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Autore: Inucchan    19/04/2010    10 recensioni
Sette anni scivolano come frammenti di specchi dimenticati, sui bordi di vite intrecciate che continuano a dipanarsi tra i conflitti d'un mondo cambiato. I tuoi occhi, così uguali ai miei, nei quali scorgo solo la malinconia d'un ricordo lontano, spezzato ed infranto. Lascia ch'io ti conosca attraverso lo sguardo. L'abbandono ed il senso di vuoto, tutta una vita che sfiorisce e rifiorisce dietro un solo monito. Ed è nato tutto da un patto di sangue, dal quale non riesco più a liberarmi. Rimani incatenato a me, tu che hai gli occhi del mio stesso colore. Non lasciarti sfuggire il mio respiro sulle labbra, tu che dici d'essere la donna che amo. Perchè il destino ancora non ha smesso d'ordire le sue trame, ed ancora una volta ne siamo tutti inevitabilmente legati.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Io e te siamo legati da uno strano destino II - Il patto di sangue.

 

Capitolo III: Il dilanio degli schemi.

 

 

Rinuncerai dunque, a tutto ciò che hai conquistato con fatica?

Lo farò.

 

 

Non passa un istante, non quando sono le tre del mattino e distintamente, l’orologio del petto scandisce il battito cardiaco con un ritmo spaventosamente ingigantito dalla pressione del silenzio nei timpani.

Non v’è altro, d’attorno, che possa celarne il martellare incessante. Due giorni, sono passati solamente due giorni dall’unico contatto ricevuto, e il corpo s’è tramutato in una fucina di percezioni contrastanti. Il vuoto intenso della mente ed il colmarsi improvviso dell’animo d’una sensazione sconosciuta, intensa ma anonima.

Quanto raffronto c’è tra lui e quell’immensa stanza?  Quattro mura, un finestrone ed una seggiola. Gli sembra quasi d’abitare all’interno di se stesso, seduto al centro esatto del suo stesso vuoto, laddove corrono a senso unico informazioni e codici binari che non riesce a decifrare. Il tutto scandito, ininterrottamente da un tempo così lungo da non esser più calcolabile.

Perché?

Ogni effimero recesso delle sinapsi richiede a gran voce un brandello di storia al quale attaccarsi per non cadere nel baratro della disperazione. Non di nuovo. Le labbra si schiudono in un sospiro trattenuto, mentre stacca le spalle dal bordo della seggiola per alzarsi in piedi. Un gesto che probabilmente ha perso di significato. E’ costretto a vivere la vita di un vegetale, quando egli non ha alcuna impossibilità fisica. Ha senso possedere un corpo in forze, se non si ha alcuno scopo per poterlo sfruttare? La mano ungulata raggiunge il petto, di nuovo, che brucia corroborante. Pare che voglia consumarlo dall’interno, incendiandogli l’animo.

“Devo andarmene di qua…” un pensiero che si tramuta in verbo. Annegherà all’esterno? Non ha importanza, deve ricostruire ciò che ha perso, prima di smarrire anche se stesso, definitivamente.

Abbassa le palpebre, rimanendo a fissare al di fuori della finestra per lungo tempo. Il disco del sole squarcia la volta, inabissandosi dietro i muri d’asfalto d’una città viva. Ecco cos’è che gli manca, l’essenza stessa.

Le iridi si spostano, disegnando una traiettoria invisibile dalla volta sino ad uno dei rami del Goshinboku. “Non fai nulla, mi osservi e te ne resti immobile come se ti godessi la mia vita ad atti. Non sto recitando per tuo diletto…” già, davvero un ottimo teatrante, uno dei migliori in circolazione probabilmente.

“Continua a farlo per un altro po’, Inuyasha… è così divertente vederti immobile come una statua di cera a fissare il vuoto”.

Una risposta. Si volge, l’hanyou, ispezionando ogni angolo della stanza per trovarvi traccia del suo persecutore. No, non si mostrerà mai a lui, sarebbe una mossa azzardata.

“Facile parlare e nascondersi, è tutto più semplice quando sei uno spettro, non è così gattaccio dei miei stivali?” impreca, sollevando lo sguardo, per muoverlo a destra e a manca nuovamente con circospezione.

“So cosa stai cercando, sai, lo porto al collo. Esattamente al centro del petto, non è divertente?” il tono è derisorio, sì, si sta allietando sulle sue disgrazie, lo sta facendo di nuovo.

“Dammi quella dannata ampolla, e facciamola finita!” si getta in avanti, come se avesse intuito la posizione di chi parla, ma ciò che circondano le braccia, è solamente un accumulo d’etere inconsistente.

“No, no, no! Non funzionano così le regole di questo gioco, tu mi hai concesso qualcosa in cambio di qualcos’altro, e non puoi riprenderti il tuo dono senza riconsegnarmi ciò che ti ho accordato. Vuoi i tuoi ricordi? Dammi tuo figlio.”

Una condensa di suoni, fastidiosi e simultanei carpiscono la mente dell’hanyou, gettandola nella confusione più totale. Figlio, quale figlio? Di cosa dannazione sta parlando?

Bastardo, rognoso e schifoso demente! Ha mantenuto in vita semplicemente i ricordi che riguardano il patto di sangue, in modo che non possa dimenticare ciò che lo lega al suo oppressore.

Al momento, il demone è seduto sulla seggiola occupata poco prima dall’ibrido, ed agita la coda con febbricitante curiosità. Il gomito si piega accanto al volto, che si piega in modo automatico sul polso.

“Non agitarti in quel modo, sappiamo entrambi che ti stai facendo solo del male. Se tenti di ricordare, la tua vita si spegnerà al suo posto. Preferisci morire forse?” è un circolo improduttivo, nel quale non v’è scampo per ambo i giocatori.

“Ti ricorderò il motivo per il quale abbiamo stipulato questo patto, e poi, ti ruberò anche questa memoria. Muori dalla voglia di saperlo vero?”

L’hanyou si piega, di nuovo, convulso dal dolore intenso che la pressione dei ricordi provoca nel cervello. L’altro se ne rimane quieto al suo posto, come se stesse attendendo il terminare dei suoi noiosi spasmi.

“Vediamo, sette anni fa, uno più uno meno; mentre quella che suppongo sia la tua donna, era in dolce attesa, qualcuno tentò di rubare l’anima di tuo figlio. Sì, quel piccoletto che hai conosciuto pochi giorni fa è sangue del tuo sangue, non è commovente? Ebbene, il giorno della sua morte, hai giurato che avresti fatto qualsiasi cosa per riaverlo indietro… ed io, da bravo ascoltatore quale sono, ti ho concesso la possibilità di riaverlo indietro, in cambio della tua vita. C’è stata però una persona che ti ha salvato, o forse condannato, come meglio credi. Quella donna, che chiamano Kagome, mi ha gentilmente suggerito indirettamente che prendere la tua vita non sarebbe servito a nulla. Ed è giusto. Sarebbe stato noioso portarti all’inferno senza prima divertirmi un po’. Ti ho riconosciuto la grazia di vivere vicino alla tua famiglia, come hai sempre desiderato, con l’unica postilla che in cambio avrei rubato i tuoi ricordi. Sei stato tu ad acconsentire, nessuno ti ha fermato. La colpa è di quella donna, se tu ora sei ridotto a dover esistere in questo modo, lo devi solo a lei. Pensa, senza saperlo stai vivendo ciò che chiunque desidererebbe, quello a cui hai sempre aspirato, mezzo demone. Un mondo dove non devi preoccuparti d’essere visto solo per metà, perché c’è chi ti ama per ciò che sei, eppure, non puoi godere di tutto questo perché non sai nemmeno chi siano le persone che ti circondano. A mio avviso, è decisamente spassoso…!” vomita parole su parole, così, con la freddezza ed il sarcasmo calcolati che solamente un demone potrebbe concedersi d’avere. Quello che lui rappresenta, è effettivamente ciò che è in realtà: uno youkai. Morto, ma pur sempre tale.

 

Informazioni, miriadi di suggerimenti che vengono convogliati alla mente e fanno male, hanno un peso così eccessivo da schiacciare ogni coscienza razionale che gravita nel limbo del nulla.

Le iridi si spalancano.

Dolore.

L’intensità del battito cardiaco aumenta vertiginosamente in petto, si dilania, richiede troppo ossigeno che non viene diretto alla fonte. Un filo teso, nel quale come un equilibrista in bilico nel cielo adagia i ricordi, follia, è pazzia che divora la mente impetuosa. La mano si solleva presso il petto, stringendo il lembo della maglia con violenza. Non respira, non respira!

Boccheggia, anela etere che non raggiunge i polmoni e si piega, infine, supino.

“Basta! Non dirmi altro, basta, dannato stronzo!” ringhia, ed è un grido acuto che tuona nel nulla inconsistente della stanza. Lungo la gola risale un rantolo che non viene esalato, preme sulle tonsille come se ne stesse rigonfiando le pareti interne sino a soffocarlo.

“Non temere, tra poco farò in modo che tu stia meglio, dammi qualche altro istante per contemplare questo delizioso quadro impressionistico” formula l’altro, accavallando la gamba destra sull’altra per mettersi comodo, come se sedesse in una platea di teatro.

Le mura della stanza sembrano restringersi, accartocciandosi su loro stesse come per voler inghiottire il corpo del mezzo demone riverso al suolo.

“Se solo volessi, brutto bastard-o …” un filo di voce appena udibile, mentre il volto si risolleva ad osservare il suo antagonista iniettato d’odio, “Potresti uccidermi Inuyasha?” ribatte il demone, piuttosto divertito. Come potrebbe, lui è già morto in fondo, dovrebbe temere una minaccia così poco velata?

Muore.

L’anima, intrisa di veleno lentamente si paralizza, ad uno schiocco di dita del gatto, liberandosi della negatività accumulata.

Cancellazione.

Ogni memoria recuperata viene di nuovo rasa al suolo come per gioco, com’è possibile che lui sia divenuto un burattino nelle sue mani? In quale modo s’è concesso di dover vivere qualcosa di così dannatamente umiliante?

Rimane disteso senza muovere un muscolo, il silenzio che ora troneggia rimanda semplicemente al nuovo niente che s’è creato nella scatola cranica. Le dita si restringono all’interno del palmo, mentre piega le spalle, stringendole per tentare di rialzarsi.

“Guardati … sei così patetico da non saperti nemmeno risollevare in piedi, vuoi forse una mano?” commento puramente ironico quello del demone, le cui iridi si muovono in corrispondenza dei gesti dell’hanyou ricolme di compiacimento.

“Sta zitto …” comincia l’altro, in un ringhio, mentre solleva il braccio a debellare le rimanenze d’umanità che corrono sul volto. Non ha mai pianto in vita sua, e non l’avrebbe mai fatto se l’animo non avvertisse quel senso di mancanza incolmabile che gli stringe lo stomaco ad ogni passo.

“STA ZITTO!” grida, stavolta con più enfasi nel tono, scattando con gli artigli in prossimità dell’aria per tentare di fendere un’entità che nemmeno è in grado di scorgere.

“Hai fatto cilecca. Io sono qui, proprio di fianco a te” un sussurro, dalle labbra del demone che s’è appena avvicinato al corpo dell’altro, in silenzio, sfiorandone il volto con l’estremità della coda per carezzarglielo smargiasso. “Non senti il mio odore? Sono vicinissimo, attaccami, uccidimi e riprenditi il sangue” abbassa una mano in vicinanza del collo, alzandogli proprio sotto lo sguardo l’ampolla contenente l’unico modo per sciogliere il patto. Peccato che lui non sia in grado di vederla.

Lo sente eccome il puzzo di quell’animale, che gli penetra nelle narici come gas nervino, irritandolo più di quanto già non sia. Inarca le sopracciglia per muovere un nuovo attacco in prossimità della voce, carpendo nuovamente, solo aria. “Vaffanculo!” un nuovo grido dettato dalla rabbia.

Dolore, frustrazione, ira.

Sale in fretta, raggiungendo i polmoni quasi a volerli bruciare quel nauseante senso di vendetta che comincia a conturbargli i sensi, in modo completo, mentre le iridi s’arrossano, identificando che la natura demoniaca sta lentamente prendendo il sopravvento rispetto a quella umana.

“Oh, ti stai trasformando? Non lo farei se fossi in te, il tuo sangue è connesso con quello che porto qui dentro Inuyasha, se fai ricorso alla tua forma demoniaca, consumerai più in fretta ciò che rimane del patto”.

Eppure un tempo lui stesso aveva immolato la vita per salvare una delle due che con tanto sprezzo ora, sta stracciando senza pietà. L’assassino del mondo per cui ha lottato tanto, per il quale ha rinunciato molto tempo prima, per lei. Come allora sta ricommettendo l’errore di voler distruggere con ferocia un castello di carte costruito pezzo dopo pezzo, con fatica, con impegno, con desiderio. Gli basterebbe poco per spezzare il filo che connette il mezzo demone al mondo dei vivi, non lo fa per divertimento, puro e semplice svago.

“Non mi interessa!” imponente, imperativo, con gli occhi ricolmi di dannazione ora. Eccolo, il lui demone, senza freni, senza raziocinio.

“Sei uno spettacolo affascinante hanyou, davvero, peccato che il mio tempo da dedicarti sia scaduto” asserisce con sarcasmo, prima di schioccare le dita ed abbandonarlo là, in preda all’orgasmico desiderio di distruzione.

Hai sbagliato a non seguire il mio consiglio, ora, ci sarà qualcuno che pagherà nuovamente. Non sei contento, Inuyasha?

 

Devastazione. L’unica bramosia che rintocca ora nell’animo infiammato. Ha riacquistato e perduto i ricordi in poco meno di un’ora, per di più, le parole dell’altro non hanno fatto altro che risvegliare la parte peggiore di sé. Non v’è più la parola, semplicemente ringhi gutturali a sostituire il verbo tra le fauci aguzze, e il corpo che si avventa contro qualsiasi cosa osi palesarsi davanti a lui.

Ha voglia di uccidere qualcosa, o per meglio dire, qualcuno. L’odore d’umano che proviene dal piano inferiore è qualcosa che invita i sensi a liberarsi della porta che gli ostacola il passaggio, e gli basta una spallata nemmeno troppo ben assestata per demolirla nel vero senso del termine.

E’ ora di movimentare un po’ la situazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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