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Autore: Miriam85    14/07/2005    6 recensioni
Una fan fiction sul genio più giovane del mondo criminale, una storia che ipoteticamente si pone un paio di anni dopo la fine del terzo libro, narrando un misterioso e per certi versi abominevole caso di ingegneria genetica.
Spero di riuscire a scrivere una bella storia; gradisco certamenti commenti ma soprattutto suggerimenti per migliorarmi ogni giorno di più...
Genere: Azione, Avventura, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Sei mesi fa.

Il tubicino trasparente si inerpicava coma una bianca serpe su per il lettino, su per la sua superficie metallica, legandosi a quell’ago che si tuffava nell’incavo del suo gomito, nella solita vena.
Solita, sì. Dove iniettare, ma anche dove prelevare, dove accanirsi con mille mila flebo, a volte, chissà, solo per il gusto di vedere il fastidio e il dolore nei suoi occhi.
Grandi occhi color smeraldo, incastonati in un volto perlato, drappeggiato in una chioma di boccoli color oro, dalla quale a volte spuntavano le fiere punte di eleganti orecchie a punta.
Stesa su quel lettino metallico, rinchiusa in quello sterile laboratorio, appariva quasi come un’apparizione onirica, le grandi ali di farfalla, dalla sottile membrana azzurrina, miseramente ripiegate dietro la schiena, e praticamente invisibili; il bel corpo dalle forme quasi del tutto evolute racchiuso in quell’insieme di stracci che era il suo abito.
E poi c’era lui.
Era l’unico volto che avesse mai visto, sin dalla nascita, eppure non aveva dubbi nell’affermare che fosse brutto. Ma brutto per davvero. Forse era per quella profonda cicatrice che gli traversava il viso, da parte a parte, proseguendo come una linea di fuoco giù per il collo, o forse per quella sua perenne espressione truce; o forse perché, spesso e volentieri, la batteva, con forza, a volte quasi sino a ridurla in fin di vita.
Si accigliò su di lei, su quell’ago nella sua pelle, borbottando qualcosa. Quante volte le aveva spiegato che Lui l’aveva creata, che a Lui doveva la sua misera, inutile esistenza, che Lui meritava tutta la sua cieca obbedienza. E Lui non era certo un qualche dio in cielo… quell’uomo vi si era prepotentemente sostituito quando, quasi quindici anni prima, aveva trovato due strani cadaveri – un credulone avrebbe affermato di elfo e di fata – e li aveva sapientemente studiati, sezionati, combinati al DNA umano, ottenendo quella che credeva la creatura perfetta.
Lilith, nome antico come il mondo, nome della bellissima ed oscura donna creata prima di Eva, malvagia creatura dedicata a Satana; l’aveva chiamata proprio così, con una sottile e macabra ironia che solo Lui sapeva vedere. Lilith, ibrido perfetto tra gli umani e quei misteriosi essere che si nascondevano abilmente all’occhio della specie dominatrice del Mondo, ma che si erano lasciati dietro due imbarazzanti cadaveri. Per fortuna li aveva trovati Lui.
Aveva creato, cresciuto quella creatura certo non con l’amore di un padre, ma con tutto l’interesse di uno scienziato; ma a nessuno, mai, aveva rivelato la natura delle sue ricerche, per una folle gelosia, una neppure troppo irrazionale paura d’essere privato di quel tesoro immenso, che ora riconosceva come l’Unico Scopo della sua esistenza. Certuni l’avevano dato per morto, altri per disperso; e nessuno poteva immaginare che passasse le sue giornate con Lilith, impegnato in continui, dolorosi esperimenti. Ultimamente, la sua follia, se possibile, era aumentata, sfiorando livelli alquanto pericolosi, che spesso lo portavano a scagliarsi sulla sua stessa creatura. Già alquanto infelice per quella vita rinchiusa – di notte sognava spazi aperti, aria fresca, fiori colorati… anche se non aveva mai visto nulla di tutto ciò – Lilith sapeva che non sarebbe sopravvissuta ancora a lungo.
Forse doveva la vita a Lui… ma non gli avrebbe permesso di strappargliela.
Il tubicino s’inerpicava su per il lettino, lui lo esaminava e lei, seppur con la morte nel cuore, ma per puro istinto di sopravvivenza, si preparò a colpire.
  
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