Capitolo
2: inizio degli allenamenti.
Dopo
aver spedito i miei allievi a casa, mi diressi verso l’ospedale.
Mi
recavo piuttosto spesso in quel luogo e non sempre come paziente, ma anche come
visitatore.
Sakura
dava anima e corpo nel suo lavoro e le volte che potevamo vederci fuori dalla
struttura, erano poche.
Se
volevo vederla, l’unico modo era andare io da lei, sperando di non trovarla in
piena emergenza.
Quando
entrai nella struttura, gli infermieri mi salutarono con un sorriso. A volte mi
faceva ancora uno strano effetto vedere quei sorrisi, invece che i soliti
sguardi d’odio.
Mi
sedetti su una sedia. Non dissi niente, sapevo che qualcuno sarebbe andato ad
avvertire Sakura-chan del mio arrivo. Di fatto pochi minuti dopo la vidi
arrivare.
Mi
corse incontro.
“Eccoti
finalmente!”
“Mi
aspettavi?” gli chiesi sorpreso, ma alla fine era una routine vederci lì.
Sakura
si tolse il camice e mi disse di aspettare.
Aveva
finito per quella giornata e mi chiese se avevo intenzione di invitarla a
mangiare una ciotola di ramen.
Annuii
sorpreso.
Ultimamente
Sakura era un po’ cambiata. Se una volta ero sempre io a prendere l’iniziativa
e invitarla a mangiare un boccone, ora era il contrario, anche se è più esatto
dire che si autoinvitava dato che alla fine ero sempre io a pagare.
Ma
non mi dispiaceva, infondo amavo la sua compagnia.
La
vidi darsi una sistemata ai capelli per poi raggiungermi nuovamente e uscire
dalla struttura.
Camminammo
fianco a fianco, ma un insolito silenzio regnava fra noi due.
“Allora?
Come mai questo mutismo? Solitamente non stai un attimo zitto!” mi disse Sakura
guardandomi come se fossi stato un alieno.
“Ah,
ehm…stavo pensando a oggi!”
Sakura
sorrise “Dai racconta, com’è andata?”
Scrollai
le spalle “Bhe come prima giornata direi bene. Almeno non ho spaventato i miei
allievi come hanno fatto, Shino, Neji e Sasuke!” dissi divertito “Ma di certo
uno non è contento di avermi come insegnante!” dissi sospirando.
“Chi?”
mi chiese curiosa.
La
guardai come per dirle di indovinare, infondo la risposta era semplice.
“Eichi,
scommetto! Ho visto che ultimamente non gli sei molto simpatico, eppure quando
era piccolo, stravedeva per te. Mi domando cosa lo ha spinto a cambiare
atteggiamento. Non lo avrai fatto cadere una delle volte che Kakashi ti ha dato
il permesso di prenderlo in braccio quando era piccolo!” mi disse con aria
accusatoria.
Sorrisi
divertito, ma non era mai successo “Forse perché una volta gli ho tolto un mio
kunai di mano per impedirsi di ferirsi. Dovevi vedere come scoppiò a piangere
quella volta!” dissi, per poi ricordarmi della sfuriata che la madre mi fece
quando sentì il suo bambino lamentarsi. Eh no, Anko non ci andò leggera.
“Bhe
riuscirai a conquistarti anche la sua fiducia, ne sono convinta. Gli altri chi
sono?” mi domandò curiosa.
“Sora
Hyuuga e Miiko Takada!” dissi “Per ora Sora sembra normale, ma come la maggior
parte degli Hyuuga si sente in obbligo di servire la sua casata, rinunciando ai
suoi sogni. E poi c’è Miiko, un vero mistero!” disse scuotendo la testa. Mi
tornarono in mente i suoi occhi e un brivido mi percorse la schiena.
“Kakashi
l’ha fidata a te? Mi preoccupa quella ragazza. Spesso è capitato che venisse in
infermeria o me la portassero priva di sensi. Non ho mai potuto capire cosa erano
dovuti i suoi mancamenti, appena provavo a toccarla, si scostava o cercava di
scappare!”
Sussultai
“Pensi che possa essere malata?” chiesi sperando vivamente che non fosse così.
“Bhe,
da quello che risulta dalla sua scheda personale, sta bene di salute, ma
comunque un comportamento tanto schivo non è normale per una ragazza della sua
età!”
“Bhe
in quanto suo sensei, cercherò di scoprire cosa affligge quella ragazza. Dovevi
vedere con che occhi mi ha guardato. Conosco quella sofferenza…anche lei deve
sentirsi sola e incompresa!” dissi abbassando la testa.
Il
giorno dopo trovai i miei allievi tutti presenti e puntuali al campo di
allenamento. Non mi feci vedere subito, volevo vedere che atteggiamento
avessero tra di loro in mia assenza e aguzzando la vista, cercai di
intercettare i loro discorsi.
“Uffa,
Naruto non si vede. Ma cosa altro ci si poteva aspettare da lui? Mio padre mi
ha detto che era un impiastro come ninja alla nostra età. Secondo me non è
cambiato molto!” disse Eichi ignaro che avrei potuto farlo fuori per quest’offesa.
“Dubito
che lo avrebbero messo a capo di un team se fosse così!” disse Sora.
“Fidati,
lo conosco da una vita. So quel che dico!” disse Eichi battendo una mano sul
petto sicuro di se.
“Perché
hai tutta questa antipatia verso di lui?” chiese Sora curioso , ma mai curioso
quanto me. Speravo vivamente che Eichi parlasse, così avremmo potuto chiarire
la faccenda una volta per tutta. Non c’era miglior modo di iniziare con il
piede sbagliato, che non piacere ai propri allievi.
Non
uscì nemmeno una risposta esauriente dalla sua bocca, quasi come se non sapesse
il vero motivo per cui provasse questo disprezzo nei miei confronti.
“Non
ha importanza il perché mi piace o meno, fatto sta che forse non è indicato per
questo mestiere. Lo conosco da una vita e non ce lo vedo proprio a gestire tre
ragazzi.” Disse abbassando sempre di più la voce, come se non volesse realmente
farsi sentire “Piuttosto che ne dici di Miiko? Non so tu, ma avrei preferito
un’altra compagna!” disse indicando la sua compagna.
Guardai
la ragazza, era seduta sotto un albero assorta nei suoi pensieri, a parecchi
metri di distanza.
Sospirai.
“Secondo
me l’hanno promossa solo per pena ed essendo la più scarsa del nostro anno,
l’hanno messa nel nostro team perché tu ed io siamo bravi. Iruka-sensei aveva
detto che ci avrebbero smistati in modo tale da equilibrare le squadre!” disse
Eichi cominciando a darmi sui nervi.
“Schiappa
o meno, concedile il beneficio del dubbio. Non l’abbiamo mai vista in azione!”
disse Sora. Mi piaceva come ragionava quel ragazzino. Non sembrava il tipo da
giudicare una persona solo dalle apparenze.
“Andiamo
Sora, siamo stati in classe con lei cinque anni. Dimmi anche solo una volta che
l’hai vista fare qualcosa!” continuò a dire, ma non potendo più sopportare
oltre mi ritrovai alle spalle del moccioso con un’aria non molto rassicurante.
Sora
si spaventò a vedermi lì, mentre a Eichi si prese un infarto quando capì che mi
trovavo dietro di lui.
Non m’importava
se fosse o meno il primo giorno, volli mettere subito le cose in chiaro e
rimproverandolo gli dissi “non ti basta prendere in giro il sottoscritto? Devi
anche parlar male di una tua compagna? Sappi che finchè tiri in ballo me, non m’importa
un gran chè, ma se ti sento ancor parlare male di un tuo compagno, ti sbatto
fuori dalla squadra. Poco mi importa che tu sia o meno il figlio dell’hokage!”
Eichi
mi guardò spaventato. Non lo avevo mai guardato né ripreso in questo modo da
quando ci conoscevamo.
“Miiko è una tua compagna e se anche ha
qualche difficoltà, non hai il diritto di prenderla in giro o ancor peggio di
abbandonarla. Come suo compagno hai il dovere di aiutarla e lo stesso vale per
te Sora. Se siete qui solo per migliorare voi stessi senza pensare agli altri, allora si che vi è stato dato il maestro
sbagliato. Non sono ammessi egoisti nella mia squadra! Se non si è in grado di capire e aiutare una
sola persona, figuriamoci un intero villaggio!”
dissi superando i due ragazzini che erano rimasti allibiti.
Mi
recai vicino all’albero dove era seduta Miiko, impegnata a scarabocchiare con
un bastoncino e dopo aver posato il mio zaino per terra, la osservai.
Era
quasi estate e faceva molto caldo, eppure quella ragazzina indossava vestiti
piuttosto pesanti per la stagione. La chiamai sperando che guardandomi potessi
leggere qualcosa di diverso del giorno prima nei suoi occhi, ma venni deluso.
Mi
abbassai alla sua altezza e appoggiando una mano sulla sua spalla le chiesi con
aria seria e determinata di dirmi cosa c’era che non andava, che avrebbe potuto
confidarsi con me e se avessi avuto la possibilità, l’avrei anche aiutata.
Non
disse niente, ma la vidi fare una smorfia di dolore e sposare la mia mano.
Quell’atteggiamento
m’insospettì e prendendola alla sprovvista, alzai una manica della maglia a
metà potendo scorgervi un grosso livido.
“C-come
te lo sei procurato?” le chiesi. “Sei caduta?”
Miiko
annuì senza guardarmi negli occhi.
Sospirai.
Non seppi se crederle o meno, ma per il momento decisi di non indagare oltre.
Piano piano si sarebbe aperta o almeno era quello che speravo.
Le
porsi una mano per aiutarla ad alzarsi e la portai vicino ai suoi compagni. Li
feci sedere e cominciai un lungo discorso.
Ero il
loro insegnante? Bene ora avrei dovuto cominciare a trasmettere loro i miei
ideali e parlare loro di quali fossero i doveri di un ninja.
“In accademia vi avranno detto che un ninja
non deve mai mostrare le sue emozioni. Dimenticatelo! Io dico che sono cavolate.
Anche i ninja sono uomini e come tali provano sentimenti ed è giusto
esprimerli. I sentimenti ci danno forza per combattere ed andare avanti.
Bisogna cercare di reprimerli solo quando questi sono negativi e state
combattendo in una battaglia. Possono portare a cattive azioni o a maggiori
perdite. Ad esempio se muore un compagno è giusto essere disperati, piangere o
provare rabbia, ma bisogna continuare a lottare senza che questi sentimenti ti
annebbiano la mente, perché se no, si rischia di perdere di più di un solo
compagno. Se si vuole piangere, litigare, ridere e scherzare o altro e non c’è
pericolo in vista e tutto è tranquillo, potete farlo. Non pensate che
reprimendo voi stessi, diventiate migliori, perché alla fine non esprimendo mai
voi stessi, si finisce per esplodere e fare qualche cretinata. Seconda cosa, come
avete già capito, io tifo per il lavoro di squadra. Non bisogna fare niente per
conto proprio solo per dimostrare di essere migliori. Fatelo e qualcuno si
ficcherà nei guai per colpa vostra. Potrei scrivere un libro con tutte le volte
che ho messo in pericolo i miei compagni per la mia impulsività, ma
l’impulsività non è sempre sbagliata. Agire d’istinto a volte può essere meglio
che pensare a un piano, i quali non
vanno sempre come ci aspettiamo. Quindi cercate di valutare le situazioni,
pensate se ne avete tempo, ma se non ce l’avete fate la prima cosa che vi passa
per la testa. Se un vostro amico sta rischiando la vita, buttatevi se avete la
possibilità di salvarlo, perché in quei momenti, ideare una strategia potrà
solo far cadere il tuo amico in battaglia. Forse non è facile capire cosa è
giusto fare o meno. Ma siete qui per imparare. Provate, sbagliate e imparate.
Ognuno di voi col tempo troverà il proprio modo di agire e lo adeguerà a
seconda di quello degli altri. Quando vi capirete con un semplice sguardo, allora
vi potrete definire una vera squadra!”
Sora
alzò una mano “ok che s’impara dai propri errori, ma se sbagliassimo qualcosa
in missione, non è pericoloso?”
“Vero,
ma le prime missioni non saranno poi complicate o molto pericolose e poi ci
sarò io a controllare che niente vi accada. Non lascio morire i miei compagni!”
dissi sorridendo.
Vidi
Eichi sussultare a quelle parole, sicuramente le aveva già sentite pronunciare
da Kakashi.
Eichi
mi alzala mano “tu quanto ci hai messo a capire il tuo metodo di
combattimento?” chiese Eichi.
“Molto
tempo direi, a volte penso ancora di non aver trovato quello giusto. Errori ne
faccio ancora!” dissi sincero.
“Non
lo metto in dubbio!” mi disse Eichi.
“Tu
come eri alla nostra età sensei?” chiese curioso Sora.
“Fattelo
raccontare dal tuo amichetto. A giudicare dai vostri discorsi poco prima, Eichi
sembra conoscermi meglio di me stesso!”.
Eichi
voltò la testa contrariato.
Ci
riflettei su, sorvolando il fastidioso atteggiamento di quel moccio setto, e
risposi alla domanda postami da Sora “Bhe ero un vero disastro. Mi credevo
imbattibile, ma poi non ero in grado di cavare un ragno dal buco. Mi cacciavo
sempre nei guai e ci trascinavo il mio team. Ero sempre indietro rispetto agli
altri e mi dava un fastidio tremendo quando qualcuno me lo faceva notare.
Lavoro di squadra? Per me era un concetto difficile da comprendere all’inizio,
anche perché i miei compagni non mi avevano molto in simpatia. Mi davo sempre
delle arie e dicevo a tutti che sarei diventato hokage e che avrei fatto vedere
il mio valore. Insomma ero proprio una bella testa calda, di sicuro più di te
Eichi!” gli dissi poi curioso gli domandai “Tuo padre cosa ti ha detto sul
sottoscritto?”
Eichi
mi guardò con sfida “Presso a poco le stesse cose! Ma di certo queste cose non
ti fanno onore!”
“Quindi
Kakashi ti ha elencato solo i miei difetti. Dovrò fargli un discorsetto!” disse
con una vena pulsante sulla tempia.
Eichi
mi guardò in silenzio scrutarmi indeciso “Però mi ha detto un’altra cosa…strana
in effetti!”
Mi
feci curioso e spinsi il mio allievo a parlare.
“Mi
ha detto che tu avresti un potere speciale!”
“Quale
sarebbe? Hai un’abilità innata?” chiese Sora.
Scossi
la testa e pensai.
“non
so bene a cosa potesse riferirsi Kakashi. Forse intendeva dire che ho il potere
di cambiare le persone!” dissi alzando le spalle.
“ E
che razza di potere è? Per niente utile!” disse Eichi con presunzione “Meglio
lo sharingan!”
“Inutile
dici? Invece ti dico che con questo inutile potere sono riuscito a conquistarmi
la fiducia di nemici che erano contro il villaggio!” gli dissi incrociando le
braccia “Essere ninja non significa solo avere abilità innate o tecniche
eccezionali con cui distruggere il nemico. Bisogna anche saper ascoltare gli
avversari o dialogare con loro se è possibile, affinchè si possa evitare lo
scontro!” gli dissi serio.
“Ma
se è un nemico, non ti darà mai ascolto!” mi disse Sora.
Sorrisi
“Non è detto. A volte anche i nemici non vogliono combattere. Può capitare che
lo facciano solo perché credono sia l’unico modo per ottenere qualcosa. Ma le
battaglie portano morti, la morte di qualcuno porta disperazione e odio, l’odio
porta alla vendetta e ad altri morti e qualcun altro vorrà nuovamente
vendicarsi e così via. La vendetta chiama altra vendetta. Se si può evitare di
combattere e uccidere è meglio e almeno si ha la coscienza pulita. Fare il
ninja non è un gioco come voi credete. Una volta fuori da qui, sul campo di
battaglia, sarete voi a decidere il destino di una persona nonostante non ne
abbiate alcun diritto. Sarete voi a porre fine alla vita di qualcuno per
proteggere quella degli altri, ma uccidere ti cambia nel profondo, a volte
irreparabilmente, portandoti a rovinarti la vita!” dissi con un tono serissimo.
Guardai
i ragazzi, avevano gli occhi sbarrati, anche Miiko. Per la prima volta la vidi
reagire a qualcosa che si faceva.
Forse
avevo spaventato quei ragazzi, ma era giusto così. Dovevano dimenticare
l’accademia. Se lì si studiava per prendere bei voti, per compiacere se stessi,
gli insegnanti o i genitori, ora si studiava per preservare la vita al proprio
villaggio, a se stessi e s’imparava anche ad uccidere.
Per
cambiare argomento e passare a qualcosa che ai ragazzi sarebbe piaciuto
maggiormente, dissi loro che avremmo cominciato con una piccola dimostrazione
delle loro capacità.
Era
un esercizio facile, o almeno credevo.
Mi
andai a nascondere lasciando alcune tracce e chiesi loro di rintracciarmi.
Mi nascosi
sopra a un ramo di un albero dal fitto fogliame e attesi pazientemente.
I
tre ragazzi cominciarono a osservarsi intorno.
Nonostante
avessi lasciato delle tracce, le orme e il passaggio degli animali che
abitavano in quella zona avrebbero potuto confondere le idee ai tre.
Infatti,
Eichi andò dalla parte sbagliata seguito da Sora, convinto che il compagno
avesse trovato la pista giusta.
Lo
vidi lanciare un kunai e urlare di avermi trovato, ma sfortunatamente per lui,
aveva trovato un semplice coniglio bianco.
Miiko
non aveva ancora mosso un muscolo, ma vedevo che si guardava attorno con
attenzione. A volte la vedevo chiudere gli occhi come a volersi con centrare,
per poi tornare a guardarsi intorno.
Poi
la vidi avvicinarsi e toccare delle mie orme con le punta delle dita.
Poggiando
i suoi piedi sulle mie orme, quasi il doppio delle sue, si avvicinò al mio
albero.
Vide
un bastone e raccogliendolo lo osservò per un po’. Esso era tranciato di netto da un’arma. Era
un’altra traccia che avevo lasciato e la ragazzina sembrò accorgersi del fatto
che non poteva semplicemente essere un ramo spezzato a causa del vento.
Poi
la vidi accennare un sorriso e alzare la testa per guardarmi. Le sorrisi di
rimando e le feci cenno di far finta di non avermi trovato.
Tornai
a concentrarmi sugli altri due.
Anche
Sora dopo un po’ sembrò accorgersi di alcune mie tracce. Avevo lasciato anche
un kunai che indicava la direzione da seguire. Sora chiamò Eichi per dirgli dell’arma,
ma l’Hatake gli disse che doveva per forza essere un kunai che qualcuno aveva
perso.
Per
lui la soluzione non poteva essere così facile.
Mi
domandai come mai Sora lo ascoltasse e del perché non usava il byakugan. Con
quell’abilità innata mi avrebbe trovato subito e mi meravigliava che un ragazzo
della sua età non contasse su questa sua abilità.
Decidi
di mostrarmi e di riferire loro le mie impressioni.
Chiamai
nuovamente i ragazzi perché si avvicinassero, con somma delusione di Eichi. Di
sicuro avrebbe voluto trovarmi e farmi vedere quanto fosse in gamba, ma non ci
era riuscito e sinceramente preferii così. Speravo che in quel modo capisse di
non essere il migliore e soprattutto che doveva ancora imparare.
“Dunque,
vi ho osservato attentamente e diciamo che alcuni di voi mi hanno stupito,
altri meno! Sora, tu avevi trovato un indizio che ti avrebbe potuto portare
alla soluzione del problema, perché non hai continuato su quella strada?” gli
chiesi.
“ti
riferisci all’arma? Eichi ha detto che poteva essere un kunai perso da qualcuno
e ho pensato che poteva aver ragione!” disse il ragazzo imbarazzato e
abbassando la testa.
Lo
chiamai per farmi guardare negli occhi “Sora, in una missione di spionaggio o
di ricerca, deve essere presa in considerazione qualsiasi cosa. Anche la cosa
più stupida, perché anche quella può aiutarti a portare a termine la missione!”.
Il
ragazzino annuì.
“Eichi
mi vorresti dire che cosa hai combinato di positivo?” gli chiesi serio.
“Niente,
ma non ci hai dato abbastanza tempo, io…ti avrei trovato se ci avessi lasciato
ancora un po’…”.
Non
lo feci finire “ogni missione è sempre una corsa contro il tempo. Se perdi, non
ci sarà nessuno che ti concederà più tempo o una seconda possibilità!”.
Infine
mi rivolsi a Miiko, la quale era a testa bassa e distanziata rispetto agli
altri.
“Miiko!” la ragazzina mi guardò con un’espressione
preoccupata.
Le
sorrisi a trentadue denti “Ottimo lavoro!”
Per
un attimo vidi una scintilla nei suoi occhi e la vidi arrossire leggermente,
dando un po’ di colore a quel volto così pallido.
“Ehi,
ehi, ehi. Fermi un attimo. Lei non ha fatto praticamente niente. È stata ferma
per tutto il tempo e tu le dici che ha fatto un ottimo lavoro? Tu non me la
racconti giusta. Devo dedurre che è la tua preferita?” chiese Eichi
infastidito.
L’aveva
detto che detestava perdere e fare figuracce, ma per lui il concetto sbagliando
s’impara non esisteva.
“Per
tua informazione non faccio preferenze, ma continua con questo atteggiamento e
ti cancello dall’elenco degli auguri natalizi! Per tua informazione Miiko è
quella che si è comportata meglio e che mi ha trovato. È vero è rimasta
immobile parecchio tempo, ma vi siete domandati il perché?”
“Per
concentrarsi?” rispose Sora.
“Esatto!
Come ho detto ognuno ha modi diversi di svolgere il proprio ruolo e a quanto
pare quello di Miiko è quello di ascoltare e osservare e vi informo che questa
abilità vi tornerà utile. Esperienza personale. Parla uno che molte volte non
osserva un accidente!”.
“Chi
osservava nella tua squadra?” chiese Sora.
“Sakura
e Kakashi. Io agivo e basta e come vi ho detto, finivo spesso nei pasticci!” mi
rivolsi al figlio di Kakashi “Eichi, tu mi somigli molto come atteggiamento.
Sei impulsivo e credi di essere capace di fare cose che invece non sono ancora
di tua competenza. Ora sei offeso e contrariato per le mie riprese, lo so, ci
sono passato anche io, ma credimi se ti dico che lo faccio solo per evitare che
anche tu faccia i miei stessi errori!”
Eichi
mi guardò sgranando gli occhi. Probabilmente non si aspettava un’uscita di
questo genere da me.
Decisi
di porre fine all’allenamento. Pensavo di aver già dato loro parecchie cose su
cui riflettere, soprattutto a Eichi.
Decisi
di invitarli tutti a prendere una bella ciotola di ramen. Sora accettò con
entusiasmo, Miiko non disse niente e Eichi…eeeh lui non volle unirsi a noi.
Sembrava
turbato e disse di voler stare da solo. Accolsi la sua richiesta e lo lasciai
sparire dietro a un muro di un’abitazione.
*******************
Ecco qua il secondo
capitolo.
C’è mooolto dialogo e forse
per questo potrebbe essere un po’ pesantuccio da leggere. Quindi ringrazio
chiunque riesca ad arrivare alla fine e ringrazio tutti coloro che hanno
recensito.
Mi scuso per gli errore,
soprattutto quelli di punteggiatura. Nonostante cerca di fare attenzione…bhe è
un po’ imbarazzante, ma la punteggiatura non è mai stato il mio forte.
Gomenasai.
Fatemi sapere cosa ne
pensate e grazie ancora a tutti.
A presto
Neko =^_^=