ESISTERE
// Guardami!!!!
Io esisto!!!
Guardami e dimmi che esisto!!!
Parlami!!!
Parlami… dimmi che io esisto…
Fa freddo!
Nei tuoi occhi fa freddo… per questo continuo a gridare con tutta la forza della
mia anima! Grido il tuo nome… un nome che non conosco… un sordo eco che rimbomba
al di là della mia semplice coscienza di figlio della roccia…
Ascoltalo… cercami… amami… lasciami esistere…
Liberami dalla mia prigione… cercami…
Mi senti? Senti la mia voce? Invoco il tuo nome da cinquecento anni… invoco il
tuo amore da tutta una vita… perché senza di te io non riesco più a scaldarmi.
ASCOLTAMI!!! //
Sanzo si destò di soprassalto, sudato, ansimante, turbato…
Di chi era la voce che lo aveva chiamato con tanta insistenza?
Si guardò attorno, nel vago e disperato tentativo di trovare fra gli oggetti a
lui familiari la risposta a quella domanda.
Inutile! Non l’avrebbe trovata lì. Quel grido disperato non si sarebbe spento
così facilmente, quel grido che minava l’interiorità stessa della sua anima.
Quel grido che tutte le notti tornava a tormentarlo, destandolo nel cuore della
notte, imponendogli uno stato d’animo che non gli era consono: la pena!
Il suo cuore provava pena per quella creatura prigioniera che invocava il suo
nome, pur non conoscendolo.
Credeva di aver estirpato via qualunque sentimento. Di averli soffocati
abbastanza in basso, annegandoli nell’incontrollabile fiume di rabbia ed
egocentrismo che lo caratterizzava, credeva di essere immune a tutto: al bene,
al male, alla gioia e alla tristezza… aveva lasciato solo la rabbia, la molla
che lo faceva scattare costringendolo a dare un senso ad ogni giornata. Eppure
adesso c’era qualcosa di nuovo in lui, c’era la pena, il dispiacere, il
desiderio di raggiungere quella voce e fermarla, anche a suon di pugni se
necessario, ma fermarla. Impedirle di stringere il suo cuore in quella morsa
soffocante, impedirle di farlo stare ancora male per qualcun altro… lui non
voleva più soffrire per nessun altro.
Il suo maestro si era preso tutta la sua sofferenza…
Adesso basta!!!!!!!!
Si sollevò dal letto, rivestendosi come in preda ad un raptus omicida e si
incamminò… non sapeva qual era la direzione giusta, ma sapeva che sarebbe
arrivato… perché la voce lo reclamava ormai da troppo tempo.
Lungo la strada la sua mano si posò più volte sul freddo metallo della sua W&S,
l’unica rassicurante certezza in quel caos di sensazioni incerte.
Arrivò assieme all’alba, e quando il sole illuminò il terreno davanti ai suoi
occhi si accorse che lì davanti a lui c’era un altro sole… un sole che si
brillava in due grandi occhi dorati che lo fissavano con un espressione talmente
stupida da prosciugare tutta la sua rabbia, in un solo istante.
Un bambino… era un inutile insignificante moccioso… eppure aveva avuto il potere
di turbarlo fino a costringerlo ad abbandonare il letto caldo e accogliente e ad
avventurarsi fin su quella montagna… uno stupido insignificante moccioso, con
uno sguardo ancora più stupido.
Le labbra del bambino si mossero senza produrre alcun suono, eppure Sanzo sentì
il suo nome rimbombare ovunque… le piccole braccia incatenate alla roccia si
sporsero appena verso di lui e il bonzo la sentì ancora… sentì ancora quella
voce profonda e calda:
liberami… fammi esistere!
amami… fammi esistere!
Avrebbe dovuto prenderlo a schiaffi e dirgli di non tormentarlo più, in fondo
era salito fin lassù solo per quello, no?
Eppure non ci riuscì… i suoi occhi erano prigionieri di quegli occhi dorati e di
quelle labbra tremanti dalle quali piccoli gemiti che desideravano essere
parole, uscivano appena… il suo cuore impazzito dalla pena mentre quelle mani
piccole e bisognose cercavano di raggiungerlo… la sua rabbia defluita via, per
qualche incomprensibile ragione… e lui davanti a quel moccioso, che aveva avuto
la forza di chiamarlo…
Con un movimento lento e fluido la sua mano attraversò le sbarre e raggiunse
quella del bambino che l’afferrò con una forza ed un bisogno che lo lasciarono
stordito.
Luce…
Calore…
Libertà….
Il piccolo bambino sporco e vestito di stracci che si stringeva forte a lui,
abbracciandolo per la vita, macchiando le sue vesti sacre e lui che gli cingeva
le spalle con la mano esile e gentile.
“Adesso esisti!” gli mormorò e quegli occhi dorati sorrisero, un sorriso che
scaldò il cuore del bonzo, riportando a galla tutto ciò che egli aveva duramente
annegato nella rabbia.
Adesso non sarebbe stato più lo stesso…
Adesso non sarebbe stato più solo…
Occhi dorati che lo guardavano…
Occhi dorati che lo amavano…
Occhi dorati che lo proteggevano…
Occhi dorati che ancora continuavano a chiamarlo…