GENERE: Generale,
Drammatico
RATING: Giallo
AVVERTIMENTI:
One-Shot, Linguaggio Pesante
FANDOM: Axis
Power Hetalia
PERSONAGGI: America
(Alfred Jones), Canada (Matthew Williams), Altri
DISCLAIMER:
La scelta di ambientare la seguente storia nell'America degli anni
Sessanta non è affatto casuale e corrisponde a una precisa
scelta della sottoscritta di toccare temi legati alla questione del
razzismo in tal luogo e in tale epoca. I personaggi, intesi come
esseri umani e non come Nazioni, tenderanno a comportarsi in modo
adeguato all'ambientazione. Nonostante il titolo i capitoli non
hanno una collocazione spaziale precisa in una determinata città
americana.
NOTE PRELIMINARI ESSENZIALI:Riporto
qui le note essenziali allo svolgimento della fanfiction, senza la
quali si rischia una non compressione della testa in quanto si
possono perdere riferimenti in seguito essenziali.
[1]
Negli stati del
Sud il mischiarsi, parlare, frequentare, ridere e stringere amicizia
con persone non bianche portava a considerare non bianca chi lo
faceva; piuttosto famoso è un caso in Alabama dove
un'italiana, colpevole di aver sposato un nero, fu assolta
dall'accusa di matrimonio interrazziale in quanto la familiarità
tra italiani e neri rendeva quindi i primi non bianchi e quindi non
sussisteva reato.
[2] I casi di
linciaggio, sopratutto negli stati del Sud, erano numerosi e
spicci.
[3] Là
dove i dialoghi sono in corsivo – o meglio, visto che si
tratta di un flashback, in non corsivo - i personaggi parlano in
francese – ho preferito evitare di costringere il lettore a
saltare sulle traduzioni.
2.
« Schifoso italiano, quand’ero
giovane io, nessuno di questi bastardi si sarebbe permesso di
chiedere un lavoro in questo negozio» il droghiere sbatte una
lattina di fagioli sul bancone:
«È
tutta colpa tua, Lou » dice il commesso più giovane
pulendosi le mani nel grembiule «Appendi un sacchetto di
carta1 all’ingresso
e vedi che non entrano più» guarda fuori dalla porta
«Perfettamente dentro la pozzanghera»
«Così
torna del suo colore» borbotta l’altro contando il resto
«Questo era un po’ poco colorato»
Alfred
allunga la mano a ricevere i suoi cinquanta centesimi; li conta con
cura prima di metterli nel vecchio portafoglio. Poi afferra la busta
di carta e Lou lo saluta melodiosamente con il suo accento del sud
ben calcato. Riesce a sorridere anche al cane che lo segue
trotterellando.
Fuori dal negozio l’italiano si è
rialzato, e ora sta abbracciando un altro ragazzo. E’ esile ma
di un biondo brillante. Dev’essere tedesco. Si morde le labbra
e continua a camminare, le urla dell’italiano che sembrano
seguirlo finchè non svolta l’angolo. Fascisti e nazisti
come culo e camicia, pensa.
Come al solito al parco c’è
lui sull’altra panchina: tira fuori quello strano pane a
maniglia con molta calma e sorride. Poi comincia a spezzarlo, a
sbriciolarlo lentamente con un sorriso ancora più ampio se
possibile. Non ricorda di averlo mai visto con un’espressione
diversa, né con un diverso cappotto.
Grant2
strofina il naso contro la sua gamba, poi si sdraia pacioso. Alfred
allora distoglie lo sguardo dall’altro uomo e finalmente apre
il giornale. Una grande foto troneggia sulla pagina; il titolo urla
“Doppio linciaggio”
…spinge gli occhiali sul
naso, come faceva sempre Matthew: e non vede più il
giornale.
Gli occhiali di suo fratello li cadevano storti sul
viso con le lenti infrante, l’ultima volta che li aveva visti:
Matthew ci aveva sempre tenuto molto ai suoi occhiali, perfettamente
puliti e con la montature d’oro dritta e ben lucida.
Uno
dei gemelli d’oro che gli aveva regalato quand’era
diventato avvocato era stato strappato, l’altro pendeva
sbilenco dalla manica della giacca.
«Gli hanno tagliato la
cravatta» aveva detto il poliziotto, indicandogli il collo
sotto la camicia strappata «Probabilmente li ostacolava»
una linea violacea lo attraversava, circondandolo. Alfred non aveva
detto niente, continuava a fissare gli occhiali; erano sempre stati
molto diversi dai suoi, tondi e grandi gli davano un’aria
vulnerabile.
« È stato un tragico incidente»
aveva aggiunto poi il poliziotto, aggiustandosi la cravatta «Vostro
fratello si trovava in compagnia di un negro, e….»
«
È un cubano» lo aveva interrotto.
«Eh?»
Si era sentito tremare, trattenendo lacrime e risate : «E’
un cubano»
Gli uccellini lo evitavano come sempre,
forse per il ringhio sommesso di Grant quando li vedeva avvicinarsi;
attorniavano le gambe del suo solito silenzioso compagno, i capelli
di un biondo quasi bianco, forse per la vecchiaia, mangiando le
briciole che lasciava cadere sulla ghiaia apposta per
loro.
Quand’erano piccoli scacciava sempre via gli uccelli,
correva per spaventarli ignorando le proteste di suo fratello, che
sbriciolava per loro tutto quello che aveva. Aveva una voce
impacciata e sottile anche quando protestava, spingendo gli occhiali
sul naso.
Gli occhi di suo fratello fiammeggiavano, in
un’espressione che non aveva mai visto, in un francese forte
come quella della loro madre:
« Smettila» aveva detto
«Smettila».
«Perché, cosa ti aspettavi?»
erano seduti in salotto, loro tre, con quello che
almeno aveva il buon senso di fumare e far finta di niente «Mi
hai portato un negro in casa » quello spense
la sigaretta nel suo portacenere di vetro «Dovrebbe tagliar
cotone»
«È cubano3
» aveva sibilato Matthew. Poi si era alzato in piedi «Ti
ringrazio dell’ospitalità, Alfred, ma io e Santiago
abbiamo un treno da prendere» quello si alzò
sempre con il cappello tra le mani e guardò Alfred dritto
negli occhi senza fare una piega, porgendogli la mano : «E’
stato un piacere conoscerla, signor Jones»
«Non
preoccuparti Matthew» si alzò incrociando le braccia
«Io devo fare le pulizie»
Era uscito di casa sbattendo
la porta; li vide lasciare il palazzo dalla finestra, e quello
posò una mano sulla spalla di suo fratello.
“Now I
know you won’t believe me, So I’m gonna tell you why ,
The Kajun Ku Klux Klan, Is gonna get you by and by…”4
Era mezzogiorno; chiuse il giornale e si avviò verso
l’uscita del parco, cercando di non turbare gli uccellini che
l’altro uomo pareva cullare con gli occhi: sorrideva, come
ogni giorno degli ultimi venti anni era seduto nell’angolo più
assolato dell’intero parco.
Matthew rideva, e l’altro
uomo anche, mentre camminavo insieme.
«Il nostro mare è
tutta un’altra cosa» l’accento ispanico si
intrecciava alle parole americane dandogli calore « Lo vedrai,
quando splende di blu e il vento soffia tra le palme. E la musica,
quella devi sentirla. Assomiglia un po’ al vostro jazz »
l’odore agrodolce del sigaro li avvolgeva mentre tornavano
alla stazione.
L’altro annuiva, camminando senza vedere
davvero il profilo delle strada, della ringhiera di legno vicino ai
binari.
«Eccoli!» risuonò uno sparo.
Grant
agitava la coda impaziente, mentre cercavano di fendere la folla per
tornare a casa; negli ultimi due anni Alfred aveva cominciato a
deviare. Anziché svoltare a sinistra, in un vicolo,
attraversava la larga via guardando le donne bianche ben vestite di
tutto punto e quelle nere, raggruppate, che parlavano tra di loro
attendendo di essere scelte per pulire le loro case, lavare i loro
vestiti, accudire i loro bambini. Era una scena che ai suoi antenati
doveva essere familiare; per lui era normale e strana allo stesso
tempo.
«Non abbiamo fatto niente! Sono un avvocato,
non abbiamo fatto niente!» qualcosa lo colpì allo
stomaco mozzandogli in fiato «Dago5
di merda!»
Non riusciva a distinguere le loro facce tra i
frammenti di lente, non vedeva più Santiago e poteva solo
sentirlo; li stavano trascinando, forse da secondi e forse da ore,
tossì, il sapore del sangue in bocca. «Lasciateci, non
abbiamo fatto niente! Sono un avvocato!»
Sentì
l’erba secca tra le dita finalmente, poi l’odore delle
scarpe in faccia; urlò, un dolore lancinante al naso e il
sangue caldo ovunque, poi un martellare incessante lungo tutto il
corpo, una costola dopo l’altra, piegato in due era costretto
al silenzio. Qualcuno lo sollevò per la camicia e urlò
qualcosa che si perse nella grida della folla; qualcosa luccicava,
forse un coltello.
Oggi c’era anche un gruppo di neri in
abiti scuri col capello ben calcato e fogli bianchi in mano; e
urlavano come gli altri neri sui loro banchetti che qualche volta
scorgeva agli angoli delle strade6
.
«Sei bellissima sorella nera! » girdò
uno di loro, dagli occhiali tondi e dorati «Sì, hai
sentito bene, ti ho detto che sei bellissima e che sei nera, perché
nero è bello!»
«Beh, purtroppo è
stato inevitabile» aveva continuato il poliziotto dopo un
minuto di silenzio «Un italiano ha violentato una donna e le
ha rubato la valigetta. E vostro fratello era con quel negro e….»
i capelli biondi di Matthew erano impolverati, cadevano lisci sulla
pelle lattea «…beh, lei può capire»
Per
la prima volta Alfred non aveva potuto.
[1]
sacchetto
di carta :
Tradizione all'epoca popolare negli USA era appendere fuori dalla
porta delle feste esclusive un banale sacchetto di carta marrone e
vietare l'accesso a chiunque fosse più scuro della carta. Tra
le altre cose gli italiani era chiamati “mozzarella-nigger”,
ossia “mozzarella-negra” perchè considerati più
neri che bianchi. .
[2]
Grant:
Ulysses
Simpson Grant ( 27
aprile 1 – 23
luglio 1885)
18° presidente americano, abolì il Ku Klux Klan.
[3]
cubano:
La “razza” latino-americana era considerata diversa
dalla “razza nera”; tuttavia in realtà il
latino-america si contraddistingue per una mescolanza di “razze”
- meticci, mulatti, indios, neri, bianchi, cinesi e giapponesi anche
volendo – tale che generalmente il razzismo viene considerato
inesistente. Nel caso particolare, Cuba nell'anime viene mostrato di
pelle molto scura, direi nera, com'è una buona parte della
popolazione cubana.
[4]
The Kajun Ku
Klux Klan, Is gonna get you by and by…:
Un paio di versi di una canzone di Johnny Rebel dei primi anni
Sessanta : è la storia di Levi Coon, un nero che cercò
di far valere i propri diritti di cittadino americano in un bar e il
KKK andò a insegnarli il modo giusto di comportarsi –
incoraggia i neri a non uscire di casa.
[5]
Dago:
Da “dagger”, pugnale, usato in senso dispregiativo per
riferirsi ai latini tutti, italiani e italoamericani.
[6] Agli
angoli delle strade: Negli
anni Sessanta gli afromericani cominciarono a protestare per
richiedere il riconoscimento dei loro diritti, ed era usanza tenere
comizi anche in mezzo alle strade per incitare la gente
all'auto-coscienza e a ricordare che il loro essere neri non li
rendeva inferiori ai bianchi.
Ringrazio innanzitutto la mia beta, che mi sopporta sempre. Ringrazio tutti coloro che mi hanno aggiunta tra i preferiti – Akrois e miristar – tra le ricordate – Kuro_Renkinjutsushi- e tra le seguite – JhonSavor, lullaby3 e Mangetsu the Swordsman.
Ringrazio moltissimo anche i lettori silenziosi e coloro che mi hanno recensito, ovvero miristar, Kokoro, JhonSavor e nihal the revenge; sono felice che abbiate apprezzato.
In questo capitolo ho cercato di scrivere in modo più chiaro, anche se è nello stendere questa fanfiction non riesco a scrivere in modo diverso; farò in modo di migliorare. Vi ringrazio in anticipo di eventuali consigli e critiche.
Fare quel che ho fatto a Matthew e a
Santiago è stato piuttosto faticoso – diavolo, mi sono
deliberatamente accanita su di loro : mi è dispiaciuto molto,
come accaduto per Lovino. E per chi se lo stesse chiedendo sì, l'uomo del parco è Russia. Da.
Il prossimo capitolo pur essendo già
stato steso necessita di una riscrittura, quindi potrebbe volerci
più tempo prima del prossimo aggiornamento, sopratutto perchè
manca poco ad Halloween e avrei un paio di progetti in cantiere.
A presto e grazie ancora dell'attenzione.