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Autore: ArcadiaLaNotte    08/10/2010    6 recensioni
Tu, tu.
Tu, intoccato dal male.
Dovevo farlo.
Dovevo, mi capisci Aiolos?
Classico. I pensieri di Saga su Aiolos e Kanon. E su sè stesso.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Gemini Saga
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I pensieri di Saga sull'antefatto della sua ascesa al ruolo di Grande Sacerdote.
Il personaggio ed il suo rapporto con Aiolos e Kanon mi affascinano molto.
Fic scritta di getto con la musica nelle orecchie.
Non particolarmente coerente.

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Tu, tu.
Tu, intoccato dal male.
Dovevo farlo.
Dovevo, mi capisci Aiolos?
Dovevo farlo.
Corrotto dal male una volta, lo rimarrò per sempre.
Ho ucciso mio fratello, Aiolos!
Ho dovuto farlo, io ho dovuto.
Ho dovuto sradicare il veleno che mi irrigava la mente, che ammorbava il mio cuore.
Ogni giorno, ogni notte, ogni istante, egli spingeva in me sempre più a fondo il suo vortice nero.
Sventurato, sciagurato fui a permettergli questo, troppo amore provavo per quel gemello perverso, troppa la mia paura di essere solo, di rimanere solo a confrontarmi con me stesso, di mostrarmi per ciò che ero e sono -un mostro- e di rimettermi al giudizio impietoso di chi avevo intorno.
Mi avvidi di quel vortice troppo tardi, ed ero io, capisci, ero io il debole tra i due.
Io il succube delle sue parole che come aghi lunghi ed affilati mi trafiggevano, Aiolos, mi dispiace, perdonami, perdonami.
Che cosa ho fatto.
Dei, che cosa ho fatto.
Cosa ho fatto?
Tu, Aiolos, tu, refolo di vento nella mia vita degradata, marcia ed immonda, crepata e tumida nelle sue fragili fondamenta.
Tutti -dei, le lacrime, queste lacrime che mi sono negate di giorno, giusta punizione per un essere abietto quale io sono- tutti mi credevano un dio.
I sorrisi sui volti degli abitanti del villaggio sferzavano la mia anima meschina come scudisciate. Se avessero saputo.
Se solo avessero saputo verso che orrore umano si stavano rivolgendo.
Si, si, fino da allora, prima che cercassi l'estrema fuga al male che mi affliggeva sotto la forma di mio fratello, fin da allora sapevo, ero consapevole del nido di vipere che era il mio cuore.
Aiolos, lo sai? sai che quando il mio sonno non è drogato ti vedo? e vedo Kanon.
Ed allora il dubbio mi assale.
Era davvero Kanon a parlare?
Non ero magari io, nella mia follia, a vederlo muovere labbra chiuse, a pronunciare parole che risuonavano solo nel mio cervello?
Forse fui io stesso ad instillare il demonio nel mio spirito, e Kanon era dunque innocente.
Oh, Aiolos. Non riesco più a fidarmi della mia mente malata.
E tu. Tu, Aiolos, sorridente, splendente, comprensivo e dolcissimo amico mio.
Tu sapevi. Sapevi che qualcosa affossava il mio cuore, sentivo il tuo sguardo seguirmi pensoso dentro la terza casa.
La mia presenza ti intrideva leggermente di malinconia. Percepivi la pesantezza del mio essere, la mia essenza velata.
E ricordo un giorno, in cui dopo l'allenamento ci fermammo sulle sponde di un laghetto a riposare. Ricordo i nostri riflessi, di come mi stupii nel notare che i miei occhi erano opachi, che tutta la mia figura sembrava grigia e cilestrina, livida, nebbiosa accanto a te. E tu eri una macchia vivida di colore, i capelli castano intenso, la pelle ambrata, gli occhi profondi.
Incontrarti sulle scale del Tempio era per me croce e delizia proibita.
Si, anche il piacere che provavo nel vederti era una colpa.
Non avevo il diritto di gioire.
Non con l'anima così gravida di peccato.
Eppure lo facevo, ed il rimorso mi colpiva immediatamente dopo, ti guardavo e provavo una felicità immacolata nel trovarmi accanto ad un essere così puro, così realmente puro, a differenza di me! Ti invidiavo. Perchè pur avendo superato entrambi le terribili prove per diventare Gold Saints, il tuo spirito era forte e giusto. Non avevi dovuto sopportare ciò che invece avevo subito io. La tortura della goccia, rappresentata dalle parole di Kanon e dal mio stesso perfido essere, che cullavo nell'inconscio.
Ti amavo e me ne pentivo, sentivo di non essere degno neppure di pensarlo, ma non riuscivo ad impedirmi di sognare, sognare e sognare una vita redenta al tuo fianco, sognavo di confessarti tutto, di cadere in ginocchio davanti a te, e di raccontarti ogni cosa, del male che sentivo crescere in me e di Kanon.
Sognavo di rimettermi al tuo giudizio piangendo calde lacrime, e ti immaginavo pensoso a riflettere, il mio volto tirato nell'attesa, e poi i tuoi occhi aprirsi sereni.
Ti chinavi su di me, mi prendevi tra le braccia ed accarezzavi i miei immondi capelli, che diventavano belli e lucenti sotto il tuo tocco.
Mi sussurravi che era tutto grave, tutto ciò che ti avevo raccontato era tremendo ed orrido, ma che ce l'avrei fatta. Che tu mi avresti aiutato, mi saresti stato a fianco mentre mi costituivo e mi rivelavo per ciò che ero alle persone che ci circondavano -e già usavo il plurale, parlavo di noi al plurale-, avresti puntellato la mia volontà spaventata con la tua.
Ed ora.
Ora, Aiolos?
Ora chi mi perdonerà?
Chi mi stringerà tra le braccia, chi perdonerà ciò che ho fatto?
Quando voltai le spalle a Kanon, chiuso nella prigione di Sunion, nella mia mente si fece buio, un buio attraversato solo da pochi e brevi lampi che illuminarono raccapriccianti immagini di ciò che venne dopo, scolpendole nella mia memoria. Per sempre.
L'annuncio della tua nomina.
La colpa. Avevo ucciso mio fratello per cercare di salvarmi l'anima.
Avevo già deciso la tua morte, capisci? L'avevo decisa al tonfo metallico della porta del carcere sotto il promontorio.
Perchè Aiolos, io non potevo permetterti di vedere cos'ero diventato.
Il mostro che finalmente si era rivelato.
E poi ancora, impietosi colpi di martello.
Lo Star Hill.
Il corpo di Sion.
Il mondo visto da dietro la maschera di Grande Sacerdote.
Il coltello.
Tu.
Il tuo corpo.
Il tuo corpo immerso nel sangue.
Aiolos. Amore mio.
Che cosa ho fatto?

  
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