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Autore: La Matta    17/05/2010    4 recensioni
La morte di un nobile cavaliere, guerriero invitto, padre di famiglia. La serenità di un uomo che si spegne senza paura, e senza dover fare lunghi discorsi.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Imrahil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come morì il signore di Dol Amroth

COME MORI’ IL SIGNORE DI DOL AMROTH

 

Trentaquattresimo anno della Quarta Era

 

Era gremita di gente, la piccola stanza in cui stava morendo Imrahil di Dol Amroth.

Lothiriel, sua figlia, suonava l’arpa per allietare le ultime ore di suo padre.

La primavera stava sbocciando, fuori dalle finestre, e le labbra dell’anziano cavaliere si distesero in un morbido sorriso.

 

“Dicono che la stretta della Morte sia quanto di più freddo possa percepire un uomo.

Ritengo che credere questo sia più che legittimo.

Ma ritengo anche che sia difficile percepire questo gelo, quando si muore in primavera.

Non c’è sinistro ticchettio, quando fuori cinguettano gli uccelli, quando le dita della propria figlia accarezzano delicatamente le corde della sua arpa, quando persino il rantolo del tuo respiro sta cessando.

Non ci sono brutte sensazioni, quando si è circondati dall’affetto della propria famiglia.

Dai quattro figli di cui si è infinitamente orgogliosi.

Dal nipote e dalla sorella che non hanno mai cessato di credere in te.

Dal proprio genero, grande amico e fedele compagno sotto le armi.

E dal proprio nipotino, che è biondo e ha gli occhi grandi di sua madre.

Non ci sono falci scintillanti nelle tenebre, semmai lo sfocato ricordo dell’amata spada, cinta in giorni tempestosi e crudeli, spada che ora dorme serena, appesa sopra il caminetto.

 

Mi chiamo Imrahil di Dol Amroth.

Figlio di Adrahil, fratello di Finduilas e Ivriniel.

Padre di Elphir, Erchirion, Amrothos e Lothiriel.

Non importa quali battaglie io abbia combattuto e vinto, non ha importanza lo stendardo che garrisce al vento, sulle torri svettanti della cittadella.

Quando gli uomini muoiono, si assomigliano tutti quanti.

 

- Papà?- timida, Lothiriel mi tocca una mano.

Con un sobbalzo, riapro gli occhi.

Sì, vero, ci sono ancora alcune formalità da sbrigare, prima dell’oblio.

Guardo i miei figli, e ognuno mi sembra eccezionale.

Lothiriel, la mia donna-bambina, che ha i capelli sottili e delicati, come quelli di un Angelo. Ricordo che stava ore davanti allo specchio, passandosi fra le ciocche un leggero pettine d’osso bianco. Non ho mai capito perché cercasse di rendere ancora più lisce le sue chiome di seta.

Amrothos, rosso fuoco, con il sorriso smagliante di sua madre, il sorriso che mi aveva fatto innamorare di lei. Amrothos, che aveva ricevuto in dono a sette anni un corno da caccia, e che ci aveva tenuti svegli di notte per i tre mesi seguenti, senza smettere di soffiarci dentro neppure per prendere un respiro.

Erchirion. Serio, severo, coi capelli lunghi sul viso, pallido delle mille ore passate in biblioteca, fra polverosi manoscritti. Per punire Amrothos, gli imponevo di restare in camera sua e di non partecipare ai tornei. Per Erchirion dovevo fare l’esatto opposto. Non gliel’ho mai detto, ma ha sempre saputo molte cose più di me.

Elphir, il primogenito, l’infante aspettato e, al contempo, quello più tormentato. Ero ancora un ragazzo, quando incrociai lo sguardo di mio figlio, di quella creatura piangente che dipendeva esclusivamente da me, e dalla sua meravigliosa madre. Temo di aver commesso degli errori, con lui. Tanti. Ma Elphir non si è lasciato demoralizzare. Ha combattuto. Ha vinto. E’ adulto, saggio dentro l’anima. Ed è per questo, che sarà il mio successore.

 

- Papà?-

Cerco ancora una volta di aprire gli occhi, ma mi riesce solo di dischiuderli un po’.

La luce entra, prepotente, dalle finestre spalancate.

La primavera fiorisce in giardino, gli alberi sono pieni di fiori profumati.

Non ho il tempo necessario per pensare a quanto amo la mia famiglia.

E tutt’ora, non so come morire.

Sono talmente vecchio che potrei spirare con un semplice soffio, l’ultimo respiro.

Sarebbe tanto terribile? Dopotutto, ho già detto quello che dovevo dire.

Chissà se adesso rivedrò la mia Finduilas, mia sorella, e Boromir, suo figlio più grande.

Sono stato un guerriero tutta la vita.

Non so parlare di poesia. Non so filosofeggiare sul significato della morte.

Ma è tutto bello. E caldo. E sereno.”

 

- …Papà? … papà?-

Eomer poggia una mano sulla spalla di Lothiriel, la sua sposa.

Lei si volta indietro, impallidendo.

Dalle sue labbra sfugge un sospiro, uno solo.

- Addio, papà.-

 

Dalla finestra aperta entra un fiore di ciliegio.

Volteggia nell’aria per qualche istante, poi si appoggia sulla fronte di Imrahil, defunto signore di Dol Amroth.

 

FINE

  
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