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Autore: funkia    12/09/2010    31 recensioni
Non mi sentivo più una bambina. Mi sentivo una donna in tutto e per tutto, con i problemi che hanno gli adulti, con l’esperienza necessaria per poter dire di aver lasciato l’adolescenza a tutti gli effetti. Avevo studiato e adesso avevo un lavoro da adulta, con tutte le responsabilità che l’essere adulto comporta. Ero più posata, più ragionevole. Avevo imparato a plasmarmi a seconda delle situazioni. Non era rimasto niente della vecchia Rose. Pensavo di averla lasciata per sempre, pensavo di essere cambiata. Ma soprattutto, pensavo di non amarlo più.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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PROLOGO

PROLOGO

 

Non mi sentivo più una bambina.

Mi sentivo una donna in tutto e per tutto, con i problemi che hanno gli adulti, con l’esperienza necessaria per poter dire di aver lasciato l’adolescenza a tutti gli effetti.

Avevo studiato e adesso avevo un lavoro da adulta, con tutte le responsabilità che l’essere adulto comporta.

Ero più posata, più ragionevole. Avevo imparato a plasmarmi a seconda delle situazioni.

Non era rimasto niente della vecchia Rose. Pensavo di averla lasciata per sempre, pensavo di essere cambiata.

Ma soprattutto, pensavo di non amarlo più.

 

 

DON’T TELL DAD II

 

1.   Miss Independent

 

she got her own thing
that’s why I love her
miss independent
ooh the way we shine
miss independent yeah              ( Ne-yo)

 

 

 “Weasley!”

 

Sobbalzai dalla paura ed emisi un piccolo urlo, tanto che la mia penna prendi- appunti scrisse “Miseriaccia!” sulla pergamena che sarebbe servita per il mio pezzo. Ero completamente soprappensiero, era almeno venti minuti che non scrivevo neanche mezza parola e pensavo solo ed esclusivamente ai fatti miei.

 

La voce burbera proveniva dall’ufficio in fondo al corridoio, che poi altri non era che la voce del mio burbero capo Keith Jordan.

 

Il resto dei colleghi si voltò verso di me ed io arrossii appena sugli zigomi facendo un sorrisino di scuse. Mi alzai, cercando la poca dignità che mi rimaneva, e percorsi il ‘corridoio della morte’ fino ad arrivare dritta sulla soglia del capo. La porta era aperta.

 

“Entra.” Borbottò da villano. “O pensi di potermi essere utile sulla porta?”

 

Ci volle tutta la mia buona volontà per non alzare gli occhi al cielo, come facevo sempre quando mia madre mi rimproverava di qualcosa. Andai a sedermi davanti a lui alla sua scrivania di legno massello che odorava di vecchio. Lo vidi grugnire sotto ai suoi baffoni, muovendoli un po’ come uno scopettino.

 

Keith Jordan era il miglior capo che si potesse desiderare, se il tuo sogno era diventare una giornalista di prim’ordine. Era il direttore della ‘Gazzetta del Profeta’ e sapeva come mandare avanti un giornale. Peccato che i suoi modi lasciassero molto a desiderare.

 

“Cos’è questo?”

 

Mi sbattè davanti agli occhi il giornale del giorno precedente. Ovviamente aperto, dato che ero soltanto un’apprendista e non avrei neanche lontanamente potuto sperare di poter scrivere in prima pagina. Allungai un po’ il collo per vedere cosa mi stesse mostrando e presi un respiro facendomi coraggio. “E’ il mio articolo, signore.”

 

Lui alzò le sopracciglia folte e mi fissò coi suoi piccoli occhi scuri. “E’ il tuo articolo? ‘piaceri e dolori dei giocatori di Quidditch’?” Ruggì. “Chi diavolo ti ha commissionato quest’articolo?”

 

Io mi morsi un labbro, insicura se rispondere o meno. “Tim Robbins.”

 

“Tim Robbins!” Saltò su pestando un pugno sul tavolo. “Quel pezzo di idiota! Ricordami di licenziarlo appena lo vedo!”

 

“Lo ha già fatto, signore.” Gli ricordai. “Giusto ieri.”

 

Jordan parve un attimo preso alla sprovvista. Poi sbattè di nuovo il pugno con forza sul tavolo e annuì tra sé. “Bene! Sono felice di sapere di essere una persona coerente. Voglio sperare che tu stia lavorando a qualcosa di decente, Weasley, ne abbiamo già abbastanza di pecore in quest’ufficio.”

 

Io mi schiarii la gola cercando di non dare alcun peso al suo commento. Il che era molto difficile per una persona come me. “Ecco, stavo pensando di scrivere un pezzo sul Ministro della Magia che sembrerebbe coinvolto in un triangolo amoroso. Sembrerebbe esserci una Talpa dentro al Ministero e pensavo…”

 

“Sì, sì, sì, ho capito!” Fece Jordan come se non gli importasse niente. “Cerca di non farlo sembrare lo scandalo del secolo, Weasley, per ora è solo una notizia di seconda pagina.”

 

Non che avessi dubbi a riguardo. “Sì, signore.”

 

Jordan grugnì e si riprese il giornale. “Tim Robbins… vorrei sapere chi diavolo è stato a farlo assumere!” A quanto ne sapevo era stato proprio lui. “Beh, chi vi commissiona gli articoli adesso?”

 

“Penny Rudolf.” Dissi sicura di me.

 

Anche Jordan parve soddisfatto e si lisciò i baffoni scuri. “Penny Rudolf, eh? E’ in gamba, mi piace. Speriamo che non cominci ad aprire le cosce come tutte!” Mi guardò un attimo. “Non avrai intenzione di aprire le cosce, Weasley?”

 

“Le tengo ben accavallate, signore.” Dissi, cercando di non andare sullo scurrile.

 

“Fai bene!” Tuonò. Anche quando diceva cose carine sembrava sempre che brontolasse. E di rado diceva cose carine.

 

Aspettai che dicesse qualsiasi altra cosa ma mi fece solo cenno di andarmene e lasciarlo da solo. Mi alzai dalla mia postazione e lasciai l’ufficio, ripercorrendo tutto il corridoio, e mi sedetti di nuovo alla mia scrivania dove la mia pergamena e la penna prendi- appunti mi aspettavano a mezz’aria. In realtà non avevo la benché minima idea di come scrivere quel pezzo, dato che non avevo nessuna informazione certa. Senza contare che non avevo la benché minima voglia di scrivere un articolo del genere.

 

Betsy, la collega della scrivania accanto, si piegò verso di me. “E’ di pessimo umore.”

 

Io guardai la porta di Jordan con una smorfia. “Da quando sono qui non ricordo di averlo mai visto sorridere. Anzi, a dire il vero non credo proprio che sia possibile.”

 

Betsy sorrise tra sé. “Cerca solo di far filare tutto liscio e di non ridicolizzare il giornale. E ci riesce perfettamente.”

 

Io sbuffai. “Un ‘grazie’ o ‘per favore’ non lo ucciderebbero.” Dissi. “Senza contare che mi ha affidato l’unica rubrica in cui sono praticamente negata. Io odio il gossip! L’ho sempre odiato, fin da ragazzina!”

 

Betsy ridacchiò pacatamente a bocca chiusa. Non si sbilanciava mai, era una di quelle personcine così a modo che sembrava impossibile potessero davvero divertirsi o avere una vita sociale. “Abbiamo fatto tutti un po’ di gavetta, Rose. Devi solo stringere i denti.”

 

Stringere i denti. Era quello che mi sentivo dire da una vita.

 

Un gufo grigio perla planò dalla finestra e venne a posarsi sulla mia scrivania. Betsy lo guardò interessata, nonostante fosse una pesoncina a modo non si faceva mai gli affari suoi. Presi la lettera che il gufo mi porgeva col becco e la aprii anche se sapevo già chi mi scriveva, dato che quel gufo l’avevo visto migliaia di volte.

 

“Chi è?” Chiese subito Betsy.

 

Io alzai un sopracciglio continuando a leggere la mia lettera. “La mia amica Vanessa.” Dissi. “Mi rimprovera perché è già una settimana che non ci vediamo.”

 

Betsy rise sempre con la bocca ben sigillata. “Ci farai l’abitudine, Rose. Neanche io mi vedo mai con le mie amiche, sono sempre troppo impegnata a scrivere articoli. Ma è il piccolo sacrificio che si deve fare se si vuole arrivare in alto.”

 

A dire il vero dubitavo che Betsy avesse davvero delle amiche e non mi sarei stupita di sapere che le aveva perse tutte per via della sua mania di lavorare sempre. E avrei anche potuto capire, se Betsy si fosse occupata delle prime pagine o degli articoli di prim’ordine, ma forse non si rendeva conto che se dopo dieci anni che lavorava alla Gazzetta ancora scriveva delle feste di paese, aveva poca possibilità di sfondare.

 

Questo un po’ mi rincuorava. Non che Betsy fosse una schiappa a scrivere, ma che Jordan mi avesse subito affidato una rubrica tutta mia, per quanto la detestassi. Ero sicura, in qualche modo, che nonostante i modi burberi a Jordan io piacessi.

 

“Ho sempre tempo per gli amici.” Dissi a Betsy scrollando le spalle. “Solo che ultimamente sono stata davvero molto occupata. Tutto qua.”

 

“Posso immaginare, infondo il tuo sogno sta per avverarsi.” Squittì lei.

 

Io sorrisi sforzatamente e tornai a guardare la mia pergamena ancora vuota. Sospirai, non sapevo davvero cosa diavolo scrivere. Avrei potuto scrivere decine di pergamene sulla vita di mamma e papà, dato che dopo anni dalla battaglia, alla gente ancora interessava sapere di loro. Ma Jordan mi aveva categoricamente proibito di farlo. ‘Pensi di poter essere credibile?’ aveva detto.

 

“Rose Weasley?”

 

Alzai gli occhi, una ragazza delicata e dalla pelle diafana mi fissava un po’ timorosa. Era la segretaria di Jordan e non mi stupiva che fosse così tanto timida, Jordan doveva averle urlato addosso così tanto che aveva paura a fare un solo passo. Io annuii e lei sembrò sollevata.

 

“Jordan ti vuole nel suo ufficio.”

 

Di nuovo? Mi voltai verso Betsy con la fronte corrucciata ma lei scrollò le spalle continuando a sorridere. Ma cosa aveva sempre da stare allegra?

 

Mi alzai e seguii la segretaria che mi fece cenno di entrare nell’ufficio di Jordan e scappò via subito dopo. Chi poteva biasimarla. Mi schiarii la gola.

 

“Mi ha fatto chiamare?”

 

Jordan alzò per un secondo gli occhi. “Sì, sì, Weasley.” Fece sbuffando tra delle carte. “Siediti!”

 

Mi sedetti, di nuovo, sulla sedia davanti alla sua scrivania chiedendomi cos’altro potesse volere da me. Gli avevo già assicurato che avrei tenuto le gambe ben strette.

 

Continuò a leggere le sue carte per un altro minuto, in cui io aspettai pazientemente guardando in giro per l’ufficio. Solo quando ebbe finito anche l’ultimo foglio rialzò gli occhi su di me e sembrò quasi sorpreso di trovarmi ancora lì.

 

“Quanto ci tieni alla tua rubrica, Weasley?”

 

Domanda da cento milioni di dollari. Dovevo rispondere sinceramente? “Beh…” Esitai.

 

“Lo so che ti fa schifo, puoi dirlo apertamente.” Disse Jordan aprendo le braccia. “Scrivere di gossip farebbe schifo a chiunque, probabilmente solo Betsy Ramble sarebbe felice di occuparsi di quella maledetta rubrica.”

 

Io mi mossi un po’ a disagio sulla sedia e mi schiarii la gola. “Io odio il gossip.” Dissi. “Ma se questo è il prezzo per diventare una brava giornalista…”

 

“Smettila di blaterare queste cazzate, Weasley.” Fece Jordan grugnendo. “Ho un lavoro per te, sempre che ti vada di accettarlo.”

 

Dio, se mi andava! Mi avrebbe levato dalla rubrica del gossip. “Sì!” Esclamai. “Sì, che mi va!”

 

“Frena l’entusiasmo, Weasley, non ti ho ancora detto tutto.” Si lisciò i baffoni e prese in mano le carte sventolandole. “Mi ha appena scritto il Ministero, hanno bisogno di una giornalista all’interno dei loro uffici. Sarai sempre un’apprendista e alle mie dipendenze, ma lavorerai per loro.”

 

Cercavo di capire il cavillo, ma proprio non ne vedevo. “Mi sembra ottimo, signore.”

 

Jordan alzò le sopracciglia. “Lo prenderò per un sì. Cominci domani mattina. Adesso fuori dai piedi.”

 

Mi alzai in piedi e feci un grosso sorriso. “Con vero piacere, Signore.”

 

Andai a sedermi alla mia scrivania trotterellando e canticchiando una canzone. Betsy mi fissò perplessa e ridacchiò appena.

 

“Che cosa ti ha detto Jordan per metterti così di buon umore?”

 

Io mi voltai verso di lei con le parole al perso. “Oh, solo… gli è piaciuto il mio articolo.”

 

Betsy sorrise sforzatamente e ritornò al suo lavoro senza dire nient’altro. Sospirai e mi voltai dall’altra parte. Se solo le avessi detto che Jordan mi aveva dato una specie di promozione, probabilmente sarebbe venuta di notte fino a casa mia per soffocarmi nel sonno.

 

 

**

 

 

 

 

“Pensavo che questa stoffa ti andasse bene! Insomma, avevamo deciso che si intonava coi tuoi capelli!”

 

“No, Hermione, tu avevi deciso che si intona coi miei capelli!”

 

Non appena entrata a casa alzai gli occhi al cielo, da qualche mese a questa parte non speravo più di tornare a casa e sentire il silenzio. Tutti erano in continua agitazione, sembrava che a tutti quanti mancasse il tempo e cercassero di rincorrerlo.

 

Posai la borsa sul divano ed entrai in cucina, mamma e papà erano immersi tra una decina di stoffe diverse. Rimasi un attimo sulla soglia a godermi lo spettacolo, mentre mamma continuava a prendere pezzetti a destra e manca e provarli accanto ai capelli di papà. Secondo mia madre lo scoglio più grosso nel trovare l’abito perfetto per mio padre era trovare un colore che si intonasse ai capelli fiammanti.

 

“Che ne pensi di questo, Ron?”

 

Papà sospirò e non guardò nemmeno la stoffa che gli stava mostrando mamma. “Nero, Hermione. Nero. Il nero va bene su qualsiasi colore, anche il rosso fiammante.”

 

“Non essere sciocco, Ron, tutti saranno vestiti di nero e tu devi farti riconoscere.” Obbiettò mamma.

 

Papà alzò gli occhi al cielo. “Non devono riconoscere me, non è il mio matrimonio.”

 

Hugo mi sorpassò ed entro in cucina ridendo. “Già e fortunatamente neanche il mio. Mamma, non credi che sia abbastanza per oggi? Da quando siamo tornati a casa non fai altro che farci provare… beh, praticamente qualsiasi cosa.”

 

Mamma si voltò verso di noi con le mani sui fianchi. “Oh scusami tanto se mi preoccupo che sia tutto perfetto  … oh Rose! Finalmente! Sono andata al negozio dove abbiamo prenotato gli abiti e…”

 

Io alzai una mano per fermarla. “Mamma, per favore. Numero uno, sono appena tornata da lavoro. Numero due, il matrimonio è tra due mesi, abbiamo tutto il tempo del mondo. Numero tre, ho tutto sotto controllo.”

 

Papà fece un passo avanti, sfinito, e posò una mano sulla spalla della mamma che aveva assunto un’espressione sconsolata. “Visto, Hermione?” Fece indicandomi. “Questo è lo spirito giusto per affrontare un matrimonio: calma. Pura e semplice calma.”

 

Hugo annuì e si sedette al tavolo da pranzo. “Ti stai stressando troppo, neanche fosse tu che ti sposi!”

 

Mamma ci guardò tutti come se fossimo pazzi. “Lo so! Ma sono sempre la mamma della sposa! Ho tutto il diritto di essere agitata!” Sbottò. “Piuttosto Rose, non capisco come fai ad essere così calma!”

 

Era vero, ero fin troppo calma. Il problema era che stavo per sposarmi e facevo di tutto per non pensarci. Principalmente perché avevo una paura folle che se solo mi fossi fermata a pensare che effettivamente in due mesi sarei diventata la moglie di qualcuno, avrei dato di matto come mia madre. Ma la cosa che temevo ancora di più era che se solo avessi detto a voce alta che stavo per sposarmi, sarebbe svanito tutto nel nulla.

 

Ed io non volevo affatto che svanisse nel nulla, pensando a quanto sacrificio c’era voluto per arrivare a quel punto. Avevamo trovato tanti ostacoli nella nostra, seppur breve, vita di coppia, e questo sembrava essere finalmente il lieto fine. Certo papà era rimasto un attimo perplesso quando gli abbiamo detto che avremmo voluto sposarci, ma non c’era niente che potesse fare, ormai.

 

Scrollai le spalle. “Te l’ho detto, mamma, abbiamo tutto sotto controllo. Inviti mandati, cerimonia fissata, menù scelto, bomboniere fatte, vestiti provati… C’è davvero altro che possiamo fare?”

 

“Trovare il vestito perfetto a papà?” Fece Hugo sarcasticamente.

 

Papà lo ammonì con lo sguardo. “Davvero divertente, Hugo.”

 

 “Oh, ehi! Hai sentito Al?”

 

Io scossi la testa e andai a cercare qualcosa in frigo. “Non di recente, ma Vanessa mi ha mandato una lettera a lavoro oggi.” Feci. “Ma a che ora si cena?”

 

Mamma guardò l’orologio al polso. “Tra un’oretta.” Disse. “Pensavo che Vanessa ed Al ti stessero aiutando coi preparativi.”

 

“Infatti, ma ti ho già detto che abbiamo già fatto tutto quanto.” Avevo trovato una fetta di torta vecchia di due giorni, ma sembrava ancora buona. “Mancano solo i fiori, ma se ne sta occupando Lily.”

 

Papà fece una smorfia. “Pensi che quella torta sia ancora buona?”

 

Mamma mi fissò allibita. “Lily se ne sta occupando? E lasci che faccia tutto da sola? Non credi che qualcuno dovrebbe darle una mano?”

 

Scossi la testa in risposta a mamma, ma guardai papà mangiucchiando la torta. “Non lo so, a me sembra buona.”

 

Papà mi guardò un po’ incerto poi sembrò ripensarci. “Non c’è una fetta anche per me?”

 

“E lascerai che scelga anche il bouquet? Dovrebbe essere una cosa personale, Rose.”

 

“Non credo, il frigo è mezzo vuoto. Ma vi siete ricordati di fare la spesa?” Chiesi controllando dentro al frigo.

 

“L’ho detto a tua madre, ma lei ha insistito perché provassimo la stoffa.”

 

“Ma insomma, mi state ascoltando!” Sbottò la mamma.

 

Io, papà e Hugo ci guardammo in silenzio. Papà si schiarì la gola e appoggiò di nuovo una mano sulla spalla della mamma, questa volta con fare protettivo. “Perché non andiamo un po’ di sopra a riposare, Hermione? Sai cosa, stasera ceniamo fuori, almeno ci svaghiamo un po’. Andiamo di sopra, ci riposiamo, ci rinfreschiamo e quando abbiamo fame usciamo.”

 

Mamma si posò una mano sulla fronte e annuì debolmente. “Sì… sì, forse è meglio.”

 

Papà riuscì a trascinare di sopra la mamma, mentre io rimasi da sola con Hugo in cucina. Finendo di mangiucchiare la torta vecchia di due giorni. Mi sedetti al tavolo con lui, guardando verso il piano di sopra, da dove provenivano le voci dei miei.

 

“E’ decisamente stressata.”

 

Hugo sospirò e chiuse gli occhi. Scosse la testa. “Giuro Rose, non vedo l’ora che ti sposi. In questa casa non si parla d’altro che del tuo matrimonio.”

 

“Solo in questa casa?” Chiesi io alzando un sopracciglio. “E pensare che avrei tanto voluto una cerimonia intima.”

 

Hugo sorrise. “Beh, che cosa ti aspettavi? Sapevi a cosa saresti andata incontro fin dal primo giorno. Senza contare che ci sono due grandi ostacoli alla tua cerimonia intima.”

 

“Sarebbe a dire?”

 

“Numero uno, la nostra famiglia ha come minimo duecento membri.” Fece lui ridendo. “Numero due, probabilmente ci sarà anche la stampa. Insomma è il matrimonio del secolo!”

 

Io sbuffai e mi appoggiai su un gomito. “Lo so. Ho pregato Jordan perché non mandasse nessuno dei suoi giornalisti, ma ho un po’ di potere solo per la ‘gazzetta’ e non verso tutta la stampa. Ci sarà di sicuro qualche imbucato.”

 

Hugo fece una smorfia. “Sinceramente, non m’importa niente di chi verrà o non verrà al matrimonio. M’importa solo che si faccia in fretta, per la salute mentale di tutti.”

 

“A chi lo dici.” Sbuffai io, poi misi un sorrisetto. “Voglio proprio vedere cosa succederà quando sarai tu a sposarti.”

 

Hugo rise e scosse la testa. “Illusa, questo non succederà mai. Programmo di rimanere a casa con mamma e papà fino a quarant’anni e fare il mantenuto.”

 

Io risi di gusto. “Ah, è così? E mamma e papà sanno di questo tuo brillante piano?”

 

“Non ancora.” Fece Hugo sorridendo. “Ma se ne accorgeranno.”

 

Io lo guardai e scossi la testa sospirando. “Dici così perché ancora non hai trovato la persona giusta. Probabilmente, quando avverrà, cambierai tutto il tuo modo di pensare e non vedrai l’ora di uscire da casa di mamma e papà.”

 

Hugo alzò un dito e fece cenno di no. “Forse non mi sono spiegato bene, Rose. Io non mi sposerò mai.”

 

Io alzai gli occhi al cielo e lo assecondai. “D’accordo.”

 

Hugo rise. “E non posso credere che Al ti faccia da testimone!”

 

Se dovevo essere sincera, neanche io. Era stato il meno felice, dopo papà, all’idea di questo matrimonio. “Non credo che abbia avuto molto scelta, sai? Vanessa sa essere un tipo molto persuasivo, quando vuole.”

 

Hugo rise di nuovo. “Povero Al, Vanessa sa davvero come farlo rigare dritto.”

 

Il campanello suonò e i miei occhi si illuminarono. Hugo mi guardò con un sorrisino e scosse la testa.

 

“E’ lo sposo?”

 

Io annuii e corsi ad aprire la porta principale, sistemandomi capelli e vestiti mentre percorrevo l’ingresso. Misi la mano sulla maniglia ma aspettai qualche secondo, mi controllai l’alito e aprii la porta eccitata.

 

“Oh, sei tu.” Feci un po’ delusa.

 

Lily alzò un sopracciglio. “Anche io sono molto felice di vederti, Rose, oh e non ringraziarmi per aver scelto i fiori del tuo matrimonio.”

 

Entrò sorpassandomi in tutta fretta, con in una mano un’agenda, nell’altra dei depliant, e si diresse in cucina. La sentii salutare calorosamente Hugo e mi decisi a sospirare e chiudere la porta per seguirla.

 

“Grazie Lily, non ti sarò mai abbastanza riconoscente.” Dissi entrando in cucina.

 

Lily aveva già steso tutti i depliant di fiori sopra le stoffe di mia madre. Li sistemò uno ad uno fino a che non si rialzò dal suo lavoro e batté le mani insieme. “Bene, Rosie, questi sono i fiori tra cui sono indecisa.”

 

Io sospirai stanca, mentre Hugo cercò di nascondere un risolino. “Lily, ho detto che potevi fare come volevi. Non m’importa dei fiori.”

 

“Lo so!” Fece Lily come se ne soffrisse. “Ma i fiori sono importanti! Avrei voluto usare delle rose, ma le rose non sono da matrimonio. Allora ho pensato ai gigli, ma poi ho pensato che sono troppo ingombranti per decorare e potrebbero sciuparsi, allora…”

 

Hugo alzò un sopracciglio. “Mi chiedo perché tu non abbia pensato ai fiori d’arancio, dato che è il simbolo del matrimonio.”

 

“Mio caro Hugo, sei stato il mio fedele amico per tutta la mia adolescenza e continui ad esserlo ora che sono una donna… ti è mai capitato di vedermi lasciare le cose al caso? Ho pensato ai fiori d’arancio, ma sono così tradizionali e scontati che…”

 

“Sai una cosa?” La interruppi io prima che potesse divagare oltre. “I fiori d’arancio vanno benissimo. Ho bisogno di un po’ di tradizione, dentro a tutto questo trambusto.”

 

Lily spalancò la bocca offesa. “Rose, non dirai sul serio! I fiori d’arancio sono così dozzinali!”

 

Hugo rise. Era l’unico che si poteva permette di ridere in faccia a Lily ed uscirne illeso. “Oh andiamo, lasciala un po’ in pace, Lily. Neanche fosse il tuo matrimonio e poi che t’importa degli stupidi fiori? Sono fiori! Solo fiori!”

 

“Solo fiori? Solo fiori?! Sono l’anima del matrimonio!” Squittì lei offesa. “E quando sarà il tuo matrimonio…”

 

Hugo alzò una mano e la fermò. “Non mi sposerò mai.”

 

Lily scosse la testa affranta. “Ma chi sei tu e cosa ne hai fatto del mio migliore amico?”

 

Sospirai, Lily aveva l’aria di star per scoppiare in lacrime. “Quali sono gli altri fiori?”

 

Il sorriso di Lily si illuminò di nuovo e si schiarì la gola mostrandomi i vari depliant. “Allora, abbiamo delle orchidee, calle, peonie, giacinti…

 

Diedi una rapida occhiata al materiale sul tavolo, io non mi intendevo affatto di fiori. “Peonie… le peonie andranno benissimo.”

 

“Sono le mie preferite, sai?” Fece Lily entusiasta. “E pensavo di farle in tre colori, bianco, rosato e rosa. Che ne pensi?”

 

Io scrollai le spalle. “Va bene.”

 

“Perfetto.” Sussurrò lei tra sé. “Spero che vadano bene anche allo sposo.”

 

Hugo grugnì. “Come se gli importasse qualcosa dei fiori. Sono sicuro che l’unica cosa a cui starà pensando è la prima notte dopo le nozze.”

 

Lily alzò un sopracciglio, scettica. “Non penserai davvero che abbiano aspettato fino al matrimonio, mio piccolo ed innocente amico?”

 

Hugo fece per aprire la bocca ma io mi misi in mezzo alzando entrambe le mani. Ero ormai rossa come un peperone ma cercai di parlare normalmente. “Perché non passiamo oltre a questo argomento, dato che non interessa a nessuno?”

 

“Oh, a me interessa!” Fece Lily. “E voglio sapere anche i dettagli.”

 

Hugo fece una faccia disgustata. “Ehw, Lily, spero che tu stia scherzando!”

 

“Come se tu non lo facessi.”

 

Io guardai Hugo allibita e Hugo guardò me un po’ imbarazzato. Si schiarì la gola e scrollò le spalle. “Beh, ho ventidue anni, cosa ti aspettavi?”

 

“Mi aspettavo che ti confidassi con me.” Dissi un po’ risentita. “Sono tua sorella.”

 

Hugo scoppiò a ridere. “Sì, certo. Come se tu la prima volta fossi corsa da me a raccontare tutto quanto. Sempre che ci sia stata una prima volta.”

 

Io alzai un sopracciglio. “Ho venticinque anni, cosa ti aspettavi?” Feci imitandolo.

 

Lily tornò a guardare i fiori e sospirò. “Credi che gli piaceranno?”

 

Guardai l’orologio appeso alla parete. “Beh, potrai dirglielo tra poco, Lily. In realtà dovrebbe essere già qui e non capisco proprio…” Il campanello suonò. “Oh, eccolo!”

 

Corsi fuori dalla cucina con Hugo e Lily che ridacchiavano. Mi dicevano sempre che da quando mi ero fidanzata ero diventata completamente matta. Anche se credo che mia madre fosse ammattita più di me. Mi sistemai i capelli e aprii la porta, rivolgendogli un bel sorriso che conservavo solo per lui.

 

“Ciao tesoro.” Mi disse.

 

Gli sorrisi caldamente. “Ciao Jack.”

 

 

**

 

 

Bentrovati!!

 

Spero che abbiate tutti avuto delle splendide vacanze, io personalmente mi sono fatta una mega vacanza e sono tornata più stanca di prima XD meno male che avevo cominciato a scrivere prima di partire.

 

Come promesso ecco il primo capitolo del sequel che parecchi di voi aspettavano ansiosamente! Lo so, alcuni di voi si sono lamentati che avevo detto che avrei postato a settembre e siamo quasi a metà mese, ma credetemi, non sono stata a grattarmi la pancia fino ad adesso. Ho scritto una quindicina di capitoli, più o meno finiti, così da stare tranquilla per il resto della mia vita e non dovermi stressare ad aggiornare XDD

 

Pensavate che avrei lasciato la cara vecchia coppia insieme per farli vivere felici e contenti? Giammai!

La perfidia dell’autrice regna sovrana. E lo so cosa vi state chiedendo… chi diavolo è questo Jack?

Appuntamento al prossimo capitolo: “Too lost in you

 

Hope u like it!

Baci, zia Fufù!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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