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Autore: Freya Crystal    07/05/2010    2 recensioni
Seconda classificata al contest Seven Deadly indetto da Addison89 sul forum di EFP.
In ognuna delle sette shot, il protagonista narra in prima persona determinati e significativi avvenimenti della sua vita. Alcuni sono inventati, altri approfondiscono dei missing moments.
Ho associato un colore diverso ad ogni peccato capitale, e come avrete potuto notare dal titolo della raccolta, i colori sono quelli dell’arcobaleno. In ogni capitolo c’è una frase esplicativa che caratterizza il “peccatore” in questione.
Buona lettura a tutti ;)
Genere: Generale, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carlisle Cullen, Edward Cullen, Jasper Hale, Rosalie Hale
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga, Più libri/film
Capitoli:
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Titolo del capitolo: Impossibile choice. (Scelta impossibile).
Personaggi principali associati al peccato: Jane .
Personaggi secondari: Alec, Evangeline (nuovo personaggio) .
Pairing: nessuno.
Raiting: giallo.
Genere: triste.
Avvertimenti: One shot.




 

“L'avarizia nasce dalla convinzione che certe cose ci sono necessarie mentre probabilmente non lo sono, e dal timore che ci venga tolto ciò da cui dipende il nostro sostentamento.”
                                                                                                             Ari Kiev.                                                                                                          


                                                                                             

Impossible choice



Benché non vi fossero nodi da sbrogliare e la spazzola stesse scivolando da minuti sui miei capelli senza incontrare alcuno ostacolo, continuavo a lisciare la mia chioma insistentemente, orgogliosa della sua lucentezza color platino e della caratteristica morbidezza pari a quella della seta. Le mie compagne di stanza si erano infilate nei loro letti parlottando sommessamente. Solo Karen era rimasta ancora in piedi e mi fissava con occhi meravigliati.
- Cosa vuoi? La signorina Halley potrebbe arrabbiarsi nel vederti ancora sveglia.-, le dissi con tono tagliente.
- Ho perso la mia spazzola… Potresti prestarmi un secondo la tua? - 
Il mio sguardo si soffermò sui suoi ricci scarmigliati. – Con tutto il lavoro che ci sarebbe da fare sulla tua testa, potresti rovinarmela. -
Karen spalancò gli occhi e per un attimo credei di vederli diventare lucidi, ma non successe. Ormai tutte, lì dentro, avevano addirittura paura di piangere davanti a me. 
- Perché non cerchi la tua spazzola? Sarà sicuramente caduta da qualche parte. -
Karen asserì col capo e iniziò a girare rapidamente per la stanza. Smisi di pettinarmi per guardarmi allo specchio. Il vetro restituì l’immagine di un volto piccolo, di forma ovale, dai lineamenti fieri; due occhi a goccia color ambra scura, incorniciati da lunghe e fitte ciglia, donavano al suo sguardo una luce disarmante e letale. Sorrisi. Il mio sguardo ero ciò di quanto più prezioso possedessi, e niente e nessuno avrebbe potuto portarmelo via. Splendido, incantatore, pericoloso, distruttivo. Era mio,e solo mio sarebbe stato. Non esistevano persone con occhi più misteriosi e strani dei miei.
- Karen, se vuoi l’ho io una spazzola. -
Voltai impercettibilmente la testa, Evangeline mi fissava con aria contrariata seduta sul letto. Le restituii lo sguardo, e ciò bastò perché quella iniziasse a massaggiarsi la testa assalita da un leggero ed improvviso fastidio.
- G-grazie.-, balbettò la piccola Karen avvicinandosi ad Evangeline. Povera, sciocca bambina… Così timida e sottomessa…
Ripresi ad osservare il mio volto sotto diverse angolazioni di luce.
Un raggio di luna colpì gli elaborati simboli d’argento che contornavano la cornice del mio specchio e si fuse con il bagliore aranciato della lampada ad olio. Quanto era bello il mio specchio...  Rimasi a contemplarlo in tutte le sue rifiniture, stringendolo saldamente tra le mie mani. Era un regalo di mia madre, uno dei tanti che mi aveva preso per viziarmi, ma uno dei pochi che ero riuscita a salvare dopo il grande incendio della città di Salem.
 
Persa nei miei pensieri, non sentii il basso cigolio della porta che si apriva. Sobbalzai quando un’ombra si sovrappose alla mia, proiettata sul pavimento. 
- Lady Jane, che cosa ci fate ancora alzata a quest’ora? Perché non vi siete infilata nel letto come le vostre compagne? -
La signorina Halley troneggiava di fronte a me, a braccia conserte, il volto austero illuminato dalla fievole luce della lampada ad olio posata sul davanzale della finestra.
- Perdonatemi, signorina Halley. Stavo spazzolando i miei capelli come di consuetudine, indugiando sui miei pensieri. Non mi ero accorta di quanto l’ora fosse tarda. -
- Fareste meglio ad andare a dormire. -, ordinò imperiosa la direttrice mentre ritirava le tende con un gesto secco. La stanza fu quasi totalmente sommersa nel buio, unica fonte di luce era quella irradiata dalla lampada.
- Date a me ora, questo non vi serve. -
Quando la signorina Halley fece per strapparmi di mano il mio prezioso specchio, rafforzai avidamente la presa.
- Lady Jane, che cosa state facendo!? -
- Lasciatelo, è mio! - le intimai con tono allarmato. Cercai il contatto diretto con i suoi occhi scuri. 
-  Aaah!! - 
Trionfante, rimasi ad osservarla mentre si lasciava cadere in ginocchio sul pavimento. 
- Signorina Halley!!! - 
Strepitio di vocine stridule e preoccupate, rumore di letti che cigolavano e passetti affrettati. Qualcuno riaprì le tende per far filtrare una luce maggiore nella stanza. Oltre a Karen e ad Evangeline, riconobbi Alessa e Amelia chine sulla signorina Halley. Non accennai ad alcun tipo di reazione, rimasi seduta sulla mia sedia ad osservare la scena, il cuore che tamburellava incontrollato a contatto con l’oggetto che stavo stringendo violentemente al petto: il mio specchio.
- Signorina Halley, state bene? -
- Vi serve aiuto? -
- Avete bisogno di una mano per rialzarvi? -
Stupide leccapiedi. 
- No… No. -, ripeté l’interpellata, sottolineando il suo dissenso con maggior vigore. - E’ passato. Tornate tutte a dormire. - 
La signorina Halley si rimise in piedi, un impercettibile sorriso le comparve sulle labbra quando i suoi occhi si soffermarono sulle bambine. Karen teneva gli occhi fissi sotto il mio mento, il visino paffuto segnato dalla paura, mentre si stringeva al braccio di Evangeline.
- Lady Jane, tenetevi pure il vostro specchio. Se separarvi ad esso vi risulta così doloroso, dormirete stringendolo sotto il vostro cuscino. - ,sentenziò la signorina Halley, tuttavia -io me ne accorsi immediatamente- lo disse senza avere il coraggio di guardarmi negli occhi. – Buonanotte a tutte. -
Solo quando la porta fu nuovamente richiusa, e le mie compagne di stanza si furono allontanate, mi alzai dal mio piccolo trono personale e ritirai le tende che la signorina Halley aveva dimenticato di richiudere, troppo impaziente di lasciare la stanza. 
- Lo sapevo, è una strega…-, mormorò Alessa. Anche se il suo letto era distante dal punto in cui mi trovavo, potei udire chiaramente che lei, e gran parte delle nostre compagne, avevano sussultato per la sorpresa. Voltai la testa impercettibilmente. Non riuscii a trattenere la voglia di lasciarmi andare ad una risata. Niente e nessuno avrebbero potuto portarmi via la voglia di divertirmi per il terrore che ero in grado di esercitare sulle mie compagne.


*******


Il mattino seguente il bussare alla porta mi ridestò dal sonno. 
- Tra dieci minuti voglio trovarvi in mensa. -
Era la signorina Halley, come al solito, che veniva a chiamarci. Mi rigirai su un fianco nel letto e sentii qualcosa di duro contro la mia testa. Mi alzai a sedere e fissai il cuscino. C’era il mio specchio appoggiato sopra. Il mio meraviglioso, elaborato, bellissimo specchio. Il ricordo di ciò che era successo la notte precedente scatenò in me una reazione automatica. Afferrai il mio prezioso tesoro e lo riposi accuratamente nel comodino. Karen, Alessa,Evangeline, Amelia e tutte le altre si stavano vestendo. Il mio sguardo si posò sul comodino di Alessa. Sopra vi erano posate delle graziose forcine per capelli .Non avevo mai fatto caso ad esse prima d’allora, del resto, chi oltre a me e a mio fratello Alec, possedeva qualcosa di suo in quello squallido orfanotrofio?

I miei occhi guizzarono furtivi su di Alessa, che era girata di schiena e stava parlando con Evangeline, mentre si sistemava la veste. Nessuno mi stava guardando. “Prendile, dai.”, fu l’esortazione che arrivò al mio cervello.
Allungai una mano e ne afferrai una, senza curarmi di esaminarla più attentamente, e la nascosi sotto il cuscino. Tutto ciò che volevo era avere quelle forcine.
- E poi, ieri sei stata davvero brava nell’interrogazione. Tu si che hai capito la spiegazione -
- Come sei gentile. Vedi, il signor Medway è davvero un ottimo insegnante, il tempo vola quando spiega lui! -
C'erano ancora sei forcine sul comodino. “Forza, è l’occasione giusta! Vai, ora!”
Allungai la mano con un gesto fulmineo e ne afferrai un’altra. Il contatto di quel minuscolo oggetto mi fece sentire trionfante, come se avessi appena conquistato un altro tesoro tutto mio. Alessa voltò la testa e sorrise, lasciandosi baciare dalla luce del sole che le illuminava il volto. I miei occhi dardeggiarono sul muro e finsi di essermi incantata. Mi accorsi che Evangeline, l’unica che avesse il coraggio di fissarmi per più di due secondi, mi stava osservando. Riuscivo a sentire i suoi occhi azzurri e indagatori su di me.
 
- Oggi è una giornata magnifica. Credi che potremo rimanere un po’ in cortile? -
Alessa si era di nuovo voltata, ed Evangeline le stava rispondendo.
“E’ la tua occasione!”
Per la terza volta allungai la mano sul comodino ad afferrare tutte le forcine rimaste. Gongolai dentro di me. Non vedevo già l’ora che calasse il sole. La sera quando mi sarei coricata, avrei avuto modo di riguardare meglio il mio bottino. Mi tolsi la vestaglia e indossai velocemente l’uniforme. Le mie compagne bisbigliavano tra di loro mentre si pettinavano e rifacevano i loro letti. Avrei dovuto sbrigarmi, o sarei finita in punizione se la signorina Halley mi avesse trovata impreparata.

- Ehi, ma che fine hanno fatto le mie forcine? Sono sparite… -
Io ero girata di schiena e stavo sistemando le lenzuola, perciò feci finta di non aver sentito niente.
- Forse qualcuno te le ha prese. -, suggerì Evangeline con uno strano tono di voce.
- Oh, non credo. Le avrò messe da un’altra parte, magari me ne sono dimenticata.-, rispose Alessa.
- Ehi Jane, hai visto delle forcine per caso? -, mi richiamò Evangeline.
Trasalii. Eppure quella stupida non poteva avermi vista, ero stata troppo veloce; come faceva ad essere convinta che le avessi prese io?
- Non capita tutti i giorni di vedere delle forcine girare da sole per la stanza. Ma se dovessi vederle, ti farò sapere.-, le dissi con tono sereno, lasciandomi andare ad una risata fresca e cristallina.
- Smettila Jane, le hai prese tu!-, sbottò Evangeline. Alessa a quelle parole mi fissò sospettosa. Il silenzio calò nella stanza, tutte le mie compagne tenevano lo sguardo fisso sulla mia figura.
- Come puoi esserne certa? Non so neanche come siano fatte. -, replicai con aria impassibile.
- Lo so e basta! Sei tu quella che ruba sempre le cose degli altri! -
Come osava. 
- Aaaaaaah!!! -
Ben ti sta. 
Iniziarono tutte ad urlare. Karen scoppiò a piangere.
- Lily! Che cosa le stai facendo!? Basta! -, implorò Alessa. 
Concentrai tutto l’odio verso di lei e tutta l’energia che avevo in corpo nel mio sguardo letale. La mia pazienza aveva oltrepassato il limite. 
Alessa si accasciò a terra accanto ad Evangeline che si teneva le mani sulla pancia per il dolore provato. 
- Sei tu che stai facendo questo! Sei tu! - ,singhiozzò Amelia terrorizzata. 
Sciocca, faresti meglio a scappare.
La porta si spalancò, la signorina Halley entrò affiancata da un uomo alto e con un viso dall’aria sveglia. In quello stesso istante, le urla di Evangeline e di Alessa cessarono, poiché avevo interrotto il contatto visivo.
- Evangeline, Alessa! Cosa ci fate per terra!? -
La signorina Halley corse ad inginocchiarsi accanto alle due con aria allarmata.

- E’ lei, è lei! - urlava Amelia indicandomi. Avrei voluto incenerirla con lo sguardo, ma la presenza della signorina Halley e dello sconosciuto me lo impedivano.
Le mie compagne di stanza si erano rannicchiate contro il muro, piangendo e tremando incontrollatamente.
La signorina Halley mi osservò per un istante con espressione turbata. – Ma che cosa dici, Amelia? Come può averne colpa lady Jane? -
Ma lei sapeva. Tuttavia non aveva il coraggio di parlare. 
- A quanto pare sono capitato proprio al momento giusto.-, esordì l’uomo rimasto sulla soglia della porta; a giudicare dalle rughe del viso e dai boccoli grigi, doveva avere all’incirca una cinquantina d’anni. 
La signorina Halley aiutò Alessa ed Evangeline a rialzarsi. – Vi presento il dottor Stephen, oggi dovrà visitare ciascuna di voi. -
Nessuno fiatò. Nemmeno quella fifona di Karen, che di dottori non ne voleva nemmeno sentir parlare.
- E noi facciamo i conti dopo. Scendete immediatamente in mensa. -


*******


Il dottore ci aveva visitate una alla volta in una stanza privata. Secondo ciò che disse alla signorina Halley, eravamo tutte in buone condizioni di salute; per quanto riguardava Alessa ed Evangeline, probabilmente soffrivano di emicrania. 
Ma che dottorino perspicace. Anche se avesse capito il vero motivo per cui le ragazze si erano sentite male quella mattina, non avrebbe mai potuto trovare una cura. Dopotutto, non esiste un rimedio contro il dolore creato dall’illusione… 
Per il resto della giornata seguii le lezioni e recitai le preghiere giornaliere. Nessuna delle mie compagne osò rivolgermi la parola. Sembrava che l’ostilità nei miei confronti si fosse diffusa per tutto l’orfanotrofio; neppure i maschi erano tentati di avvicinarsi a me. Il lato positivo della cosa, era che potevo avere mio fratello Alec tutto per me.
- Devi averne combinata una delle tue oggi. Nessuno ha il coraggio di avvicinarsi. -, mi aveva detto mentre ci trovavamo in cortile. 
Erano rari i momenti in cui potevamo stare insieme o scambiare due parole. Tutto per via di quei maledetti dormitori separati.
- Se ne dimenticheranno, vedrai.-, avevo risposto con aria annoiata, lo sguardo perso nel cielo terso di nuvole.
- Cerca di stare più attenta, sorellina. - 
L’occhiata che gli avevo riservato non lasciava presagire nulla di buono. – Metti in dubbio ciò che sto dicendo? -
- Assolutamente no. -
Mi ero specchiata in quelle pozze color caramello così simili alle mie e ad un tratto avevo avuto l’impulso di stringere Alec a me. Gli avevo sorriso e baciato una guancia. Nel compiere quel gesto, mi ero accorta che Evangeline stava guardando mio fratello. 
- Che diavolo vuoi tu? - avevo sbottato. Non sopportavo chi si permetteva di osservare mio fratello in mia presenza, anche solo per un breve istante. Ne ero tremendamente gelosa. Nessuna poteva portarmelo via. Quella ragazzina sfacciata stava oltrepassando ogni limite.
 - Non devi preoccuparti. - Alec mi accarezzò una guancia per tranquillizzarmi.
- Tu sei l’unica persona che mi rimane. Sei tutto per me, capisci? Nessuno deve portarti via da me. -, gli avevo ripetuto per l’ennesima volta. 
Il rumore dei colpi alla porta mi riportò al presente. Dopo aver bussato per tre volte, la signorina Halley entrò nel dormitorio, avanzando a testa alta al centro della stanza. Io e le mie compagne di stanza eravamo sul punto di coricarci.
- Questa sera, prima che voi possiate dormire, occorre far luce su un fatto oscuro. -, spiegò la signorina Halley soffermandosi col suo sguardo penetrante su ognuna di noi. – E’ da tempo che ricevo parecchie lamentele da parte di ognuna di voi sulla presunta scomparsa di alcuni oggetti di vostra proprietà. Desidererei porre fine a questa storia. Se c’è una colpevole, gradirei ammettesse il misfatto. -
Silenzio tombale. La curiosità si impadronì di me. Volevo vedere cosa sarebbe successo di lì a breve.
- Io so chi ha preso le nostre cose. -
Trattennero tutte il fiato mentre gli occhi della signorina Halley si posarono su di Evangeline. Possibile che la stesse guardando con compassione?
- E’ stata Jane. E’ stata sempre e solo lei. Le nostre spille, le nostre collane, i nostri portafortuna… Ha preso tutto lei. -
Evangeline. Maledetta serpe. Ero curiosa di vedere come avrebbe fatto ad incolparmi. 
- Ne sei sicura, Evangeline? Questa è un’accusa molto grave. Hai delle prove? -
Domanda interessante.
- Sì. Due giorni fa scivolai a terra per la fretta riposta nel raggiungere la mensa. Ero già in ritardo, e temevo in suo rimprovero, signorina Halley. -, spiegò Evangeline per giustificare la sua caduta - … Avevo perso la mia spilla cadendo, perciò iniziai a cercarla; vidi che era finita sotto il letto di Jane ,così allungai la mano per afferrarla. A quel punto mi accorsi che una delle assi del pavimento era mobile… - 
Cominciai a sentire uno strano formicolio caldo in tutto il corpo.
- … Fui sopraffatta dalla curiosità e… provai a smuoverla. Riuscii ad aprirla.-
Il sangue defluì dal mio volto, come se mi avessero tirato una secchiata d’acqua gelida.
- Dentro c’erano tutte le nostre cose. La collanina di Karen, il ciondolo portafortuna di Rose, il fiocco di Amelia… I nostri pochi averi. -
Non mi curai di osservare l’espressione delle mie compagne di classe. I miei occhi guizzarono da Evangelina alla signorina Halley, l’una con espressione trionfante, soddisfatta di essere riuscita a parlare, l’altra incredula.
- Lady Jane, è vero ciò che dice la vostra compagna? - 
- Affatto. Evangeline si è inventata tutto solo perché non le vado a genio. -
- Bugiarda. -, sibilò lei.
Ma che coraggio che hai.
- Ci permette di controllare, allora? - mi domandò la signorina Halley con aria timorosa. 
Sbiancai. Se l’avessero fatto… No, dovevo impedirlo. Ma se avessi usato il mio potere, qualcuno sarebbe corso a chiamare aiuto, allora con la certezza che gli improvvisi mal di testa che colpivano le persone fossero causati da me, e avrei scatenato un putiferio, infangando la stima che mio fratello Alec aveva per me.
- … Sì, certamente. -
Le parole faticarono ad uscire dalla mia bocca, come se avessi temuto di esplodere nel pronunciarle.
 
- Evangeline…- richiamò la signorina Halley. Lei capì e si avvicinò al mio letto. Lentamente mi alzai e vi scesi, permettendo ad Evangeline di spostarlo. Trattenemmo tutti il fiato quando lei sfiorò con le dita le assi del pavimento. Avrei voluto urlare quando quelle mani indegne toccarono l’asse mobile e la aprirono. Li dentro c’erano i miei tesori, tutto ciò che ero riuscita a guadagnarmi in quell’inferno di posto. Panico e disperazione s’impossessarono di me quando collane, bracciali, spille e fisarmoniche furono visibili a tutte. Sentii le mie compagne, avvicinatesi per guardare , irrigidirsi e trattenere il respiro.
- L-lady Jane... - balbettò la signorina Halley. 
Mi lanciai su Evangeline con le mie stesse mani e la spintonai violentemente a terra. Afferrai con foga tutto ciò che riuscivo a tenere tra le mani, angosciata, tra i singhiozzi. Non avrei permesso a nessuno di portarmi via le mie cose. Erano mie. Mie e di nessun’altro.
- Lady Jane! Cosa fate!?… -
Non m’importava più di niente. Perforai la signorina Halley con lo sguardo. Ma ero troppo preoccupata dei miei oggetti per potermi concentrare mentalmente. 
- Lady Jane, lasciate subito ciò che avete tra le mani! Se non lo farete, farò portare via vostro fratello Alec! -
Quella minaccia gelò il sangue nelle mie vene. La paura si fece strada in me come un tornado, la cui violenza e velocità aumentava ogni istante.
- No… No… Non lo farete! No! -
- Lady Jane, voi avete bisogno di essere curata! - 
- No! No! -, continuavo a ripetere disperata. Stringevo al petto tutti i miei averi sino a sentir male, talvolta qualcosa mi sfuggiva dalle mani e allora, tra lacrime di frustrazione e ringhi rabbiosi, mi chinavo per raccogliere ciò che era caduto. Come potevo scegliere tra i miei preziosi oggetti e Alec? Come potevano chiedermi di rinunciare a uno dei due?
Non mi accorsi che molte mie compagne erano uscite di corsa dalla stanza per chiamare qualcuno. 
La signorina Halley ebbi il coraggio di avvicinarsi e di posarmi le mani sulle spalle. –Lady Jane, si calmi, per favore! -
Allora fui investita dalla forza dell’odio, e quella mi permise di recuperare momentaneamente la concentrazione. 
La signorina Halley lanciò un grido disumano e cadde a terra sbattendo la testa. 
- STREGA! -, urlò Evangeline scoppiando a piangere e afferrandomi per il collo. In quel momento udimmo una serie di passi affrettati per il corridoio e un gruppo indistinto di persone irruppe nella stanza. Un uomo mi separò da Evangeline e tentò di trascinarmi via a forza. 
- E’ una strega! -
- E una strega! -
- Strega! Strega! - 
Urlavano le mie compagne. Io cercai di dimenarmi furiosamente, accecata dalle lacrime, mentre l’uomo che riconobbi come il dottore che mi aveva visitato di mattina, mi tirava per i capelli. I domestici si erano attorniati alla signorina Halley, cercando di farla riprendere. 
Non seppi mai se il trauma riportato l’avesse uccisa o no . Non seppi mai cosa ne fu delle mie compagne.
Mentre mi portavano via, pensai solo a due cose: ai miei oggetti, specie al mio amato specchio, e ad Alec .

L’avarizia e l’avidità mi avrebbero portato alla morte sul rogo come strega, se Aro non mi avesse salvata.


*******


Spazio dell'autrice: dalle poche informazioni che ho trovato su internet, ho scoperto che Jane ed Alec furono portati in un orfanotrofio poiché la loro città fu colpita da un incendio. Jane a causa delle tensioni in orfanotrofio con gli altri bambini, fu condannata alla morte sul rogo come strega, ma fu Aro a salvarla.
Posso dire di aver narrato un missing moment, o meglio, di averlo inventato. Scusate se ho allungato il brodo, ma a Jane avrei preferito associare la superbia o la lussuria, con l'avarizia, che mi è uscita estratta a sorte assieme al personaggio da associarle, non mi sentivo granché ispirata... La one-shot mi è riuscita strada facendo.
Il prossimo e ultimo capitolo sarà a Rating Rosso, perciò dovrò pubblicarlo a parte ;) Se lo volete leggere, controllate il mio profilo. 
Ringrazio Ninfea Blu per la sua graditissima recensione ;)  Non preoccuparti per la faccenda Jacob XD E' tutto okay, davvero! Mi ha fatto piacere leggere un punto di vista diverso 
Mi gratifica ciò che hai scritto, perché la one-shot su Edward oltre ad essere stata la prima per cui mi sono sentita ispirata, è stata anche quella che ho rivisto e migliorato più volte, insomma, quella su cui ho lavorato, a sorpresa,  più tempo. 
Il fatto che tu riesca ad immaginare perfettamente Edward steso sul letto a lanciare la pallina sul soffitto mi gratifica ancora di più! Significa che sono riuscita ad esprimere correttamente i sentimenti del mio personaggio. 
Grazie davvero di tutto, lo dico col cuore, i tuoi commenti mi riempiono di gioia. Potrà sembrare la solita frase banale, ma non lo è, è così e basta <3
  
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