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Autore: Gondolin    11/06/2010    5 recensioni
[ Federico II di Prussia/Hans Hermann von Katte ]Vedi? Il nostro Paese è così angusto che persino io, figlio di re, sono privato della libertà. Lo ero prima e più ancora lo sono ora, accompagnato dai passi pesanti delle guardie fuori dalla mia porta.
E tu, mio Hans? Come starai ora? In nessun modo ho potuto avere tue notizie. Sei anche tu rinchiuso in questa odiosa fortezza?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
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[RPF Storico] Due lettere
Personaggi: Federico II di Prussia/Hans Hermann von Katte
Rating: pg14 
Warning: slash, angst
Ha partecipato a: # 5fandom challenge @ Bradley James Fan Forum
# Sfiga Fandom Fest @ Fanworld col prompt RPS Storico, Federico II di Prussia/Hans Hermann von Katte
A/N: Tutta questa roba dovrebbe essere storicamente attendibile (per quanto il fatto che io mi sia documentata su Wikipedia auf Deutsch potrebbe avermi fatto capire come al solito fischi per fiaschi -ma dopo tutto google translate aiuta).
All'epoca dei fatti Federico aveva diciotto anni, Hans ventisei.
“Il ciccione” è il padre di Federico (lui si riferiva davvero così a lui nelle lettere!), il re Federico Guglielmo.
Ah, e Jacopo Ortis (cioè Foscolo, ma come dice sempre il prof. è praticamente è la stessa cosa) è il colpevole, sappiatelo. Non mi assumo nessuna responsabilità


Fortezza di Küstrin, 5 novembre 1730



Mio carisssimo Hans,

in queste dolorose ore sei tu l'unico dal quale vorrei consolazione, eppure è la tua assenza a riempirmi di dolore.

Non sono purtroppo così sciocco da credere di poterti far avere questa lettera, eppure non riesco a fare a meno di scriverti.

Hans, Hans, amico mio adorato!, dove ci hanno condotti le mie scelte avventate? Fu davvero, come sostiene il ciccione, vigliaccheria a spingerci a tentare la fuga? Io non lo so più. Eppure guardo ancora i testi che ci accendevano nell'animo la speranza di un cambiamento, riprendo in mano le parole dei philosophes francesi e mi pare di sentire ancora quella spinta eroica, quell'anelito alla libertà. Vedi? Il nostro Paese è così angusto che persino io, figlio di re, sono privato della libertà. Lo ero prima e più ancora lo sono ora, accompagnato dai passi pesanti delle guardie fuori dalla mia porta.

E tu, mio Hans? Come starai ora? In nessun modo ho potuto avere tue notizie. Sei anche tu rinchiuso in questa odiosa fortezza?

Minacciava di morte entrambi, il re, quel folle, ma non oserà. Neppure la sua durezza può arrivare a tanto, vero? Non contro il suo stesso figlio e un uomo del tuo rango! Eppure, eppure se dovesse, io sorriderei lieto al boia poiché morirei insieme a te. Oh, vederti un'ultima volta, anche a prezzo della vita! Ma no, meglio così. Separati, ma vivremo, vivrai. Vivrai!

Chissà, forse quando io sarò re... se mai lo sarò... forse, allora... Ma no, è inutile ch'io m'illuda già da ora con speranze lontane. Addio, addio Hans.

Oh, non averti abbracciato un'ultima volta per salutarti! No, no. Mi avresti di certo veduto in lacrime se avessi dovuto dirti addio guardandoti in viso, ed io non avrei voluto.

Ricordi quando abbiamo preso la decisione di partire? Ricordi quant'ero esasperato, com'ero sempre esasperato, prostrato, e colmo d'odio? “La disciplina, la disciplina è motivo delle maggiori glorie del nostro Paese”, soleva ripetermi, quell'uomo odioso. M'impediva persino di leggere e di suonare il flauto!

Volevamo fuggire per essere liberi ed ora siamo più prigionieri di prima, e rimpiango lo stato precedente delle cose. Quale bizzarro cambio di prospettiva, non trovi? Queste stesse riflessioni stanno tenendo compagnia a te ora, se ben conosco il tuo amore per questo genere di speculazioni.

Tu, unico fra tutta la soldataglia che compone la nostra nobiltà, tu solo sei in grado di pensare e di comprendere la filosofia. Impazzirò se non potrò più parlarti...

Basta, brucerò questi fogli, che nessuno dissacri questo muto addio, che il fuoco lo faccia salire al cielo-





Fortezza di Küstrin, 7 novembre 1730



Oh, Hans!

Tu... morto?

Non potrei crederlo se non l'avessi veduto con questi stessi occhi.

Quel vile, ha osato, ha osato eccome! “Re”, si fa chiamare, ma non è che un crudele tiranno che lega gli uomini a sé con la paura. Ma io non mi lascerò piegare, sulla tua memoria giuro che non mi avrà, che non sarò come lui!

Sulla tua memoria... Sei già memoria e non più realtà? Non mi pare possibile. Credo che fra un momento ti rivedrò, o che tu sia ancora, anche se lontano da me, e mi sembra di sentire ancora quella tua tossetta perplessa di quando ascoltavamo parlare quei vecchi nobili muffiti convinti di essere la più perfetta espressione dell'umanità. Io allora mi voltavo verso di te con le labbra in un linea ben stretta per impedirmi di sorridere.

Eppure ora mi pare impossibile sorridere. Come si fa? L'ho scordato. Non c'è nulla che riesca a gettarmi fuori dallo stato d'abbattimento in cui sono.

Come farò a suonare ancora quando ogni melodia che conosco mi ricorda i tuoi sorrisi e i tuoi occhi chiusi mentre ascoltavi beato? La tua vita, la tua preziosa vita, sprecata così! La Natura dovrebbe creare suoni completamente nuovi e strazianti come nessun umano ha mai concepito e solo allora, forse, ci sarebbe una musica adatta a questo giorno e a tutti quelli che verranno senza te.

Ho provato anche a pregare: non ci riesco. Forse tutto questo è una punizione dell'Onnipotente per il nostro peccato.

Signore di tutte le cose, perché, perché hai concesso all'uomo un cuore capace di amare se questo causa tanto dolore? E perché permetti che esso vada contro i tuoi stessi dettami? Pormi davanti Hans è stata forse una prova, come lo fu la mela per Adamo ed Eva? Ahimé, l'ho fallita, e sempre ne porterò il peso, sempre chiedendo perdono.

Ma a pentirmi, mio Dio, non riesco.

Pentirmi di averti amato, Hans, mi sembra una terribile bestemmia.

Eppure fu per amore che progettasti con me quella fuga fatale. Ah, io t'ho ucciso! Con queste stesse mani, queste mani che t'hanno carezzato adoranti, tremanti d'emozione, con queste mani io ho calato la scure sul tuo collo, il tuo bel collo candido, sempre così dritto e fiero, che amavo baciare e mordere per scherzo.

Hans! Perché hai dovuto farmi innamorare di te, crudele?

Disperando del conforto divino, detestando quello umano, mi sono rivolto alla filosofia. Se filosofare è davvero imparare a morire, tu ci hai lasciati con animo sereno. Ma tanto studio non ha insegnato a me a vederti morire.

Come posso credere ancora che ci possa essere del bene nell'umanità dopo aver veduto ciò che un padre ha fatto al proprio figlio? Sì, io rifiuto di chiamarlo padre, eppure porto il suo nome e sono frutto del suo seme maledetto. Meglio sarebbe stato se non fossi mai uscito dal ventre di mia madre!

Ma no, poiché allora non t'avrei mai conosciuto e non avrei mai saputo cos'era la felicità. E se c'è gioia in cielo, non è nulla a confronto di ciò che provavo fra le tue braccia.

Eppure, non fossi mai nato, tu vivresti ancora e saresti forse felice. Non fossi mai nato, non avrei dovuto subire anche quest'ultimo dolore; quell'uomo crudele ha potuto anche questo: mostrarmi la tua esecuzione.

Non ho distolto lo sguardo fino all'ultimo, amico diletto. Tutto il mio coraggio l'ho usato per te, ma non m'è bastato a tenermi in piedi. Ahimé, quale vergogna! Fortuna volle che tu non alzassi lo sguardo verso la finestrella alla quale ero stato sospinto.

Non ti vidi nel momento supremo. Tu camminavi, la camicia aperta sul petto e lo sguardo ancora fiero. Io caddi sulla gelida pietra prima che cadessi anche tu, amatissimo.

Riaperti gli occhi ho visto lo stesso cielo nero di ieri, giorno fatale, e sono corso allo scrittoio. No, non posso sopportare di saperti perduto!, e allora ti scrivo.

Il ciccione voleva far giustiziare me pure, ma Carlo d'Asburgo l'ha convinto che non gli conveniva perdere l'erede al trono.

Ah! Avrei sprezzato la morte, al tuo fianco. Ora invece la desidero eppur la temo. Raggiungerti... rivederti, seppure all'inferno... Ma tu, mio adorato Hans, non lo vorresti. So che, se qualcosa si prova ancora dove tu sei, ti duoli del mio dolore. So che vorresti vedermi divenire un uomo e, un giorno, forse, un sovrano giusto. Ma non so se me ne basterà il cuore, se riuscirò a non detestare l'uomo, ogni uomo che ha ciò che a me è stato strappato.

Dopo tutto ha un sapore così dolce la resa... quasi quanto le tue labbra. Ricordi? Ricordi ancora di quando scoprivo stupito i dolci tormenti dell'amore e tu dolcemente mi guidavi? Non sono trascorsi due anni ed è già un passato irraggiungibile.

Basta. Non posso lasciarmi affondare dai ricordi. Addio, Hans.

Addio.
  
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