Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: Fiamma Drakon    11/09/2010    2 recensioni
Gli shinigami sono la razza prescelta per proteggere il mondo dalla furia devastatrice dei demoni. Per questo vengono anche chiamati Demon Hunters.
Grell Sutcliff, degradato per la sua inaccettabile infatuazione verso il demone Sebastian Michaelis, ormai ha perso ogni interesse per il suo compito: tutto ciò che desidera è riuscire a star vicino al suo amore. Eppure, sembra che il destino sia contrario alla sua scelta...
«Will...?» lo chiamò, allontanandosi di mezzo passo «Che cos’è quella?».
«Queste... sono...»
«... le ceneri di uno shinigami assassinato» completò per lui Undertaker, il tono che aveva acquistato nuovamente quella sfumatura vagamente ilare propria di lui.

[...] «E io che cosa c’entro in tutto questo?»
«Quello shinigami era l’incaricato a distruggere Sebastian Michaelis. Raccapricciante come da carnefice si sia trasformato in vittima, non trovi?».

[Sebastian/Grell (one-sided); Claude/Grell (accennato, one-sided)] [Possibili lievi OOC]
Genere: Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Claude Faustas, Grell Sutcliff, Sebastian Michaelis, William T. Spears
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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1_Andando contro le regole
Demon Hunters
1. Andando contro le regole


«Non puoi andare»
«Perché no, Wiiill? Daiii!».
L’altro tacque il tempo necessario a sistemarsi gli occhiali.
«Perché le regole lo impediscono. Vuoi essere degradato ancora?»
«Sei così cattivooo...!» si lamentò il suo interlocutore, con quella voce vagamente femminile e lagnosa, incrociando le braccia sul petto.
Si sistemò nuovamente gli occhiali.
«Grell Sutcliff, non puoi rivedere ancora quel demone».
Il suddetto shinigami lo guardò con un broncio misto a indignazione: a lui delle regole non importava un beneamato fico secco. Per lui il suo amato poteva essere un demone, un altro shinigami, addirittura un angelo o Babbo Natale, non gl’interessava: quando uno era sexy - dannatamente, schifosamente sexy - lo rimaneva qualsiasi cosa fosse.
Anzi, tutti quegli ostacoli al suo amore non facevano altro che acuire il suo sentimento verso di lui: il proibito aveva un che di dannatamente attraente ai suoi occhi. E poi era tutto così romantico...
«Non m’importa» s’impuntò, distogliendo il viso, sdegnato «Io voglio rivederlo» sentenziò.
William si massaggiò le tempie con fare estremamente paziente: cercare di farlo ragionare era la cosa più difficile che potesse tentare di fare, ma era un suo obbligo in quanto suo superiore. Tuttavia era del ferreo parere che non lo pagavano abbastanza per doversi occupare fino a quel punto della sua insubordinazione - in aggiunta al doversi sorbire tutte le sue lagne spudoratamente femminee.
Grell era stufo, semplicemente: cercare di spiegare le proprie ragioni ad uno come William T. Spears era solo tempo perso. Quel ragazzo non poteva capirlo!
Decise allora di passare all’azione: senza alcun preavviso, girò sui tacchi e varcò l’immenso arco che lo separava dal giardino, ignorando le riprese continue del moro alle sue spalle.
Era troppo ligio al dovere per i suoi gusti: così la sua vita sentimentale sarebbe andata in mille pezzi ancor prima di cominciare, anche se quel suo sguardo così freddo gli dava certi brividi piacevoli e sensuali, di tanto in tanto.
«Be’, se riuscisse a sciogliersi un po’, sarebbe anche un buon partito» commentò tra sé, divertito, passandosi la lingua sulle labbra con fare palesemente malizioso, mentre si dirigeva correndo verso il ponte che si ergeva imponente sull’immenso giardino davanti alla Biblioteca degli Shinigami.
La sua meta era semplice quanto mai banale: il Portale per il mondo umano.
Il violento picchiare dei suoi tacchi sul candido marmo ed il leggero frusciare del suo lungo cappotto rosso erano gli unici rumori che gli tamburellavano i timpani, facendo da sottofondo ai suoi pensieri ossessivi riguardanti l’attuale oggetto di tutto il suo incondizionato amore: il demone Sebastian Michaelis.
Anche se era proibito in modo categorico che uno shinigami - l’antica razza dei Demon Hunter - intrattenesse alcun tipo di relazione con le loro prede naturali - i demoni, ossia il lato oscuro del mondo - lui se ne era infischiato altamente e ne aveva pagate le conseguenze. Difatti gli era stata confiscata la sua arma, la sua tanto amata motosega, sostituita da una semplice, banalissima coppia di piccole forbici.
Se fosse riuscito a cavare gli occhi alle sue vittime con quelle mini armi, sarebbe già stato un risultato eccezionale, ma in fondo a lui importava ben poco: finché gli altri demoni lasciavano in pace lui e il suo Sebastian, non aveva motivo di preoccuparsi di quanti ne avrebbe ammazzati, né - ovviamente - del modo in cui l’avrebbe fatto.
Raggiunto l’altro lato del ponte, scavalcò con un salto i cinque gradini che lo separavano dal suolo, quindi continuò a correre, imperterrito: la sua fame di amore lo stava divorando dentro.
Lui doveva rivedere Sebastian, a qualsiasi costo.
Si fermò davanti ad un immenso portale di pietra bianca decorato con fregi dall’aria antica e vagamente esotica e sorrise di sghembo, mostrando la dentatura da squalo.
«Eccolo, finalmente: il Portale. Non stavo più nella pelle!».
Si avvicinò ai grandi battenti - due teste di tigre che reggevano in bocca un anello - e, dimostrando di possedere una forza ben al di là delle umane possibilità, afferrò i due cerchi e li tirò a sé, aprendo la porta.
Nel saltare all’interno - azione peraltro accompagnata da un malsano entusiasmo - il suo unico pensiero fu un ben poco maschile: «Eccomi a te, caro Seb-as-stiàn
~♥!!».

La falce della luna risplendeva alta nella notte, riverberando il suo argenteo candore opalescente nella volta celeste notturna, che quella sera mancava dei piccoli diamanti che la rendevano ancora più meravigliosa e luminescente.
La sua perfezione lattea venne rovinata da un improvviso tremolio, simile a quello dell’acqua increspata, ma fu solo una cosa momentanea. Allora, una figura comparve stagliata nel cielo in contrasto con la falce: cadeva ad una rapidità sconcertante, simile ad una meteora oscura, ma pareva non preoccuparsi affatto. Dietro di sé, una moltitudine di lunghissimi capelli scarmigliati lo seguiva, come la coda di una stella cadente.
Senza emettere un solo fiato, precipitò sul tetto obliquo di una chiesa, atterrando indenne in piedi, senza vacillare: le gambe avevano assorbito il colpo senza conseguenze sul suo perfetto e sovrannaturale equilibrio.
«Da dove iniziamo a cercare il mio Sebastian?» si domandò ad alta voce, passandosi la lingua sulle labbra e guardandosi intorno: le case erano tutte simili tra loro, con il tetto scosceso rischiarato dalla luce lunare, e si estendevano per quasi un chilometro a raggiera attorno al punto dove si trovava lui. Probabilmente la chiesa era il fulcro attorno al quale la città era stata eretta.
Dentro di sé avvertì l’impulso di recarsi presso un fiume che costeggiava il lato nord della città. Senza perdere un solo attimo si diresse lì: la sua parte più istintiva, adibita alla localizzazione delle sue prede, aveva una strana predisposizione naturale ad un rilevamento talmente rapido e preciso che se gli avesse fornito pure coordinate precise su dove il demone di turno si trovasse non si sarebbe sorpreso affatto.
Fin dall’inizio della sua “carriera” di Demon Hunter - iniziata pressoché attorno ai dieci anni - si era rivelata un’abilità eccezionalmente utile per velocizzare l’individuazione del nemico.
Quella volta, anche se utilizzata non con lo scopo di localizzare una vittima, si era palesata essere altrettanto utile, in aggiunta al fatto che in quella cittadina bazzicavano pochi demoni, quasi tutti di solo passaggio. Se fosse stato un luogo più “trafficato”, avrebbe dovuto giostrarsi tra migliaia di imposizioni contrastanti sulla direzione da prendere.
Sebastian, con sommo sollievo dello shinigami, era l’unico che sembrava essersi stabilito lì in modo permanente, dato che non aveva accennato a spostarsi per quasi cinque mesi. Un vero e proprio record, considerata la natura della sua razza, incline al nomadismo - con eccezioni in casi particolari, ma solo di pochi giorni.
L’unico demone che rilevava era quello vicino al fiume, il che gli suggeriva che quello era proprio il suo amore demoniaco.
Che cosa ci facesse così lontano dal centro, non ne aveva la più pallida e remota idea - l’unica ipotesi plausibile che aveva formulato era che vi si fosse recato in cerca di particolari anime - ma più di tanto non se ne preoccupava: non erano affari suoi se qualche insignificante umano moriva in città o in periferia, o moriva e basta.
In fondo, prolificavano più in fretta di quanto si potesse credere per essere una razza di così basso rango. Qualche perdita potevano sopportarla.
«Oltretutto, se devono perire affinché il mio tesoro adorato possa sopravvivere, dovrebbero addirittura essere orgogliosi di cedere a lui la loro inutile vita~
♥!» commentò allegramente tra sé, balzando con tanto di giravolta nel cielo, superando una delle strade principali della città, a quell’ora completamente deserta.
Proseguiva a ritmo serrato, sempre più velocemente man mano che si avvicinava alla sua meta: la smania di rivederlo era troppo forte perché potesse semplicemente attendere oltre.
Arrivato sull’ultimo edificio, saltò giù dal cornicione con una grazia che definire femminile sarebbe stato un semplice eufemismo, per poi dirigersi fulmineo attraverso l’erba stopposa ed incolta che si estendeva per miglia tutt’attorno.
Un vero e proprio paesaggio campestre in rovina.
Ben presto, Grell iniziò a sentire il rumore dell’acqua che scrociava nel suo letto, ma non solo quello: grida di dolore che volevano essere acute e strazianti gli giungevano alle orecchie solo come urla soffocate, facendolo fremere nel profondo.
Era lì, sempre più vicino.
La distesa s’interruppe bruscamente su di un piccolo pendio erboso che portava ad un esteso avvallamento nel quale si trovava il fiume.
Sulla sponda più vicina a sé, il Demon Hunter scorse un gruppo di corpi inerti distesi a terra e, tra di loro, una figura nera e slanciata, l’unica ancora in piedi.
Il suo cuore accelerò i battiti: era lui, non aveva dubbi. Solo lui poteva indossare con così tanto charme un completo nero tanto elegante.
Spiccò un salto fin troppo energico, tale da raggiungere circa i trenta metri d’altezza, quindi si lanciò in picchiata verso la persona vestita di nero, aprendo le braccia.
«Seb-as-t...».
Il suo bersaglio si volse di scatto all’udire la sua voce. Solo allora lo shinigami si rese conto che quello non era il suo demone, ma purtroppo per fermarsi era troppo tardi. Il giovane sconosciuto rimase immobile ad osservarlo precipitargli contro con sguardo glaciale finché non gli fu praticamente addosso, quindi si chinò e, quando gli passò proprio sopra, alzò la mano con un fulmineo scatto, serrandola attorno alla sua gola.
A quel punto si rialzò e si avvicinò al viso della sua preda tanto che i loro nasi quasi si sfioravano.
Grell riuscì così a scrutare bene in faccia l’uomo: aveva i capelli neri, pettinati all’indietro in modo da lasciare completamente scoperto il viso; indossava un paio di occhiali dalla montatura di semplice metallo argentato e le lenti squadrate, dietro le quali si trovavano due pozzi di freddo oro, fissi su di lui.
Era inquietante, ma forse proprio per quello anche terribilmente bello.
«Ehilà! Ti hanno mai detto che hai dei bellissimi occhi? E chissà che altro hai di così bello...» lo stuzzicò Grell, passandosi la lingua sulle labbra, sorridendo con fare lascivo.
«Tu sei... uno shinigami?» gli chiese in risposta lo sconosciuto, senza smettere di fissarlo glacialmente.
«Io sono quello che vuoi. Baciami...!» esclamò l’altro in tono voglioso, protendendosi faticosamente verso di lui, il quale serrò ancor di più la presa sul suo collo con l’evidente intento di strangolarlo.
«Muori, Demon Hunter...!» sibilò, duro, rinsaldando ancor di più la presa sulla sua giugulare.
Grell era sul punto di soffocare, eppure tutta la sua attenzione era focalizzata su quell’affermazione che - contro ogni possibile aspettativa - reputava quasi alla stessa stregua di una dichiarazione d’amore in piena regola.
La sua concezione dell’amore, in verità, era tanto distorta quanto malsani erano i suoi gusti sessuali.
I suoi polmoni erano ormai a secco d’aria ed invocavano pietà, mentre davanti agli occhi cominciavano a danzargli puntolini bianchi, mentre lentamente iniziava a scivolare nell’incoscienza della morte.
Paradossale come da cacciatore si fosse trasformato in preda.
Continuò a fissare, per quel poco che gli rimaneva, gli occhi del suo quasi assassino, mentre muoveva le mani per far scivolar fuori dalle maniche le sue forbicine: non aveva certo intenzione di morire lì.
Le strinse saldamente nelle mani, quindi puntò il suo sguardo sul braccio che lo reggeva: se fosse riuscito a conficcarne almeno una lì, probabilmente sarebbe riuscito a fermarlo.
Stava per sferrare il suo attacco quando, con la coda dell’occhio, scorse un improvviso cambiamento nel suo sguardo.
Sentì la sua presa dissolversi dal suo collo e lo vide saltare indietro uno scatto repentino a dir poco, mentre una fila di piume nere dall’aspetto insolitamente affilato andava a conficcarsi con forza nel terreno, nel medesimo punto dove solo un istante prima era il moro.
«Claude Faustus».
La voce che Grell udì gli strappò un indecente e fin troppo femminile “awww!”: conosceva quel tono, e conosceva anche il detentore di quella splendida voce provvista di una meravigliosa sfumatura oscura.
Nel voltarsi, ebbe la conferma di ciò che aveva percepito semplicemente con l’udito: era arrivato il suo demone, quello per cui aveva lottato così tanto contro gli altri shinigami, le stupide regole dei Demon Hunter e perfino quel noioso di William.
«Aww, Sebastiàn!» esclamò, in tono dolce, squadrandolo da capo a piedi con un’avidità senza fine.
Come sempre, indossava un completo nero, sotto al quale s’intravedeva una camicia bianca abbottonata e fermata sotto i risvolti del colletto da una cravatta nera che andava a sparire nella giacca chiusa.
Il demone si avvicinò senza degnarlo della benché minima attenzione: questa era tutta focalizzata sull’uomo chiamato Claude, il quale ricambiava con ardente astio.
«Sebastian Michaelis» esclamò.
«Non sei gradito qui. Questo è il mio territorio» ribatté freddamente Sebastian.
Claude affilò lo sguardo in uno più beffardo, senza perciò increspare le labbra.
«Il tuo? Questo è da vedere» replicò.
Michaelis estrasse dalle maniche un altro set di piume, quindi le lanciò verso il suo avversario, che le evitò facilmente.
«Sparisci Claude».
Quest’ultimo rimase immobile un attimo, lo sguardo improvvisamente pieno d’odio, poi disse: «Sappi che non mi arrendo tanto facilmente, Sebastian».
Quindi si volse e saltò dall’altra parte del fiume, girandosi a guardare un’ultima volta il suo nemico, prima di andarsene.
Sebastian rilassò un poco i muscoli, tenendo alta la guardia, in caso attaccasse ancora all’improvviso.
«Sebas-chan! Mio eroe~♥!».
Sentì qualcosa strusciarsi contro la propria gamba, perciò abbassò gli occhi, notando che lo shinigami che Claude aveva quasi ammazzato era lo stesso che fin da quando si era stabilito lì continuava imperterrito a tormentarlo.
Se avesse visto prima che era Grell la sua vittima, avrebbe fatto sì che Faustus lo ammazzasse, prima di intervenire e cacciarlo: di certo si sarebbe trovato con una palla al piede in meno.
Lo shinigami, testardamente, continuava a strusciarglisi contro la gamba alla quale si era stoicamente avvinghiato, come un gatto in cerca di attenzioni.
Con un gesto alquanto brusco, gli premette una mano sulla fronte e lo allontanò, facendolo finire seduto a qualche metro di distanza.
«Stai lontano, shinigami» disse semplicemente, voltandosi a dargli le spalle.
Ma Grell considerava quei tentativi d’allontanamento come azioni volte ad acuire in modo osceno le sue attenzioni.
Rialzatosi, si gettò verso di lui a braccia aperte.
«Sebast...?!».
Non riuscì a terminare: si sentì strattonare per il cappotto e tirare via in malo modo.
L’ultima cosa che vide fu il demone che si voltava per metà verso di lui con sguardo totalmente indifferente, poi la sua immagine venne risucchiata da un vortice bianco.
Quando tutto riprese colore, si trovava steso bocconi su un pavimento a lui ben noto, gli occhi incollati non al viso del suo amore, bensì alle scarpe di qualcuno.
«La ringrazio per essere andato a recuperarlo».
La voce era innegabilmente quella di William.
Sbuffò, risentito, mettendosi carponi: era tornato nella dimensione degli shinigami. No, più corretto, era stato trascinato nella dimensione degli shinigami, di nuovo.
Il Demon Hunter dai capelli rossi era non poco arrabbiato con colui o colei che si era permesso di riportarlo in quel noiosissimo posto senza il suo permesso e - cosa ancora più importante - solo pochi minuti dopo aver finalmente ritrovato il suo demone.
Non lo accettava: lui voleva vederlo, accidenti!
«Ehi!» esordì, voltandosi «Perché mi ha...?!».
Tacque quando vide chi era stato a strapparlo al mondo umano.
«Ehilà...!».
Lunghi capelli grigi, volto seminascosto da una folta frangia, vestiti scuri e stravaganti al pari del loro possessore. Non c’erano dubbi, quello era...
«Undertaker?!» sbottò Grell, drizzandosi e allontanandosi subito.
Il suo interlocutore si portò un’ampia manica alla bocca e vi affogò una risatina nervosa, che fece venire la pelle d’oca a Sutcliff.
William, al contrario, era l’incarnazione della calma. Molto formalmente, si inchinò davanti al terzo shinigami e domandò: «A cosa dobbiamo la sua visita?».
L’altro agitò una mano e sorrise.
«Sembra che ci sia un problema...».
   
 
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