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Autore: Rucci    12/09/2010    7 recensioni
Ed ora veglio
sono Tuo e Mio
la notte mi annunziasti come vita
mi hai fatto uomo.

Ci sono centootto stelle che in verità sono demoni.
Centootto diversi demoni. "Inno alla notte" è per uno di loro.
{spectre-centric, original character}
Genere: Dark, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nuovo Personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I

VIII.

 

In altri spazi

piantò la luce le festose tende.

Mai più ritornerà

ai suoi figli che l'attendono

con fede d'innocenti?

 

 

Ci sono centootto stelle che in verità sono demoni. Centootto demoni diversi fra loro.

Sono Stelle del Cielo e Stelle della Terra. Quella di Stevan era Chisyu Sei, la Stella della Terra Prigioniera, e in prigionia ci passò gli anni, Stevan, dove tutto era buio. Nel buio imparò a muoversi, per quel poco che poteva muoversi. Nel buio tutto comprese e tutto, inevitabilmente, dimenticò.

Il tempo che passava si faceva sentire in due modi: nelle dita, sempre più magre, e nei capelli, sempre più lunghi. Arrivarono ad attorcigliarsi sino alle scapole, attorno alle spalle che adesso sporgevano, aguzze, mentre il torace si restringeva. Due odori nelle narici: terra e ferro.

Dimagrì molto. Mangiava quando poteva, quando si ricordavano di nutrirlo, con il cibo che tornava assieme a loro dalla caccia, in involti macchiati di sangue – ma aveva poca importanza.

Si fece esangue, pallido, debole. Spesso stentava a reggersi in piedi. Ma era vivo. Sempre.

Doveva la sua vita a Iulia, che sul clan di vampiri aveva il comando, e che lo preservò dalla pazzia e dalla morte. Lei lo prese sotto la sua ala come una madre e come un’amante, e gli sussurrava dolcezze inaudite ogni volta che prendeva il suo sangue. Lo mordeva forte e beveva come da un calice, e lo proteggeva dalle zanne avide degli altri, che troppo spesso avrebbero bevuto sino a strappargli la vita. Tranne Gheorghe.

Gheorghe non aveva mai abbandonato quello sguardo romantico e lontano, gli occhi che erano due monete d’argento, brillanti di luce che riflette solo se stessa. Stevan cominciò a cercare lui più degli altri, più di Iulia, che lo amava con quella tenerezza strana e grottesca. Le carezze di Iulia erano fredde, e così erano le braccia di Gheorghe, che non offrivano più conforto di una lapide; ma se il suo destino era la prigionia, allora voleva scegliere di chi essere prigioniero, e aggrapparsi alla sua giacca consunta, nel buio, alla luce fioca della candela che accendeva per illuminare minuscole pagine quasi decomposte di piccoli libri da tasca. Fu in quegli occhi di morto che vide la luce. Era la luce con cui il vampiro ammaliava le sue vittime, e lui. La luce dei morti, la chiamava.

 

“Gheorghe.” Era strano risentire la propria voce dopo tanto tempo. Era cambiata ancora. Ed era stentata. “Perché sono qui?”

Gheorghe non sorrise, non sbatté le palpebre, ma il suo sguardo cambiò. Rispose, lento.

“Hai la luce dei morti, dentro di te.”

Non era possibile capire se fosse più duro o meno: non si penetra oltre le iridi brillanti come monete d'argento. Ma dalla sua immobilità parlò, con strana intensità.

“E nessuno di noi, nemmeno Iulia, sa perché.”

 

 

 

Aiacos di Garuda aprì gli occhi.

Non più come uomo, ma come Generale.

Aprì e schiuse le dita, flettendole con attenzione.

Non mosse un muscolo del volto, ma nel sangue rombava come una corrente di fiume il ruggire delle stelle malefiche che, dietro il sigillo di Goro-ho, palpitavano, pronte ad esplodere.

“Aiacos.” Lo apostrofò una voce cavernosa. “Sei in ritardo.”

“Poco male” rispose senza fretta lui. “C’è ancora tempo.”

Rhadamanthys tacque, imperturbabile, raddrizzando impercettibilmente le spalle, come a riprendere i ranghi. L’uomo che era al suo fianco si limitò ad un sorriso senza allegria, candido e sottile. Quando parlò, lo fece come il vento, insinuando una corrente fredda nella stanza:

“Non così tanto. Sento il sigillo di Athena tremare.”

“Non solo il sigillo, Minos.”

Aiacos sorrise, richiudendo gli occhi, e si beò nuovamente di quella sensazione. Percepì il proprio Cosmo alzarsi fiero, spiegare le ali in volo in un’ascesa da levare il fiato, abbandonarlo miglia e miglia sopra la sua testa, e scatenare irrefrenabili tremiti nelle stelle ancora recluse. Riconobbe i suoi: le stelle che rabbrividirono con violenza e gioia nel sentirsi sfiorati.

“Non solo il sigillo” cantilenò paziente Minos, Primo Giudice Infernale. Aveva pazientato molto, d’altro canto. Oltre duecento anni. Ora le sue dita erano pronte a muovere nuovi burattini.

Rhadamanthys taceva, rendendo ancora più grave l’aria pesante dell’Inferno. Per lui, al contrario, la Guerra era tutto meno che un gioco.

Aiacos li osservò, sogghignò e non proferì parola. Il suo Cosmo si ritirò come lingue di fuoco, difficile da domare, ora che aveva assaggiato l’altitudine e la vastità, e il fermento dei propri uomini. Richiuse i pugni, e si preparò ad aspettare: uno alla volta, sarebbero arrivati tutti.

 

 

 

La luce dei defunti… Molto tempo fa c'era una creatura che ne era piena, eppure non ne veniva toccata. La sua carne era tiepida e i suoi sorrisi trepidi, senza traccia di morte. Anche il suo cuore era caldo; però, in sé, serbava la gelida fiamma.

Questa creatura non sapeva della sua luce nascosta, eppure di tanto in tanto si sentiva attratta dalla notte, come lo sono i gatti. E questa creatura era ingenua: non sapeva difendersi dalla notte che amava, né dagli asfodeli, i fiori dei morti, che si chinava a raccogliere. Quando chiuse la mano su uno dei fiori letali, la terra si aprì sotto di lei: attratta dalla notte, aveva attratto l'ombra più oscura a sé.

Quando metti gli occhi su qualcosa, Stevan, quel qualcosa sente. E mette gli occhi su di te.”

La voce cantilenante e cupa di Gheorghe l’aveva accompagnato quasi una notte intera. Era strano, invece, risentire la propria, dopo tanto tempo. Era cambiata ancora. Era tremante e apatica al tempo stesso. La esalò come un respiro:

“Diventerò come voi?”

Gheorghe lo guardò come lo guardava sempre.

Una statua. Molto bella. Molto morta.

“No, Stevan. Hai la stessa luce dei morti. Ma sei vivo.”

 

 

 

 

Doppia flashfic. Ho sforato, ma al diavolo. Eccoci qua. Piano piano, ci stiamo riallacciando al nostro filone preferito, con delle comparsate di tutto rispetto. E quando non ci sono questi grandi uomini, a riempire la scena, c’è Gheorghe, e scusate se è poco. Sono molto felice del successo che sta avendo. È un sex symbol oscuro. E infatti, Stevan, che è biondo ma non scemo, ci si attacca a cozza. Ho cercato di dirlo in maniera più poetica e carina, ma tant’è. E poi?

 

 

Shinji: Dove altro li possiamo trovare, dolore e bellezza? Se non nell’Amore, nella Morte. Di questo cantano tutti i più esimi tra quelli che hanno fatto un salto sulla terra e tra gli uomini, e si sa, è storia vecchia, ma non fa mai male ricordarlo. Gli spectre come dici bene hanno una posizione privilegiata, così a fianco alla Morte, e non si spreca un’occasione così. Ti bacio, tesoro. Mi scrivi cose tanto carine. Adesso vengo a darti le coccole.

LeFleurDuMal: Hai ragione, sono proprio la pazzia bella. Sono belli perché sono scatenati e selvaggi e non li ferma niente, e per quei cammei che hanno fatto sono contenta di loro. Grazie per i complimenti e per tutto il sostegno. Stevan lo sai che se la cava. Però fagli le coccole che è un momento difficile.

Kiki May: Invece è un bellissimo commento! éOè Hai ragionissima dappertutto! È un connubio che va spesso a braccetto così creature, ultraterrene, la distorsione dell’amore (ultra-, anche questo, dunque, in un certo senso). È un tema che ho assorbito credo dalla Rice (scusa se continuo a citarla, ma è evidentemente il mio guru XD) ma che è ben presente a tutti gli intellettuali che hanno scritto a riguardo, se pur inconsciamente: tutti i sentimenti, in quanto sovrannaturali, sono amplificati, distorti, grotteschi. E ci fanno tanta paura, sì! çOç Persino Gheorghe nella sua sexiaggine decisamente pericolosa!

beat: Ma io le amo, continuah! Si vive di complimenti! Si va avanti coi complimenti! E poi scusa, mi hai fatto i cuoricini! Sono contenta che i miei vampiri ti piacciano. Guarda, ce n’è una bella dose, qua, condita da Discorsi Tenebrosi. Stavolta ho strafatto! XD

ribrib20: Mah, ti dirò, non sei monotona, mi comunichi delle reazioni veramente intense che sono manna per lo scrittore: capisco sempre di aver fatto centro e gonfio le piume. E poi oh, Stevan ha così tanto bisogno d’amore, guardalo, incantucciato in quel bucaccio. Insomma, sono solo contenta se la mia creaturina viene amata! Vuol dire che sa emozionare anche lui, eh, nonostante non sia un grande agente: è un tipo di personaggio molto passivo, che subisce i fatti più di scatenarli, e non è sempre facile renderlo gradito: qualcuno di più “attivo” coinvolge maggiormente il lettore. Bella sfida, insomma. Quindi, fidati, son commenti preziosi. ;)

Clayre: Ah! Tu! Tu! So chi sei! E ti voglio bene! *O* *le recensioni rendono felice uno scrittore!* L’unica è che adesso non riesco a rispondere tutto, oddio vado in panico. Stevan è contento dei complimenti. È un maschietto, li accoglie sempre con piacere e allarga le spalle mentre nessuno lo guarda. Austero e inarrivabile, forse, per lui, è il complimento massimo. Fidati. Vuole apparire così. L’hai reso felice. Per il resto, per la campagna pro vampiri seri, senti, non me ne capacito: non credevo di scatenare tanto ma le reazioni a questa fic mi scaldano il cuore. Grazie, grazie, grazie. Tu un mojito, io un cocoritonjdfkjsbfdfhadfsb *MUORE*

 

  
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