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Autore: Naco    08/06/2010    3 recensioni
E poi arriva sempre quel momento. Quell’attimo in cui i tuoi occhi si fermano, le tue mani restano incollate a quell’involucro, che ad un occhio estraneo potrebbe sembrare come tutti gli altri, ma che per te ha un significato speciale. E se prima avevi riso pianto, gioito, di ciò che avevi trovato, adesso resti lì, fermo, immobile, non sapendo neanche tu bene le emozioni che si agitano nel tuo cuore, i ricordi che, come un fiume in piena, ti trascinano con loro, lontano, lontano, indietro nel tempo, a quei giorni che, nonostante fossi convinto di aver dimenticato, sono ancora lì, intatti nella tua memoria.
Genere: Malinconico, Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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REMEMBER

Succede sempre così quando ti capita di rivoluzionare casa per chissà quale arcano motivo, sia esso una ristrutturazione, un trasloco o una partenza improvvisa. Ci metti un sacco di tempo più ad esclamare quanti anni che lo cercavo! Ecco dov’era finito! O cavoli, ero convinto di averlo buttato, invece eccolo qui! piuttosto che a fare i bagagli, preparare gli scatoloni o rimettere a posto tutto, a seconda del motivo per cui ti ritrovi lì, per terra, con gli occhi sgranati dallo stupore e dalla meraviglia, circondato da vestiti, buste, scatoloni e disordine.
E poi arriva sempre quel momento. Quell’attimo in cui i tuoi occhi si fermano, le tue mani restano incollate a quell’involucro, che ad un occhio estraneo potrebbe sembrare come tutti gli altri, ma che per te ha un significato speciale. E se prima avevi riso pianto, gioito, di ciò che avevi trovato, adesso resti lì, fermo, immobile, non sapendo neanche tu bene le emozioni che si agitano nel tuo cuore, i ricordi che, come un fiume in piena, ti trascinano con loro, lontano, lontano, indietro nel tempo, a quei giorni che, nonostante fossi convinto di aver dimenticato, sono ancora lì, intatti nella tua memoria.
E’ quello che sta accadendo anche a me in questo momento, mentre, cercando il mio passaporto, ritrovo un album di fotografie.
A tutta prima, quasi non lo riconosco: sono anni che non lo sfoglio e non ricordavo neanche di averlo messo lì; e dire che non è la prima volta che apro quel cassetto, e di certo non sarà neanche l’ultima. Possibile che non l’abbia mai notato?
Forse è soltanto per convincermi che sia davvero quello e non altri, che, trattenendo il respiro, lo apro. Da quella foto ingiallita dal tempo, il suo sorriso radioso e allegro sembra quasi salutarmi e darmi il bentornato.




Back in the days where we knew nothing about sadness
and balls were just frolicking before our eyes
"see you tomorrow" you waved your hand high
since that day we've stopped time
Yakusoku
– Tamaki Hiroshi

Mi ricordo benissimo la prima volta che ci incontrammo. Eravamo due bambini, allora, e tu te ne stavi attaccata alla gonna da gitana di tua madre, mentre lei presentava te e se stessa alla mia genitrice.
“Siamo i nuovi vicini” spiegò sorridendo.
Tu uscisti per un attimo dal tuo nascondiglio e incrociasti il mio sguardo; io ti sorrisi e tu, per tutta risposta, mi facesti una linguaccia e scappasti via.
Ti ritrovai il giorno dopo nella mia stessa classe e, anche quella volta, mi salutasti con una pernacchia e un sorriso strafottente; la maestra, notando che già ci conoscevamo, forse per metterti a tuo agio, ti fece sedere proprio accanto a me. Ricordo che all’inizio ti accomodasti di malavoglia, decisa a non rivolgermi la parola; tuttavia, bastarono pochi minuti di lezione perché diventassimo praticamente inseparabili.
Eravamo due pesti e la maestra ci sgridava sempre. Eri sempre tu ad iniziare, però alla fine mi dispiaceva che ti sgridassero, così finivo sempre per addossarmi metà della colpa, e venivamo puniti tutti e due, anche dai nostri genitori. La pena preferita dalle nostre mamme era impedirci di giocare insieme in giardino, ma noi eravamo troppo furbi e creammo un codice segreto per comunicare, così potevamo trascorrere i pomeriggi, sul balcone, a parlare, senza che nessuno se ne accorgesse. A volte, mi chiedo ancora se non lo facessi apposta, a farci riempire di punizioni, per poter giocare in quel modo tutto nostro e particolare.

In that vast world, I wonder if you are also
looking up to the same star somewhere
Yakusoku
– Tamaki Hiroshi


Ogni tanto, quando la sera sono stanco oppure ho voglia di rilassarmi, mi siedo in veranda e mi metto a contemplare il cielo notturno e mi chiedo se, da qualche parte, tu stia facendo lo stesso e se, anche tu, come me, torni ogni tanto a quel giorno di tanti anni fa.
Eravamo ancora due bambini – potevamo avere sì e no dieci anni – e ce ne stavamo sul terrazzo a guardare le stelle la notte di San Lorenzo. Ad un certo punto, tu vedesti una stella cadente e mi dicesti che avresti tanto voluto raggiungerle, quelle stelle, vederle da vicino e chiedere loro di realizzare un tuo desiderio – perché sicuramente da così vicino si sarebbe sicuramente realizzato.
“E quale sarebbe questo desiderio?” ti chiesi incuriosito.
Tu voltasti la testa dall’altra parte e non mi rispondesti; la tua reazione mi spiazzò non poco e pensai che, forse, avevo detto qualcosa che ti aveva in qualche modo offesa, ma non ebbi il coraggio di chiedertelo direttamente.

The scenery on the rooftop, the graffiti in the notebook
will never fade, right, never
Never, yes, never forget that promise we exchanged
that night when no-one was there
Yakusoku
– Tamaki Hiroshi


“Mi fai una promessa?” te ne uscisti all’improvviso, rompendo tu stessa quello strano silenzio imbarazzante che era caduto tra noi.
Mi precipitai a risponderle di sì, il cuore che batteva a mille, con l’unico desiderio di riportare l’armonia tra di noi e cancellare quel momento che, allora, non avrei saputo come definire.
“Promettimi che un giorno raggiungeremo insieme quelle stelle. E che allora staremo insieme per sempre.”
Io ti fissai a lungo, nonostante il cielo notturno non mi permettesse di poter leggere fino in fondo i tuoi occhi scuri.
“Certo che te lo prometto, ma che domande mi fai? Noi resteremo insieme per sempre.”

Becoming an adult, we remember the lies as well
I wonder if that's because we've stronger than we were that day
Yakusoku
– Tamaki Hiroshi


Con il senno di poi, mi rendo conto che quella promessa non aveva alcun senso. Eravamo due ragazzini, allora, e non potevamo certo sapere che la vita ci avrebbe riservato delle sorprese a cui non eravamo ancora preparati.
Me lo ricordo ancora molto bene il giorno in cui tu venisti da me, con gli occhi rossi e le guance piene di lacrime; stavo studiando per il compito in classe di matematica del giorno dopo, e tu entrasti in camera mia senza neanche bussare.
“Partiamo.” Urlasti tra le lacrime “Fra una settimana mio padre sarà trasferito e noi partiremo con lui.”
Probabilmente fu in quel momento che capimmo davvero quanto dura e ingiusta sa essere la vita; fino ad allora, avevamo vissuto in un sogno bellissimo e magico, circondati da una spessa bambagia fatta di sogni e giochi, ma alla fine anche noi eravamo costretti ad abbattere quel muro e a fare i conti con il mondo che ci circondava e che andava avanti comunque, che noi lo accettassimo o meno.

Surely it's because those times when the light was lost
I heard your voice
Yakusoku
– Tamaki Hiroshi


Conservo ancora tutte le tue lettere di allora, le email, le fotografie che mi inviavi dei tuoi nuovi amici, della tua nuova casa, del cane che i tuoi genitori ti avevano regalato perché ricominciassi a mangiare e a studiare. Le conservo gelosamente in una scatola che ho nascosto in soffitta, perché vederla ancora in giro mi faceva male al cuore, tanto che ero convinto che anche quell’album l’avessi lasciato lì.
Le tue lettere, le email e le fotografie erano tutto ciò che mi bastava per essere felice, per rendermi conto che no, non eri stata un sogno, che tu c’eri stata, che c’eri ancora da qualche parte, e che quella promessa, scambiata sotto la volta stellata, non era un sogno di bambino, ma una profetica preghiera per il futuro.
Non te l’ho mai detto, nelle mie lettere, ma non sai quante volte, mentre ero in camera mia a studiare, in salotto a guardare la TV, ho teso l’orecchio, sicuro di aver sentito la tua voce all’ingresso o i tuoi passi che, frettolosi, salivano le scale o i tuoi rimproveri, quando ero nel bagno della scuola a fumare con i miei amici.
“Fumare fa male! Ti rovinerai i polmoni!” mi ammonivi, mettendo le mani sui fianchi, chinandoti leggermente verso di me, con sguardo truce. Allora, sorridevo al vuoto e spegnevo la sigaretta.
Mi piacevano quei momenti, sai? Se te l’avessi detto, mi avresti preso per un pazzo visionario, o forse lo stavo diventando davvero. Però per me quello era l’unico modo per non dimenticarmi di te.

I want to embrace that dream we talked about
in this extending world forever, yes forever
Yakusoku – Tamaki Hiroshi


Poi un giorno le tue lettere smisero di arrivare. Senza un perché e senza una spiegazione. La tua voce non era più mia amica inseparabile e invisibile da molti mesi, ormai, ma quel tuo silenzio mi fece tanto, tanto male.
Provai a telefonarti tante e tante volte, ma tua madre ogni volta inventava una nuova scusa per non passarti le mie chiamate. Un po’ ero rincuorato, perché significava che non ti era accaduto niente di male – perché tua madre me l’avrebbe detto, vero? se ti fosse successo qualcosa! – ma dall’altra parte, ero amareggiato: cosa avevo potuto farti di così terribile da meritare un simile comportamento da parte tua? Nell’ultima lettera ti avevo anche raccontato che avevo passato il test di accesso alla facoltà di astronomia di Bologna.
Forse, con gli anni e la lontananza, avevi dimenticato quella promessa e la tua vita aveva iniziato a viaggiare su binari completamente diversi e non volevi più rivangare quei ricordi fanciulleschi. Oppure, più probabilmente, l’avevi considerata solo un gioco da bambini, un’idea folle che invece io, testardamente, avevo provato ad inseguire davvero. Per noi, ma soprattutto per me.
Mi sentii come quando, quella notte di tanti anni prima, tu non avevi risposto alla mia domanda e ti eri voltata dall’altra parte; solo, triste e immensamente stupido.




Even if time passes, this promise remains unchanged
That feeling will be here always, yes, always
And to the future
Yakusoku
– Tamaki Hiroshi


Richiudo sconvolto quello strano pozzo di ricordi e lo ripongo esattamente dove l’ho trovato. Con il passare degli anni, quello studio che era nato solo per un capriccio, mi ha appassionato a tal punto che avevo quasi dimenticato il motivo per cui la mia vita aveva preso quella strana piega. Con questo, non voglio dire che abbia dimenticato lei e la promessa che ci scambiammo: succede ancora, qualche volta, che la notte mi svegli con il cuore in gola, dopo aver sognato che lei si allontanava ancora una volta da me.
Da allora, tra noi non è cambiato niente: lei non mi ha mai cercato ed io, rispettando il suo desiderio, ho fatto altrettanto. Ho studiato tanto, mi sono applicato con tanta dedizione allo studio, come mai avrei pensato di poter fare e alla fine i miei sforzi sono stati ricompensati: sono uno dei cinque italiani che lavoreranno per un progetto della NASA, per studiare le stelle più remote della nostra galassia; a quanto pare, io sono il più giovane della delegazione.
Mi sembra ancora un sogno e stento ancora a crederci.

The scenery on the rooftop, the graffiti in the notebook
will never fade, right, never
Never, yes, never forget that promise we exchanged
that night when no-one was there
Yakusoku
– Tamaki Hiroshi


L’aeroporto di Orlando, in Florida, è immenso, così diverso dagli aeroporti italiani a cui sono abituato; mi guardo intorno un po’ spaesato, rendendomi per la prima volta conto del luogo in cui mi trovo.
I miei colleghi non battono ciglio: diversamente da me, loro sono già stati in America, e presso la NASA, innumerevoli volte e adesso, con passo sicuro, si stanno già incamminando verso l'uscita, dove la delegazione americana dei nostri futuri colleghi è pronta ad attenderci.
Sono quattro uomini e due donne, di età abbastanza varia, anche se abbastanza giovani – non avranno più di quarant’anni – nonostante una delle due donne mi dia le spalle.
Finalmente, quando siamo a pochi metri di distanza, sembrano accorgersi del nostro arrivo e anche la donna si volta verso di noi e ci sorride.
Riconoscerei quel sorriso tra mille, anche se dovessero trascorrere mille, due mila anni; lo riconoscerei anche se mi trovassi in una metropolitana stracolma, in una piazza immensa di una grande città, su un aereo ad alta quota e lei fosse giù, sulla terraferma.
E, per me, ancora una volta, è come ritornare indietro nel tempo.
Gli altri colleghi, da qualche parte intorno a noi, si stanno salutando e stanno discorrendo sulle condizioni del viaggio; ed è quello che dovrei fare anche io, anche se mi rendo conto di non averne la forza.
“Ciao, Massimo.” Mi saluta in italiano.
Da quanto tempo non sento la sua voce? È esattamente come la ricordavo, forse un po’ più adulta, adesso, con una strana inflessione inglese che la rende anche più sexy.
“C… Alessia.”
Mi presenta agli altri colleghi e mi vedo stringere le loro mani, senza realmente capire chi siano e cosa vogliano da me; una parte del mio cervello risponde anche alle loro domande e sorride affabile, mentre un’altra continua a pensare a quella donna ormai adulta, in piedi accanto a me.
“Staremo insieme per sempre?”

Don't forget, don't forget
Don't forget, don't forget
Yakusoku
– Tamaki Hiroshi


“Quindi, non l’hai dimenticato.” Ho infine il coraggio di dire. Non è una domanda, non è una costatazione. È un’affermazione che ho bisogno di fare più a me che a lei, perché il mio cervello registri che, sì, è tutto vero.
Nonostante sia ancora sotto shock, adesso sono abbastanza in me da riuscire a seguire gli altri verso le automobili che ci condurranno nella nostra nuova casa.
“Ti ricordi quando mi dicesti che avevi passato il test per entrare nella facoltà di astronomia di Bologna?”
Annuisco, avvertendo un nuovo tuffo al cuore, al ricordo di ciò che era accaduto successivamente.
“Sai, anche io avevo fatto quel test. Non ti avevo detto niente, perché volevo farti una sorpresa, ma invece la sorpresa la ebbi io, perché non riuscii a passare. Non puoi immaginare come mi sia sentita: pensavo di averti tradito, di non essere in grado di mantenere la nostra promessa… e pensare che tu invece ce l’avevi fatta! Non dovevo deluderti.”
“Ed è per questo che non ti sei fatta più sentire?”
Arrossisce. “Sì. So che è sciocco, ma volevo che fossi fiero di me. Così sono venuta a studiare qui in America e mi sono tuffata nello studio. I miei all’inizio non volevano, ma alla fine si sono convinti. Così, eccomi qui.”
Lei si ferma e io la imito.
“Io… so che sono passati tanti anni, che non ho alcun diritto di chiedertelo, che potresti avere già una fidanzata o addirittura una moglie, però…” si volta a guardarmi dritto negli occhi “Massimo, vuoi ancora raggiungere insieme quelle stelle e restare con me per sempre?”
Vorrei prenderla tra le mie braccia, abbracciarla, baciarla, urlarle che no, non c’è nessuna nella mia vita perché non ho mai smesso di pensare e sognare lei e che sì, sono qui apposta per lei e per quella promessa che ci siamo scambiati tanti anni fa, ma mi rendo conto che non posso; perciò mi limito a sorriderle e a prenderle la mano, per stringergliela forte, cercando, con quel gesto, di trasmetterle tutti i sentimenti che provo. Lei mi sorride, radiosa, come in quella foto scattata tanti anni fa e, insieme ci incamminiamo verso gli altri.
Abbiamo viaggiato sullo stesso binario, per tanti anni; poi, i nostri treni hanno preso direzioni diverse, tanto che io ho creduto persino che lei avesse dimenticato la nostra promessa.
Mi sono sbagliato.
Avevamo solo viaggiato su binari vicini, che alla fine, finalmente, si erano riuniti. E adesso siamo qui, l’uno accanto all’altra, di fronte al nostro sogno e al nostro futuro.
Insieme. Per tutta la vita.

FINE

Note dell’autrice
Sappiate che sto piangendo di gioia, non tanto perché trovi commovente questa storia, quanto perché è dalla prima volta che lessi il testo di questa canzone che pensai “Devo scrivere una storia su questa canzone!”.
È passato un sacco di tempo da allora, ma alla fine ce l’ho fatta. So benissimo che il tema non è originalissimo, ma l’ho adorata troppo, ho sentito troppe volte i sentimenti del protagonista – perché, che il protagonista dovesse essere un uomo, era l’unica cosa su cui ero certa fin dall’inizio – per non metterli per iscritto. Non so se sia riuscita a rendere bene tutto quello che questa canzone continua a trasmettermi, ma sono contenta di averci almeno provato. L’ho ascoltata tante e tante volte, anche durante la stesura e credevo che alla fine l’avrei odiata. E invece no, la amo anche più di prima! <3
Quindi, ancora una volta, un grazie speciale va a Tamaki Hiroshi, anche se non leggerà mai neanche questa storia. XD
Il prompt n° 77 della Criticombola di Criticoni è troppo perfetto per tutto questo, quindi non posso non inserirlo, anche se ormai l’iniziativa è finita da un pezzo. XD
Giusto perché so che a tutti voi queste notizie importano tanto: l’idea di farli diventare astronomi, ovviamente, non era contemplata all’inizio (la canzone parla di stelle, ma non di studiarle! XD); tuttavia, io ho un’insana passione per l’astronomia, quindi non vedo perché i miei personaggi non debbano realizzare certi miei sogni impossibili, quando l’input, in un certo senso, c’è. Sappiate che, per non sparare troppe cavolate, ho fatto un giro sul sito della NASA per prendere qualche informazione, e ci stavo seriamente morendo su! *___*
Ovviamente, per quanto mi sia informata, nel mio piccolo, io non ho assolutamente idea di cosa si deve fare per lavorare in quel centro; per questo, ho cercato di dire il meno possibile, ma, nel caso abbia detto castronerie, fustigatemi pure! U_U
Ah, ultimamente mi sto facendo una cultura di aeroporti e voli internazionali: nel caso vi interessi, chiedete pure! XD
Ok, la pianto di scocciare al mondo! E ricordate: come sempre, commenti, critiche e pomodori sono sempre ben accetti!
   
 
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