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Autore: Eowyn 1    28/01/2010    5 recensioni
« E allora? Cosa sono questi discorsi? » li rimproverò Niniel guardandoli severamente « Che arrivi anche, la guerra. Sappiamo che ormai è quasi inevitabile! Ci porterà via molto, ma non è questo lo spirito con cui dobbiamo affrontarla! Dobbiamo reagire! Combattere e stare il più sereni possibile fino a che ne abbiamo la possibilità! » Che cosa sarebbe successo se Boromir, prima di partire per Granburrone, avesse conosciuto Niniel, la cuoca di corte? Un caso fortuito ha voluto che si conoscessero...
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Boromir, Faramir, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ok, ehm… da dove comincio

Ok, ehm… da dove comincio? Ah, sì! Beh, l’altro giorno stavo cucinando e mentre impazzivo in cucina tra pentole e mestoli mi è venuta in mente questa storia… Ok, adesso vi metterete a ridere, lo so…

Comunque, taglio corto… L’unica cosa che devo dire è che ho cercato di rifarmi il più possibile al libro del grande Professor Tolkien. Spero che non me ne voglia né lui né nessun altro, se farò dei cambiamenti, che però saranno necessari alla mia fan fiction.

Bene, ora vi lascio alla storia, sperando che vi piaccia e che troviate il tempo di lasciarmi un commento…

Eowyn

p.s.

Mi vergogno troppo di questo prologo… siate clementi…

p.p.s.

Il titolo, Stella Cieca, è il titolo di una canzone dei Nomadi. Chiedo scusa per averlo preso in prestito, ma mi sembrava il più adatto alla storia.

 

 

Prologo

 

« Non sembra anche a voi, che in questi ultimi giorni i piatti che ci vengono serviti abbiano qualcosa di nuovo? Un tocco in più che prima non avevano. » stava dicendo Denethor, Sovrintendente di Gondor, ai figli Boromir e Faramir, mentre pranzavano insieme.

« In effetti, ultimamente hanno un gusto diverso. » commentò vago Boromir lanciando poi uno sguardo al fratello, che stava zitto.

« Cosa c’è, Faramir? » domandò il padre, con il solito tono di sofferenza che usava quando si rivolgeva al suo secondogenito.

« Niente, padre. È solo che… » si bloccò.

« Avanti, parla. » lo incoraggiò Denethor sempre con lo stesso tono, appoggiando i gomiti sul tavolo e incrociando le dita, come se volesse mostrare che si stava preparando ad ascoltare un’ennesima sciocchezza.

« Stare qui seduto a questi banchetti sontuosi, mi sembra un insulto alla povertà che dilaga a Minas Tirith in questo momento. »

Denethor rimase zitto per alcuni secondi. Il viso rivolto verso il tavolo, coperto dalle mani incrociate tra loro. Faceva lunghi e sordi respiri, quasi a voler scacciare una profonda collera. Dopo questo lungo istante, sollevò lo sguardo gelido verso il figlio, per rispondere con una più profonda freddezza mista a disprezzo:

« Non credi dunque giusto preservarci da questo momento di difficoltà, almeno noi che possiamo permettercelo? »

« Non è questo che intendevo dire, padre. Dico solo che dovremmo cercare di aiutare maggiormente il nostro popolo. »

« Lo stiamo già facendo combattendo contro Mordor! » sibilò Denethor.

« Lo so, non ho detto che non lo stiamo già facendo. Credo solo che potremmo aiutare i cittadini anche con provviste di cibo e acqua, dato che iniziano a scarseggiare. »

« Faramir ha ragione, padre! Non possiamo combattere Mordor e permettere che la popolazione di Minas Tirith nel frattempo muoia di fame, né possiamo permetterci di creare malcontenti tra i cittadini. » intervenne Boromir.

« Lo sapevo! » scoppiò infine Denethor con un urlo « Faramir, con la tua falsa bontà stai cercando di portare anche Boromir dalla tua parte, contro di me! Ma non te lo permetterò, su questo ci puoi contare! »

« Padre! » cercò di intervenire Boromir in difesa del fratello, ma il Sovrintendente lo bloccò:

« La discussione finisce qui, Boromir! » concluse « Non voglio sentire una parola di più su questo argomento! »

Tutti rimasero zitti: Boromir e Faramir, il padre e i servitori che si trovavano nella sala da pranzo e avevano avuto la malaugurata occasione di prender parte all’ennesima discussione tra Denethor e il suo secondogenito. Il Sovrintendente aveva sempre mal sopportato le idee del figlio minore, ma ultimamente capitava sempre più spesso che i due si ritrovassero a discutere a causa del difficile carattere del padre, il quale non accettava nessuna idea che fosse differente dalle sue, a maggior ragione poi se le idee erano di Faramir.

Quindi, Denethor si rivolse ad Earine, la ragazza che serviva le pietanze durante i pasti:

« Invita i cuochi a raggiungerci nella Sala del Trono. Io e i miei figli vorremmo complimentarci con loro per l’ottimo lavoro che stanno svolgendo ultimamente. »

Detto questo, il Sovrintendente si alzò e, senza guardare in faccia nessuno, si diresse verso la Sala del Trono seguito dai due figli, mentre Earine si recava in cucina.

 

Boromir e Faramir si erano sempre domandati come facesse il padre a passare così velocemente da una calma profonda ad un’altrettanto profonda ira, per poi tornare improvvisamente calmo.

« Mi dispiace che per colpa mia ci sei andato di mezzo anche tu. » sussurrò Faramir al fratello maggiore.

« Non dire stupidaggini, se la penso come te non avevo ragione di stare zitto non credi? » gli rispose Boromir.

Faramir era sempre stato grato a Boromir per non aver mai sfruttato la preferenza che il padre nutriva nei suoi confronti, il fratello maggiore avrebbe potuto approfittarne per mettere anche lui in cattiva luce Faramir, proprio come cercava sempre di fare il padre, ma non lo aveva mai fatto. I due erano anzi legati da un sentimento profondo che, ne erano certi, non li avrebbe mai divisi.

« Grazie! » sussurrò ancora al fratello.

« E di che? » esclamò Boromir dandogli una gomitata complice.

Faramir gli sorrise, poi abbassò lo sguardo e, fianco a fianco, continuarono a camminare dietro a Denethor, che si dirigeva con passo fiero e deciso verso la Sala del Trono.

   
 
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