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Autore: Love_in_idleness    02/11/2005    2 recensioni
“Il mio è un viaggio introspettivo, e come ogni ricerca, va affrontato in due, perché solo con chi mi fa riflettere posso indovinare il vero valore delle cose. Ed è inutile che tu mi plagi, io non appartengo a tutto questo mondo.” “Perché?” “Perché nessuno mi ha voluto, a parte te. Quando ho provato a mostrare Loro la mia visione distorta mi hanno fatto capire che la lente d’ingrandimento che usavo era finta e fatta di superbia, non della sensibilità superiore verso l’estetica delle cose." Ho messo 'incompiuta' tra gli avvertimenti perché la storia ha già un senso, ma potrei continuare all'infinito.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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II

Questo secondo capitolo è stato del tutto imprevisto (infatti avevo messo come avvertenza one-shot) ^_^ furba, Marto, furba… forse noterete una certa discontinuità, anche perché io qui ci vedo l’antefatto. È stato scritto mesi dopo.

 

II.

[Full circle]

 

“Il sentire il dolore cosmico deve necessariamente ricondurre al punto di partenza.” Fu la constatazione amara dell’irreprensibile Viaggiatore nella Notte. “Solo in una dimensione onirica si può immaginare il treno su cui viaggia la coscienza, la mia coscienza inquieta.

Sono stanco di viaggiare.”

Gli sembrava, questo pensiero allucinato dai mille possibili risvolti, una tragica evidenza fallimentare, come una parabola che s’innalza nell’ascesa gloriosa del mattino e che poi, raggiunto lo Zenit, decade con un ultimo spasimo di grazia, soffocata dal buio incombente.

Era proprio notte, in quell’attimo cristallizzato di delirio. E non a caso veniva sempre di notte il momento della partenza inaspettata.

- Il cerchio si conchiude, - Ripeté per se stesso – e mi lascia prigioniero al suo interno, in un labirinto senza via d’uscita. -

Anche il treno, prima o poi, avrebbe preso a viaggiare in cerchio, muovendosi in spirali concentriche senza mai raggiungere una fine, come avviene per ogni segmento, ma proseguendo all’infinito, perché all’infinito, per infinite volte, sarebbe stato ricondotto al punto di partenza.

Il ragazzo sdraiato sul sedile in fronte a lui si svegliò, leggermente stordito dall’ora tarda. Si alzò, socchiuse lievemente il finestrino facendo penetrare una sottile lama di aria gelida dal frammento di cielo penetrante attraverso il vetro. Si accese una sigaretta e cominciò a fumare respirando il fumo con una certa voluttà.

Al solitario Viaggiatore nella Notte faceva seriamente difficoltà la presenza di un estraneo interposto tra sé e l’esplorazione del estremo mondo sensistico di distorsioni percettive che lo animava durante quella particolare notte insonne. I suoi pensieri vennero bruscamente interrotti dal curioso studio dell’altro, dall’analisi della sua gestualità e della mimica, delle piccole espressioni del volto che sembravano celare un universo nascosto.

Si considerava un ottimo osservatore, perché presupponeva che il punto di partenza fondamentale in ogni ricerca fosse il senso e la percezione. La prima regola per concentrarsi era osservare in silenzio. Allora fissava l’altro, muto.

Fuori dal finestrino poteva catturare scorci e schegge saettanti di Oltremondi crudeli ed alternative dimensioni metafisiche. Ben serrato in se stesso, meditabondo, in mente solo il suono di campane a distesa che festeggiano il lutto, gli pareva che il treno deragliasse in una realtà intangibile, sprofondando in un baratro di luce ed affondando in una sofficezza effimera dove anche le stelle come le vediamo noi sarebbero risultate solo macchioline scure e sfocate.

L’altro cercava l’accendino. Frugava in borsa provando a non emettere il minimo rumore, ma il tintinnio di chiavi e il fruscio lo ricondussero indietro nel suo corpo.

Una sensazione spiacevole, lo sapeva bene, non va mai sottovalutata, e quel ragazzo tutto indaffarato col suo accendino riusciva ad emanare una strana, abbacinante lucentezza che non si sapeva ricondurre altrimenti dallo scomparto deserto, buio, freddo.

Gli allungò il suo accendino solo per non dover più sentire quei rumorini atrocemente amplificati nel suo cervello, lo mandavano fuori di senno.

L’altro ringraziò, s’accese la seconda sigaretta e gliene offerse una. Lui declinò gentilmente.

“Eppure non capisco,” Cercò di scusarsi agitando la mano con la sigaretta che formava un filo intricato di fumo nell’aria adamantina. “era qui un attimo fa, e ora non lo trovo. Che rabbia.

Quando ti serve una cosa non la trovi mai. Non succede anche a te?”

“Sì.” Il tono si intristì particolarmente, facendosi elegiaco, nostalgico. Catastrofico.

“Hai perso qualcosa di importante?”

Si voltò lentamente: “Ho perso molto tempo e molte persone. Forse il treno di stanotte mi porterà in un luogo in cui valga la pena costruire qualche cosa dalle ceneri.”

“Oh!” Tirò una boccata. “Suchende! La tua non è certo una cerca occasionale come per il mio accendino. To’, eccolo…”

“Certo.”

“Ma – hai guardato bene?”

“Ora guardo bene te e la tua ingenuità. Mi impegno davvero, cosa credi! Trovo solo me stesso, torno al punto di partenza. Gli uomini sono affetti da moto perpetuo come certi meccanismi di certi orologi. Il mio, però, è un moto perpetuo circolare. Una maledizione.”

“Capisco. Ma forse è normale.”

“Cosa? Tornare immancabilmente al punto di partenza?”

“No, che tu conosca solo te stesso. Succede. Vuol dire che sei un pensatore formidabile. Noli foras ire! Quante sciagure uno s’arreca per nulla: la disgrazia è una forma mentale. Credo.”

“Con gli estranei è facile parlare anche delle faccende più intime. Ti rivelerò un segreto: vorrei solo qualcuno che mi possa aiutare a sostenere tutte le mie distorsioni percettive, il mio movimento circolare ed il mio spleen. Allora dovunque andrebbe bene. Ma da solo è davvero complesso.”

“Hai guardato bene? Sei sicuro?”

“Me l’ha già chiesto.” Si appoggiò meglio allo schienale del sedile polveroso.

“Te lo dico perché il mondo pullula di gente che si sente sola. Mi sembra strano – A meno che tu non abbia smesso di cercare.”

Annuì.

“Beh, complimenti. Ci credo che sei ancora al punto di partenza!” Rise.

Quella risata lo irritò profondamente: “Mi stai prendendo in giro?” Sibilò tra i denti.

“In cerchio. Sì.

Non essere arrabbiato. Non le vedi le stelle che ci brillano incastonate nel petto? Ti dico queste cose perché le sento anch’io.

C’è un arco delizioso che si stende davanti ai tuoi occhi, un ponte di cristallo e di diamante e pietre lunari. Conduce esattamente dall’altra parte del fiume: a te, che stai di qua, sembra tutto scintillante, ma in realtà è la stessa terra, la stessa medesima occasione, la stessa virtù, la stessa possibilità. Solo che sei rincuorato.”

La campagna sferragliante dietro a quel vetro di muta accettazione continuava a scorrere davanti ai suoi occhi colpita da mille riflessi grotteschi. Le stelle ancora non danzavano, la loro non era una pioggia leggera e delicata di buoni sentimenti.

Eppure il treno continuava a procedere dritto, lineare come il suo tempo, continuava a marciare verso, a tendere, mai a tornare indietro, al punto di partenza.

La sua sensibilità verso il dolore cosmico si acuiva, rendendosi paradossalmente meno fastidiosa.

Sorrise quando il ragazzo gli restituì l’accendino, chiedendogli: “Ma tu dove stai andando?”

“Non so.” Scrollò le spalle.

“Ah.”

“Sì, sono uno Zigeuner. Mi fermo un po’ qui, un po’ lì, ed alla fine, sempre nel cuore della notte, mi desto come da un sogno che m’abbia stordito i sensi: vedo l’errore macroscopico, la disarmonia, il punto di rottura. La mia presenza.”

“E te ne vai senza sapere dove?”

“Sì. Prendo il primo treno e viaggio till the end, fino al capolinea.”

“Nemmeno io so dove sto andando, quindi magari –“

Il treno si arrestò a quel punto, quando già albeggiava e un nastro di sole incandescente e caldo si snodava con grazia oltre le colline dolci, come a voler investire tutte le cose nella luce.

 

 

 

--- Ho chiuso con ‘luce’, che bello! Di solito finisco con immagini brutte… Over the hill and far away ^_^

Ho scritto questo secondo capitolo in vacanza, in un periodo in cui ero fuori dal mondo. L’ispirazione mi è venuta osservando la copertina di Octavarium, ci sono quattro palle che girano… il pendolo di Focol-o-come-cavolo-si-chiama. Ecco la mia teoria del moto perpetuo… sempre grazie ad Octavarium poi, ora sono fissata coi cerchi e col tornare al punto di partenza. Un’altra fonte di ispirazione è stata l’introduzione di Siddharta col Suchende che significa letteralmente ‘colui che cerca’.

Volevo postare il chap prima del ponte di Ognissanti ma mi sono scordata. Sono una disgrazia.

Commentate ^_^ ---

   
 
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