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Autore: Ariadne Oliver    24/09/2010    4 recensioni
Le conseguenze impreviste di una serata di lavoro danno nuova linfa al gioco del gatto e del topo. (Ambientata agli inizi della seconda stagione)
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono e io non ci guadagno nulla a scrivere di loro.

Mezzogiorno, e ancora non riusciva a scrollarsi di dosso il feroce mal di testa, la sensazione di avere la bocca impastata e quel retrogusto amaro che riusciva a rendere ancora meno sopportabile il terribile caffè di quell’ufficio.

La cosa era particolarmente strana, se si teneva conto del fatto che, invece, la condizione generale, quella che comprendeva anche l’umore e la ricettività, era nel complesso la migliore da quando quel maledetto aereo era esploso.

Un divario che lasciava Neal Caffrey spiazzato, del tutto impreparato com’era alla possibilità di riprendersi dal trauma della morte di Kate, e tornare a ragionare in termini di quotidianità spicciola, se non addirittura di futuro.

Costringerlo a raccogliere i pezzi e a costruire un’alternativa che non fosse fatta solo di vendetta: un miracolo che solo Peter Burke poteva essere in grado di compiere.

Neal alza istintivamente gli occhi verso l’ampia vetrata del suo ufficio: Peter è voltato di spalle, sta parlando al telefono.

Ha una posa rilassata, appoggiato al tavolo col braccio libero che fa da puntello: deve essere al telefono con Elizabeth.

Chissà se le sta raccontando della sera prima, della “riunione” di lavoro che si è trasformata in una seduta psicanalitica.

Ah, questo naturalmente solo per la prima mezz’ora, perché quando il bourbon ha cominciato a entrare in circolo la conversazione aveva preso direzioni ben più deliranti.

E più che preoccuparsi di quello che poteva essere sfuggito a lui, Neal si rammaricava di non ricordare quello che incautamente poteva essere sfuggito a Peter.

Sulla morte di Kate, certo, ma anche sulla sua adolescenza.

Perché Neal proprio non riusciva a credere che l’irreprensibile Agente Distintivo, come lo prendeva in giro Mozzie, non avesse combinato mai davvero nulla, nemmeno negli anni ruggenti del liceo.

 

-Dai, Peter, almeno qualche scherzo devi averlo fatto, ad Halloween.

-Ti ho detto di no, Neal, non insistere: anche all’epoca lavoravo duro, distribuivo i giornali e la gente si fidava di me. Non per vantarmi, ma riuscivo a tornare a casa sempre con tantissimi dolci.

 

Neal sorride: Peter ha tuttora l’aria del tipo che gradisce mangiare pacchiani lecca-lecca a forma di zucca.

Fatto sta, la sera precedente si erano presi assieme una sbronza colossale, ufficialmente per festeggiare il nuovo inizio della loro collaborazione, di fatto per scaricare tensione e malumori.

I due mesi seguiti all’esplosione dell’aereo, infatti, erano stati durissimi anche per Peter: per proteggerlo dalle accuse e permettergli di tornare a fare il consulente per l’FBI aveva rischiato di perdere il posto.

Per non parlare del caso delle rapine in banca.

Neal era stupefatto dalla fiducia che Peter riponeva in lui, era un sentimento che andava ben al di là dei semplici interessi di bottega del Bureau.

Aveva fatto bene, quel giorno maledetto, a credere che avrebbe potuto aiutarlo a costruirsi una vita migliore, proteggendo Kate e restituendogli quella libertà che, paradossalmente, senza quella dannata cavigliera non sarebbe mai più stata realmente sua.

Peter Burke gli aveva insegnato, infatti, che la vera libertà è quella di mettere radici attorno a degli affetti certi, anziché fuggire da un posto all’altro accumulando ricchezze di cui non si potrà mai godere.

Forse era questo che lo faceva stare tanto bene, nonostante i postumi della sbronza.

Oppure quello strano sogno, quello talmente vivido da fargli credere che il suo liquore fosse stato drogato.

 

Peter Burke cominciava finalmente a sentire il bisogno di dormire.

Una sensazione rassicurante, perché da sempre associata alla risoluzione di un caso.

Ma questa volta il retrogusto era ancora più dolce, perché accompagnato dalla prudente certezza che Neal aveva superato la fase critica.

Era riuscito a convincerlo che il lavoro era il modo migliore per tenere occupato il cervello e non cedere al dolore, e che solo rimanendo così lucido sarebbe arrivato, si sperava molto presto, a mettere le mani addosso agli assassini di Kate.

Per arrestarli, naturalmente, perché mai e poi mai gli avrebbe permesso di andare oltre.

Neal aveva ancora tutta la vita davanti, e tutto il talento necessario per riuscire in qualunque cosa avesse voluto.

E lui avrebbe fatto in modo che quello che Neal volesse era continuare a collaborare con lui al Bureau.

In fondo bastava saperlo prendere nel modo giusto: era come un bambino, bisognava stuzzicare la sua curiosità, per catturarne l’attenzione.

Gli piacevano le sfide, si vedeva dalla luce che accendeva i suoi occhi anche quando faceva finta di accettare di malavoglia un incarico.

A Peter piaceva credere che fosse colpa degli insegnanti incapaci, se Neal aveva lasciato la scuola per fuggire a New York e mettersi a fare il mago della truffa.

Non dubitava che, un giorno, avrebbe aggiunto altri tasselli a quell’abbozzo di spiegazione, quattro anni sarebbero stati sufficienti per fare di Neal Caffrey una persona nuova.

Ma, naturalmente, prima bisognava archiviare una volta per tutte la parentesi Kate: disinfettare la ferita, lasciarla cicatrizzare e sentirla pungere solo nei giorni di pioggia.

Bisognava fare in modo che non restasse solo, mai.

Che si sentisse stimato, rispettato, in una parola: amato.

Se era ancora vivo, infatti, lo doveva a quell’attimo di esitazione al momento di salire sull’aereo, abbandonando quello che, seppur stravagante, era pur sempre un abbozzo di famiglia.

Peter Burke sospira: a dispetto di tutte le sue speranze e previsioni, tuttavia, il cammino da fare era ancora lungo.

La fase critica era superata, certo, ma la ferita di Neal avrebbe potuto sanguinare per sempre, come aveva avuto modo di appurare la sera prima.

Ma, in fondo, forse era meglio non pensare troppo a quanto accaduto la sera prima.

 

-Tutto bene, Caffrey?

 

Neal sobbalza.

Non solo era stato colto in un momento di distrazione, ma era stato colto in un  momento di distrazione da Jones, il che rendeva la cosa ancora più imbarazzante.

Non che Neal disprezzasse il povero Jones, però ecco: avrebbe preferito ritrovarsi faccia a faccia col sorriso furbo di Diana, piuttosto che con quello zelante del povero Junior Agent.

 

-Tutto bene, grazie: mi sono solo ricordato che devo parlare di una cosa a Peter.

 

Con la prontezza di chi è abituato a mentire, Neal tronca la conversazione facendo un cenno di ringraziamento e alzandosi lesto, tanto per dare concretezza alle sue parole.

Che poi è esattamente quello di cui vorrebbe discutere con Peter: stabilire se certe parole ascoltate nel dormiveglia appartengano alla sfera del sogno oppure a quella della realtà..

 

Dormi e basta

 

Come diavolo gli era saltato in mente?

Al termine della serata Neal era letteralmente crollato sul divano, le maniche della camicia arrotolate fino al gomito, la cravatta grigia allentata, il colletto sbottonato che lasciava scoperta la bella gola.

Peter era rimasto a osservarlo per un po’, esattamente come un cacciatore farebbe con una preda appena abbattuta.

La scena, infatti, aveva del surreale: c’erano decisamente più probabilità che accadesse il contrario, ovvero che Neal lo avrebbe visto addormentarsi sbronzo.

Ma forse la sua, più che ubriacatura, era semplice bisogno di sonno.

Anche se non aveva approfondito la questione né con lui né col tizio buffo che si portava sempre dietro, Peter sapeva benissimo quanto Neal avesse sofferto per la morte della sua Kate.

Il viso recava segni inequivocabili: linea delle guance asciugata, occhiaie, piccole rughe che richiudevano il dolore in se stesso.

Peter si domandava quante lacrime avessero trattenuto nel loro solco.

E poi c’erano i momenti di vuoto, i tremori alle mani, gli attacchi di panico.

Anche l’abilità di mentire ha i suoi limiti, e Peter Burke aveva fatto di tutto per rispettarli.

 

-Peter, scusa, a proposito di quel caso, quello della settimana scorsa …

 

Non c’era nessun caso della settimana scorsa, Peter per fortuna aveva colto al volo il suo bisogno di allontanarsi da occhi indiscreti.

Si stava facendo trascinare fuori, in corridoio, verso un angolo privo di telecamere che Neal proprio non aveva potuto fare a meno di notare, la prima volta che aveva messo piede in quegli uffici.

Aveva avuto così la scusa di avvicinarsi a lui quel tanto che gli consentisse di annusarne l’odore e scoprire, sorpreso, che le sensazioni di quello strano sogno erano tutt’altro che inventate.

Ma poteva essere un caso, poteva aver richiamato alla mente un qualsiasi altro dei momenti in cui si erano trovati l’uno accanto all’altro.

La stoffa della giacca di Peter non è liscia come la sua, e il taglio dozzinale dei completi non valorizza a fondo la sua persona e il ruolo che riveste.

Eppure il braccio ha esattamente il diametro di quello che lo ha stretto la sera prima, la stessa durezza, una forza non esagerata ma salda.

E poi c’era quel calore, quella combinazione particolare di pelle nuda e stoffa, resa speciale dall’odore del dopobarba che si imprime sulla pelle in maniera diversa da uomo a uomo.

Anche la voce con cui gli stava parlando era la stessa del sogno, quella condiscendente del padre che sta trattando col figlio scapestrato.

 

-Dove mi stai portando, Neal? Che ti prende, adesso?

 

Peter non aveva affatto bisogno di fare quella domanda, ma certe questioni andavano affrontate per gradi.

Ormai la verità era palese ad entrambi.

La sera prima, quando si era deciso ad alzarsi per recuperare la giacca e lasciare Neal da solo, aveva farfugliato qualcosa nel sonno.

Dapprima solo un lamento indistinto, una reazione palesemente da ubriaco, ma poi il viso si era irrigidito, proprio come in un film dell’orrore.

Peter si era avvicinato cauto, premendo la punta delle dita sulla spalla per scuoterlo.

Ma Neal lo aveva respinto in malo modo, infastidito.

Col viso scostato di lato, la linea della gola appariva ancor più nella sua anatomica precisione.

Peter, imbarazzato, si era ritratto.

Ma Neal gli aveva afferrato il polso, con la stessa identica forza con cui ora lo sta trascinando fuori dall’open space.

Le dita d’artista sapevano dosare la forza con precisione chirurgica, senza esagerare.

 

-Mi hai baciato, ieri sera?

 

Sì, lo aveva baciato.

Una cosa imbarazzante e difficile da spiegare, ma di certo non appartenente ad un sogno.

Neal si era agitato ancora, prima che lui trovasse il coraggio di uscire, e lo aveva fatto una terza volta, quando aveva provato a svegliarlo.

In quel frangente lo aveva ancora allontanato con decisione, a ribadire che quello per Kate era un dolore privato, che nessuno era ammesso nel cerchio ristretto dell’elaborazione del lutto.

 

-Dormi, Neal. Non pensare più a Kate.

 

Sì, Peter aveva usato proprio quelle esatte parole, e lui aveva provato l’istinto di aprire gli occhi e ribattere.

Ma qualcosa l’aveva trattenuto.

La bocca impastata d’alcol era stata capace di produrre solo un mugolio indistinto.

Era per questo che Neal odiava bere troppo: il corpo non rispondeva più con precisione ai comandi, rischiando di pregiudicare la riuscita di qualsiasi colpo.

Sbuffando, stava per provare a dire qualcosa di più articolato, quando avvertì un peso premergli il petto.

 

-Dicono che coi bambini il bacio della buonanotte funzioni.

 

Peter si augura che Neal gli regga il gioco.

In fondo, l’incidente è stato imbarazzante anche per lui, sempre ammesso che incidente sia il termine più adatto per descrivere quanto accaduto.

Anche lui aveva bevuto più del dovuto, e anche lui non era in grado di controllare completamente le proprie reazioni.

Quando gli ha chiesto di smetterla di pensare a Kate, Neal era sembrato arrabbiarsi.

Se si fosse svegliato, probabilmente avrebbero discusso, e discutere avrebbe distrutto mesi di duro lavoro.

No, Neal doveva continuare a dormire.

 

-Dormi e basta.

 

No, quello di Peter non era esattamente l’augurio di un genitore comprensivo, ma un ordine.

E Neal Caffrey era piuttosto insofferente agli ordini.

 

-Sarei un bambino, per te, quindi?

 

Gli occhi brillano di malizia.

Peter adora quell’espressione, accentua l’eleganza felina dei modi di Neal.

 

-Molestare minori è un reato piuttosto grave, Agente Burke.

 

Neal è stupito, anche se la sicurezza con cui scherza sembra dire il contrario.

Un angolo remoto del suo cervello è convinto che Peter si stia prendendo gioco di lui.

Per metterlo alla prova, con la scusa della minaccia avvicina pericolosamente le labbra al suo orecchio, quel tanto che basterebbe per scatenare in chiunque una reazione di fastidio.

Ma Peter non si ritrae, anzi, pare quasi inclinare appena il viso per offrirgli il collo.

 

-Suppongo che a questo punto dovrei dire qualcosa.

 

Peter prova a mantenere la calma, ma non è facile.

Nemmeno trattenere il respiro sembra essere d’aiuto.

 

-Suppongo che a questo punto tu stia morendo dalla voglia di sapere se mi è piaciuto.

 

Neal deve ammettere che Peter ha sangue freddo da vendere.

Anziché farfugliare imbarazzato, continua a fissarlo divertito, come se stessero parlando del gesto compiuto da qualcun altro.

 

-Tu non sei un bambino e quello era solo un bacio della buonanotte. Confessare che ti è piaciuto ti fa perdere punti quanto me. Non c’è nulla di erotico in quello che è successo ieri sera.

 

Peter si sente tirare per il bavero della giacca.

Non ha il tempo di chiedersi il perché che percepisce distintamente la bocca di Neal prendere possesso della sua.

 

-In quello che è successo ieri sera forse no, ma in quello che è appena accaduto direi decisamente di sì.

 

Neal si allontana velocemente.

Lo sguardo di Peter è un caleidoscopio attraverso il quale passano sentimenti molto diversi.

Neal lo sta chiaramente prendendo in giro, quando fa così l’ultima cosa da fare è dargli soddisfazione.

 

-Ora capisci perché Elizabeth mi ha sposato?

-Sì, direi che ho capito un sacco di cose.

 

Con le mani affondate nelle tasche della giacca e l’espressione trionfante del gatto che ha appena mangiato il topo Neal fa qualche passo camminando all’indietro, per poi girarsi sui tacchi e tornare alla scrivania.

La loro guerra si è appena spostata su un nuovo campo di battaglia, un piano che a Peter sembra pura irrealtà.

La sua mente razionale trattiene a fatica il carico di dubbi che quella situazione gli ha rovesciato addosso.

Chissà, magari tutto quello è stato solo un sogno, magari ora si sveglierà con la schiena indolenzita per essersi addormentato sulla scrivania.

Lo consola solo l’idea che se Neal lo ha baciato, allora il peggio deve essere per forza passato.

Tutto andrà secondo i suoi piani, Caffrey lo affiancherà ancora per molto tempo.

Basterà solo evitare di fornirgli materiale con cui ricattarlo, o trovarne altrettanto da ritorcergli contro.

   
 
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