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Autore: malandrina4ever    15/12/2009    48 recensioni
«Perché sono il tuo migliore amico. E se c’è qualcosa che ti pesa, allora tocca a me portarla al posto tuo.»
~ James Potter
«E lui poteva appendermi a testa in giù tutte le volte che ne aveva voglia, ma questo non sarebbe mai cambiato. Perché Lily sorrideva a me e non a lui.»
~ Severus Piton
«Potrebbe essere un complimento, lo sarebbe, se solo non fossero la voce e gli occhi di Potter. È incredibile come riesca a far suonare anche le frasi più gentili come una presa in giro, socchiudendo appena gli occhi e imprimendo quella vena beffarda in ogni parola.»
~ Lily Evans
«La vocina acuta che continua a ripetere ‘Prefetto. Dovresti essere un Prefetto’ si attutisce appena di fronte ai sorrisi entusiasti dei miei amici.»
~ Remus Lupin
«Il Grifondoro che c’è in me crede che, forse, dovrei sentirmi almeno leggermente in colpa per aver barato. Ma il Malandrino che c’è in me continua a ghignare soddisfatto.»
~ Sirius Black
«James si sta approfittando spudoratamente della nostra volontà di risollevargli il morale, noi lo sappiamo, lui sa che noi sappiamo, ma finiremo comunque a dare l’assalto alla Sala Comune dei Serpeverde, perché a volte per essere un buon amico devi semplicemente essere bravo a lanciare bombe fatte di cacca.»
~ Peter Minus
«Alla fine Sirius sa essere un fratello impeccabile. Solo non il mio.»
~ Regulus Black
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I'm not a perfect person
I never meant to do those things to you
And so I have to say before I go
That I just want you to know

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Ed improvvisamente non mi sento più così perfetto, perché Lily Evans sta baciando lui e non me.
Perché sarà sempre così, sarà sempre chiunque altro, piuttosto che me.
Ed è semplicemente l’ordine naturale delle cose, come sono sempre andate e sempre andranno, ma non riesco a togliermi dalla testa che è comunque tutto totalmente sbagliato.
Si fotta l’ordine naturale delle cose, dovrei essere io.
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I've found a reason to show
A side of me you didn't know
A reason for all that I do
And the reason is you.
Genere: Comico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans, Mangiamorte, Sirius Black | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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PROLOGO

23 Agosto 1976.

 

 

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«Incredibile! Scommetto che quando avete speso quei venti galeoni per assistere alla finale di Coppa, non immaginavate di esservi appena guadagnati un posto in prima fila per la nascita di una leggenda del Quidditch!»
Tra la folla in delirio e il vento che mi sferza il viso, a malapena sento la voce amplificata del cronista. Il pubblico grida a pieni polmoni il mio nome, mentre io volo sorridente attorno al campo, il boccino che ancora si dimena frenetico nella mia stretta.
«Due secondi e mezzo, signore e signori! James Potter è appena entrato nella storia del Quidditch, battendo il record di Roderick Plumpton che regnava incontrastato da quasi un secolo e portando la sua squadra, i Cannoni di Chudley, alla vittoria per la prima volta dal 1892!»
Il mio sguardo è puntato sognante sulla tribuna d’onore, dove al fianco del Ministro della Magia un bagliore dorato svela la presenza della Coppa del Mondo, la mia Coppa. Per un attimo penso a quanto sarebbe disdicevole se ora mi ci fiondassi sopra in picchiata e me la portassi via e basta, saltando la lunghissima e pomposa cerimonia di premiazione. La stampa mondiale impazzirebbe e probabilmente irrispettoso sarebbe la parola più quotata in ogni articolo, ma stare al centro dello stadio sta diventando insopportabile: la folla grida così forte da coprire il suono dei miei stessi pensieri e qualcuno ha iniziato a suonare un qualche strumento che mi sta letteralmente perforando i timpani. Oh maledizione, fate silenzio.
Il poster a grandezza naturale appeso proprio di fronte al mio letto, raffigurante una veduta dall’alto dello stadio di Quidditch in cui si è giocata la finale Cannoni di Chudley contro Vespe di Winbourne, rende sempre meno traumatico il passaggio dai miei sogni di gloria alle pareti della mia camera a Godric’s Hollow.  
«James, dannazione, vai a vedere chi diavolo è!»
Quello che rende traumatico il mio risveglio, d’altro canto, è mia madre che grida come un’ossessa dalla sua camera alle tre di notte, in aggiunta all’irritante e ripetuto suono del campanello. Non credo che sia una reazione molto materna mandare in avanscoperta il suo unico figlio, quando è notte fonda e potrebbe essere chiunque, magari uno di quei pazzi con i mantelli e le maschere che se ne vanno in giro ultimamente ad uccidere la gente. Ma suppongo che alle tre di notte non ci sia spazio per le reazioni materne.
«Arrivo!» grido esasperato, scendendo velocemente le scale e chiedendomi come faccia mio padre a continuare a dormire con tutto questo casino: vorrei aver ereditato il sonno pesante da lui, invece della miopia. E poi il marmo duro e freddo degli scalini è contro le mie ginocchia e il mio sedere e i miei gomiti e quanto diavolo durano queste dannate scale? Quando finalmente il mio corpo si ferma, atterrando a peso morto sul pianerottolo, realizzo che scendere le scale di corsa, appena sveglio e senza occhiali, non è la cosa più intelligente che io abbia mai fatto.
Con un gemito indolenzito, mi aggrappo alla maniglia della porta per rialzarmi e questa si apre naturalmente, venendomi addosso, così mi ritrovo di nuovo per terra e questo non è assolutamente il modo migliore di iniziare la giornata. Non è nemmeno l’ora di iniziare la giornata, come mi ricorda l’assenza di luce all’esterno.
«Sei ridicolo,» mi informa la figura sulla soglia della porta, tendendomi una mano. I Mangiamorte, così si fanno chiamare, non hanno la voce del mio migliore amico, così afferro la mano e mi lascio tirare su, solo per ritrovarmi davanti il viso sfocato di Sirius. 
Sono appena caduto dalle scale per colpa sua e mi ha impedito di vincere la Coppa del Mondo per la seconda volta in una sola notte, ma non sento la sua voce dalla fine della scuola, quasi tre mesi fa e il mio primo istinto è quello di saltargli al collo entusiasta. Poi mi blocco però, perché quello sulla faccia di Sirius, più o meno dalle parti del naso - come vorrei aver preso gli occhiali - sembra sangue, secco, ma sempre sangue ed in effetti non è la norma che lui si presenti a casa mia nel pieno della notte, anche se non esiste una vera e propria norma con Sirius. 
Ai suoi piedi c’è una massa scura, presumibilmente il suo baule, ed anche se non sono nelle mie piene capacità mentali, non mi ci vuole molto a collegare.
«Sei...»
«Sì,» annuisce lui, dondolandosi sulla soglia ed evitando il mio sguardo. Credo che lo stia evitando almeno, ma forse sono solo i gradi che mi mancano che evitano me.
«Ok,» annuisco deciso, cercando di prendere in mano la situazione, perché il mio migliore amico è appena scappato di casa e sembra piuttosto sperduto al momento. Poi ci fissiamo in silenzio per qualche secondo, perché non so bene come prendere in mano la situazione. Ma Sirius questo non lo deve capire, così decido di iniziare prendendo in mano il suo baule e trascinandolo in casa. «Entra, forza.»
«James, chi è?» Mia madre spunta dalla cima delle scale, in vestaglia e dei capelli che non lasciano adito a dubbi sulla nostra parentela. «Oh, Sirius, tesoro! Che ti è successo?»
Naturalmente non appena vede Sirius il suo tono cambia radicalmente ed ora non sembra più una pazza isterica.
«Sta bene, mamma, torna a dormire,» la liquido in fretta, perché non so quanto Sirius possa sopportare di essere chiamato tesoro in questo momento.
«Non l’ho chiesto a te,» Mi rimbrotta ed immediatamente il tono perde ogni traccia di dolcezza. «Sicuro di non volere una cioccolata calda, Sirius?»
«Non è necessario, signora Potter, davvero,» Sirius sta usando il suo tono da bravo ragazzo e anche se non vedo ad un palmo dal naso, sono sicuro che ha sfoderato il sorriso che fa sciogliere mia madre peggio di un’adolescente. «Torni pure in camera, mi dispiace di averla svegliata.»
«Oh non ti preoccupare, caro, tra quello sciagurato che parla nel sonno e mio marito che russa non faccio mai sonni tranquilli in questa casa.»
Lo sciagurato sono io, per l’appunto. Di solito mia madre è molto più amorevole di così, davvero, ma di fronte a Sirius le viene naturale concentrare tutta la sua gentilezza verso di lui e ignorare il resto del mondo. Il mio amico ha quest’effetto sui genitori, esclusi i suoi ovviamente, che è poi il motivo per cui è qui ora.
«Andiamo di sopra,» stabilisco non appena mia madre sparisce in camera sua, trascinandomi il baule su per le scale. Sirius mi segue in silenzio, cosa piuttosto insolita per lui.
Ci dev’essere qualcosa che posso dire per sistemare tutto e fargli tornare la voglia di cianciare all’infinito, così che io debba prenderlo a cuscinate per fargli chiudere la bocca. È piuttosto frustrante che non mi venga proprio in mente quale sia la cosa perfetta da dire, quando di solito ho un innato talento per la perfezione. 
Non appena mi infilo gli occhiali sul naso e il mondo smette di essere un ammasso sfocato di immagini, è peggio di quanto pensassi: Sirius se ne sta in piedi in mezzo alla stanza, il naso impiastricciato di sangue incrostato ed un occhio nero che mia madre, complici il sonno e la penombra, evidentemente non ha notato. È la prima volta da che lo conosco, e sono sei anni, che il mio migliore amico mi sembra spaventato. Cerca di non darlo a vedere, ma continua a guardarmi spaesato e come in attesa che io dica qualcosa e sistemi tutto. Ed anche io mi aspetto questo da me stesso, perché non esiste che Sirius continui ad avere quella faccia. Solo  che l’unica cosa sensata che riesco a pensare in questo momento è che un giorno imparerò a lanciare una Cruciatus e le richieste di pietà di Orion e Walburga Black non serviranno a nulla, ma non vedo come questo possa essere d’aiuto al momento. Così mi avvicino a lui, ignorando la sua espressione allarmata.
«Sto per farlo.»
«Non ci provare, Potter.»
«Sto per farlo e niente di quello che dirai potrà farmi desistere.»
«Ti prenderò a pugni, se solo...»
Sirius mi sta ancora minacciando, quando lo abbraccio.

 
*

 
Non sono io quello espansivo del gruppo, ok.
Non vedo come chiunque potrebbe esserlo, essendo cresciuto a casa Black.
E non lo è nemmeno Remus, che per anni ha temuto che le persone avrebbero potuto scoprire la sua Licantropia semplicemente sfiorandogli per caso la mano. E nemmeno Peter se ne va in giro ad abbracciare la gente ad ogni occasione.
A questo punto, considerando che su un gruppo di quattro persone una sola è tremendamente espansiva, sarebbe logico che fosse quella persona ad adeguarsi e a darsi un contegno, no? No. 
Perché dopo sei anni ci ritroviamo tutti ad esserci abituati a James che se ne salta fuori dal nulla con dichiarazioni d’affetto imperituro e abbracci stritolanti.
Sospiro rumorosamente, le braccia rigide lungo i fianchi, ma James, ancora caldo di letto, non accenna a sciogliere l’abbraccio. Il naso mi brucia ancora e ho un occhio più gonfio che mai, ma per un attimo smetto di sentirmi come un bambino che si è perso per strada.  
«Femminuccia,» stabilisco, quando James si stacca da me, riportando la dignità nell’aria a livelli accettabili.
Per tutta risposta, lui mi spintona. Io gli rifilo a mia volta una spinta. E poi non mi è molto chiaro cosa succede in seguito, ma al momento ci sono io che tento di imprigionare James all’interno della sua coperta.

 
*

 
È difficile persino per me non sentirmi nemmeno lievemente stupido nel momento in cui realizzo che davvero non riesco a muovere le braccia, trattenute lungo i fianchi dallo strettissimo bozzolo in cui sono intrappolato. Nonostante io sia stato forzatamente avvolto più e più volte nella coperta, cosa che vi assicuro non essere affatto piacevole, riesco ancora a sentire perfettamente la durezza del pavimento su cui sono steso. E sta iniziando a fare terribilmente caldo qua dentro.
«Sto per finire l’ossigeno» annuncio a voce più alta possibile. Per tutta risposta un improvviso peso sullo stomaco mi informa che il mio migliore amico si è appena seduto sopra di me. Io sospiro frustrato, tentando di ignorare il crescente senso di claustrofobia causatomi dal non potermi muovere come vorrei. D’altronde finire intrappolato in una coperta è qualcosa che devi mettere in conto, se decidi di abbracciare Sirius Black.
«Sirius.»
«Piantala di lagnarti: quando sarai svenuto, ti tirerò fuori.»
«Questo è confortante, credo, ma non voglio uscire. Cioè, voglio naturalmente, lo voglio disperatamente, ma non volevo dire quello.»
«E allora cosa?»
«Sono felice che tu sia qui.»
Sirius resta in silenzio.
Sono sicuro che sta ringraziando il cielo di avermi rinchiuso in una coperta, perché questo è senz’altro uno di quei momenti in cui Sirius si volterebbe di lato, evitando il mio sguardo.
Sapevo che la mia frase avrebbe allungato la mia permanenza qua sotto, ovviamente, ma il silenzio dura più a lungo di quanto pensassi.
Sirius resta seduto su di me –o è lui o mi ha appoggiato qualcosa sopra ed ora sta scrivendo una lettera a Remus e Peter per raccontargli di quanto io sia ridicolo in questo frangente. Solo che so che non lo ha fatto: è ancora qui e non si decide a spezzare il silenzio con qualche battuta delle sue per poi liberarmi. È frustrante perché sono qui con lui e mi sono lasciato rinchiudere dentro una coperta ed ora non sto cercando di uscirne, ma non basta.
Perché questa è casa sua e lo sa, così come sa che non dirò nulla né mi muoverò fino a quando non sarà lui a spezzare il silenzio, anche a costo di passare tutta la notte a soffocare qua sotto.
Ma loro continueranno ad essere la sua famiglia.
Ed è inutile che ci sia una coperta tra noi, perché è mio fratello e riesco a vederlo anche senza guardarlo. 
E anche quando Sirius, dopo un tempo indeterminabilmente lungo, si decide a liberarmi e ride e scherza, con gli occhi solo lievemente rossi, continuo a sentirmi impotente come se fossi ancora imprigionato nella coperta, le braccia costrette inerti lungo i fianchi.
Ma rido e scherzo con lui, perché in questo siamo bravi entrambi.
 




 

 

 

 

 

   
 
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