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Autore: Vale11    23/11/2009    6 recensioni
Ho ricominciato a respirare solo dopo averlo visto: sdraiato fra gli alberi, coperto di sangue dalla testa ai piedi, un demone morto accanto e le mani sull’elsa della spada. Non sono riuscita a fargliela lasciare.
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Botan, Hiei
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se c’era qualcuno che odiava l’inverno, sapevo che fosse Hiei…e non solo per la sua abitudine di dormire sugli alberi, ma per quello che la neve riusciva a fargli tornare in mente.
Comunque.
Non che mi riguardi, ci parliamo così raramente che è già qualcosa che si ricordi il mio nome. La neve cade già da qualche ora, siamo ad inizio dicembre, e mi sono trovata un demone del fuoco con una freccia piantata in un fianco sui gradini della porta di casa.
 
Trascino Hiei dentro casa, chiedendomi perché non si andato da Kurama e rispondendomi che probabilmente questo posto era più vicino della casa del demone, e che probabilmente Hiei sapeva che vivo sola, e che quindi qui nessuna madre umana si sarebbe incuriosita nel caso in cui avesse visto rientrare il figlio con in braccio un ragazzo coi capelli antigravitazionali e un pezzo di legno piantato nel fianco destro. Lascio Hiei sdraiato sul letto nella stanza degli ospiti e corro in bagno a prendere le forbici e tutto quello che potrebbe servirmi per rattopparlo, deposito il tutto sul comodino accanto al letto e, dopo avergli sfilato la tunica, taglio quello che resta della sua maglia nera.
Dio, quanto sanguina, la stoffa è impregnata di rosso.
Inizio a preoccuparmi seriamente mentre la getto a terra e vedo tre tagli profondi sull’addome del demone svenuto, probabilmente artigli, o qualcosa di molto simile…sanguinano parecchio, ma non quanto la ferita della freccia. Pulisco i tagli con acqua calda, li disinfetto e li guarisco velocemente, lasciando solo tre cicatrici su quella che ormai è una ragnatela di vecchie ferite, mi volto, per vedere due mezzelune rosse che mi fissano senza vedermi.
“Hiei?”
Al suono della mia voce sembra mettere a fuoco qualcosa, ma ha gli occhi lucidi e non riesce a vedermi, inizio a temere il peggio quando gli passo una mano sulla fronte e scopro che è sudato fradicio.
 Febbre.
Veleno.
 Ci dev’essere qualcosa di poco simpatico sulla punta di quella freccia. Quando tocco la pelle vicina alla ferita Hiei spalanca gli occhi ed emette un suono strozzato, stringendo le mani intorno al lenzuolo “Ti sarebbe convenuto restare svenuto per un altro po’” gli dico, cercando un modo per estrarre la freccia facendogli sentire meno dolore possibile. È una parola!
Hiei respira affannosamente, poi riesce a sussurrare “Strappa quella cosa”
Mi giro incredula “Hiei! Ti farà un male tremendo! Lasciami trovare un modo per evitarlo!” Hiei scuote impercettibilmente la testa e risponde “Se continui a pensare invece che un paziente avrai un cadavere fra poco” chiude gli occhi “Strappa – quella – cosa” ripete.
Odio queste situazioni.
Riesco a balbettare un “ok” poco convinto e stringo una mano sulla freccia, mentre con l’altra continuo a emettere luce azzurra sulla sua ferita, una specie di anestesia locale fai da te. Appena muovo il legno Hiei stringe gli occhi quasi fino a farli lacrimare, ma forse la magia sta facendo il suo dovere, altrimenti starebbe già urlando. Millimetro per millimetro la punta esce, ma devo comunque tirare con più forza per estrarla. Chiudo gli occhi e mi preparo per quello che deve succedere mentre strappo la freccia e la lascio cadere a terra. Hiei lancia un urlo strozzato inarcando la schiena e stringe così forte i pugni che le nocche diventano bianche, il suo labbro inferiore quasi sanguina da quanto a fondo l’ha morso per non urlare. Quando ricade sul letto lo fa di schianto, la testa girata da un lato, coperto di sudore freddo. Sono così agitata che mi viene da vomitare.
“Hiei” lo chiamo “Hn”. Più che una risposta gli esce un sibilo “Come ti senti?” Si volta a guardarmi come se dubitasse dell’effettiva presenza di neuroni nel mio cervello “Si, ok, era una domanda stupida”
 Sono nervosa, tutto qua.
Hiei chiude gli occhi e lascia che mi affanni intorno al suo fianco destro, la ferita butta meno sangue ma la pelle intorno è livida, avrei bisogno di Kurama e delle sue erbe ma temo che dovrò accontentarmi di quelle che mi lascia sempre per sicurezza se voglio ripescare Hiei per i capelli anche a questo giro.
“Hiei ascoltami” gli dico, facendo un tampone di garza “Devo andare a prendere le erbe medicinali di Kurama, riesci a premere questo sulla ferita finchè non torno? Ci metterò pochissimo” alza il braccio sinistro a fatica e prende il tampone che gli porgo, se lo appoggia alla ferita. Gli sistemo la mano e premo leggermente, sentendomi quasi in colpa quando lo vedo quasi saltare sul letto “Devi premere un po’, altrimenti il sangue non si ferma. Torno subito”
 Mi alzo dal mio posto a fianco del letto e corro di nuovo in bagno a prendere la scatola di legno con tutto quello che potrebbe servirmi, quando torno vedo che Hiei non ha spostato la mano di un centimetro, e che quella mano trema. Appoggio le mie mani sulla sua.
 “Hiei lascia stare ora, ci penso io” lascia andare il tampone che cade sull’asciugamano steso sotto la sua schiena e riprende a respirare un po’ più regolarmente. È pallido, e la pelle intorno alla ferita ha un colorito che non mi piace. “Che è successo?” gli chiedo per distrarlo mentre preparo la pomata verdastra da applicare alla ferita “Demoni… qua vicino e mi hanno preso alla sprovvista…hn!” stringe i pugni mentre spalmo la mistura sul suo fianco destro e premo di nuovo un tampone pulito per fasciarlo
“E’ tutto a posto Hiei, ho finito” gli asciugo il sudore, sembra fatichi anche a tenere gli occhi aperti, così mi siedo accanto a lui e gli appoggio una mano sulla fronte. Hiei si spaventa al contatto e spalanca gli occhi, si tranquillizza solo quando vede che sono io. Volta il viso nella mia direzione e lascia che gli sposti i ciuffi neri dalla fronte, senza nemmeno la forza di rispondere “Hai freddo?” apre gli occhi quel tanto che basta per mettere a fuoco “No” “Stai tremando” si stringe nelle spalle “Forse” “Tu e il tuo orgoglio” biascico uscendo dalla stanza e prendendo una coperta pesante, quando gliela appoggio addosso rilassa le spalle “Va meglio?” Annuisce con gli occhi chiusi.
 “Quei demoni erano li per attaccarti?” annuisce di nuovo, assonnato “Sono morti?” “Solo uno…erano in due…” tossisce aggrappandosi al cuscino finchè non gli passo un braccio dietro la schiena e gli faccio bere un po’ d’acqua “Calmati, ti hanno avvelenato..hai la febbre alta” rabbrividisce al contatto dell’aria fredda contro la pelle nuda della schiena, così lo avvicino a me per tenerlo al caldo. Appena se ne rende conto si irrigidisce subito, gli occhi rossi spalancati, la schiena quasi una tavola di legno.
 “Hiei stai bene? È il fianco che ti fa male?” scuote la testa velocemente con un gesto nervoso e non si rilassa se non quando mi allontano un po’ per studiare il suo viso. Sono sicura che c’era della paura fino a pochi secondi fa, quando ha ripreso la sua maschera impassibile “Tutto bene?” mentre si sdraia di nuovo l’angolo destro della sua bocca si inarca in un sorriso sarcastico “Come un avvelenato con la febbre alta” continuo a fissarlo certo che abbia capito che non mi riferivo a quello, ma Hiei è Hiei, non mi direbbe mai cosa gli passa per la testa.
“Sto meglio, Botan” risponde,  la voce debole “Ho solo bisogno di riposare per qualche ora” “Qualche ora?! Tu per stanotte non esci di qui, vuoi ammazzarti?” mi fissa mentre le sue guance riprendono un po’ di colore “Sono un demone, qualche ora andrà benissimo” sibila fra i denti “Non cominciare con questa storia, riposati almeno per stanotte. Fuori si muore di freddo, sei ferito e c’è un demone che ti da ancora la caccia. Credi di essere in grado di batterlo in questo stato? Non penso proprio.” Gli rispondo fissandolo negli occhi. Hiei mi guarda stupito.
 “Per quale motivo ti preoccupi per me? Non mi pare che siamo mai andati molto d’accordo” “Già” scrollo le spalle “Ma questo non vuol dire che non ti consideri un amico e che non mi possa preoccupare per te quando cerchi di ammazzarti!” I suoi occhi rossi si spalancano ancora di più, poi si fissa le mani “Non amo dormire al chiuso” ammette “E con altre persone”
Resto interdetta a guardarlo, è la prima volta che mi confida qualcosa di personale. Volta il viso verso il muro scansando il mio sguardo “Ok Hiei, posso capire… ma hai bisogno di riposo e di calore, tremavi come una foglia fino a poco fa… e non me la sento di lasciarti dormire fuori, non puoi chiedermelo” “Hn” “Hai fame? Posso cucinarti qualcosa se vuoi” “No grazie… rischierei di rifarti la tappezzeria” Il veleno deve avergli messo lo stomaco in subbuglio, è tornato pallido come un cencio e gli occhi sono socchiusi. A vederlo così non si direbbe il temibile guerriero che è, pare fatto di vetro, così fragile e teso. “Ti preparo un tè, ti aiuterà a dormire” gli dico alzandomi dal letto lentamente. Mentre esco dalla porta sento un “Grazie” bisbigliato. Mi volto verso di lui, ha gli occhi chiusi e un’espressione contratta in volto.
 Forse ho sentito male io.
Chissà.
Mi avvio verso la cucina e gli preparo un infuso di valeriana, quando torno da lui non capisco se ne ha bisogno o no, sembra già che dorma.
No, non dorme.
Socchiude gli occhi e mi guarda da sopra la spalla, appoggiato al fianco sinistro, quello “buono”.
“ Te la senti di sederti?” si puntella sulle braccia e fa per tirarsi su, ma il fianco non glielo permette “Fai piano!” appoggio la tazza sul comodino e lo sostengo, di nuovo lo sento irrigidirsi al contatto ma non ci faccio caso, lascio che si appoggi a me mentre prendo l’infuso e glielo accosto alle labbra. Sorso dopo sorso finisce di bere e lo aiuto a distendersi di nuovo, ma quando faccio per alzarmi per lasciarlo dormire sento una presa decisa sul braccio e la sua voce resa rauca dalla febbre che chiede “Non andare per favore…almeno finchè non mi addormento…” Mi volto di scatto, forse non ho capito bene di nuovo?
“Hiei?” Ma Hiei è già crollato sul cuscino tossendo, continua a tenermi il braccio “Va bene…sono qui” mi siedo di nuovo sul bordo del letto passandogli una mano sulla schiena “Dormi ora, non vado da nessuna parte.” Sto seduta a guardarlo finchè non sento che il respiro diventa regolare,  vado a dormire in camera mia.
 
Inizia con una serie di immagini confuse, ci sono alberi, verde, il sole… prima che mi venga la nausea il turbinare di immagini si ferma e vedo un gruppo di demoni che ne tengono fermo uno pancia a terra, nudo, una mano premuta sul collo per non fargli alzare la testa. È giovane, quasi un bambino. I demoni adulti ridono mentre quello giovane si volta verso di me, e posso vedere i suoi occhi spalancati, terrorizzati. Violati. Rossi. Mi sveglio urlando quando mi rendo conto chi è.
Hiei.
E mi sveglio anche sentendo Hiei che urla nell’altra stanza.
Mi aspettavo di trovarlo sveglio, ma non in questo stato.
Non così.
 
“Non guardarmi!” resto impietrita sulla porta, il calore nella stanza è quasi insopportabile. Quando faccio per avvicinarmi si irrigidisce e grida di nuovo “Non avvicinarti!” faccio qualche altro passo verso di lui finchè non gli sono accanto, allungo una mano e gli tocco una spalla, Hiei ringhia, fa per scacciare il mio braccio ma una fitta al fianco lo fa cadere sul letto, il terzo occhio gli illumina il viso di una fioca luce viola. Trattiene il respiro portandosi una mano sul fianco mentre il calore della stanza diminuisce lentamente, ricomincia a tossire. “Hiei calmati…sono io!”
Corro al suo fianco cercando di farlo sdraiare, ma tiene le mani sul viso e si rifiuta di spostarle, ha il respiro affannoso e si morde il labbro inferiore fino a farlo sanguinare “Ehi… sono io… non c’è nessuno che ti farà del male qui” gli tocco i capelli. Si volta di scatto verso di me e quasi si strozza quando mi chiede “Cosa ne sai?” gli sfioro la fascia bianca che ha sulla fronte “Temo che il tuo terzo occhio abbia proiettato qualcosa di troppo” spalanca gli occhi mentre la temperatura della stanza torna quella che era in origine, si passa una mano sulla fronte.
 “Tu hai visto…quella cosa…” trema “Hiei era solo un sogno! Capita a tutti di fare incubi!” “Quella cosa non era un sogno!” urla, la voce gli si spezza sull’ultima parola, affonda di nuovo il viso fra le mani “Come sarebbe a dire..Hiei, che vuol dire che non era un sogno?” inizio a tremare anch’io mentre le sue spalle iniziano a sussultare, il labbro inferiore di nuovo fra i denti, le mani sul viso. Scuote la testa violentemente “Non guardarmi” mi siedo accanto a lui e gli appoggio una mano su una gamba, ma non si muove di un millimetro “Che vuol dire che non era un sogno?” gli chiedo sottovoce azzardando una carezza sui capelli.
Scuote la testa di nuovo “Che non era un sogno!” tossisce di nuovo piegandosi su se stesso, lo sostengo per le spalle e lascio che si appoggi a me per riuscire a stare seduto “Calmati… calmati o la ferita riprenderà a sanguinare” tira il fiato, poi si tocca la fronte con un dito “Non è niente di inventato, è successo davvero” si mette una mano sugli occhi “Sogno continuamente solo due cose: questo è quando mi hanno buttato giù dalla Terra dei ghiacci” “Mi vuoi dire che ti è successa una cosa del genere?” “Ero un bambino! E nel mondo dei demoni se sei un bambino quante possibilità hai di proteggerti secondo te?” avvicina il suo viso al mio, e mi accorgo delle strisce d’acqua che gli scendono dagli occhi, mi viene istintivo asciugargli il viso con una mano, e lui si accorge del suo errore.
Si è scoperto, ha lasciato che qualcuno lo vedesse piangere: spalanca gli occhi e resta impietrito mentre col pollice cancello una delle due linee che gli dividono il viso in tre parti “Non mi guardare”
“Hiei…ormai ti ho visto, è inutile che tu mi ripeta di non guardarmi” mi siedo dietro di lui comunque, lo circondo con le gambe e gli faccio appoggiare la schiena contro di me. Si irrigidisce subito, come sempre, ma continuo a tenerlo vicino “Quando ti è successo?” “L’ultima volta è stata parecchi anni fa ormai” stringo la presa sul suo torace “L’ultima volta?” annuisce senza voltarsi, grato del fatto che non lo stia guardando in faccia “Mi è successo più di una volta” la sua schiena è sempre più rigida, trema.
 “Volevano queste” prende in mano le sue pietre hirui “Sono più rare di quelle normali” osservo bene la pietra che tiene in mano: non è bianca, ma grigia. La stringe nel pugno quasi a volerla frantumare “Dopo anni ormai non piangevo più, l’unico modo era quello “ deglutisce “E non si facevano scrupoli ad usarlo” “Hiei…”
“Poi me ne sono liberato” ormai è un fiume in piena “Te ne sei liberato?” “Li ho uccisi. Tutti. Appena ho potuto” Si volta appena verso di me, ed ecco di nuovo la riga che avevo cancellato prima “E’…per questo che non vuoi essere toccato?” si stringe nelle spalle “Tu mi stai toccando no?” “Già” gli appoggio le mani sulle spalle “Rilassati ora, ci siamo solo io e te qui, nessuno ti farà del male” gli appoggio la fronte contro una spalla, ma la sua schiena resta rigida. È così fragile, come fatto di vetro, come se uno sforzo troppo grande potesse ucciderlo “Calmati… calmati” gli ripeto, mentre scosto la coperta per controllargli la ferita. Sembra tutto a posto.
Inizio a massaggiargli le spalle per cercare di farlo rilassare, ma riesco solo a farlo sobbalzare sul letto “Che stai facendo?!” “Cerco di farti rilassare un po’…chiudi gli occhi e appoggiati a me” senza la forza di reagire obbedisce, dopo un po’ sento la sua schiena più morbida, il suo respiro meno nervoso “Per quanti anni ti hanno tenuto prigioniero?” si fissa le mani “Nove? O forse dieci… non lo so più” guarda il muro “Sono stati i primi che ho ucciso, e poi non mi sono più fermato. All’inizio uccidevo anche solo che mi toccava per chiedere un’informazione o per sbaglio. Avevo così paura…” si nasconde di nuovo gli occhi e si irrigidisce di nuovo “Odio pensarci. Odio essere toccato. Odio questi sogni. È per questo che non volevo dormire qui stanotte.” “Sapevi che sarebbe successo?” “Succede sempre” risponde lapidario “O l’uno o l’altro. Non mancano mai”
Non so più che dire, gli fisso i capelli non più tanto dritti, resi appiccicosi dal sudore “Ti do fastidio?” ci pensa “No, non mi dai fastidio” “Allora posso continuare?” “Hn” mantengo le mani sulle spalle “Mi dispiace Hiei” non risponde “Non lo dirò a nessuno, promesso” si volta a sbirciarmi, vedo una mezzaluna rossa che mi fissa per qualche istante, finchè non si abbandona completamente su di me ed appoggia la testa sulla mia spalla “Ehi…tutto bene?” gli chiedo levandogli le mani dalle spalle ed abbracciandolo “Hn. Questa è la seconda domanda idiota di stasera” sorrido “Già, scusami” “Posso…posso dormire così?” mi accomodo meglio sul letto, lasciando che anche lui si adatti “Certo… dormi, ci sono io qui” gli passo una mano nei capelli “Fai bei sogni, da quelli brutti ti proteggo io” “Già…sarà facile” sibila. Apre gli occhi e mi fissa per qualche secondo prima di richiuderli. Rosso sangue. Lo stringo a me e questa volta non si irrigidisce, appoggia il viso al mio braccio e poi bisbiglia “Grazie”.
 
Mi sveglio con qualcosa che mi solletica il naso e la netta sensazione che sia lo stesso qualcosa che mi preme sulle costole. E il qualcosa in questione dev’essere un qualcuno, perché respira pure. Prima di farmi venire un infarto cerco di fare due più due. Ok. Ci sono. È solo Hiei che dorme ancora.
Aspetta.
Che dorme ancora? Com’è che dorme ancora? Lui che di solito si sveglia alle 6, se va dormire, dorme ancora alle…11 e mezza del mattino? Lo ascolto respirare più attentamente e capisco che è la febbre che lo tiene ancora a letto: respira laboriosamente e brucia, accidenti se brucia. Così non va, non va per niente!
“Hiei” lo chiamo sottovoce, quando non risponde inizio a battere col dito sulla sua spalla, finche non mi ritrovo a fissare due occhi rossi assonnati e cerchiati di nero. “Hn?” “Buongiorno… come ti senti?” scuote la testa senza rispondere, poi si strofina gli occhi coi pugni chiusi. Mi spavento a morte quando mi rendo conto che mi fa tenerezza. Basta così. 
“Hai fame?” Di nuovo no con la testa “Sei sicuro?” annuisce “Posso cucinarti qualcosa” Mi fissa, più attento “Quanto parli?”
Mi alzo dal letto lasciando che Hiei si sdrai di nuovo sul materasso, poi ci ripenso e mi siedo di nuovo, levando il cuscino e facendogli appoggiare la testa sulle mie gambe. È impressionante quanto le cose siano cambiate nel giro di due giorni: da non parlarci quasi mai a dormire insieme…ed ora lo sto facendo dormire sulle mie gambe!
Ovvio, le cose si fermano qui. 
“Ti senti un po’ meglio?” si stringe nelle spalle. Non mi direbbe mai di no, lo conosco. Ma si vede che non sta bene, sarebbe una bugia inutile: il capolavoro della diplomazia quindi è non rispondere. Non che non me lo aspettassi.
“La ferita ti da fastidio?” “No” “Ok…” inizio a sentire la mancanza di una comunicazione come si deve “Te la controllo e poi vado a farmi una doccia, va bene?” “Come vuoi” scosta il braccio dal fianco sinistro per lasciarmi campo libero e fa per sedersi, ma lo spingo di nuovo a letto sistemandogli il cuscino perché gli sorregga la schiena “Stai fermo” aspetto per qualche secondo una risposta degna di lui ma non arriva, me ne rendo conto mentre lavoro per sciogliere le bende. Hiei mi fissa curioso, al momento non c’è segno di malevolenza nei suoi occhi rossi. Non so se preoccuparmi o esserne felice. “ La ferita è migliorata” gli dico pulendola con acqua calda e riapplicando la pasta disinfettante “Ti metto delle bende nuove, poi ti lascio in pace” “Hn. Non mi dai fastidio, mi sembra di avertelo già detto” lo fisso perplessa.
Deve aver battuto la testa!
Scansa il mio sguardo e inizia a fissare fuori dalla finestra. Oh beh.
Fisso la fasciatura abbastanza stretta e lo vedo stringere gli occhi “Mi dispiace Hiei, ma devo fermare il sangue” annuisce senza parlare “Stai tranquillo a letto, mi faccio una doccia e torno” lo vedo annuire con la coda dell’occhio mentre mi dirigo verso il bagno.
Quando torno quello che trovo è un letto vuoto, le coperte a terra e una finestra spalancata sul parco gelido.
 
“Quel deficiente!” urlo girando per casa arraffando oggetti effettivamente innocenti, guardandoli in cagnesco e rimettendoli al loro posto con una forza tale da piantarli quasi sul posto. “Si farà ammazzare così! Se non si è già ammazzato da solo!” poi mi viene in mente il demone che lo seguiva “Cretino! Se è uscito per andare a fare a botte lo…” momento. Io lo…cosa? Perché mi interessa?
Oh si, lo so perché mi interessa.
D’un tratto sono spaventata, molto più spaventata e preoccupata che arrabbiata, terrorizzata. Spalanco la finestra ed esco, sorvolando il parco, alla ricerca di un’aura che riconoscerei fra mille.
 
Ho ricominciato a respirare solo dopo averlo visto: sdraiato fra gli alberi, coperto di sangue dalla testa ai piedi, un demone morto accanto e le mani sull’elsa della spada. Non sono riuscita a fargliela lasciare. Riesco a prenderlo in braccio in qualche modo e volo verso casa.
 
Mi precipito in casa volando dentro dalla finestra e rischio di sbattere in ogni angolo dalla fretta che ho addosso, lascio Hiei sdraiato a letto e mi precipito in bagno di nuovo a prendere il kit di pronto soccorso e una bacinella d’acqua calda. Hiei è ancora svenuto, un liquido rosso e appiccicoso gli copre gran parte del viso e dei vestiti, le mani stringono ancora la spada; mi avvicino e gli sfilo i pantaloni senza che reagisca in alcun modo, buttandoli a terra accanto a quello che rimaneva della maglia che gli avevo dovuto tagliare ieri. Questo cretino è uscito senza nemmeno una maglia! Le bende che gli avevo sistemato per la ferita sul fianco sono strappate e zuppe di sangue, ha i segni di un morso fra il collo e la spalla destra e un solco profondo sul braccio sinistro, quasi come se avessero cercato di strapparglielo mordendolo. Sanguina anche da una ferita sulla schiena e la gamba destra ha un’angolazione che non mi piace, respira affannosamente ed ha un taglio sulla fronte. Probabilmente sarebbe stato uno scontro duro comunque, ma affrontare un demone del genere ferito e con la febbre è stato quasi un suicidio.
Inizio a lavargli la schiena e guarisco il taglio abbastanza velocemente, poi passo al fianco: la ferita si è riaperta ma non sanguina esageratamente, quello che mi preoccupa è il veleno… preparo un infuso da fargli bere appena si sveglia e continuo a lavare via il sangue, riapplicando la poltiglia verde su tutte le ferite e fasciandole prima di arrivare alla gamba. Quando appoggio le mani sulla frattura e premo per far rientrare l’osso in posizione Hiei contrae i muscoli dello stomaco e stringe la spada a se finchè non sente diminuire il dolore, ma si sveglia di scatto quando gli passo il panno bagnato sul viso per pulirlo da sangue. Salta a sedere sul letto con gli occhi sgranati, sembra registrare di non essere più nel parco e crolla stringendo gli occhi senza rendersi conto di avere ancora la spada fra le mani. Lo tengo fermo con tutto il mio peso mentre gli passo le mani sul viso, macchiandole di rosso, e ripetendogli continuamente “Hiei sono io, va tutto bene”. Quando apre gli occhi fissa la spada come se non riuscisse a lasciarla andare finche non appoggio le mie mani sulle sue. Tremano.
Mi fissa mentre gli dico “E’ finita ora…lasciala andare” sento che allenta la presa con una lentezza estenuante, ma non oso insistere di più. Finalmente apre le dita e la spada cade a terra con un rumore metallico che lo fa sobbalzare “Calmati ora, è tutto ok. Sei a casa, va tutto bene” gli passo di nuovo le mani sul viso scostandogli i capelli dalla fronte per controllargli il taglio e lo vedo fissarmi senza aprire bocca mentre gli tolgo il sangue dalla pelle e guarisco anche quella piccola ferita, per poi controllargli il collo ed il segno dei denti che ci è rimasto impresso, a forma di mezzaluna. Come avvicino le mani alla ferita Hiei si scosta evitando il mio sguardo, appiattendosi contro il muro. Mi avvicino lentamente “Hiei, sono io! Che ti prende?” sta andando in iperventilazione, respira velocemente e mi fissa per qualche secondo prima di togliere la mano dalla ferita, si ridistende lentamente finchè non mi prende per un braccio e non mi tira a se, nascondendo il viso nella stoffa del mio kimono, ormai macchiata indelebilmente di rosso. 
“Hiei!” gli prendo il viso fra le mani e cerco di farglielo alzare, ma non ne vuole sapere, non riesco a guardarlo negli occhi perché è lui stesso a non volere che ci riesca. Devo pulirgli la ferita prima che si infetti, ma se non riesco a farlo riprendere prima non credo di riuscirci, mi siedo accanto a lui circondandogli la schiena con le braccia. Appena lo tocco mi lascia subito andare e si scansa con uno strattone che mi fa finire a sedere a terra. Resto imbambolata a guardarlo dal tappeto.
“Sc… scusami” mi dice con gli occhi spalancati prima di nasconderli dietro la mano sinistra.  “Hiei, che ti è successo?” gli chiedo mentre mi arrampico di nuovo a sedere sul letto risistemando i rotoli di bende che sono volati da tutte le parti. Scuote la testa “Niente” “Come no”
Gli appoggio una mano sulla schiena e lo vedo irrigidirsi. Di nuovo. Eppure era riuscito a rilassarsi ieri sera. Lascio la mano dov’è e cerco di raggiungere la ferita sul collo spostandola lentamente, se ne accorge ma mi lascia fare stringendo le labbra “Non voglio farti del male” “Lo so” risponde a mezza voce annuendo, mi lascia fare. Pulisco la ferita e lo sento irrigidirsi sempre di più, respirare sempre più veloce via via che cerco di rattopparlo. Quando finisco di bendarlo è diventato una statua, respira a scatti trattenendo l’aria, quando la lascia andare lo fa sforzandosi di riuscirci. Gli tocco un braccio e lo vedo saltare sul letto “Hiei, che ti è successo”
Questa situazione è l’ultima in cui pensavo di ritrovarmi. Io che cerco di convincere Hiei a dirmi cos’è successo e lui che non mi minaccia di morte ogni cinque minuti. Se non fosse che Hiei è nello stato in cui è mi verrebbe quasi da ridere. “Preferisci che non ti tocchi?” guarda verso di me attraverso le dita della mano, mi ritrovo attraversata da uno sguardo terrorizzato che non gli avevo mai visto prima. Chiude gli occhi, forse temendo di essersi scoperto troppo, e cerca di riprendere a respirare normalmente “Non mi dai fastidio”
Mi siedo di nuovo alle sue spalle e lo circondo con le gambe per la seconda volta, ma invece di farlo sdraiare su di me sono io che cerco di aderire alla sua schiena il più possibile, è praticamente congelato ma non capisco se trema per il freddo o per il contatto troppo ravvicinato. Lo sento ricominciare a tremare e mi allungo verso la coperta tirandogliela sulle gambe nude “Hai freddo?”
Esala un “No” poco convinto, così gli tiro su la coperta fin sulle spalle mentre gli passo le mani sulle braccia per cercare di scaldarlo “Botan, basta” resto interdetta e mi chino verso il suo viso, ma lo tiene sempre nascosto dalle mani, i gomiti appoggiati sulle gambe, mi alzo e mi siedo di fronte a lui “Hiei” cerco di tirare fuori la voce più ferma che ho “Che ti hanno fatto? Non è da te comportarti così. Che ti è successo?”
Il sopracciglio destro si alza d’istinto mentre si  libera il viso e mi fissa allungando una mano verso la mia fronte e chiudendo gli occhi, lo imito. Di nuovo il giovane demone nudo, ma non è lui al centro dell’attenzione ora, è chi lo sta tenendo fermo. Capelli rossi, occhi neri. Un ghigno soddisfatto mentre raccoglie le pietre che faranno la sua fortuna. Tutto diventa nero prima di vedermelo di nuovo davanti nel parco davanti casa, con la solita espressione di disgustosa soddisfazione mentre mi fissa. Ma non fissa me, fissa Hiei, e io sto vedendo attraverso i suoi occhi. “Ottimo” mi dice leccandosi le labbra “Sei cambiato pochissimo” pochi istanti dopo quello che riesco a vedere è solo terra e aghi di pino mentre sento le zanne entrare nel collo e la sua voce all’orecchio “Vediamo se sei ancora redditizio”. Quello che so è che pochi minuti dopo lo guardo morire, e poi tutto diventa nero.
 
Hiei rompe il contatto togliendo la mano dalla mia fronte e raccoglie le ginocchia al petto guardandomi come a sfidarmi. Come se dicesse “E adesso cosa conti di fare?” di sicuro non si aspetta quello che faccio, e onestamente non mi aspettavo nemmeno io che il mio istinto di conservazione fosse sconfitto dal bisogno di abbracciarlo e di fargli appoggiare la testa sulla mia spalla, affondando il viso nella massa dei suoi capelli neri. Anche senza vederlo so che ha gli occhi spalancati a metà fra lo shock e la paura di avere una persona così vicina dopo quello che gli è successo, lo sento annuire quando gli chiedo se quel demone è morto. “Allora è finita” gli dico accarezzandogli i capelli “Sei diventato più forte e l’hai ucciso, non potrà più toccarti. È finita” lo sento tremare mentre mi afferra le spalle e nasconde il viso nell’incavo del mio collo. Lo lascio fare, sapendo che non mi perdonerebbe mai se cercassi di vederlo in faccia in questo momento, mi limito a tenerlo vicino accarezzandogli i capelli e la schiena mentre si aggrappa a me con una disperazione che non è sua finchè non dice “E’ la terza volta che mi salvi la vita”
“La terza? Hiei, ti ho ricucito due volte, non tre” scuote la testa di nuovo “Fidati, è la terza” tira su la testa e si lascia cadere di fianco appoggiando la testa al cuscino, mi siedo accanto a lui decisa a vegliarlo finchè non si addormenta. Sussurra un “Ti ringrazio” prima di chiudere gli occhi, mi sdraio accanto a lui e dormo anch’io.
 
Mi sveglio con uno strano peso sul collo, è come un piccolo oggetto sferico, freddo. Quando apro gli occhi vedo Hiei che mi fissa e azzarda un mezzo sorriso dei suoi dicendo “Non l’avrei mai detto, ma ti donano” “Ma di che stai parlando?” allunga una mano verso il mio collo e solleva l’origine della mia perplessità “Li ho fatti mentre dormivi, non ti sei nemmeno accorta del fatto che te li avevo infilati” guarda l’oggetto misterioso in questione e sorride imbarazzato “Non sono male, dovresti dargli un’occhiata” porto una mano sull’orecchio e sgrano gli occhi riconoscendo un orecchino che sicuramente non avevo quando mi sono addormentata, lo sfilo dal lobo e lo fisso disorientata “Hiei… lo hai fatto tu?” annuisce distogliendo gli occhi dai miei. È una delle sue pietre hirui legata a un filo di rame, non gli chiedo dove ha trovato il gancio da orecchini perché so che non mi risponderebbe, l’avrà rubato da qualche parte. “Ne hai due, per la precisione. Sono un paio” si fissa le mani arrossendo “Hiei… sono bellissimi” “Sono semplicissimi, non sono nemmeno riuscito a legare bene il filo…” lo zittisco appoggiandogli un dito sulle labbra e sorrido quando vedo che mi guarda in cagnesco “Non dire stupidaggini, sono splendidi” gli ripeto assicurando di nuovo l’orecchino all’orecchio e allacciandogli le braccia dietro al collo per abbracciarlo “Grazie Hiei” “Hn. Sono io che dovrei ringraziare te” abbasso lo sguardo per incrociare il suo e lo vedo arrossire di nuovo, per conto mio sento già di essere color pomodoro maturo. “Quindi… hai fame?” cerco di dire, ma la voce mi frega. Sento la sua mano sulla guancia e mi dimentico completamente del cibo mentre sfiora le mie labbra con le sue. Lo fisso “Questa si che è una di quelle cose che non ci si aspetterebbe mai” dico ridacchiando. Si stringe nelle spalle “Se lo dici tu” sorride.
A me.
Per la prima volta.  

 
  
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