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Autore: VaniaMajor    28/09/2010    13 recensioni
La battaglia al Monte Hakurei ha posto fine alla vita di Naraku, la Sfera si è dissolta e il futuro sembra sorridere a Inuyasha e ai suoi compagni. Solo per Sesshomaru nulla è cambiato, almeno finché una donna dai misteriosi poteri non compare per magia, sconvolgendo di nuovo la vita di tutti.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Nuovo personaggio, Sesshoumaru
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga di 'Cuore di Demone''
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CAPITOLO 1 - FINE E INIZIO

La figura dello yokai si stagliò alla luce della luna, mentre saltava con agilità sorprendente da un ramo all’altro, attraversando la foresta. Era all’inseguimento di qualcosa che emanava un’oscurità ancora più profonda della sua, senza per questo essere un demone puro. Non era il solo. Davanti a lui, a poca distanza, altri correvano nella notte.
Sesshomaru lanciò una gelida occhiata alle figure in lontananza, prese dalla caccia. Naraku, il mezzo demone che trascinava con sé l’odio di molti, era fuggito dal monte Hakurei. Bankotsu, Jakotsu e Renkotsu, i guerrieri resuscitati dalla Sfera degli Shikon, avevano trovato una fine a suo giudizio fin troppo misericordiosa. Inuyasha, quel suo dannato fratello mezzosangue, era riuscito ad uccidere gli Shichinin-Tai, una volta che il bonzo e la cacciatrice avevano neutralizzato il sant’uomo e la sua barriera. Kagura, la creatura generata dal corpo di Naraku, e Kanna, la mocciosa albina, avevano distratto quel gruppetto di idioti capeggiato da suo fratello abbastanza a lungo perché Naraku fuggisse, portando le sue creature con sé. Tutte tranne il bambino, Kohaku, a cui Naraku aveva sottratto il frammento della sfera e che era morto tra le braccia della sorella. La sciocca donna di Inuyasha, la quale lo attendeva fuori dalla barriera, era stata rapita da Naraku e a quel punto l’hanyo deteneva, in un modo o nell’altro, tutti i pezzi della Sfera. 
Ora tutti coloro che avevano motivo di odiarlo lo inseguivano. Se fossero stati veloci, avrebbero potuto finalmente sconfiggere quel maledetto Naraku.
Sesshomaru li seguiva in lontananza, osservando con fredda curiosità la foga degli umani e del fratello. La rabbia dell’hanyo, la sua disperazione, riempivano l’aria. Sesshomaru corrugò la fronte. Non capiva la perdita di controllo dello stupido fratello che il destino beffardo gli aveva assegnato. Che importanza aveva la vita di una mortale di fronte alla vendetta, per cui occorreva sangue freddo e astuzia? Sorvolò sul fatto che la sua stessa vendetta riguardava una piccola umana di nome Rin. Dopotutto, Sesshomaru era irato per l’affronto subito, una questione di principio. Non poteva tollerare lo scherno di un essere inferiore. Aveva lasciato la bambina con Jaken e ora inseguiva il gruppo del fratello, il quale era troppo preso dal pensiero della sua donna in mani nemiche per accorgersi della sua presenza. Anche la sacerdotessa fatta di ossa e terra li seguiva, e il capo dei demoni lupo si era aggregato agli umani.
Che strana accozzaglia…non certo gente a cui lui, il Signore delle Terre dell’Ovest, si sarebbe accompagnato in circostanze normali.
«Non può essere molto lontano!» sentì dire al monaco, che cavalcava un demone gatto assieme alla cacciatrice.
«NARAKU! – ringhiò Inuyasha, riempiendo la foresta della sua ira – Se solo hai osato sfiorare Kagome…TI UCCIDERÒ!»
Sesshomaru corrugò di nuovo le sottili sopracciglia. Perché il fratello provava sentimenti di tale intensità? Era evidente che amava quella ragazzetta umana, che l’aveva scelta come sua compagna. Bah, lo stesso errore del padre… Non riusciva a capire. 
«Non c’è nessuno per cui valga la pena di soffrire così.» sussurrò con voce gelida. Spostò lo sguardo davanti a sé. Il bosco si allargava in una radura. Ora riusciva a vederlo. Naraku si era fermato e li stava aspettando. Il possesso di tutti i frammenti della sfera dava al maledetto la sicurezza di poter chiudere la partita una volta per tutte. Una parvenza di sorriso comparve sul volto del demone, che passò distrattamente una mano sulla morbida coda che fluttuava alle sue spalle.
«Questa notte vedrà la tua morte, Naraku…» mormorò, mentre Inuyasha e i suoi compagni sbucavano nella radura, pronti a dare battaglia. 

 

***


Inuyasha restò per un attimo interdetto trovandosi improvvisamente di fronte l’odiato nemico. Dietro di lui gli altri si fermarono, non aspettandosi che Naraku li attendesse. Inuyasha strinse gli occhi ambrati in due fessure, pieno d’ira e angoscia. Naraku lo accolse con un inchino beffardo, mentre tra le sue dita brillava la luce rosata della Sfera, praticamente integra. Solo il frammento custodito da Kagome mancava. Kanna e Kagura gli stavano attorno, attendendo ordini.
«Naraku…maledetto…» ringhiò Inuyasha, stringendo i pugni, il cuore straziato nel vedere il volto immoto di Kagome tra le braccia di Kagura, sordo alle esclamazioni di sorpresa e di rabbia dei suoi compagni. 
«È ancora viva, se è questo a preoccuparti. – lo avvisò Naraku, ridendo tra sé – Non sciuperò una così dolce reincarnazione di Kikyo. Oltre alla Sfera, avrò anche ciò che quello stupido di Onigumo non riuscì ad ottenere.»
«Non osare toccarla, maledetto!» gridò Koga, il capo dei demoni lupo, anticipando Inuyasha.
«Qualche problema, lupastro?» lo beffeggiò Naraku. Con un gesto secco, diede ordine ai suoi sottoposti di attaccare.
«TESSAIGA!» gridò Inuyasha, sguainando la spada e mirando alla testa di Naraku, il cui volto maligno era teso in un sorriso beffardo. I combattenti si riversarono sul luogo dello scontro e l’ultima, grande battaglia ebbe inizio.
Kikyo vi giunse in contemporanea a Sesshomaru. Vide l’inu–yokai attendere il momento adatto per intervenire, in piedi sulla cima di un albero. Lei non aveva intenzione di aspettare. Guardò in basso. Il combattimento era furioso. Il monaco, le pareva si chiamasse Miroku, stava combattendo contro Kanna, fianco a fianco con la taijiya, ancora sconvolta per la morte del fratello. Kagura aveva attaccato Inuyasha, ma Shippo e Kirara si erano messi in mezzo, impegnandola nello scontro così da consentire all’hanyo di attaccare Naraku. Il miasma del mezzo demone aveva già ammorbato l’aria, costringendo il demone lupo a rallentare gli attacchi. Solo Inuyasha continuava a lottare furiosamente contro Naraku. Niente più fantocci: stavolta l’odiata creatura combatteva di persona, tenendo stretta la Sfera degli Shikon.
Kikyo corrugò la fronte. Inuyasha non combatteva per la Sfera. Combatteva per quella ragazza chiamata Kagome. La realtà l’aveva colpita come uno schiaffo quando, dopo il crollo della barriera, aveva visto l’espressione sconvolta di Inuyasha nel venire a conoscenza che Kagome era stata rapita da Naraku. Lei lo aveva avvicinato, l’aveva esortato alla calma, ma le sue parole non l’avevano nemmeno sfiorato. Kikyo si era resa conto di non poter più pretendere di occupare il posto di un tempo nel cuore di Inuyasha. Non l’aveva in fondo sempre saputo?
Li aveva seguiti per abitudine più che per reale intenzione. Non sapeva cosa fare. Combattere Naraku? Decidere di morire portando ugualmente con sé Inuyasha? Uccidere quella Kagome?
Abbassò di nuovo lo sguardo sulla persona con cui avrebbe diviso la sua vita mortale se le cose fossero andate diversamente. Guardò quindi il volto immoto di Kagome, stesa vicino a Kagura, che in quel momento si teneva discosta dalla battaglia. Erano davvero identiche. Kikyo chiuse gli occhi. Se avesse ucciso Kagome o Inuyasha, non avrebbe fatto altro che farsi del male. Se davvero Kagome era il suo futuro alter ego, allora lei doveva fare in modo che quella reincarnazione potesse avvenire. Era l’unico modo che ancora le rimaneva per vivere con Inuyasha. Avrebbe nuovamente provato dei sentimenti. Perdendo se stessa, avrebbe guadagnato la felicità che aveva desiderato. Annuì e la parvenza di un sorriso le solcò il volto freddo.
«È giusto così.» mormorò. Chiuse nuovamente gli occhi. Dal suo corpo uscì una luce accecante. In un momento, gli spettri di Kikyo si trovarono a reggere niente più che un corpo senza vita.
Alla vista di quella luce, la battaglia si fermò per un attimo. Naraku imprecò, mentre Kagura saltava indietro con un grido di spavento, allontanandosi dal corpo di Kagome, misteriosamente illuminato. 
«Kikyo…» ansimò Inuyasha, comprendendo quello che stava succedendo. La miko stava restituendo a Kagome anche la sua parte di anima. Abbassò il capo. «Grazie, Kikyo…»
L’unica reazione di Sesshomaru fu il lieve inarcarsi di un sopracciglio. Inuyasha era uno stupido. Invece di approfittare della confusione di Naraku, stava a gingillarsi su ciò che accadeva alla sua compagna. Era evidente che Kagura era il punto debole di Naraku. La demone aveva passato quei minuti osservando con odio la schiena dell’hanyo. 
«Forse è ora che faccia qualcosa.» mormorò, spiccando un balzo dalla sua postazione. Vide gli occhi del fratello puntati su di lui, sbalorditi, quando atterrò tra Inuyasha e Naraku.
«Avete deciso di unirvi alla festa, vedo, Sesshomaru-sama.» disse Naraku.
«Sesshomaru?!» esclamò Inuyasha, sorpreso. La battaglia era ferma, tutti osservavano l’entrata in scena dello yokai. Miroku si voltò verso Sango.
«Cosa ci fa qui suo fratello?» chiese, incredulo. Sesshomaru non si mischiava mai con gli affari del fratellastro. La taijiya poté solo scuotere il capo, sorpresa quanto il monaco. Koga, sentendo provenire dallo yokai un odore molto simile a quello di Inuyasha, ringhiò sommessamente. Shippo corse verso Kagome, mentre la ragazza si svegliava.
«Kagome, stai bene?» chiese, gli occhi pieni di lacrime. Kagome si alzò lentamente a sedere, osservando la scena davanti ai suoi occhi. Scosse il capo, frastornata, poi sorrise debolmente di fronte al visetto preoccupato del piccolo yokai. Si sentiva stranita e confusa. Sapeva che l’anima di Kikyo era completamente ritornata dentro il suo corpo, poiché ora possedeva anche le memorie della miko. Non poteva più negare di esserne la reincarnazione…ma era ancora Kagome.
«Kagome!» 
Il richiamo preoccupato di Inuyasha le fece sollevare lo sguardo. I suoi amici stavano combattendo. Gli occhi del mezzo demone erano fissi su di lei con tale sollievo da procurarle un balzo al cuore.
«Sto bene, Inuyasha!» disse, sollevandosi in piedi.
«Kagura!» chiamò Naraku. Si voltò, irritato, quando la demone non rispose al suo appello. Sesshomaru sorrise freddamente.
«Non riesci a farti obbedire nemmeno dai tuoi sottoposti.– lo provocò– Quale pena, Naraku…»
Naraku sorrise a sua volta, per nulla impressionato.
«Moriranno. Non ho più bisogno di loro.» disse. Saltò via, sfuggendo a un fulmineo attacco di Sesshomaru, le cui unghie velenose trovarono il vuoto.
«Lascia stare, Sesshomaru! – ringhiò Inuyasha, lanciandosi contro Naraku – Questa battaglia è mia!»
«Sei lento.» fu la sua unica risposta, lanciandosi assieme al fratellastro e schioccando le lunghe falangi. Naraku allargò le braccia. Un’ondata di miasma proruppe dalla sua persona, sommergendo Inuyasha, che fu rigettato indietro. Sesshomaru saltò via, andando ad atterrare proprio di fronte a Kagura.
«Se vuoi liberarti dalla schiavitù, questo è il momento giusto.» le disse. La demone fece un passo indietro, con una smorfia.
«La mia vita è nelle sue mani.» ringhiò.
«Se la perderai, io potrò ridartela.» mormorò Sesshomaru, accennando alla sua spada, Tenseiga, prima di spiccare un nuovo balzo per lanciarsi contro Naraku. Kagura, sbalordita, rimase immobile.
Kagome si guardò attorno, cercando un’arma da poter usare. Senza il suo arco era inerme. Non sapeva ancora usare a dovere il potere di Kikyo. Koga le si portò di fianco.
«Andiamo, Kagome. – disse, facendo per prenderla in braccio – Ti porto via da qui.»
«No! – esclamò lei, allontanandosi dal demone lupo, che rimase sbalordito dalla sua veemenza – Devo aiutare Inuyasha!»
Kagura era impietrita ad osservare la battaglia, che si faceva sempre più caotica. Cosa doveva fare? Se Naraku avesse vinto l’avrebbe uccisa. Se avesse agito contro di lui, l’avrebbe uccisa ugualmente. Forse affidarsi a quell’inu-yokai che tanto la turbava era l’unica cosa che le restava da fare. Con un sorriso di autocommiserazione, la demone lanciò uno dei suoi attacchi contro Naraku.
«Kagura!» ringhiò lui, sorpreso. Quella stupida…Naraku si fece comparire in mano un cuore pulsante. Con una sola stretta lo ridusse in poltiglia e Kagura cadde a terra, morta, senza un grido. Questo, però, diede tempo a Miroku e Sesshomaru di colpirlo da due diverse angolazioni. Naraku, imprecando, saltò indietro, ma Inuyasha gli si avventò addosso, mancandolo per un soffio.
Inuyasha imprecò. Non poteva usare il Taglio nel Vento con tutta quella gente attorno. Avrebbe potuto uccidere i suoi amici assieme a Naraku.
«Hiraikotsu!» Il grido di Sango fu di poco precedente a quello di Kanna. Il grande boomerang colpì lo specchio della demone, che si infranse. Con esso, Kanna crollò a terra, mentre la sua vita si spegneva. «Questo è per mio fratello, bastardo!» gridò Sango.
Naraku imprecò ancora. Aveva solo una possibilità: ingoiare la Sfera e lasciare che i suoi poteri diventassero completi. Si liberò di Koga con un gesto distratto, sottraendosi agli attacchi, e si lanciò verso Kagome, che stava ancora cercando un’arma.
«KAGOME!» gridò Inuyasha, correndo dietro a Naraku. Lei non mostrò alcuna paura. Allungò le mani verso il suo aggressore. Una potentissima energia investì Naraku, che fu proiettato contro un albero. Tutti si impietrirono, sorpresi. Kagome risplendeva di luce, il suo viso normalmente dolce e sereno era pieno di rabbia.
«Ragazza…come osi…» disse Naraku, con voce rotta. La parte anteriore del suo corpo fumava in maniera preoccupante. 
«La tua malvagità non ha limiti. – disse lei, puntandogli addosso un dito accusatore – Non avrò pace finché non sarai sconfitto, Naraku!» Alzò la mano destra. Tra le sue dita brillava la Sfera dei Quattro Spiriti completa.
«No! – esclamò Naraku, lanciandosi verso di lei – La Sfera è mia!»
«Ora basta, dannato bastardo! Le tue malefatte saranno punite! – ringhiò Inuyasha – Ecco il Taglio nel Vento!» La lama lucente di Tessaiga sferzò l’aria con indicibile potenza. Sesshomaru balzò lontano, memore dell’ultima volta che aveva assistito in prima persona al Taglio nel Vento di Tessaiga. I compagni di Inuyasha si ripararono come poterono dalla potenza del colpo, mentre il grido di Naraku echeggiava nella radura. Quando questo finì, la figura di Inuyasha si stagliò in mezzo alla polvere, con Kagome al suo fianco. Di Naraku, già indebolito dalla purificazione di Kagome, era rimasta solo una testa sogghignante.
«Non potete…sconfiggermi…» disse, prima che il piede di Miroku la schiacciasse. In pochi istanti, non rimasero altro che polvere e silenzio.
«È…» mormorò Sango.
«È finita.» disse Inuyasha, riponendo Tessaiga nel fodero con espressione decisa. Miroku svolse il rosario che gli sigillava la mano. Cadde in ginocchio, abbassando il capo.
«Miroku!» gridò Shippo all’amico, preoccupato.
«Miroku, cosa…» cominciò Sango, avvicinandosi. Il monaco rivolse la mano verso gli amici, che fecero un passo indietro per riflesso. Non accadde nulla. Il palmo della mano di Miroku era integro e liscio.
«È finita davvero.» mormorò Miroku, mentre una lacrima gli rigava il volto. Sango e Shippo lo abbracciarono, felici, mentre tutti convergevano su di lui. Koga sbuffò, seccato da quei sentimentalismi. Sesshomaru lanciò un’occhiata al luogo in cui, fino a un istante prima, giaceva il corpo di Kagura. La demone si era trasformata in polvere assieme a Naraku. Lui non avrebbe potuto tenere fede alla promessa: non c’era corpo da far resuscitare. Voltò le spalle al gruppetto e fece per andarsene, quando sentì qualcosa che attirò nuovamente la sua attenzione.
«Tieni, Inuyasha. Ora potrai diventare un vero yokai.»
Si voltò. La ragazza, Kagome, stava tendendo la Sfera degli Shikon al fratello, che la guardava, sbalordito. Tutti tenevano il fiato sospeso. Sesshomaru alzò lievemente un sopracciglio. Quindi era questo il desiderio del fratello! Poteva capirlo.
«No, Kagome.» rispose Inuyasha, sorprendendoli tutti. Inuyasha prese delicatamente la Sfera e la sollevò alla luce. «Questa Sfera ha prodotto solo del male e io non voglio incrementare questa giostra senza fine.»
«Inuyasha…»
L’hanyo si chinò su di lei, sussurrandole parole che l’orecchio fino di Sesshomaru carpì. 
«Il mio solo desiderio, ora come ora, è restare assieme a te per sempre. Ti amo, Kagome.»
Kagome si lanciò tra le braccia di Inuyasha, piangendo e ridendo, mentre i loro amici sorridevano. Sesshomaru scrollò il capo,  sbuffando e voltando loro le spalle.
«Anch’io ti amo, Inuyasha. – mormorò Kagome – Il tuo desiderio è anche il mio.»
Che coppia di idioti.” pensò Sesshomaru, preparandosi a lasciare quel gruppo di stolti, mentre Koga sbraitava che l’avrebbe fatta pagare all’hanyo. Fu in quel momento che la Sfera si illuminò. Tra lo sbalordimento dei presenti, la sua luce rosata avvolse Kagome e Inuyasha. Quando questa svanì, portando con sé la Sfera, alcuni cambiamenti si erano verificati. Kagome pareva sempre la stessa, ma Inuyasha emanava un’aura di potere che non aveva mai avuto.
«Ma…cosa…» esclamò l’hanyo, gli occhi fissi sul palmo della sua mano, dove fino ad un momento prima c’era la Sfera degli Shikon.
«Pare che quella Sfera esaudisca davvero i desideri.» disse Sesshomaru, attirando l’attenzione su di sé.
«Cosa vuoi dire?» chiese Inuyasha, sulla difensiva. Sesshomaru fece un sorriso di scherno.
«Se non te ne sei accorto sei ancora più stupido di quel che credessi. – disse – Il tuo sangue è puro, ora. E l’odore della tua donna è cambiato.»
A Inuyasha bastò un attimo di concentrazione per comprendere le parole del fratello. Era diventato uno yokai. E Kagome…Kagome non era più una mortale?! La Sfera aveva fatto ciò che poteva per realizzare il loro desiderio di vivere per sempre insieme, e quindi era svanita, purificandosi. Inuyasha abbracciò Kagome, affondando il viso nei suoi capelli.
«Inuyasha, cos’è successo?» chiese lei, perplessa.
«Ora…ora ti spiego.» mormorò lui, la voce rotta dall’intensa felicità che provava.
Sesshomaru balzò via, lasciando quella scena melensa e stomachevole, immergendosi nella notte per tornare a prendere Rin e quel piccolo rospo di Jaken. Non lanciò più un’occhiata al luogo dello scontro, mentre si allontanava. Le emozioni del fratello l’avevano riempito di disagio, che presto avrebbe sfogato su qualche creatura incauta.
«Non c’è nessuno per cui valga la pena provare tutto questo.» disse ancora.

 

***


UNA SETTIMANA PRIMA
Kaede sospirò gravemente, scendendo di sella con movimenti rigidi dovuti alla lunga permanenza in sella, ma, soprattutto, all’età ormai avanzata. 
«State bene, Kaede-sama?» chiese uno degli uomini della sua scorta, accorrendo per aiutarla.
«Sì, sì…» rispose la sacerdotessa, burbera. Si guardò attorno. Erano appena giunti in un piccolo villaggio, costruito tra la foresta e un lago di modeste dimensioni. Kaede corrugò la fronte già rugosa. 
Era passato del tempo, ormai, da quando si era messa in viaggio. Era stata sua intenzione aspettare il ritorno di Inuyasha e degli altri al villaggio, ma un incubo ricorrente l’aveva spinta a partire alla loro ricerca, ricostruendo i loro movimenti tramite le deboli tracce che avevano lasciato. Kaede sospirò. Secondo i suoi sogni, presto sua sorella Kikyo sarebbe morta e la Sfera sarebbe stata completata. Quello che spaventava la sacerdotessa era il modo in cui questo sarebbe avvenuto. Se Inuyasha avesse espresso il desiderio di diventare un vero yokai, o se Kikyo non avesse rinunciato alla vita…sarebbe finita nel sangue. Spesso, i suoi incubi le mostravano un monte attorniato da una sacra barriera. Venuta a sapere che questo monte esisteva, vi si stava dirigendo, non fosse stato altro che per fugare i suoi timori.
«Coraggio, andiamo a chiedere informazioni.» disse alla sua scorta. Entrarono nel villaggio portando i cavalli alla cavezza. Kaede si rese subito conto che qualcosa non andava, laggiù. Le occhiate sospettose che venivano loro lanciate non erano giustificate da alcunché. Un vecchio le venne incontro.
«Buona giornata, miko-sama. – la salutò rispettosamente – Io sono il capo villaggio. Posso fare qualcosa per voi?»
«Mi auguro di sì.» rispose Kaede. Il vecchio la accompagnò alla sua casa, dove la sacerdotessa chiese informazioni sul gruppo di Inuyasha.
«Un mezzo demone con tre umani, un kitsune e un neko-yokai? – chiese l’uomo, perplesso – No, non sono passati da qui.»
«Grazie comunque. – sospirò Kaede – Potreste dirmi allora quanto è ancora lontano il Monte Hakurei?»
«Circa quattro giorni di viaggio verso nord-ovest, miko-sama. – disse il capo villaggio – Ma state attenta, pare che ultimamente laggiù accadano cose strane.»
«Lo so. – rispose Kaede, sospirando e alzandosi con un certo sforzo – Lo so bene.»
In quel momento, una testa fece capolino dalla stuoia in entrata. Il capo villaggio si alzò a sua volta.
«Cosa vuoi, Haneko?» chiese il vecchio.
«Potrei parlarvi, miko-sama?» chiese la donna, rivolgendosi a Kaede. La vecchia sacerdotessa annuì, seguendola all’esterno. Ella abbassò gli occhi, torturando una manica del suo yukata.
«Voi vi intendete di fenomeni strani, non è vero, miko-sama?» chiese quella. 
«Abbastanza.» disse Kaede, perplessa. Se non ne sapeva lei, coinvolta in quella battaglia contro Naraku…
«Potrei farvi conoscere una persona?» chiese la donna. Kaede annuì. A quel punto era diventata curiosa. Perdere ancora qualche minuto non avrebbe cambiato nulla. La donna, che le pareva si chiamasse Haneko, la condusse verso il fondo del villaggio. Arrivata in prossimità dei campi, indicò davanti a sé col dito. 
«Ecco. – sussurrò, come se temesse di essere sentita – La vedete?»
Kaede, in un primo tempo, non vide nulla di strano. Alcune donne stavano curando i campi, strappando le erbacce. Una di loro stava prendendo l’acqua dal pozzo, un’altra…Lo sguardo le ritornò sulla ragazza al pozzo. 
«Una straniera?» mormorò. La giovane, non doveva avere più di vent’anni, non somigliava affatto a tutte coloro che le stavano attorno. La sua pelle era molto pallida, un po’ come quella di Kagome e Kikyo, magra ma in salute. I capelli di un bel castano dorato le scendevano sulla schiena in morbide onde, trattenuti da un nastro sulle spalle. Kaede si voltò verso la donna.
«Avete qui una straniera? Sarebbe questo lo strano fenomeno?» chiese, perdendo interesse.
«Quella straniera…non sappiamo come sia arrivata qui. – sibilò la donna, lanciando un’occhiata astiosa alla ragazza – L’abbiamo trovata nel bosco. Era confusa e aveva addosso abiti dalla strana foggia. Non sapeva dove si trovasse. Parla la nostra lingua con uno strano accento. In più, non è rispettosa e ha qualcosa negli occhi…sembra quasi un demone!»
«Le parlerò.» disse Kaede. La sua curiosità era notevolmente aumentata.
Qualche minuto dopo, Kaede era in attesa che la ragazza arrivasse all’interno della casa del capo villaggio, che le aveva gentilmente concesso di utilizzarla per il colloquio. In quel momento, la stuoia venne sollevata e la strana ragazza entrò.
«Buona giornata, miko-sama.» salutò. Kaede annuì, facendole cenno di sedersi. Guardandola più da vicino, Kaede ammise che la ragazza aveva un che di ferino, ma sembrava più dolce di quello che Haneko le aveva fatto intendere. Gli occhi di lei, di un blu molto chiaro, la impressionarono. Sentiva che tutte le sue energie spirituali venivano attirate dalla ragazza. Aveva degli strani poteri latenti, ma era ben lontana dall’essere un demone.
«Qual è il tuo nome, ragazza?» chiese Kaede.
«Anna, miko-sama.» rispose lei. Kaede annuì. Anche il nome poteva essere straniero.
«Mi hanno detto che sei arrivata in questo villaggio in strane circostanze, ragazza.» continuò Kaede. Anna annuì. Quella giovane aveva fegato, la guardava dritta negli occhi senza alcun timore. «Non hai modo di tornare a casa?» chiese. Lei fece un sorriso di derisione, più per se stessa che verso la miko.
«Non credo, miko-sama. Il mio viaggio non è stato attraverso lo spazio, ma attraverso il tempo.» rispose. Kaede sbalordì.
«Conosco… – iniziò – conosco una ragazza che come te viene da epoche lontane. Ella può tornare a casa tramite un pozzo. Se anche tu vieni dalla sua epoca…»
«Quale ragazza? Un pozzo?!» chiese la ragazza, puntando i suoi occhi indagatori sulla sacerdotessa. 
«Il suo nome è Kagome. – rispose Kaede – Ella viene da..»
«Un momento. – la fermò Anna, impallidendo – Il vostro nome…non sarà Kaede?»
«Sì.» rispose lei, perplessa. 
«E la ragazza di cui state parlando si chiama Kagome Higurashi? Viaggia con un hanyo di nome Inuyasha?» insistette lei. Kaede annuì, sempre più stupita. La ragazza sembrò accasciarsi su se stessa. Si passò una mano sul volto, sospirando.
«Di bene in meglio.» quasi ringhiò, per poi esclamare qualcosa in una lingua che la miko non capì. 
«Qual è il problema? Come mai conosci Kagome?» chiese Kaede. La ragazza spostò nuovamente lo sguardo su di lei, occhi spenti rispetto a un minuto prima.
«Vedete, Kaede-sama, io vengo dalla stessa epoca di Kagome…» iniziò Anna.
«Allora non c’è problema!» esclamò Kaede, ma la ragazza alzò una mano per zittirla.
«Vengo dalla stessa epoca, ma non dallo stesso mondo, a quanto pare.» finì Anna. Sorrise all’occhiata confusa della miko. «Nel mondo da cui provengo, la vostra storia non è che questo: una favola. Kagome, voi, Inuyasha e gli altri siete personaggi nati dalla fantasia di una donna giapponese, di cui ho letto gli scritti.» 
Kaede mandò un’esclamazione. 
«Avevo capito di essere stata catapultata nella Sengoku Jidai e già questo era incredibile di per sé, ma trovarmi nella Sengoku Jidai di Inuyasha e Kagome è fuori da ogni comprensione. – sospirò Anna, corrugando le sopracciglia – Non potrò tornare a casa.»
I suoi occhi si scurirono. Kaede provò pena per quella giovane che, come Kagome, si era ritrovata in un mondo che non era il suo. Mentre Kagome, però, aveva trovato un modo per tornare a casa di quando in quando e uno scopo e amici in quest’epoca, pareva che Anna fosse detestata nel villaggio e non potesse che rassegnarsi a restare dove si trovava per il resto della sua vita.
«Un mondo parallelo… – mormorò Kaede, riflettendo – Raccontami come sei giunta fin qui.»
«Ero in viaggio. Stavo sorvolando il Giappone, ero qui per motivi di studio. – disse la giovane, la cui voce era scesa a un mormorio basso e freddo – D’un tratto, ho avuto una strana visione e ho sentito una forte energia colpirmi. Ho chiuso gli occhi e quando li ho riaperti ero nella foresta, accanto a questo villaggio.»
«Cos’hai visto?» chiese Kaede.
«Un palazzo. Un palazzo enorme e meraviglioso. – mormorò Anna, riflettendo – C’era qualcuno in piedi davanti alla porta di quel palazzo, ma non riuscivo a vederlo. Riuscivo solo a sentire…la sua tristezza e la sua solitudine.» 
«E poi ti sei ritrovata qui.» disse Kaede. Anna annuì. «È come se qualcuno ti avesse attirata a sé attraverso il tempo e le dimensioni, visto che provieni da un mondo parallelo a questo. Sarebbe interessante scoprire chi ha fatto questo.»
«Così forse potrei lasciare questo maledetto villaggio e la sua gente superstiziosa.» fu l’acido commento di Anna. Sospirò. «Perdonatemi, Kaede-sama, ho un umore irritabile. Piuttosto, com’è finita la ricerca della Sfera degli Shikon?»
«Non è finita, non ancora. È per questo che sono in viaggio.» rispose Kaede.
Anna annuì, mentre si alzava in piedi, seguendo l’esempio della miko.
«Spero che vada tutto per il meglio, Kaede-sama.» disse. La miko la guardò per un attimo mentre la giovane si inchinava rispettosamente per salutarla. «Non pensate più a me, avete fin troppe gatte da pelare. In qualche modo me la caverò. Non potreste fare nulla comunque.» furono le sue ultime parole, prima che uscisse per tornare ai suoi compiti.
Kaede partì dopo poco, lasciandosi il villaggio alle spalle, e per tutta la giornata gli occhi tristi e freddi di quella ragazza le tornarono alla mente.
Devo fare qualcosa per lei. – decise infine – Quando tornerò, le farò conoscere Kagome e gli altri. La porteremo con noi. Se non potrà tornare a casa, almeno renderemo la sua vita qui meno triste.” Con questa decisione, Kaede e la sua scorta si diressero verso il Monte Hakurei.

 

***


OTTO GIORNI DOPO
«Anna! Anna, brutta lavativa! Dove sei?»
«Ma stai zitta, cornacchia!» sibilò Anna, facendosi ancora più piccola dietro la botte dell’acqua a fianco alla casa. Haneko la stava cercando, sicuramente per affibbiarle un lavoro nei campi.
«Quella straniera! – sbraitava Haneko – Io la ospito, la sfamo, e lei non alza un dito!»
«Se dieci ore al giorno sotto la tua frusta le chiami poche…» mormorò Anna con astio, scivolando silenziosamente oltre la casa e inoltrandosi, non vista, nella foresta. La sua corsa rallentò fino a diventare un passo lento ma deciso. Per quel giorno, ne aveva abbastanza di quella negriera e delle battute allusive delle altre donne del villaggio. Aveva bisogno di stare sola. Sospirò, accarezzando i bassi cespugli e alzando gli occhi al cielo. L’imbrunire era vicino. Anna inciampò, imprecando tra i denti in una lingua che nessuno avrebbe capito. Quel maledetto vestiario, non c’era ancora abituata…
Sapeva bene quanto fosse pericoloso aggirarsi per la foresta da sola, soprattutto dal tramonto in avanti, ma la natura le restituiva una parvenza di sanità mentale. Aveva ascoltato con un orecchio solo gli avvertimenti riguardo i demoni che abitavano la foresta, ma d’ora in avanti non avrebbe più potuto ignorarli. Che storia pazzesca, era finita nel mondo di Inuyasha! Ne avrebbe ricavato una fiction eccezionale, se solo fosse stata ancora a casa sua. Si asciugò con rabbia gli occhi, che minacciavano lacrime. Se avesse pianto, se si fosse lasciata andare, non sarebbe più stata in grado di sopportare nulla.
Un suono sottile bloccò i suoi passi. Anna aguzzò le orecchie, pronta a scattare in una corsa folle verso il villaggio al primo segno di pericolo. Eppure quel suono non era minaccioso. Sembrava…sembrava…
«Un pianto?» chiese, senza nemmeno accorgersi di parlare ad alta voce. Erano proprio lamenti di bimbo. Anna pensò che uno dei bambini del villaggio si fosse perso nel bosco. Si diresse verso il suono, che si faceva sempre più straziante. D’un tratto, sbucò in una radura. Al centro di essa, seduta con la testa affondata tra le ginocchia, stava una bambina che singhiozzava disperatamente.
«Piccola…» mormorò Anna. La bimba alzò la testa, con un singulto spaventato. Doveva avere tra i sette e gli otto anni. Aveva occhi e capelli scuri, tagliati sulle spalle, una codina spiritosa su un lato della testa. I suoi occhi erano pieni di lacrime trattenute a stento, nonostante la ragazzina stesse cercando di recuperare la compostezza. Anna sorrise dolcemente. «Piccola, perché piangi?» chiese, con voce rassicurante. La bimba si passò entrambe le mani sugli occhi.
«Chi sei?» le chiese, con una vocina ancora spezzata.
«Io sono Anna.» rispose lei, avvicinandosi e accucciandosi vicino a lei. Quella bambina aveva occhi meravigliosamente puri. «Vuoi dirmi perché piangi?» chiese ancora. La bimba sospirò.
«Rin si è persa.» disse.
«Rin… – ripeté Anna, perplessa – Rin è il tuo nome?» La bambina annuì. Anna sorrise. La maniera di esprimersi di quella bambina era molto simpatica.
«Da quanto tempo ti aggiri per la foresta da sola, Rin?» le chiese.
«Da ieri, il sole era alto. Rin cercava fiori.» rispose la bimba. Sembrava riprendersi di minuto in minuto. La presenza di una persona amica la confortava. 
«Già più di ventiquattro ore, quindi. – mormorò Anna – Eri con i tuoi genitori?»
«No. I genitori di Rin sono morti.» rispose Rin, guardando al cielo per far asciugare gli occhi gonfi.
«Oh, mi spiace, Rin.» disse Anna. La piccola fece un sorriso smagliante.
«Ma Rin non è sola! – si fermò, tornando seria – Beh, non era sola…»
«Vuoi che cerchiamo insieme, piccola Rin?» chiese Anna. 
«Davvero? Aiuti Rin a ritrovare la strada, nee-chan?» esclamò Rin, saltando in piedi dalla gioia. Anna rise. Sorella?!
«Ma certo, Rin!» rispose. Quella bimba era proprio adorabile. 
«E…se non li troviamo?» chiese Rin. Di colpo, le sue piccole labbra tremarono e gli occhi si fecero di nuovo lucidi. Anna si sentì sommergere dalla tenerezza. Obbedendo al proprio istinto, attrasse a sé la bimba, accogliendola tra le braccia.
«Non piangere, Rin-chan. – mormorò, sistemandole la frangia e posandole un bacio sulla fronte – Sono certa che li troveremo. Se stasera faremo troppo tardi, dormirai con me al villaggio e domattina riprenderemo a cercare.»
Rin guardò negli occhi Anna, che sorrise.
«Rin non darà fastidio?» chiese la bambina.
«Se lavorerò anche per te, nessuno avrà da ridire.» rispose Anna, con una nota di spirito battagliero nella voce. Rin rimase seria.
«Tu sei buona con Rin, nee-chan.» mormorò. Anna la guardò, sorpresa, quindi la bimba saltò via dalle sue braccia. Anna sospirò e si alzò in piedi.
«Coraggio, in cammino! – disse, mostrando più entusiasmo e fiducia di quelli che provava – Chi dobbiamo cercare?»
«Oh, loro si chiamano…» iniziò Rin.
«Rin, ti ho cercata dappertutto.»
Una voce gelida alle spalle di Anna bloccò la ragazza sul posto. Rin, al contrario, lanciò un gridolino di gioia e la superò, correndo verso il nuovo arrivato. Anna si girò con cautela, avvertendo un pericolo dietro di sé. Alle sue spalle, con una piccola Rin saltellante di gioia appesa a una gamba, stava un uomo alto, vestito con eleganza. I suoi gelidi occhi d’ambra erano posati su di lei, i capelli lunghi e fini, di un bianco argentato, svolazzavano alla brezza serale. Una sorta di coda morbida gli poggiava su una spalla e due spade erano legate al suo fianco.
Avrei dovuto saperlo…” fu il pensiero di Anna, prima che le parole della piccola Rin fugassero tutti i suoi dubbi. 
«Guarda, nee-chan! Sesshomaru-sama ha trovato Rin!»

   
 
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