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Autore: JackoSaint    24/09/2010    0 recensioni
"Perché si cresce... ma dentro dentro si rimane quelli di sempre"
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Nascondino delle Nuvole


Dopo una lunga assenza da EFP causa impegni scolastici, rieccomi in questa sezione per me nuova xD

Questo racconto-testo l'ho scritto per un compito di italiano, e l'idea mi sembra buona... quindi ho deciso di pubblicarlo qui.

Perché sempre si cresce... ma dentro dentro si rimane quelli di sempre.

Federica *^*




---- IL NASCONDINO DELLE NUVOLE ----

...Io bambino...

Molti bambini passano l’infanzia a contare i numerini sul metro da cucito della mamma, smaniosi di crescere e di lasciarsi alle spalle la delusione per i regali di Natale che soprattutto gli zii non azzeccano quasi mai. Per dirla tutta, anche analizzare il proprio fratellino è un modo efficace per constatare di quanto ci si è alzati senza dover ricorrere al proibitissimo cassetto della donna di casa, ma si rischia di rimanerci male se il suddetto fratellino è più alto di un capello in più. Quindi ci si affida al metro incalzati dalla convinzione che tanto il mestiere di quel nastro arrotolabile è quello di misurare, motivo per cui non potrebbe ammonire o deridere il piccolo “imputato”.

Per precisare, nel mondo dei bambini tutto può parlare, e di conseguenza il metro stesso non è escluso da questa lista dato che viene squadrato come si osserverebbe uno di quegli omaccioni in toga.

Anche io, non lo nascondo da bravo bambino sincero, mi imbambolo davanti ai numeri appesi al muro a mo’ di righello in verticale, insomma una di quelle decorazioni adesive che nella stanzetta di noi piccini non può mancare. A che serva poi, un metro appiccicato di fianco al letto, non l’ho ancora capito, dal momento che di mattina un bambino si infila le pantofole – e forse nemmeno questo – e mica si mette a fissare un qualcosa riguardante la matematica...!

Questo solo per dire che le mie udienze con il Giudice Metro sono pomeridiane ed ho con me il mio micio, che devo riconoscere essere un ottimo avvocato difensore: basta il mio naso arricciato per fargli alzare la zampetta ed artigliare il muro a tradimento.

Ma crescere non rientra nei miei primi desideri, anzi la medaglia d’oro non è sua: sul gradino più alto del podio troneggia la brama di toccare una nuvola. Anche il mio Ombra, come gli essere adulti umani, se ne resta muto quando gli parlo del mio desiderio, muto a fissarmi con occhi grandi grandi quasi a dire: “Benjamin, mio caro padroncino, ma devi proprio volere l’impossibile?”. Ed io, saldo sulle mie convinzioni: “Almeno è un’idea originale...”.


...Io ragazzo...


L’arduo compito da ambasciatore spetta a me... Io, rappresentante di classe della IID... Rimpiango il giorno in cui mi è venuta la strabiliante idea di fronteggiare a fil di verbo il secchione di classe per strappargli la nomina a rappresentante... Con che piede mi sono svegliato quella mattina non me lo ricordo, ma poco importa, ora so per certo che era quello sbagliato. Riferire ai miei compagni che oggi l’intervallo in giardino per noi non ci sarà equivale ad un suicidio: la mia certezza è quella di finire come Giulio Cesare o come Sid Vicious durante un concerto... E su una cosa non ci piove, che, morto o rimbambito, ci finirò lo stesso.

Non è nemmeno colpa mia se quei piccoli, microscopici esseri chiamati bambini, che hanno colonizzato la scuola elementare di fianco al liceo, dovranno usufruire del già misero cortiletto del mio istituto per giocare a nascondino... Il fatto è che se da qui non esci, non si fuma: puoi molestare quanto vuoi la macchinetta delle merendine, ma per alcuni nulla è comparabile alla soddisfazione che si prova nell’osservare le nuvolette della sigaretta. E io come faccio e spiegare al Boss che oggi, nada, non si esce? Come minimo mi appende e a suon di botte me li fa sognare, i cortiletti colonizzati dai bambini... Perché vorrà spiegazioni, ed io certo non ne ho. E le nuvole non mi salvano, dato che a dispetto delle previsioni, di far piovere non ne hanno voglia.

Andiamo Benjamin, parli o non parli? Ma a ben pensarci, la congiura la rischi lo stesso... Ti toccherà dirlo comunque, non può mica ammazzarti...


...Io adulto...


Pesto il piede sul pedale con così tanta prontezza che una fitta di dolore mi pugnala lo stinco. Le gomme della mercedes fischiano sull’asfalto finché la vettura non si ferma dopo essersi un poco piegata in avanti.

Stop. Sia santificato Iddio.

La piccola suora ferma davanti al cofano mi pare più pallida del cappuccio che le incornicia il volto ghiacciato nell’espressione tipica dell’infarto, gli occhi sgranati e la bocca semiaperta, mentre dietro di lei sfilano allegri i teneri pargoletti dell’asilo, che saltellano come caprette sulle strisce pedonali.

Subito abbasso il finestrino e infilo fuori la testa per esibire uno dei miei soliti e cordiali sorrisetti idioti, cordiali perché vogliono dire: “Scusi tanto, non volevo”, idioti perché in verità sembrano equivalere a: “Scusi se non so dirle “scusi” in una maniera più decente”. Neanche a dirlo, la suora coglie solo la vena idiota dal mio sorriso, e se ne va borbottando i nomi di chissà quali santi mentre incita l’ultima capretta del gregge ad accelerare il passo.

Ottimo Benjamin, stavi per investire degli adorabili nanetti e non hai nemmeno chiesto scusa... L’importante comunque è il non averli stesi. Incalzato dagli impazienti clacson che hanno da ridire sul mio imbambolamento, mi trovo costretto ad ingranare la marcia e a partire appoggiando il gomito fuori dal finestrino.

Autista distratto son io... Ci sarà pure un motivo per cui ho già perso cinque punti della patente... Perché mentre guido lancio troppe occhiate lassù, verso le nuvole. Mi piace giocare a nascondino con loro, io che con la macchina mi imbosco tra i grattacieli e loro che mi sbirciano e guardano giù per trovarmi. Almeno non è una delle solite cose...

Mi ricordo di Ombra, da tanto tempo mi ha lasciato... Quando giocavo a nascondino con lui e con le nuvole, io perdevo sempre perché da bravo micio qual era si alleava con le nubi e si mimetizzava nella loro grande figura scura, mentre io ero costretto a fare l’impossibile per non essere trovato.

E da bambino avevo ragione, a dire che più si cresce e meno si capisce. Forse io da piccolo quel primo desiderio me lo sono concesso troppo tardi... E magari i miei due bambini sapranno darmi una risposta, se solo porgessi loro la domanda appena saliti in macchina.

Come si fa a prendere una nuvola...?

Ma adesso, mio caro Benjamin, torna a guardare la strana fino a scuola, o rischi di investire anche loro!



Un piccolo sfizio che mi sono concessa quando avevo voglia di scrivere... Spero vi sia piaciuta!

Federica *-*, alla prossima!





 
   
 
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