I miei
venti metri quadrati
Capitolo
Ventunesimo
Guerre
Culinarie
Quando mi
svegliai quella mattina mi chiesi se la trapunta di Joyce rappresentasse la
bandiera dell’Italia sbiadita, o quella dell’Irlanda. Poi pensai
che in realtà me ne fregava ben poco, alzai le
spalle e svegliai Joyce con uno scappellotto.
Joyce che
dormiva accanto a me, con indosso un pigiama stupido, sobbalzò.
“Sia
mai che tu riesca a svegliarmi in modo un po’ più carino… e
poi che cavolo!
E’ domenica! Perché dobbiamo svegliaci presto
anche di domenica?”sbraitò sull’orlo di una crisi di nervi
mattutina.
Alzai le spalle
“Perché soffro di insonnia”.
Joyce
mugugnò qualche cosa nascondendosi sotto la trapunta
tricolore.
Nikka
guardò i biscotti che la signora Pavesi aveva appoggiato sulla scrivania
con circospezione. Mei sorrise, gli occhi languidi
con cui la ragazza ammirava le leccornie di sua madre lo facevano divertire.
Probabilmente
in quel momento nel suo cervello era in corso una battaglia. O forse sulle sue
spalle erano apparsi un angioletto ed un diavoletto tentatore.
Probabilmente
Nikka era a dieta più o meno da quando era venuta al mondo, ma sua madre
in cucina ci sapeva davvero fare, tanto da far vacillare anche la più
solerte esteta del quartiere.
Nikka distolse
gli occhi dai dolci per non venirne tentata oltre. Era appollaiata sul ciglio
del letto un po’ a disagio, neanche si era tolta la giacca.
“Tutto a
posto?” domandò ridanciano. Nikka strizzò gli occhi e
annuì.
Mei appoggiò la testa al muro
pensando che a pensare a Nikka come amica si stava bene.
“Allora
come va con Cesar?” chiese con un sorriso come per dimostrare a sé
stesso che gli era del tutto passata la cotta per Nikka, e che era arrivato
alla saggia conclusione che l’amicizia tra loro due potesse essere
l’unica scelta sensata.
“Oh,
non c’è male…all’inizio l’avevo giudicato male. Invece mi trovo
molto bene, è simpatico, intelligente e ha un accento un po’
buffo” spiegò annuendo tranquilla.
“E poi
è anche di bell’aspetto” aggiunse. Mei
sentì lo stomaco contrarsi e aggrottò le sopracciglia
costringendosi a pensare che sicuramente Nikka e Cesar insieme
stavano benissimo, e lui poteva essere un perfetto migliore amico.
“Infatti direi che mi ci sto affezionando, non mi era mai
capitato prima” disse con lo sguardo un po’ perso.
Non che da
dopo il divorzio sua madre avesse avuto tanti uomini intorno, in realtà
oltre a Cesar c’era stato solo Ezio, una talpa cretina e balbuziente.
Alzò gli occhi dicendo tra sé e sé che era una fortuna che
fosse arrivato uno come Cesar, un altro Ezio non l’avrebbe sopportato.
“Quanti
anni ha?” chiese poi ostentando la più totale indifferenza.
Nikka non
notò nulla nella sua espressione, forse perché considerava
l’argomento completamente neutro.
“Trentadue”
rispose lei svelta con un sorriso. “Una bella differenza…tredici
anni” commentò a denti stretti.
Nikka
annuì allegra, non pensava che Mei si
ricordasse esattamente l’età di sua madre.
Poi a Mei parve che lei cambiasse discorso e si distese
“Tua madre non ha mai pensato di … non so… trovarsi un altro
uomo…rifarsi una vita?” chiese curiosa.
Mei alzò le spalle e guardò
il lampadario, con il collo piegato in una posa un po’ innaturale.
“Lei ama
ancora mio padre… a volte vede Giovanni Cumoli…ma sono amici, anche
il padre di Joyce ama ancora la sua ex moglie”spiegò con
semplicità.
Nikka si
avvicinò un po’ a lui con fare strano e con aria un po’
maliziosa appoggiò il mento alla sua spalla. Mei
deglutì, dicendosi che era stupido agitarsi. Intanto però gli
stava venendo la tachicardia.
“Lo sai
che c’è una certa percentuale dei ragazzi che hanno perso il padre
in tenera età che diventano gay?” disse. Si allontanò di
nuovo, e il cuore di Mei riprese il suo andamento
regolare, ridacchiò.
“Quando
è morto mio padre avevo già superato la fase anale…”
fu la risposta divertita. Nikka fece una faccia strana.
Mei rise “Non sai
cos’è?” chiese, e la risposta la sapeva già.
“No, e
non lo voglio neanche sapere!” esclamò drastica facendolo ridere
ancora.
“E da
dove ti saltano fuori certe cose scusa?” sbottò appoggiandosi al
muro.
“Nozioni
sparse di psicologia… ho letto qualche libro…” disse con fare
dolce. Nikka pensò che avrebbe voluto dargli un bacio. Era carino quando
era saccente, era carino quando era impacciato… insomma era sempre carino…
sospirò.
Mei guardò l’ora “Devo
andare a dire alla spagnola che Rachele ha la febbre e non può andare a
sturarle il water” disse senza sentirsi più di tanto idiota.
“Ha
preso l’influenza?” chiese Nikka alzandosi dal letto.
“No, se
l’è svignata con Joyce… come al solito”rispose Mei, Nikka alzò gli occhi al cielo e aprì la
porta “Dopo anni, quei due non gli ho ancora capiti…”
“Fa te,
io ho scoperto che andava a letto insieme due settimane fa…”
commentò prendendo il giubbotto.
“Ed
è tua sorella” aggiunse infine lei attraversando il corridoio con un andatura un poco dondolante sui tacchi alti.
Mei si sistemò il colletto della
giacca abbassando i capo, e finendo a guardare i
tacchi di legno di Nikka che battevano sul pavimento di palladiana.
Li vide
fermarsi sulla soglia della cucina e anche lui si arrestò, appena in
tempo per non andarle addosso.
“Mamma,
Cesar…” disse soltanto con voce tranquilla avviandosi verso il
tavolo.
Mei alzò lo sguardo su sua madre
che se ne stava in piedi affianco al fornello con una teiera in mano, seduti al
tavolo, entrambi col busto ritorto a guardarli se ne stavano Marianna coi suoi
ricci biondi tinti e il suo naso a punta, e un uomo sulla trentina dalla
carnagione scura.
Il cervello di
Mei ci mise poco ad analizzare quella figura a lui
quasi sconosciuta.
Capelli scuri
e mossi, pelle altrettanto scusa, occhi neanche a
parlarne, scuri.
Bello. Si
disse. Davvero bello, cavolo.
Portava una
camicia a righine azzurre e delle scarpe in vernice nera, tra le mani una tazza
di tea fumante.
“Tu sei
Cesar?” chiese con un’aria un po’ strafottente che
decisamente non gli apparteneva.
Cesar
annuì voltandosi meglio nella sua direzione. Sorrise e allungò la
mano per dire piacere, ma Mei la ignorò.
“Beh,
non credi che tredici anni di differenza siano troppi per una coppia?”
sbottò.
Cesar
arrossì vagamente imbarazzato, deglutì e si passò la mano
nervosamente tra i capelli ricci.
Nikka lo
guardò perplessa, e la signora Marianna si accigliò, le stava
dando della vecchia? Lei che si truccava sempre bene per essere al livello del
suo nuovo fidanzato?
“Beh,
sì… in effetti tredici anni non sono
pochi… ma pensa che c’è gente che anche con vent’anni
di differenza si sposa… e sono felici comunque, siamo entrambi grandi e
vaccinati e…” cominciò a blaterare imbarazzato.
“Nikka
non ha neanche vent’anni!
Anche se è maggiorenne non mi sembra poi così
grande!” continuò accigliato.
“Beh…”
fece Cesar sempre più imbarazzato da quella situazione.
Dopo che sua
madre l’aveva insultato dicendo che stava con una come Marianna solo
perché mirava alla pensione pensava di aver visto tutto. E invece il
quasi fidanzatino della sua quasi figliastra gli stava facendo la predica per
non si sapeva quale motivo!!
“Conosco
gente risposata che ha figli ben più piccoli di Nikka, credo che alla
sua età sia abbastanza grande per
capire…” ancora una volta Mei lo
interruppe.
“Che
cavolo centrano i figli… credo che tu sia troppo grande per stare con
Nikka, e basta…” disse infine con un’occhiataccia sprezzante.
Marianna,
Cesar e la signora Pavesi con la teiera ancora in mano lo guardarono perplessi,
più o meno nello stesso istante in cui una gomitata di Nikka gli
atterrava tra le costole.
Mei si inarcò un poco verso
sinistra e fece una smorfia di dolore.
“Cesar
sta con mia madre non con me!” disse tra i denti in un sussurro udibilissimo.
Mei si raddrizzò con uno scatto e
si guardò in giro imbarazzato per poi adocchiare nervosamente
l’orologio senza guardarlo e dire in una recita palese “Oh,
cavolo… come è tardi!”. Pausa teatrale
“Devo andare dalla spagnola. Ci si vede”
salutò scattando fuori dalla porta con un fruscio.
I
rimanenti quattro si guardarono vicendevolmente negli occhi, perplessi,
finché Nikka non sfoderò uno dei suoi sorrisi plastici e disse
calorosa “Arabella! Si dice che i tuoi biscotti siano i
più buoni del quartiere! Non è che li potrei
assaggiare?”
Per una
situazione del genere poteva anche fare uno strappo alla perenne dieta.
Arabella ci mise un attimo a realizzare cosa le era stato chiesto “Oh, sì, sì
Nicoletta, arrivano subito!”
La signora
Pavesi appoggiò sul tavolo della cucina un vassoio stracolmo di biscotti
e tutti ci si buttarono a capofitto.
“Mangiamo,
che è meglio” disse qualcuno, e tutti si trovarono
d’accordo.
“Cosa
hai detto che non deve mai andare in contatto con l’acqua?” chiese
distrattamente Rachele il giorno dopo mentre passavano per il corridoio della
scuola.
“Eh?”
fece Mei preso alla sprovvista.
Rachele
sbuffò “Ti ricordi quando ti si mozzato il dito? Mi hai raccontato che lo mai messo nel ghiaccio eccetera eccetera,
e poi ti sei messo a parlare di chimica
e hai detto che c’è un qualche cosa che non va mai messo
nell’acqua” spiegò.
“Il
sodio… il sodio non va messo nell’acqua…
perché?” chiese Mei perplesso. Rachele
alzò le spalle. Probabilmente suo fratello avrebbe insistito se non
avesse visto una coda di cavallo rossiccia all’inizio del corridoio e non
avesse sentito per questo il bisogno di nascondersi nella stanza delle
fotocopiatrici.
Si
dileguò così con un “Non fare cose di cui potresti
pentirti!” e sparì inghiottito da una porta.
Rachele si
diresse al laboratorio di chimica. C’era stata qualche volta i primi due
anni di superiori, ma non si ricordava praticamente nulla, a parte il fatto che
il professore di laboratorio non era un brutto uomo, e che si scordava sempre
in modo poco professionale di chiudere a chiave l’armadietto che
conteneva tutte le sostanze.
Rachele rimase
a guardare per un secondo l’armadietto dalle
ante in vetro, prima di individuare la boccetta che portava la scritta a biro sodio.
La prese con
uno scatto e se la infilò nella borsa a tracolla, uscendo non vista con
incredibile nonchalance.
Estrasse il
cellulare e digitò un numero che conosceva a memoria, quello che
componeva più spesso “Joyce?”
“Mhm?” muggirono dall’altra parte, probabilmente
stava mangiando.
“Ci
vediamo tra un quarto d’ora al laghetto” comandò perentoria.
“Ma
stavo mangiando!” biascicò contrariato. “E chi se ne frega
Joyce!” sbottò lei interrompendo la chiamata.
Si diresse a
passo di marcia verso il laghetto del giardino. Che in realtà era una
pozzanghera immensa che dopo ogni acquazzone si formava e stava lì per
giorni.
Passò
di gran carriera davanti al bagno delle ragazze, e qualche passo dopo si
inchiodò e tornò indietro, appoggiandosi pensierosa allo stipite
della porta.
Si chiese se
per caso fosse davvero così pericoloso quel sodio che aveva preso. Se
l’avesse lanciato nella pozzanghera dove stava Joyce sarebbe stato
così letale?
Si morse il
labbro. Aveva letto in un racconto di uno scherzo simile… ma più
che altro vi erano effetti pirotecnici, e non c’entrava il sodio…
era.. non si ricordava.
Strinse il
contenitore tra le mani ed entrò nel gabinetto.
Prese un pezzo
di carta igienica e svitò il tappo del contenitore in vetro.
Iniziò a battere il dito sul vetro inclinando la boccetta per farne
scendere un po’.
Guardò
un po’ i granelli bianchi sulla carta igienica e richiuse la boccetta che
rimise nella borsa. Uscì dal gabinetto lasciando la porta aperta in modo
da poter vedere bene la tazza del water e si andò a mettere dietro al
muro che separava i gabinetti dalla stanza dei lavandini.
Si morse il
labbro e con un lancio deciso buttò la carta igienica che conteneva il
sodio nella tazza e si nascose dietro al muro.
Ci fu un boato
e Rachele rimase immobile atterrita appoggiata al muro
freddo senza avere il coraggio di guardare cosa fosse successo. Le veniva quasi
da piangere. Aveva quasi ammazzato Joyce.
Partì
l’allarme antincendio e cominciò a piovere sul bagnato,
l’acqua proveniente dalle tubature le era arrivata fino ai piedi.
Deglutì
e si fece coraggio, si sporse a guardare oltre il muro, il bagno era sventrato
e dove prima c’era un water a quel punto c’era un buco dal quale
sgorgava acqua a fiotti e cocci bianchi in ogni dove.
Deglutì
decidendo nel modo più lucido possibile di fuggire prima che qualcuno si
rendesse conto che l’effetto molotov lo dovevano tutto alla sua smania
nel fare il piccolo chimico.
Corse fuori
sui pavimenti bagnati, verso il giardino, dove Joyce l’aspettava alla
pozzanghera.
Le veniva da
piangere e non era sicura che l’acqua che le bagnava la faccia fosse
dovuta all’impianto antincendio o alle lacrime.
Joyce si vide
arrivare incontro una Rachele blu e fradicia, in corsa frenetica.
“Rachele?”
chiese lui perplesso vedendo che non accennava a rallentare. Non pensò
nemmeno a scansarsi e quando Rachele gli arrivò addosso di prepotenza
dandogli un bacio caddero entrambi nella pozzanghera.
Joyce si
tirò un po’ su con il giubbotto e i pantaloni inzuppati, e una
Rachele seduta addosso altrettanto zuppa, che non
accennava ad aprire gli occhi e guardarlo o semplicemente a darsi una calmata e
smetterla di baciarlo e toccargli la faccia.
Le
appoggiò una mano sul petto e l’allontanò deciso ma senza
strattoni.
“A cosa
devo tutto questo casino?”chiese circospetto
guardandola sottecchi.
“Ho
rischiato di ammazzarti” disse lei col fiatone. Joyce annuì
pensieroso.
“Poco
male, non mi sono accorto di nulla…” commentò. Non ebbe
tempo di dire altro perché Rachele gli riprese la faccia la tre mani e ricominciò a baciarlo.
Joyce
decretò di non essere particolarmente interessato a impedirglielo.
Mei uscendo dalla scuola per via del
violento acquazzone elettronico notò un po’ di movimento dentro la
pozzanghera, ma non ebbe modo di indagare oltre perché vedendo uscire
anche Nikka che imprecava perché le si stava sciogliendo il trucco,
decise fosse meglio filarsela e si nascose in un cespuglio.
Si
accucciò per terra tra le foglie e guardò tra i rami, prima di
accorgersi di non essere solo.
“Emily!”
esclamò “Stai cercando un marito ricco nascosta
in un cespuglio?”chiese.
“A cercare un marito ricco ci vado
nel pomeriggio, al momento sto cercando pettegolezzi” spiegò lei
sistemandosi la frangetta.
“E credi
di trovarli stando qui?”
Mei alzò le sopracciglia e
sbuffò rimettendosi a guardare oltre i rami, Emily riportò subito
su di sé l’attenzione del ragazzo “Non permetto a uno finito qui per nascondersi da Nikka perché ha
scambiato il suo patrigno per il suo fidanzato di non credere nelle mie doti
investigative!”
“Come
diamine lo sai?!” sbottò lui inarcando le
sopracciglia scure e folte.
Emily
alzò le spalle “Tu mi sottovaluti e allora… comunque
dovresti ringraziarmi, non ho detto a Monica di questa cosa…”aggiunse
senza guardarlo.
“Grazie”
fece Mei sincero, voleva evitare che la cosa si
sapesse in giro, era già abbastanza imbarazzante il fatto che fosse
successo. E avere un’alleata come Emily non poteva che giovare.
“E…
se vuoi che continui a non dirlo mi devi dare cinquanta euro” disse
tranquilla allungando la mano aperta nella sua direzione.
“E’
un sordido ricatto!” sbraitò arrabbiato mettendo mano al
portafoglio.
“No,
è solo la dura legge del mercato” si scagionò Emily
sibillina.
Il giorno dopo
Mei era ancora intento a sfuggire a Nikka che invece
gli telefonava e
andava a cercarlo in aula. Nel mentre la
scuola sembrava invasa da una mandria di astronauti, che a un’attenta
osservazione sarebbero risultati essere gli idraulici intenti a sistemare il
bagno distrutto dalla bomba di sodio.
Comunque
nonostante tutti gli sforzi di Mei arrivò il
momento di andare a mensa e lì certo non avrebbe potuto evitarla. Rimase
per qualche secondo indeciso sul da farsi.
Il piano era
semplice: arraffare un po’ di pasta e una bistecca e poi fuggire non
visto a gambe levate, in modo da restare il meno possibile in un luogo vasto
come la mensa.
Avanzò
qualche passo fino ad arrivare alla fila davanti al cuoco che distribuiva pugni
di pasta prendendoli con le pinze.
Il cuoco
muggì in direzione di Mei “Pomodoro o
tonno?”
“Tonno,
tonno” rispose lui sperando che si sbrigasse a mettergli la manciata di
spaghetti al tonno nel piatto in modo da poter fuggire il
prima possibile.
Passò
avanti ed arraffò una bistecca, quando finalmente pensò di essere
vicino alla salvezza e già stava per imboccare la porta e uscire si
sentì afferrare per la camicia all’altezza del fianco. Si
irrigidì girandosi lentamente.
Una ragazzina
piccola e castana seguita da due coi capelli blu gli
sorrise “Ciao Mei! Vieni a
mangiare con noi?” domandò Sofia.
Mei rimase per qualche secondo a guardarla
indeciso su cosa rispondere, poi sconnesso cominciò a indicare la porta
dicendo “Guarda, io proprio dovrei andare e…”
Ma Sofia lo
strattonò un poco verso un tavolo ancora libero “Eddai Mei, non farti pregare, non
vorrai mica andare da quella bisbetica di Nikka invece che stare con
noi!” esclamò allegra trascinandoselo dietro.
Mei si sedette al tavolo di malavoglia.
“A dire
il vero è proprio ciò che cercavo di evitare”disse lui.
“Oh,
bene vedo che stai imparando!” esclamò lei allegra sedendosi
davanti a lui.
“La
mamma mi ha raccontato che hai fatto il tuo numero” sussurrò aspra
Rachele sedendosi, non vista, accanto a lui.
Suo fratello
si passò una mano sul viso “Ti prego non ricordarmelo!”disse
disperatamente.
La ragazza blu
alzò le spalle e prese una forchettata dei suoi spaghetti al pomodoro e
olive.
Esattamente in
quel momento Mei vide Nikka dall’altra parte
della sala, e lo stesso fece lei. Si guardarono negli occhi per qualche
secondo.
Nikka
aprì la bocca come per dire qualche cosa. Mei
fece una smorfia, sentendosi braccato.
Successe tutto
troppo velocemente, forse solo Rachele alzando gli
occhi riuscì a seguire i movimenti di tutti.
Nikka
salì sulla sedia su cui stava seduta fino a un secondo prima.
Mei rubò un’oliva al piatto
di sua sorella.
Nikka
salì in piedi sul tavolo.
Mei lanciò l’oliva in faccia
all’oca blu che gli stava accanto.
Nikka
urlò al di sopra del frastuono generale “Mei!”
L’oca si
voltò verso Mei accigliata e lui le
indicò Millie dall’altra parte della
sala “E’ stata lei!” disse a bassa voce.
L’oca
accigliata si alzò in piedi e urlò “Maledetta
baldracca!” il piatto dell’oca partì in direzione
dell’ignara Millie che non si era accorta di
nulla, ma deviò colpendo Isabella Gigli, che arrabbiata ricambiò
cercando di lanciarle addosso la sua insalata, che
però colpì in pieno volto Pallotti, che
si vendicò spiaccicando in faccia al vicino la sua millefoglie. Non per
un motivo. Solo per sfogare la rabbia.
“Mei!” urlò di nuovo Nikka, mentre per la mensa
volava cibo di tutti i generi.
Monica si
beccò in faccia un piatto di spaghetti al tonno e distraendosi da Nikka
iniziò anch’ella a partecipare alla rissa culinaria ignorando gli
ultimi pettegolezzi.
“Mei…smettila di evitarmi, perché pensavi che
stessi con Cesar! Smettila
di evitarmi perché sono stata una stronza e mi piacevi solo per i tuoi
vestiti! Smettila di evitarmi perché ho cercato di farti fare da opera
d’arte! Smettila di evitarmi perché tua sorella mi odia…
perché ti sto rincorrendo io adesso… e ti assicuro che non
l’ho mai fatto con nessuno. Non ho mai rincorso nessuno! Che cosa devo
fare per farmi volere bene, Mei?
Non è colpa mia se non posso fare a meno di notare che il top di Millie è orrendo, non è colpa mia se credo
che sia giusto non mangiare , e non è colpa mia
se non riesco a fare a meno di pensare che bisogna sempre far finta di essere
perfetti.
Ma ti assicuro
che mi piaci Mei. Mi piaci perché sei carino,
e saresti carino anche con un sacco della spazzatura addosso, e sei
intelligente, anche se non vai in giro a far sentire gli altri degli idioti, mi
piace perché fai le cose con il cuore, mi piace perché quando
parli di solito lo fai a sproposito e perché sei sempre e
comunque un pesce fuor d’acqua.
Ti ho
trascinato in questo casino perché mi piaci, ti ho fatto baciare Alsazia
perché mi piaci, ti ho fatto provare il frac perché mi piaci, ti
ho fatto fare il bagno nei ghiaccioli perché mi piaci,mi
sono mangiata un’intera torta sacher perché mi piaci, ho fatto
amicizia con Cesar perché mi piaci, sto urlando come una pazza
perché mi piaci…”
scese dal tavolo e gli andò incontro. Mei
si era alzato ma era rimasto fermo immobile accanto alla sua sedia.
Nikka gli arrivò
davanti e lo guardò negli occhi “Lo so che sono paranoica…
ma è perché mi piaci Mei…”
Lei gli prese
le mani e le strinse, Mei respirò guardandola
fisso negli occhi con le labbra leggermente aperte senza sapere cosa fare.
“Non so
cosa dire…”sussurrò infine.
“Dire
non so, ma per alleviare un po’ l’umiliazione di avere urlato che
mi piaci ai quattro venti potresti piegare un po’ le ginocchia e
baciarmi” consigliò perentoria.
“Oh
sì” disse lui come se non gli fosse neanche venuto in mente di
fare una cosa simile fino a che Nikka non glielo aveva consigliato.
Rachele
sospirò e prese in mano una delle poche millefoglie
sopravvissute al massacro e se ne andò pensando che se fosse rimasta
lì ancora qualche secondo con tutto quell’irsuto romanticismo le
sarebbe venuto il diabete.
Subito dopo il
suo abbandono della sala, Mei e Nikka vennero colpiti
da una torta.
Lei si
allontanò da lui per iniziare a imprecare contro chi le aveva rovinato
il vestito.
“Me la
paghi tu la lavanderia!!” Mei
la teneva per mano e ridacchiava tutto sporco di panna.
Sua sorella
intanto se ne andava via per il corridoio desolato mangiando la
millefoglie, mentre dalla mensa venivano urli e grida di guerra.
Le suole degli
stivali battevano facendo un rumore ritmico sul pavimento.
Si
fermò un secondo e notò che i passi continuavano e si facevano
più veloci. Non fece in tempo a girarsi che un urlo le riempì le
orecchie “La millefoglie è mia stronza blu!”
“Col
cavolo, stupido impellicciato!” urlò lei di rimando. E come al
solito finì con calci sugli stinchi, morsi ai gomiti e panna ovunque.
E così
fortunatamente, o sfortunatamente dal mio punto di vista, Mei
e Nikka riuscirono bene o male a mettersi insieme. Una coppia che lasciava un
po’ perplessi, ma
dopo un po’ si faceva anche l’abitudine a vedere lui
parlare di microcosmi e follie matematiche, e lei illustrare tutte le varie
tonalità degli ombretti satinati che aveva comprato quel giorno.
Monica si
mangiò le mani per mesi per non essere riuscita ad ascoltare la proverbiale
dichiarazione che Nikka aveva fatto a Mei.
Mio fratello
passò la maturità col massimo dei voti, come era ovvio, e
andò a iscriversi immediatamente alla facoltà di matematica. Nikka
se la cavò con un discreto settantacinque e Joyce con un rubatissimo
ottantadue.
C’è
chi sospetta che sia andato a letto con la presidentessa della commissione.
Io invece venni
malamente bocciata con un cinque in condotta, non capii mai come avevano fatto
a capire che ero stata io a far esplodere il bagno…
E tra me e
Joyce? Come potrebbe andare tra me è Joyce? Andiamo a caccia di
opossum. Cosa posso farci. Lui
è un idiota impellicciato!
Fine
E
così siamo arrivati alla fine…O.O…
questa storia mi ha accompagnato per così tanto tempo che mi sembra
strano.
Spero
che la fine vi sia piaciuta. So che magari molti si aspettavano una fine
diversa per Joyce e Rachele, ma secondo me doveva finire così, insomma,
ce li vedete questi due che si sbaciucchiano e vanno al cinema per mano? Credo
che morirebbero nell’impresa. Cioè, Rachele morirebbe, Joyce ce la
farebbe benissimo, lui è abbastanza sano di mente
anche se non sembra XD
Comunque
devo ringraziare tutti per l’incredibile sostegno che mi avete dato durante
più di un anno! Grazie davvero di cuore senza di voi non sarei arrivata
in fondo, grazie a chi ma messo la storia tra i preferiti e chi tra le seguite.
Ma soprattutto grazie a chi ha commentato!
Nello
specifico:
DarkViolet92: Oh beh di solito sì, ma Rachele ha uno strano
rapporto con il prossimo! Spero davvero che questo ultimo capitolo ti sia
piaciuto!!^.^
The Corpse Bride: Rachele cambia idea molto velocemente, e
Joyce è molto convincente, quindi ha fatto presto a farsi
perdonare… anche se non ho descritto la scena XD
spero davvero che questo capitolo non abbia rovinato le tue aspettative! ^.^
grazie mille davvero per il tuo sostegno, non sai quanto mi fanno piacere i
tuoi commenti!
The Duck: e così siamo giunti al termine,non
odiarmi per Joyce e Rachele , ma a parere mio più insieme di così
non ce la possono fare! Comunque no, Nikka non si era dichiarata, Mei era contento perché era convinto di essere
arrivato alla giusta conclusione, cioè che Nikka fosse perfetta come sua
migliore amica. Deduzione errata ovviamente…^.^
Pazzascatenata89: sono felice che il capitolo scorso ti sia piaciuto, spero
che ti sia piaciuto anche questo! e beh, sì
Nikka è una stronza complessata, quindi nonostante all’inizio la
odiassero tutti alla fine si fa voler bene. ^.^
Avevo
in mente un sacco di cose da scrivere in fondo a questo capitolo, ma me le sono
scordate tutte…l’unica che mi ricordo è che alla fine
Marianna e Cesar si sposano anche se non ho fatto in
tempo a scriverlo. Come? Non ve ne fregava niente di loro? Vabbè,
io ve lo dico lo stesso!!!
Beh
allora dato che non mi ricordo più come volevo dire mi rimane solo da
ringraziarvi ancora di cuore!^.^
Aki_Penn