ha buttato fuori tutti, informandoli severamente che Naruto è ancora debole ed ha bisogno di riposo. Lui ha tentato di protestare ma l’amica si è fatta minacciosa, terrorizzando una buona percentuale dei presenti con la prospettiva dei suoi temibili cazzotti.

In pochi istanti nei dintorni della sua stanza non c’è stato più nessuno.

“Sakura,” brontola lui, lagnoso. “Potevo continuare a…”

“Non adesso,” fa lei, senza badare alle sue lamentele. Naruto s’imbroncia, prima di notare il suo sorriso ansioso e felice insieme, il nervosismo con cui tormenta le mani guantate.

“Che?”

“Mettiti sulla sedia, ti porto di là,” intima lei, agguantando dall’armadio una coperta. Il jinchuuriki si afferra alle maniglie di sicurezza, sollevandosi con un certo sforzo per spostarsi sulla sedia a rotelle che la compagna di team porta accanto al suo letto. Poi Sakura lo copre premurosamente, prima di spingerlo verso la porta e nel corridoio dell’ospedale.

“Devo vedere qualche altro dottore?” chiede Naruto contrito.

La sente ridacchiare sopra la propria testa e poi le ruote virano, puntando verso la porta di un’altra camera, a lato della quale fa la guardia un inspiegabile chunin, cui Sakura fa un cenno di rassicurazione con la mano prima che lui si faccia da parte per farli passare. Naruto ha un tuffo al cuore un infinitesimo prima di sorpassare la soglia, quindi lo vede.

Sasuke è adagiato mollemente tra le lenzuola, in un tripudio di graffi, stecche e fasciature. Ha gli occhi chiusi, ancora, ma il suo petto va a su e giù seguendo il ritmo del respiro. Lui lo guarda sorridendo con un sollievo che gli sembra farlo levitare a mezzo metro da terra, facendo per voltarsi per l’amica e manifestarle il suo sfrenato entusiasmo. È vivo, urla una voce euforica nella sua testa, vivo, vivo, vivo. Ma la giovane lo anticipa, togliendogli il fiato un’altra volta.

“C’è qualcuno per te, Sas’ke-kun,” annuncia, con tono morbido e calmo.

Naruto sussulta, tornando a guardarlo. Vorrebbe gridare quando le palpebre del genio si sollevano lentamente e le sue iridi nere compaiono altre la barriera delle ciglia. Poi Sasuke aggrotta faticosamente la fronte, con espressione vacua.

“E’ Naruto, vedi?” cinguetta ancora Sakura, avvicinando ulteriormente la sedia.

“Certo che sono io!” farfuglia lui, con la voce che trema. Sasuke lo guarda ancora attentamente per qualche secondo, poi distende la fronte e accenna una conferma con un lieve movimento del capo, indifferente. I suoi occhi non sono mai stati così vuoti e senza vitalità, così freddi e lontani, ma sono aperti. Almeno questo.

Naruto deglutisce a fatica, senza riuscire più a parlare. Lo guarda soltanto, riacquistando familiarità con quel che si vede dei suoi lineamenti tra le fasciature. La fronte alta, le labbra sottili, il suo irritante naso all’aria e la cascata leggera dei capelli neri. Sasuke. È bellissimo vederlo da vicino senza armi e jutsu scagliati dall’uno all’altro.

“Sas’ke,” mormora Naruto commosso.

Il genio prende un lungo respiro, socchiudendo gli occhi.

“E’ normale che tu abbia sonno anche se ti sei appena svegliato,” lo informa Sakura, premurosa e rassicurante. “Sei in uno stato di estrema debolezza. Quando avrai recuperato le forze anche gli occhi andranno meglio, è una condizione temporanea.”

Sasuke annuisce senza quasi badarle mentre Naruto continua a fissarlo, trascurando le parole dell’amica. Sogghigna, senza sapere come spiegare la gioia, come dire di quell’esplosione di benessere che lo attraversa. Si attacca alle maniglie per avvicinarsi ancora di più a quel letto, fino a trovarsi all’altezza della testa di Sasuke, accanto a lui.

“Eccoci qui,” mormora impacciato. “Insieme.”

Sasuke, le palpebre quasi del tutto calate sugli occhi, non ha nessuna reazione e non cambia espressione, restando apatico e imperscrutabile. Però, serrando definitivamente gli occhi, fa scivolare la testa sul cuscino verso il jinchuuriki. La sposta di un nulla, due centimetri appena, ma a Naruto sembra che abbia appena coperto una distanza di mille chilometri che si frapponeva tra loro due, sentendosela scivolare via di dosso come sabbia che cade a terra. Ridacchia scioccamente, appoggiando una mano sul materasso poco lontano dalla guancia del compagno di squadra.

“Ciao, Sas’ke,” sussurra elettrizzato.

Il genio si è già riaddormentato, spossato. Naruto si volta verso Sakura, trovando specchiata nei suoi occhi verdi la sua stessa gioia primordiale.

“Rimango qui per un po’,” annuncia risoluto. “Credo di poter ritornare in camera da solo.”

Lei annuisce, avviandosi alla porta. Poi si morde le labbra, stringendosi le braccia intorno alle spalle come se avesse freddo.

“Naruto…andrà tutto bene, vero?” mormora inquieta.

Lui china lo sguardo, ritrovando la realtà in quella domanda. Sasuke è un nukekin, un traditore e un nemico di Konoha, e di certo sul suo capo pende la minaccia di qualche condanna.

“Perché non dovrebbe?” risponde però, caparbio.

Sakura sospira.

“Naruto…la pena prevista in questi casi…” S’interrompe, stringendo le labbra tanto da farle sbiancare.

Lui deglutisce a fatica, senza fiato. La pena capitale, naturalmente, la condanna a morte. Scuote fermamente la testa, incupendosi, ma poi torna a sorridere con sicurezza. Dopo tutto quel che è successo non permetterà certo a delle maledette questioni legali di influire.

“Andrà tutto bene,” esclama di slancio. Adesso che Sasuke è qui non può essere altrimenti.

Lei annuisce, scrolla le spalle e lo lascia solo. Il jinchuuriki torna a osservare l’amico come se non potesse guardare altro. Lo ascolta respirare, affascinato del lievissimo movimento delle sue narici per quell’aria che entra e esce dai suoi polmoni ricordando, ancora, che è magnificamente vivo.

Non si può smettere di sorridere, davanti a uno spettacolo così.

È Sasuke, è a Konoha.

E' tutto quel di cui c'era bisogno.

 

 

   
 
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