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Autore: Rohchan    15/01/2010    4 recensioni
Erano passati un sacco di anni.
Secondo le sue idee, ovviamente. Era un uomo di quasi trent’anni ormai, e la vita – la sua vita- gli aveva insegnato che spesso le cose non sono come appaiono, le situazioni che sembrano disperate possono esserlo sul serio, e tante volte si crede fermamente in una cosa che non esiste.
Fanfic terza classificata al contest "La Legge di Murphy" indetto da su_ni su EFP.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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...
Ok. Io vado.
La pubblico perchè NON CI CREDO, essenzialmente.
...ricordate quando vi dicevo che avevo due fic bloccate da dei contest a cui mi ero masochisticamente iscritta?
Bene.
Questa è una delle due.
Ed è arrivata terza.
Non so come, ma è arrivata TERZA. Ho fissato lo schermo come una beota per un quarto d'ora, per essere sicura di non aver letto la riga sbagliata.
Quindi la pubblico, sperando di non irritare la giudice -per piacere s'ni, non ti arrabbiare...T.T-, e di ricevere qualche commentuccio.
Perchè, DOVETE credermi...io sono convinta di camminare sulle uova, con questo manga.
E su una lastra di cristallo fiiiiiiiiiiinissima con questa coppia. E bon, che ho blaterato abbastanza.
...
La fic è dedicata a tre persone:
- Onigiri, che è stata la mia beta fantastica, ed è anche grazie a lei se sono arrivata in questa posizione (si sfrega ancora gli occhi per essere sicura di vedere bene);
- Alexis88, perchè mi ha fatto conoscere lei Naruto come si deve. Ed è lei la prima ad avermi messo in testa questo pairing con un minimo di senso oggettivo;
- suni, perchè è l'unica che sa scrivere di Naruto e Sasuke come kami comanda. Io non so se ha le chiavi di casa loro o cosa, ma nelle sue parole quei due sono reali al punto che mi vien voglia di cercarli per chiedergli un barattolo di zucchero, come la miglior vicina curiosa del mondo.

E ora basta.
A voi...^^
Rohchan

Si troverà sempre una qualsiasi cosa nell'ultimo posto in cui la si cerca.

Erano passati un sacco di anni.
Secondo le sue idee, ovviamente. Era un uomo di quasi trent’anni ormai, e la vita – la sua vita- gli aveva insegnato che spesso le cose non sono come appaiono, le situazioni che sembrano disperate possono esserlo sul serio, e tante volte si crede fermamente in una cosa che non esiste.

Era quasi il crepuscolo, a Konoha.
Un bel crepuscolo di tardo autunno, con il cielo cristallino e l’aria che sa di ghiaccio e neve e punge le narici.
Camminava fischiettando, le mani spinte dentro le tasche dei pantaloni fino quasi a sfondarle, rigirando tra le dita qualche moneta.
Per strada non c’era più nessuno, a parte un ragazzino che schizzava frettoloso verso casa, da una madre che probabilmente borbottava accanto ai fornelli perché era tardi: lui era tanto sporco da non poterne distinguere i lineamenti e suo padre si sarebbe arrabbiato perché la cena non sarebbe stata pronta alla solita ora.
Naruto sorrideva.
Lui non aveva una madre a casa, nemmeno un padre.
Aveva tanto voluto qualcuno che lo prendesse a sonori scapaccioni, quand’era il momento, ma non era stato possibile.
La sua vita, quella a cui lui si ostinava a sorridere nonostante tutti i guai, le brutture, le perfidie, continuava imperterrita a strappargli dalle mani qualsiasi cosa cui si affezionasse.
Non aveva una moglie, lui.
Non la voleva più.

Hinata-chan, per una volta nella sua vita, appena prima della battaglia finale che aveva praticamente raso al suolo il Villaggio della Foglia rendendolo più simile ad una voragine piena di polvere, sassi, morti e detriti che al luogo in cui erano cresciuti, era stata coraggiosa abbastanza da dirgli di amarlo con la voce un po’ meno rotta del solito.
Era stato quasi tre anni prima.

La vera battaglia non era ancora iniziata.
Sasuke e i suoi avevano fatto un’incursione, ma era stata più una scaramuccia per saggiare le difese della Foglia che un vero attacco.
Naruto non aveva osato sperare che sarebbe davvero bastato così poco a saziare la sete di vendetta dell’Uchiha.
Le aveva sorriso mesto, lei piena di polvere, una ferita sulla guancia sinistra che le avrebbe lasciato una leggera cicatrice, le mani già bruciate per l’eccessivo impiego di chakra, gli abiti sporchi e qua e là strappati.
Le aveva passato delicatamente una mano sulla guancia sana in una carezza gentile, si era avvicinato e l’aveva abbracciata, e Hinata s’era aggrappata a lui come ad una roccia, il viso sul suo petto a sporcarsi del suo sangue, scorrendo piano le mani lungo la sua schiena nuda.
L’aveva tenuta così per un poco, aspettando che il tremendo battito del cuore di lei rallentasse, le permettesse di respirare di nuovo normalmente.
- Mi dispiace, Hinata.- le aveva detto poi, scostandosi leggermente.
Anche lui era tutto sporco, il coprifronte impolverato e rigato, i pantaloni quasi a brandelli, il ciondolo di Tsunade-sama nero di sangue raggrumato sul petto pieno di graffi e tagli.
- Non posso amarti.-
Quelle parole erano state una pugnalata per la ragazza, che l’aveva fissato sgranando gli occhi d’argento con la delusione ed il dolore incisi sul viso.

Era stato, in un certo qual modo, comicamente curioso. Anche un po’ perverso, a ripensarci ora, mentre camminava per le strade del villaggio.
Durante la battaglia che aveva quasi distrutto il suo mondo, ad un certo punto Naruto aveva perso il controllo. La memoria non era tornata né subito dopo l’imprigionamento definitivo di Kyuubi, né nei giorni successivi.
Sakura gli era rimasta accanto con amore, curandogli le ferite del corpo e cercando di rimettere insieme i cocci sparsi della sua mente devastata dalla potenza e dal controllo impossibile da eludere del demone volpe, ed in mezzo ai pensieri sconnessi, al dolore delle ossa che lentamente si rimettevano in sesto, ai ringhi sordi della bestia di nuovo prigioniera, Naruto aveva avuto a tormentarlo una sola scheggia di coscienza, tagliente come il filo perfetto di una katana.
Sasuke.

Naruto sapeva che il suo vecchio amico era rimasto ferito; era l’ultimo ricordo prima dell’oblio.

Non aveva potuto chiederle scusa. Come se avessero atteso esattamente quel momento, Sasuke, Karin, Suigetsu ed i loro mercenari erano tornati all’attacco, trascinando il Villaggio quasi alla distruzione.
Naruto da quel momento in avanti non aveva fatto altro che combattere e salvare, combattere e proteggere, a mani nude o con i kunai, salvando anziani e bambini e cercando con tutte le sue forze di tenere in piedi almeno l’Ospedale ed il palazzo dell’Hokage.
Tsunade, Jiraya e gli altri ninja erano impegnati ad arginare i danni, mentre il Sensei cercava Sasuke per fermarlo.
Naruto aveva obiettato, urlato addirittura, che Sasuke era suo e che avrebbe voluto –dovuto-fermarlo lui, ma Kakashi era convinto che nonostante l’allenamento speciale cui si era sottoposto non sarebbe stato forte abbastanza.
Non senza la Volpe, ed il Sensei sapeva che Naruto non voleva più ricorrere al chakra del demone.

E così si era gettato a capofitto nella battaglia, fino a perdere addirittura il senso del tempo.
Ma poi si era trovato Sasuke davanti, e dopo la rabbia iniziale, la furia e lo sconcerto, il dolore nel vederlo ancora tentare di distruggere ciò che lui voleva proteggere, Naruto aveva perso il controllo.
I suoi ricordi diventavano a quel punto una macchia confusa dalle tinte rossastre, in parte dovute al tramonto ed in parte al chakra di Kyuubi che lo sopraffaceva, spingendolo in un angolo e confondendo i loro battiti cardiaci fino a che quello della Volpe era stato l’unico udibile.

La cosa strana, urticante, l’unico ricordo –o forse sarebbe stato meglio definirlo sensazione- che aveva era che gli sembrava di aver fatto qualcosa di insolito, allucinato…ma poi tutto era diventato nero, di colpo, e l’immagine successiva era il viso di Sakura, pieno di lacrime, che con le mani sporche di sangue cercava di arginare le sue ferite su una barella di fortuna nel campo medico improvvisato al villaggio.
Di Sasuke non c’era traccia, non lo sentiva e non poteva vederlo, bloccato da bende e flebo. Avrebbe voluto chiedere, ma dalla sua gola arsa non usciva alcun suono.
Eppure lui sapeva che Sasuke l’aveva aiutato. Ricordava distintamente il fastidio di Kyuubi, come un pungolo in quel poco di coscienza che gli era rimasta in quei momenti, quando l’Uchiha aveva interposto la sua coscienza tra le loro, cercando di scindere il demone dall’uomo.
Sapeva che doveva esserci riuscito, in qualche modo, altrimenti non sarebbe potuto tornare, ma non sapeva come.
E sapeva di aver fatto qualcosa, appena prima di perdere conoscenza, che l’aveva confuso, ma con calore.
Se cercava di ricordare, sentiva dolore ed una curiosa scintilla ustionante nel petto.

Ora sapeva cos’era stato, a fargli capire che non era Hinata la moglie che voleva.
E nemmeno Sakura.
Qualche mese dopo, il vecchio compagno di team aveva iniziato ad evitare di scartarlo ad ogni piè sospinto, inventandosi le scuse più stupide per non vederlo. E la sensazione, cui ancora non aveva dato un nome, era tornata a bussargli nella testa.

Kakashi gliel’aveva raccontato, quando le ferite del corpo si erano rimarginate. Il suo vecchio maestro aveva perso una gamba nella battaglia, ed era buffo vederlo aggirarsi per le stanze del palazzo dell’Hokage con quello strano rumore di orologio a singhiozzo.
Passo, colpo, strisciata di piede. Passo, colpo, strisciata di piede.
Tsunade aveva detto che non si poteva fare nulla per salvargli l’arto, e così la gamba destra era stata amputata e sostituita con una protesi di legno.
Yamato aveva provveduto a crearla il più simile possibile alla gamba vera.
Il ninja copia era entrato nel suo ufficio di Primo Consigliere, due giorni dopo che l’Hokage gli aveva conferito la carica, “per aver salvato il villaggio dalla distruzione certa”. Naruto non l’aveva ancora detto a nessuno, ma sperava tanto che un giorno quell’ufficio si sarebbe trasformato nella carica che sognava da tutta la vita.

Il Sensei si era seduto stancamente, mormorando qualcosa di incomprensibile, sfregandosi la protesi con vigore.
- Fa molto male, Maestro? Mi dispiace…- aveva farfugliato, a disagio.
Grazie alla volpe – e a Sasuke, anche se ancora nessuno gli credeva-, Naruto era sopravvissuto abbastanza bene alla catastrofe.
Certo, ci erano volute diverse settimane prima che potesse tornare a camminare sulle sue gambe e mangiare da solo, ma se non altro era ancora tutto intero.
- A volte sì, Primo Consigliere…-gli aveva risposto l’altro sorridendo con lo sguardo- ma è una cosa cui dovrò fare l’abitudine. Un po’ come te.-
- Cosa vuoi dire?-
- Non sono l’unico a dover convivere con qualcosa di estraneo, dico bene?-

Era stato allora che Kakashi gli aveva raccontato ciò che lo Sharingan aveva visto.
Durante la battaglia, Sasuke era riuscito –nemmeno lui riusciva a capacitarsi del come- a scindere la Volpe dalla sua mente, frapponendosi con la forza.
La mossa gli era costata cara, molto.
La Volpe non aveva gradito l’intrusione, e per vendetta l’aveva quasi ucciso. Non c’era riuscita soltanto perché, ancora una volta, Naruto l’aveva protetto.

- Ti sei allontanato da lui come se fosse stato lava bollente. Prima che potessi anche solo decidere di avvicinarmi per vedere cosa stava succedendo, tu eri sparito sulla cima di Monte Eroe. O almeno, di ciò che ne restava.-
Lui l’aveva fissato spalancando lo sguardo, le mani che artigliavano la sua splendida scrivania nuova nuova.
Non aveva saputo trovarle uno scopo, visto che lui detestava cordialmente tutto ciò che implicava l’immobilità, ma aveva scoperto che aveva una certa quale utilità come ancora.
- Dev’essere stata una cosa spaventosa, per averti allontanato in quel modo. Ma ci ho pensato parecchio, e sono giunto alla sola conclusione possibile, e cioè che tu abbia in quel momento realizzato che la tua vita senza di lui non ha senso e che, oh Kami non posso credere a quello che sto per dire, Sakura, o qualunque altra ragazza del mondo, non è la scelta giusta per te.-
- Eh?!- se possibile aveva spalancato ancora di più gli occhi.
- Non sempre le cose sono esattamente dove le cerchiamo. Anzi, più spesso trovi una cosa proprio nell’ultimo posto in cui avresti pensato di andarla a cercare.-
- Non…credo di capire.-
- Capirai. Vai anche oggi all’ospedale, vero? Pensaci, mentre aspetti che Sasuke si degni di dare attenzione all’eroe di Konoha.-

Concluso il racconto, il Sensei si era alzato, e se n’era andato. Non con il silenzio che Naruto aveva sperato; gli sembrava di avere un mare in tempesta dentro le orecchie, e certo il passo strascicato di Kakashi non era stato un aiuto ai suoi nervi.

Ma aveva capito.

Da quel pomeriggio in avanti, aveva iniziato un difficile percorso di comprensione. Di sé stesso, prima di tutto, e la cosa si era rivelata molto più difficile di quanto aveva immaginato.
La sensazione era diventata certezza, e dopo lo sconquasso che questa consapevolezza gli aveva portato, piano piano aveva cominciato ad accettarla, e ad esserne felice.
Sapeva di non essere solo.
Anche se la sua metà dopo quasi un anno ancora sbuffava se gli stava troppo vicino, e lo calciava via se per sbaglio si azzardava a scivolare “accidentalmente” dalle parti del suo futon, nonostante avesse ormai accettato, non senza lamentarsi, di vivere con lui.
In amicizia, ovviamente.
Il vecchio quartiere degli Uchiha era stato raso al suolo, il Consiglio non aveva intenzione di ricostruirlo –forse per cercare di cancellare definitivamente gli errori passati-, e Sasuke non aveva un posto dove andare.
Naruto non aveva nemmeno voluto sentir parlare di trasferimento, soprattutto dopo tutta la fatica che aveva fatto per evitargli il patibolo, e così erano finiti insieme nel piccolo bilocale del ragazzo, risorto dalle ceneri con la ricostruzione del villaggio.
Certo, Sakura non era stata per nulla felice, soprattutto perché aveva continuato imperterrita a sperare che Sasuke si accorgesse della sua esistenza, ma c’erano stati alcuni piccoli episodi che le avevano chiarito la natura della loro convivenza.
La kunoichi era sparita per dei mesi, dichiarando di volersi trasferite nel Paese della Sabbia, ma Naruto l’aveva sempre tenuta d’occhio tramite i suoi contatti di lavoro ed era riuscito a farla rientrare.
Per quanto furiosa potesse essere, nessuna rabbia reggeva troppo a lungo contro l’azzurro dei suoi occhi.

***

- Oi, Sas’ke!- salutò entrando in casa e liberandosi rumorosamente delle scarpe.
- Naruto…-
Sasuke era seduto in cucina, il gomito destro poggiato sul tavolo, il viso sul palmo della mano, lo sguardo ossidiana perso nella contemplazione del tramonto.
- Mi raccomando, non metterci troppo entusiasmo…e non sentirti troppo libero di fare come se fossi a casa tua…- mugugnò il biondo, iniziando a trafficare per mettere insieme qualcosa per la cena.
- Questa non è casa mia, infatti.- ribatté l’altro, con quel tono di voce che lo mandava sempre in bestia.
- …perché poi mi ostino a tenerti con me…- soffiò Naruto tra i denti, massacrando una carota col coltello.
Non si accorse quasi del rumore di sedia spostata, e si rese conto che Sasuke si stava muovendo alle sue spalle dal continuo cambiare di provenienza della sua voce.
- Me lo chiedo anche io, Naruto. Ma forse dipende dal fatto che non pensavi di trovare qui quello che cercavi.-
Sasuke gli tolse il coltello di mano, premurandosi di appoggiarsi alla sua schiena in una mossa che ricordava un abbraccio, prima di pungolargli il fianco con la mano libera.
- Vai a lavarti, che puzzi come un caprone. Preparo io la cena.-
- Ehi! Caprone sarai tu!- ululò Naruto, gonfiando il petto come un tacchino.
- Muoviti, prima che decida che non ci vedo abbastanza da saperti distinguere da una carota…- minacciò Sasuke, indicando il piccolo bagno con il coltello.
- Che tipo…-
Naruto marciò in bagno a lavarsi, continuando a borbottare.
Dopo qualche istante Sasuke sentì il rumore rassicurante dello scrosciare dell’acqua della doccia, ed iniziò a lavare e tagliare la verdura per il brodo con il viso finalmente rilassato.

***

Lo so, lo so.
SICURO ci sarà qualche cosa che non quadra, che non torna, ma io non seguo spoiler. Non volontariamente, almeno.
Quindi, se vi sembra traballante, o senza senso, dipende da quello.
Diciamo che ho fatto il meglio che ho potuto con quello che avevo.
Ah, sì. Il tema del contest erano le Leggi di Murphy, e la mia citazione è il titolo della fic.
Tanto per dirvelo, si sa mai...
E se ci sono errori, sviste, non li ho corretti perchè aspetto il giudizio grammaticale.
E stavolta sparisco per davvero.

  
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