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Autore: RMSG    09/07/2010    3 recensioni
E quella cena a lume di candela, con le tue labbra che sembravano di cera, è pur stata un'emozione o no? - EveryDay, Daniele Groff.
[Scritta per il contest di DarkRose86 sulla musica e riconosciuta del premio 'Attinenza al Tema']
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ringraziamenti chilometrici dell'autrice (ovvero io):
Grazie a DarkRose86, che ha pensato questo contest e che ha apprezzato il mio lavoro;
Grazie a Shurei, che ha fatto i meravigliosi banner.

E grazie a Valeria, la mia bambina, che mi sostiene sempre e che adoro da impazzire;
Grazie a Gave, che è un adorabile idiota;
Grazie a Frusciante Jr., che aspetta di leggere questa storia dall'alba dei tempi;
Ma grazie, soprattutto, alla mia mamma virtuale, _ALE2_, a cui dedico interamente la storia.





Glitter Words



Aveva ventinove anni e non ricordava di essersi ammalato più di quattro volte in tutta la sua esistenza. Praticamente non era mai accaduto. Tuttavia, considerando anche il periodo alquanto assurdo che l'avvocato Adrian Murray stava attraversando, non riusciva più a stupirsi nemmeno di quest'ennesimo cambiamento: aveva finalmente capito che corpo, mente e anche cuore erano strettamente collegati l'uno all'altro. Se era mentalmente stanco, aveva voglia di dormire; se aveva una gamba rotta, la sua testa rifiutava di comprendere anche solo il più piccolo dettaglio legale - complice della malattia era anche stato sicuramente lo stress lavorativo; e, come aveva recentemente compreso dato che era la prima volta, se aveva problemi di cuore - intesi come sentimentali, grazie a Dio il suo apparato cardiocircolatorio funzionava da favola - la sua mente era stanca e il suo fisico reagiva male. Ed ecco spiegato il motivo perché ora si ritrovava con un febbrone da cavallo in quanto follemente innamorato di Logan, uno splendido, sexy, simpatico, divertente, eccitante e affascinante ragazzo di venticinque anni... e fidanzato. Maledettamente fidanzato. Con un moccioso capriccioso e muso giallo, tra parentesi.
Si rigirò nel letto, coprendosi meglio col piumone e sbuffando sonoramente. La febbre lo rendeva razzista e non era da lui essere così stupido, né così immaturo. D’altronde, inveire contro il ragazzo che gli proibiva di far suo Logan in tutti i sensi - fra l’altro non avrebbe mai creduto che ci fossero nomi così deliziosamente celestiali - oltre che idiota era anche una cosa molto squallida. Però Logan era così... Logan. Ormai era troppo tardi, gli aveva fatto perdere completamente la testa, questo era certo. E lo sapeva, Adrian, lo sapeva molto bene che Logan ricambiava, almeno in parte, ciò che provava per lui. Ne era certo. Erano irrimediabilmente attratti l'uno dall'altro, almeno fisicamente. C'era una chimica tra di loro quasi palpabile, un'alchimia che, era sicurissimo anche di questo, tra Logan e il muso giallo non c'era. Per non parlare della carica erotica che aveva sentito salire quando lo aveva baciato - e che bacio! - mesi fa.
Vero, però, che era passato un po’ di tempo da quel fugace amoreggiamento; eppure la fortuna aveva voluto sorridergli, una volta tanto, facendogli scoprire che Logan e la sua band erano rappresentati dalla stessa casa discografica di cui lui era il legale. Quanto sapeva essere meravigliosamente piccolo il mondo?
Con un sospiro decise che di dormire, riposare e cercare di guarire in fretta data la montagna di lavoro che sapeva di star accumulando giorno dopo giorno, la sua testa non ne voleva proprio sapere. Si alzò dal letto, a fatica e barcollando, raggiungendo il salotto. E solo ora, avvicinandosi a una delle grandi finestre della stanza, si accorse che fuori diluviava. Era veramente un temporale coi contro fiocchi e intuì che sarebbe peggiorato col passare del tempo. All'improvviso, infatti, un tuono lo fece sussultare dallo spavento e si posò una mano sulla fronte, tenendosi la testa dolorante per il forte rumore appena udito. 
"Che male..." sussurrò piano. L'idea di farsi un tè caldo lo colse, portandolo in cucina. Appena varcata la soglia dovette però far marcia indietro per il suono del campanello - eccessivamente forte anche questo, doveva cambiarlo. Sempre con una mano sulla tempia per tentare di lenire un po' il dolore, raggiunse la porta, che suonò una seconda volta, stordendolo non poco. Aprì la porta e, chissà come, sentì tutti i dolori influenzali, il raffreddore e il mal di testa sparire in un batter d'occhio. 
Logan era lì, con quel suo meraviglioso sorriso: in una mano una scatolina rossa con dentro chissà cosa - non che ora gli interessasse: era decisamente troppo preso a rimirare le sue belle labbra - e nell'altra il manico dell'ombrello arancione. 
"Ciao, Adrian." e ancora quel sorriso, quel meraviglioso sorriso. 
Si sentì mancare, credette quasi di svenire, ma si appoggiò con una mano al muro dell'ingresso per reggersi con abbastanza nonchalance. Lo guardò stupito, non capiva cosa lo avesse portato qui. "Ciao, come mai qui?" si scostò, per farlo entrare in casa. Il biondino entrò, chiudendo l'ombrello e scrollando appena i capelli, muovendo sinuosamente il capo. Si tolse il cappotto, poggiandolo sull'attaccapanni alla sua destra, per guardare di nuovo Adrian, tendendogli quella scatoletta rossa. 
"Oggi non ti ho visto in casa discografica e chiedendo in giro ho saputo che ti eri ammalato..." cominciò, mentre l'altro prese la scatola fra le mani, dirigendosi per primo in salotto. "Così ho pensato di venire a trovarti per sapere come stavi e per portarti dei cioccolatini." terminò, mentre ormai erano l'uno seduto al fianco dell'altro sul comodo e lungo divano in pelle nera.
Adrian aprì la scatola, stupito come non mai, guardando sorridente i cioccolatini al suo interno. "Logan, non so come... cioè, beh, grazie. Ecco." alzò lo sguardo, perdendosi in due meravigliosi smeraldi. Era incredibile l'ascendente che avesse quel ragazzo su di lui: perdeva quasi del tutto il suo carisma da avvocato-squalo al suo fianco e sentiva la testa leggera, come fosse piena d'elio. Logan sostenne lo sguardo come sempre, mentre s'appoggiava con un fianco alla spalliera del divano, accavallando le gambe. 
"Sono contento di averti fatto un piacere."
Adrian annuì, chiudendo la scatola e appoggiandola sul tavolino da caffè al centro della sala: li avrebbe mangiati dopo, ora aveva lo stomaco occupato da troppe troppe farfalle per riuscire a ingerire qualcosa. La conversazione, comunque, - se quel minimo scambio di battute si poteva chiamare così – finì per crollare del tutto e definitivamente, lasciando spazio a un silenzio - almeno per Adrian – alquanto imbarazzante.
Distrattamente l'avvocato faceva muovere gli occhi per la stanza, alla ricerca di un'idea, di un qualcosa da cui prendere ispirazione per cominciare un discorso con Logan - in verità, fosse stato per lui, sarebbe rimasto a contemplarlo in eterno, ma sarebbe stato decisamente poco educato, e forse un po' frustrante perché non reciproco. L'occhio alla fine gli cadde sulle cosce di Logan, fasciate da aderenti jeans neri, e si ritrovò a pensare suo malgrado che, nonostante fosse un uomo, doveva avere delle gambe bellissime. Al pensiero sospirò affranto, data la consapevolezza di non poter mai dar delle basi alla sua ipotesi. Logan, intanto, si era avvicinato a lui e gli aveva poggiato una mano sulla spalla. Forse lo aveva sentito sospirare e lo aveva scambiato per un ansito.
"Stai bene, Adrian? Ti sta salendo la febbre?" senza pensarci due volte il biondino appoggiò il palmo fresco della sua mano sinistra su una guancia dell'avvocato, che sgranò gli occhi marroni, non aspettandosi affatto il gesto. I polpastrelli di Logan gli sfioravano appena i capelli morbidi e Adrian lo lasciava fare, limitandosi a fissarlo con una faccia da ebete sbigottito. Non sapeva che fare ancora una volta: non era facile per un tipo come lui reagire bene allo sbriciolarsi totale delle proprie barriere di fronte al desiderio che quella mano sulla propria guancia non smettesse più d’accarezzarlo. "Scotti!" la voce squillante di Logan lo risvegliò dalla catalessi, mentre inconsciamente inclinava la testa verso la sua mano, cercando un contatto più profondo. Ora era Logan quello stupito – piacevolmente stupito. Sempre con quel piccolo sorriso che lo mandava in estasi, fece scivolare piano la mano tra i capelli marroni e Adrian socchiuse gli occhi. "Logan..." lo chiamò, prendendo coraggio, mentre si godeva la carezza. 
“Sì...?" il suo tono di voce appariva ora leggermente più intimorito - lo stesso che aveva preso quando mesi fa lo aveva baciato, simbolo di ciò che provava per Adrian, ma che cercava di sopprimere per colpa del muso giallo. Non ci fu tempo di dire null'altro, perché un altro tuono - molto più forte di quello di poco prima - fece saltare la luce. La stanza calò nel buio più totale e la mano di Logan si strinse più forte nei capelli di Adrian, tirandoli un po'. L'avvocato non fece una piega, sporgendosi appena verso di lui, cominciando a parlare tranquillo.
“Aspettami qui, vado a prendere delle candele in cucina...” ma la mano rimaneva saldamente stretta tra i capelli, come se nulla fosse stato detto. “Logan, ehi,” lo richiamò, toccandogli il viso con la mano bollente “torno subito…” lo rassicurò e finalmente la presa s’allentò piano, permettendogli di alzarsi dal divano e di dirigersi svelto in un cucina. Ritornò pochi istanti dopo, con una sola candela – nonostante ricordasse di averne comprate diverse qualche tempo fa. Si accomodò nuovamente al fianco di Logan, che si stringeva addosso la maglietta, in un auto-abbraccio preoccupante. “Logan, stai bene?” gli illuminò il viso con la fioca fiammella della candela, notando come i suoi bellissimi occhi verdi fossero improvvisamente sbarrati e intrisi di paura; piano, come se solo ora si fosse accorto della sua presenza, Logan spostò lo sguardo verso quello dell’altro. In un secondo si ritrovò tra le braccia il suo amore segreto-non-tanto-segreto che stringeva convulsamente tra le mani la sua maglietta, affondando il viso nell’incavo del suo collo e pregandolo di stringerlo forte. Ovvio che Adrian prese la palla al balzo e ubbidì subito, concedendosi anche di poggiare le labbra tra i suoi capelli, chiudendo gli occhi, e lasciando ai propri sensi il permesso di inebriarsi del suo profumo. 
“Stringimi, ti prego… ho paura del buio…". Il suo braccio, con fare virile e possessivo, avvolse in una stretta ferrea la vita sottile di Logan e avvicinò le labbra al suo orecchio per sussurrarci dentro con voce rassicurante.
"Non devi aver paura, ci sono io qui con te". Silenzio, nessuna risposta, solo un altro tuono che fece saltare quasi in aria Logan. Adrian, calmo come non mai, lo fece riaccoccolare fra le proprie braccia. "E' solo un tuono, non può farti niente". 
Sensazioni del tutto nuove lo colpirono, tanto forti e importanti da annebbiargli la mente. La mano di Logan gli accarezzava lentamente il braccio, in un cullarsi reciprocamente colmo di sentimenti non detti, ma presenti. E capì un'altra cosa, l'ennesima, grazie a Logan: capì che amare qualcuno significava contare i suoi respiri e non sentire più nessun altro rumore; capì che significava vivere in un'altra dimensione con la propria anima gemella e null'altro. Sì, perché lui ne era certo: Logan era la sua anima gemella, la sua parte mancante, l’elemento che avrebbe potuto farlo finalmente vivere e non semplicemente esistere. Il fiore più colorato e profumato di tutti, lo strumento ben accordato, la pacca sulla spalla nei momenti difficili, la corrente elettrica durante un blackout - tanto per rimanere in tema. 
Il momento decisamente idilliaco si spezzò all’improvviso: gli sfuggì un breve gemito di dolore e agitò un po’ la mano destra dove era appena caduta della cera bollente. Aveva tenuto per tutto il tempo la candela in mano e non aveva minimamente pensato che prima o poi avrebbe cominciato a sciogliersi. Diavolo, quanto bruciava! Un altro po’ di cera gli cadde sulle dita già scottate e Adrian sussultò appena, stringendo forte la candela. Logan alzò la testa lentamente, non aveva più detto nemmeno una parola da quando si era accoccolato fra le sue braccia – e osservò con sguardo pensieroso le dita di Adrian, appena tremanti. Un soffio e poi il buio più totale. Logan aveva spento la candela e si era subito ristretto a lui. Logan aveva spento la candela, anche se aveva paura del buio. Logan aveva spento la candela solo perché la cera lo aveva scottato. Logan aveva spento la candela solo per lui. Tenendolo stretto a sé, l’avvocato allungò appena busto e braccio per appoggiare la candela ormai spenta ma ancora fumante - lo intuiva dalla puzza di fumo - sul tavolino da caffè. Ora anche con l’altro braccio libero, abbracciò finalmente Logan, sospirando felice. Appoggiò, un po’ alla cieca, la propria fronte contro quella di Logan, respirando sulle sue labbra. S’inumidì per il nervoso le proprie, riscoprendole secche. Non voleva rovinare tutto, Adrian, no, non ci teneva affatto. Ma come poteva resistere dopo questa dimostrazione da parte di Logan? Al diavolo tutto, allora! Al diavolo il fidanzamento e l’imminente matrimonio di Logan col muso giallo, al diavolo la febbre che avrebbe potuto attaccargli baciandolo, al diavolo tutte le conseguenze che il suo gesto avrebbe portato dopo, al diavolo le dita ustionate che gli facevano male per davvero. Al diavolo tutto, veramente tutto, tranne Logan, l’unico ad andare in paradiso, possibilmente con lui. Unì le loro labbra sicuro e sentì la mano di Logan raggiungere di nuovo i suoi capelli, sfiorando la nuca in una tenera coccola. Ricambiava il bacio, Logan, e stavolta non piangeva, no, stavolta non si disperava per aver appena tradito il fidanzato - che fidanzato più non era, ma lui non lo sapeva; stavolta si godeva il contatto e l’enorme quantità d’amore che Adrian sapeva e poteva dorargli. Nessuno dei due mosse un muscolo, rimanendo solo con le labbra attaccate, come due quattordicenni al loro primo bacio che, inesperti, si scoprono pian piano, cercando di trattenere l’eccitazione del momento. Adrian aveva baciato una marea di uomini nella sua vita, davvero tanti - forse troppi -, ma mai e poi mai avrebbe pensato che un semplice sfiorarsi di labbra gli avrebbe fatto toccare il cielo con un dito. Si diede da solo dell’idiota, quando si staccarono, con Logan che fissava interessato il pavimento: si era appena reso conto di aver dimenticato totalmente la morbidezza della bocca dell’altro, che era calda - o forse era lui che stava andando a fuoco? - e dolce, come il miele. Adrian si sfiorò le labbra, chiudendo gli occhi: le sentiva troppo calde, bruciavano, e gli facevano provare le stesse sensazioni di prima, quando la cera bollente gli era caduta sulle dita, scottandole. Risollevò le palpebre e alzò il mento a Logan con una mano per baciarlo ancora. Nulla di appassionato, solo dolcezza, ma stavolta si permise di assaporarle lentamente, di soffermarsi sopra di esse, di carpirne ogni più piccola sfumatura, appurando come le loro bocche combaciassero alla perfezione. Sembrava quasi che s'aspettassero da una vita. Ipotizzò, in quel momento di lucida follia dettato da un amore sconfinato e dalla febbre sempre più alta, che le labbra di Logan, in un qualche modo a lui oscuro, a contatto con le proprie. potessero plasmarsi, cambiare forma, adattarsi del tutto a lui, come fossero di cera. O anche il contrario, perché no? Era diventato un uomo totalmente nuovo, diverso, migliore per Logan e non vedeva perché la propria bocca avrebbe potuto far resistenza.
“Adrian, a cosa pensi?” si erano staccati già da un bel po' e l'avvocato era rimasto, senza neanche accorgersene, a contemplare la bocca di Logan. Sospirò, non gli andava di rispondere, lo avrebbe fatto a tempo debito, magari domani mattina o magari quando la febbre avrebbe deciso di scendere a un livello quantomeno sopportabile. Sentiva la testa farsi maledettamente pesante e pensò che non c'era certamente nulla di male nell'appoggiare solo per qualche minuto la testolina sulla sua spalla, magari con Logan che gli faceva ancora qualche altra coccola. E così fece, con una genuinità fuori da lui, che era sempre stato così calcolatore in ogni minimo gesto fatto o subito. Si lasciò andare, con ora le braccia di Logan intorno al proprio collo e le sue dita sottili da musicista provetto che gli accarezzavano gentilmente il capo. "Adrian, devi assolutamente stenderti e riposare" consigliò, con tono soffuso, morbido, comprensivo.
Sì, doveva assolutamente farlo al più presto, era d'accordissimo con lui su questo fronte. Quante cose intelligenti che diceva il suo Logan... era proprio un piccolo genio! D'istinto si accoccolò meglio fra le sue braccia, i ruoli improvvisamente ribaltati. Logan sorrise e baciò i capelli di Adrian, dolcemente. L'avvocato parve quasi essersi addormentato, il petto che si alzava e abbassava molto lentamente, in un’esitante ma rassicurante regolarità. E sì, effettivamente Adrian si era appena addormentato, forse ormai tra le braccia di Morfeo invece che in quelle di Logan. 
La mattina dopo Adrian Murray si svegliò con l’aroma di caffè che stranamente alle otto del mattino s’andava già diffondendo in casa. Come conseguenza sentì un dolce calore diffondersi al centro del petto, magari forse solo un pochino a sinistra, proprio sul cuore. Si posò una mano sul petto e lo sentì battere, ancora lento e assonnato come il padrone. Si accorse, all’improvviso, che aveva sulle dita delle piccole ma discretamente evidenti vesciche, ricordo della sera prima, o forse era meglio dire della “cera”. Gli sarebbero sicuramente rimaste delle piccole cicatrici, magari solo dei piccoli solchi, ma ne avrebbe sempre avuto la presenza addosso. E non gli dispiaceva per niente. Lo rasserenava, era una sicurezza, la certezza che non s’era sognato tutto, che la febbre non lo aveva fatto partire definitivamente verso mete ignote e che davvero Logan Lessur era lì, appoggiato allo stipite della porta della sua camera da letto.
“Buongiorno, ti sei svegliato?”. Adrian rimase in silenzio, non sapendo bene che dire: tante domande senza risposta, tante risposte senza domanda, tante cose da dire, da chiedere, tante dichiarazioni da fare…
E’ pur stata un’emozione, o no?” domandò, arrossendo appena, conscio però del fatto che Logan non avrebbe mai capito che il suo era imbarazzo grazie alla febbre – alla fine serviva a qualcosa. Logan spalancò gli occhi e arrossì a sua volta, privo della scusante “febbre”. Raggiunse il bordo del letto e accarezzò lentamente la guancia di Adrian, senza rispondere, se non con un dolce sorriso.




VI classificata parimerito
 
Wax Love ( vincitrice del Premio per l'Attinenza al Tema ) 
di Roy Mustung sei uno gnocco 

Correttezza grammaticale: 9/10 
Stile e lessico: 8/10 
Caratterizzazione dei personaggi: 9,5/10 
Originalità: 8/10 
Attinenza al tema: 10/10 
Apprezzamento personale: 4/5 
Voto complessivo: 48,5/55

Giudizio: mi ha fatto sorridere e sognare questa piccola one-shot, così intrista d'amore e di quel pizzico di comicità che non guasta mai.
Hai creato dei personaggi adorabili, soprattuto Adrian, mi sono letteralmente innamorata di lui; a questo proposito, devo dire che ho davvero apprezzato l'impegno che hai messo nello sviluppare i carattere dei protagoni, da quel che ho potuto leggere sei davvero portata per le originali, che a mio avviso non sono affato semplici proprio perché richiedono molta fantasia e voglia di creare qualcosa di piacevole e innovativo affidandosi unicamente a noi stessi, senza utilizzare personaggi o situazioni già visti, semplicemente rivisitati.
Sotto il profilo tecnico sei stata molto brava, grammaticalmente è quasi perfetta a parte alcune ripetizioni, soprattutto nella parte finale. 
Riguardo lo stile, è semplice e conciso, la storia scorre bene e sa coinvolgere.
Voglio farti un unico appunto: c'è una cosa che non ho molto apprezzato, è una cosa mia personale ma credo che potrebbe dar fastidio anche a qualche altro lettore, sebbene riconosca che si tratta di un pensiero del protagonista che è irritato per la presenza di uno scomodo fidanzato. Intendo il termine "muso giallo", che sinceramente mi ha sempre infastidita.
Naturalmente la mia è solo una personale considerazione e non ha influito nel punteggio, solo ci tenevo a fartelo notare perché potrebbe incontrare pochi consensi fra i lettori, quando deciderai di pubblicare la storia.
Ho apprezzato molto la tua trattazione della citazione; inizialmente, devo dire la verità, non ne ero del tutto convinta, ma rileggendo il racconto ho compreso ogni accenno fatto ad essa e mi sono resa conto di come le hai reso pienamente giustizia. La frase parlava di cerca, e quella cera si è vista, sulla candela, sulla mano del povero Adrian che si è ustionato, ma soprattutto ho adorato quella metafora riguardante le labbra dei due giovani che si uniscono in un bacio appassionato. Come cera, si fondono. Bellissima immagine.
E certo che è stata un'emozione, per entrambi, ed è stata la nascita di un amore che speriamo duri per l'eternità.
Davvero carina, complimenti!

  
   
 
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