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Autore: miseichan    14/10/2010    10 recensioni
“ Viscardi. Ho bisogno del tuo aiuto e non hai la minima idea di quanto mi costi dirtelo. Ho tantissimi difetti e uno di questi è l’orgoglio. Ci ho messo tre giorni per decidermi a venire da te. Ed ecco che entra in scena un altro dei troppi difetti di cui ti parlavo: sono una bugiarda patologica. Dico balle senza nemmeno rendermene conto, in continuazione… non ne vado fiera, ti assicuro. Avrei un problemino. Veramente nemmeno tanto piccolo, che non ho idea di come risolvere. Avrei voluto rimediare da sola ma era troppo tardi. Allora mi sono ricordata di te. Più precisamente di quando Daniela mi ha raccontato di te… e mi sono detta, perché no?”
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Adorabile bugiarda


“ E poi se n’è andata?”

Leonardo annuì, giocando con la catenella dei jeans.

“ Le è squillato il cellulare, ha letto il messaggio ed è sparita. Senza neanche passare per il via. Mi ha a mala pena sorriso, un saluto accennato, qualche scusa senza senso e ha preso la porta”

Giovanni sogghignò, guardando senza attenzione l’orologio.

“ Certo che hai trovato pane per i tuoi denti. Capace che ti sveglia un po’…” mormorò.

“ Svegliarmi?”

Fecero gli ultimi scalini in silenzio, risparmiando il fiato.

Arrivare al terzo piano era sempre un’impresa.

Giovanni si appoggiò al muro, annuendo indifferente, cercando con lo sguardo un’aula vuota.

“ Svegliarti, sì”

“ Perché dovrei svegliarmi?” chiese Leonardo, non capendo.

Giovanni sospirò, aumentando appena il passo. Girarono a destra, evitando il professore che si avvicinava. Si voltò a guardarlo, cercando le parole giuste.

“ Non sei esattamente il tipo più… vitale? Diciamo che tendi a farti trascinare, hai bisogno di qualche incentivo per applicarti, per cacciare fuori gli artigli. Per far vedere i denti”

Si fermarono, uno di fronte all’altro.

“ Per far vedere i denti, ecco. E ce li hai i denti, Nardo. Solo non ti piace mostrarli. Preferisci assistere agli eventi senza lasciarti influenzare troppo, senza intervenire. Non sei mai quello che prende l’iniziativa, quello che colpisce. Subisci fino a quando non trovi necessario reagire”

Leonardo lo guardava in silenzio, le pupille dilatate e le labbra socchiuse.

Senza rendersene conto erano di nuovo di fronte alle scale, fermi davanti alla scrivania dell’operatore del piano; naturalmente senza operatore.

“ Non fare così, Nardo. Dico solo la verità. Fai conto ieri, quando di punto in bianco ti sei messo a rincorrerla, no? E quando mai?! Tu che corri? Dietro una ragazza?! Ti giuro, stavo per restarci! Anche ammesso che avessi le tue ragioni, cosa di cui dubito… ma non è da te!”

“ Perché?” chiese ancora, catatonico.

“ Perché non lo hai mai fatto prima. E se qualcuno ti avesse visto non avrebbe mai creduto al fatto che fossi davvero tu. Semplicemente”

Leonardo smise di giocare con il cellulare, riprendendo a camminare.

Andavano adagio, percorrendo la strada già fatta. Senza parlare.

“ Dici che ho sbagliato?”

Giovanni non lo guardò, sbirciando di nuovo l’orologio.

“ A fare cosa?” domandò, distratto.

“ A seguirla”

Leonardo si fermò alla fine del corridoio, poggiandosi di peso al muro.

“ No. A proposito, com’era la cioccolata?”

“ Ottima, come sempre”

“ E Annalisa?” continuò, come fosse niente.

Leonardo sorrise, inarcando il sopracciglio con leggiadra.

“ Perché?”

Giovanni si strinse nelle spalle, spostando il peso da un piede all’altro.

“ Chiedevo così, non pensare a male”

“ Io penso che ti interessa solo perché non sei riuscito ancora a portartela a letto” sogghignò, assottigliando con sicurezza lo sguardo.

L’altro arretrò, fingendosi offeso. Si indicò, un espressione incredula sul volto.

“ Io? Ma per chi mi hai preso?!”

Leonardo ridacchiò, facendo per ribattere con prontezza.

“ Certo che siete pettegoli. Peggio di due comari!”

La voce acuta e divertita lo bloccò, facendogli sparire il sorriso. Leonardo la riconobbe subito. Si voltò piano, con tutta calma, ormai pronto a trovarsi di fronte gli occhi blu che lo tormentavano dalla sera precedente. Strinse i denti, incrociando lo sguardo con la ragazza.

“ Ma chi si vede! Quale onore, Holmes” disse, l’espressione seria che contrastava con l’ironia che trasudava dalla voce. Erica sorrise, guardandolo per qualche istante senza dire niente.

Lo osservò da capo a piedi, affatto sorpresa dall’indifferenza che lui sembrava volerle mostrare. Le labbra serrate, il viso teso e gli occhi vacui la fecero sorridere ancor di più.

Erica trattenne una risata e si voltò verso Giovanni, guardandolo con complicità:

“ Che fa, si è offeso?” gli chiese, lanciando un’ ultima occhiata divertita a Leonardo.

Giovanni ridacchiò, stringendosi nelle spalle e allontanandosi di un passo dai due. Alternava esilarato lo sguardo dall’uno all’altro, decidendosi alla fine a parlare con la ragazza:

“ Tu che dici? Lo hai abbandonato al bar! Lo sai che è un cucciolo, se la prende facilmente”

A quelle parole seguì un silenzio pesante. Un silenzio carico di frustrazione da parte di uno e sorpresa da parte dell’altra. Se Leonardo strinse gli occhi, Erica li sgranò.

Boccheggiavano entrambi e a farli riprendere fu la campanella, ancora una volta provvidenziale.

Non aveva ancora finito di suonare che Erica iniziò a parlare:

“ Io non immaginavo” esordì, allargando le mani “ Scherzavo prima, non credevo che… Ho avuto un contrattempo, credevo di avertelo spiegato”

Leonardo prima aveva tentato di interromperla, oltraggiato da quello che aveva detto l’amico. Poi sentendo Erica si era accalorato, avvicinandosi a lei di un passo e ribattendo rapido.

“ Cos’è che mi avresti spiegato?! Tu sei scappata! Fuggita peggio di Speedy Gonzales! Hai preso la porta quasi senza nemmeno salutarmi” prese fiato un secondo per continuare, subito dopo, davanti all’espressione stupefatta e ferita della ragazza “ Capisci come mi hai lasciato? Non sapevo cosa pensare. Ho cominciato ad arrovellarmi cercando di ricordare se per caso ti avessi in qualche modo offesa, messa in difficoltà. Se avessi detto qualcosa di sbagliato. Ma niente! Ti giuro mi hai trattato e fatto sentire come un cretino!”

Erica, che sotto quell’attacco inaspettato era arretrata di qualche passo, si fece coraggiosamente avanti a quel punto, pronta a fronteggiarlo:

“ Oh, Dio mio! Ma che stai dicendo?” esclamò, gli occhi che lanciavano saette “ Una cioccolata, ci stavamo solo prendendo una cioccolata! Ti rendi conto di star facendo una scenata neanche ti avessi mollato sull’altare?! Ma che modi sono? Ti ho già detto, ieri come oggi, che ho avuto un contrattempo a casa, che altro vuoi, che mi metta in ginocchio per chiederti perdono?”

“ Non sarebbe male come idea, sai? Detto e considerato il piacere che ti sto facendo, un minimo di gratitudine e rispetto non andrebbero sprecati” soffiò Leonardo, sempre più vicino.

Erica stava per rispondere, questa volta con toni molto meno pacati dei precedenti, quando vennero repentinamente interrotti.

“ Pausa, ragazzi!”

Giovanni si era frapposto tra i due, allontanandoli e zittendoli con decisione.

Non che la situazione non fosse estremamente esilarante, ma, cosa di cui forse i duellanti si erano dimenticati, erano pur sempre in una scuola. Per di più durante il cambio dell’ora.

Giovanni si era accorto casualmente della folla che si stava radunando attorno a loro. Distratto dai toni alti che stava raggiungendo la discussione, ci aveva messo un po’ a ricordarsi dov’era.

Quando però aveva realizzato di star permettendo a quei due incoscienti di dare spettacolo, rinsavì immediatamente bloccandoli e zittendoli senza esitazioni.

Li afferrò entrambi, sospingendoli lungo il corridoio. Si teneva alle loro spalle, mantenendo un minimo di distanza fra di loro.

“ Che dite, ci saresti arrivati a usare le mani?” scherzò, sperando di annientare la tensione che si era venuta a creare. Né Leonardo né Erica si degnarono di rispondere, le espressioni serie e gli sguardi bassi, si lasciarono guidare da Giovanni senza opporre la minima lamentela.

“ Non ci pensate, io dico che al piano terra non vi hanno sentito” continuò Giovanni, cercando con impazienza la porta che gli serviva.

Ancora una volta non ottenne risposta. Sbuffando, alzò gli occhi al cielo.

“ Ma dove diavolo è quello…” si interruppe, lanciando un’esclamazione di gioia.

Accelerando il passo raggiunse una porta più appartata delle altre e, con un calcio, la aprì.

Un gesto secco e spinse all’interno della stanza i due che ancora non parlavano.

“ Ecco, qui potete continuare a discutere in santa pace” esclamò, affrettandosi a chiudere la porta “ Sono sicuro che vi chiarirete” aggiunse, bloccando la maniglia con una sedia.

Giovanni poggiò un orecchio contro la porta, sperando in cuor suo che davvero risolvessero la situazione, senza naturalmente arrivare alle mani… chissà se avrebbero potuto incolparlo di qualcosa nel caso si fossero uccisi vicendevolmente. Stringendosi nelle spalle, si avvicinò leggero e privo di preoccupazioni ad una biondina che conosceva.

“ Dov’è che siamo?” chiese Erica, guardandosi inutilmente attorno. La stanza era buia, priva della minima illuminazione e piena di umidità. Allungò una mano, sperando di trovare qualcosa a cui appoggiarsi, ed urtò il petto di Leonardo. Sbuffando, lasciò la mano lì dov’era, risalendo piano fino al braccio.

Una volta che lo ebbe raggiunto strinse la presa, mormorando:

“ Giuro che una volta fuori di qui, lo uccido a quel gorilla del tuo amico” sibilò “ Non riuscirai a fermarmi, ti avviso”

Leonardo cercava a tentoni l’interruttore che doveva essere sulla parete al suo fianco, alle parole della ragazza sorrise, prendendo un bel respiro:

“ Non ho intenzione di fermarti, te lo assicuro” rispose, sentendo un brivido lungo la schiena mentre la stretta delle dita di lei aumentava inconsapevolmente.

Con sollievo le dita di Leonardo trovarono finalmente l’interruttore, sollevandolo impazienti.

Una piccola lampadina cominciò a sfrigolare, illuminando man mano l’ambiente.

I due si guardarono attorno, accorgendosi con crescente disagio e furore delle scope, dei secchi e della polvere con sporcizia annessa che li attorniavano. Erica fu la prima a ritrovare la voce:

“ Lo sgabuzzino” sibilò “ Quel deficiente del tuo amico ci ha chiusi in uno sgabuzzino!”

Leonardo non disse niente, tentando inutilmente di aprire la porta alle sue spalle. Batté anche qualche colpo, sperando di essere sentito, ma niente.

Con un sospiro sollevò lo sguardo sulla ragazza che gli stava di fronte.

“ Propongo di spingerlo sotto un tram” disse alla fine, strappandole un sorriso tirato.

“ Non male come idea” rispose lei “ Anche se io pensavo a qualcosa di più devastante per lui”

Leonardo sollevò un sopracciglio, sorridendo malizioso:

“ Castrarlo?”

“ Evirarlo, anche. Perché no?”

Erica lanciò un’occhiata all’orologio che aveva al polso, il sorriso che diventava più fiacco.

“ Le lezioni riprendono fra meno di dieci minuti” mormorò.

“ Iniziamo a gridare aiuto?” propose lui, stringendosi ancora nelle spalle.

Erica ci pensò su un secondo, prima di rispondere esasperata:

“ Oh, certo. Così oltre alla scenata di poco fa, inizieranno anche a parlare del fatto che eravamo chiusi assieme nello sgabuzzino del terzo piano”

“ Ma che te ne importa? Lascia pure che pensino quello che più gli aggrada. Non sono affari nostri” ribattè lui, alzando inconsciamente la voce.

“ Come sarebbe? Non voglio pensino sia una sgualdrina!”

“ Perché secondo te la prima cosa a cui penseranno è che ci siamo dati da fare qui dentro?” chiese lui, sarcastico ed irritato. La guardava negli occhi, cercando di mantenere il controllo. Non gli era mai capitato di accalorarsi tanto con una ragazza, men che meno per una qualunque stupida discussione. Stava sudando freddo, il respiro spezzato, e riusciva a dar la colpa solo al profumo di lei che sembrava aver invaso l’ambiente.

“ Non lo so!” rispose Erica, staccando improvvisamente la mano dal braccio di lui. Non si era nemmeno accorta di tenerla ancora lì, tanto la cosa gli sembrava in quel momento naturale “ So solo che ci sono tantissime teste bacate come quella del tuo amico in questa scuola. E di certo loro non penseranno che stavamo solo chiacchierando qui dentro!”

Leonardo chiuse gli occhi, passandosi una mano sul viso. Quella ragazza lo faceva impazzire.

Lo strillo acuto quasi non lo sentì, troppo sorpreso dal fatto di trovarsela improvvisamente addosso. Aprì gli occhi, guardando incredulo Erica che, con un balzo repentino, gli era quasi saltata in braccio. La ragazza gli stava incollata, le mani strette a pugno contro il suo torace e gli occhi quasi chiusi. Leonardo corrugò la fronte, stranito come non mai.

“ Cosa…?” chiese, accorgendosi solo in quel momento del ragno che penzolava nel punto esatto in cui un momento prima era la ragazza. Guardò quell’esserino che si agitava e sorrise. Gli ci volle un grande sforzo di volontà per trattenere una risata, mentre, con due dita, sollevava il viso di Erica.

“ Paura dei ragni, bimba?”

Lei avrebbe sicuramente ribattuto prontamente, riprendendolo anche per il nomignolo con cui lui l’aveva chiamata quasi senza accorgersene, non fosse stato per quel ragno che sapeva di avere alle spalle. Li odiava. Con tuta se stessa. Odiava i ragni. Quelle loro orrende zampe, quasi non riusciva ad ammetterlo, ma la terrorizzavano.

“ Uccidilo, ti prego” sussurrò, stringendosi ancora di più contro il ragazzo.

Leonardo non sorrideva. Aveva smesso non appena il corpo di lei aveva aderito al suo.

Senza dire una parola afferrò la scopa più vicina e fece fuori il ragno, assicurandosi con una veloce perlustrazione che non ce ne fossero altri.

“ Fatto?” chiese lei, gli occhi ancora serrati.

“ Fatto”

Erica sospirò, senza però allontanarsi da Leonardo. Lui non disse niente, né fece alcunché per modificare la situazione.

Fu Erica alla fine a sollevare lo sguardo verso di lui:

“ Scusa per ieri. Non volevo, davvero”

Leonardo scosse la testa, sorridendole sincero.

“ Non fa niente” disse, la voce appena un sussurro “ Perdonata”

Erica ricambiò il sorriso, gli occhi che le si illuminavano.

“ Ancora deciso a voler approfondire  la nostra conoscenza?” domandò lei, il sorriso nella voce.

“ Decisamente” ribattè lui, poggiandosi alla porta con la schiena “ Abbiamo già cominciato, no?”

“ Dici?”

“ Bè, sono convinto che la paura dei ragni non sia poi da trascurare” sogghignò, divertito dall’espressione di lei. Erica gli si avventò contro, pizzicandogli giocosamente un braccio.

“ Guarda che non è come pen…”

Non riuscì a finire la frase, interrotta dall’improvvisa luce che irruppe nella stanza. Meno di un attimo dopo erano entrambi a terra: Leonardo sdraiato di schiena e lei sopra di lui.

La porta era stata aperta di colpo, sorprendendo Leonardo che vi era appoggiato e che cadde, inaspettatamente privato del sostegno. Erica, quasi attaccata a lui, lo seguì nella caduta.

Giovanni sorrise, inarcando le sopracciglia in un’espressione sorpresa.

Li guardò, rossi ed accaldati, l’uno addosso all’altro e sogghignò.

“ Devo dire…” sospirò “ Sarebbe stato più interessante trovarvi morti”

 

*

 

 

Un terribile ritardo, lo so.

Non ho giustificazioni, so anche questo.

Mi dispiace tantissimo, vi assicuro, ma sto passando un periodo orrendo.

Non trovo né il tempo né la voglia di scrivere, per una serie di problemi che credo sia inutile elencarvi.

Mi scuso ancora, con tutti voi magnifici lettori.

Sono mortificata, ma oltre a ringraziarvi tutti, dal primo all’ultimo, non posso fare altro.

Grazie ancora,

Sara

   
 
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