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Autore: lyrapotter    04/11/2010    2 recensioni
Sesta classificata al primo turno del contest Il Club dei Duellanti indetto da Vogue, Fabi_ e lilyblack sul forum di EFP.
La famiglia o l’uomo che ama? Andromeda è posta di fronte a una dura scelta e decidere non sarà per nulla facile.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andromeda Black, Ted Tonks
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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DISCLAIMER: Harry Potter e tutti i suoi personaggi appartengono a JK Rowling e a chi ne detiene i diritti. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

N.B. le parti in corsivo sono i pensieri dei personaggi.

Sanguesporco: traduzione letterale del termine inglese Mudblood

Fanfiction partecipante al contest Il Club Dei Duellanti indetto da Vogue91, Fabi_ e lilyblack sul forum di EFP

TWO PATHS

Andromeda girava il cucchiaino nella sua tazza di tè, senza veramente badare a quello che stava facendo: era vagamente consapevole di tenere in mano quella tazza da almeno dieci minuti e che la bevanda ormai si era raffreddata, ma non le importava.

Non le importava nemmeno della conversazione che aveva luogo intorno a lei, per quanto la riguardasse intimamente: in fondo, stavano o no discutendo del suo matrimonio?

Druella parlava animatamente da almeno mezz’ora di centrotavola, con la signora Lestrange che annuiva vigorosamente a ogni sua parola, aggiungendo o togliendo dettagli; Rabastan, il suo futuro marito, non aveva detto una parola in tutto il pomeriggio, limitandosi a rivolgerle occhiate ammiccanti. In realtà, sospettava fortemente che stesse semplicemente compiacendosi dell’ottimo articolo che aveva scelto, neanche lei fosse stata un manico di scopa nuovo di zecca!

Ma ad Andromeda non importava: si limitava ad annuire per inerzia quando veniva interpellata, cosa che avveniva troppo spesso per i suoi gusti.

Druella non poteva saperlo, né tanto meno lo sapevano Rabastan o la signora Lestrange, ma da sei mesi a quella parte in lei era cambiato qualcosa: non era una cosa fisica o visibile, no, ma lei non era più l’Andromeda che avrebbe dovuto essere, l’Andromeda che tutti si aspettavano che fosse.

You know, sometimes words have

Two meanings

In un certo senso, era come se dentro di lei vivessero due entità separate, due piccole Andromeda che si alternavano nel corso della giornata, a seconda di cosa stava facendo e soprattutto di chi c’era con lei.

C’era la piccola Andromeda Black, quella nata e cresciuta nel fasto e nel lusso.

Quella convinta che tutto le fosse dovuto per il nome che portava.

Quella che, nel bene e nel male, sapeva cosa volessero da lei e non avrebbe deluso le aspettative di nessuno.

Quella che sarebbe stata felice di discutere di centrotavola e programmare il suo matrimonio, seppur combinato e con un uomo non proprio di suo gusto.

Quella che avrebbe dovuto essere lì in quel momento.

E poi c’era l’altra Andromeda, quella spuntata dal nulla sei mesi prima.

Quella che voleva una vita diversa.

Quella che desiderava ribellarsi e non osava farlo per paura.

Quella innamorata di un Sanguesporco e pronta a rinunciare a tutto il resto per stare con lui.

Quella che non voleva più andarsene.

Fino a quel momento, le due Andromeda avevano convissuto più o meno pacificamente, anche e soprattutto perché vivevano praticamente due vite separate: per la prima c’era una vita alla luce del sole, fatta di scuola, amici Serpeverde, famiglia, un matrimonio combinato; la seconda stava nell’ombra ed esisteva solo per una persona, per il suo Ted, il suo amato Ted.

Era perfetto. Ma ora era tutto finito: non c’era più spazio per la seconda neonata Andromeda ormai. Il suo settimo anno si era concluso e tutti si aspettavano che lei prendesse il posto che le spettava nella società: si sarebbe sposata con Rabastan, gli avrebbe dato dei figli, come la perfetta donna trofeo che era stata cresciuta per essere.

Andromeda Black era nata per quello scopo e sarebbe stata ben lieta di assolverlo. C’era solo un piccolo problema: l’altra non aveva intenzione di lasciarsi sottomettere così facilmente. L’altra rifiutava la sola idea di lasciarsi morire a poco a poco, intrappolata nell’infelicità e nell’insoddisfazione. L’altra voleva diventare la signora Tonks e nulla glielo avrebbe impedito.

E lei si trovava proprio nel mezzo, intrappolata in un conflitto che pareva senza fine…

There's a feeling I get

When I look to the west

And my spirit is crying

For leaving

"Andromeda? Andromeda?".

"Mmmm?" sobbalzò la ragazza, rendendosi conto che tutti la stavano osservando. "Perdonami, madre, mi sono distratta un attimo".

"La signora Lestrange ha detto che domani dovremo andare a controllare la situazione del tuo abito da sposa" le spiegò Druella, scoccandole un’occhiata di rimprovero. "Teoricamente dovrebbe essere pronto, ma non si può mai dire dove arrivi l’incompetenza di certa gente".

"Certo, madre. Trovo che sia una magnifica idea" rispose Andromeda con un sorriso forzato: l’ultima cosa di cui aveva voglia era infilarsi quell’odioso ammasso di tulle, pizzi e balze.

Trattenne un sospiro: non ce la faceva più a sopportare tutte quelle chiacchiere inutili. Le mani le prudevano dalla voglia di cancellare a suon di schiaffi quell’espressione compiaciuta dalla faccia di Rabastan. Se non avesse lasciato la stanza il prima possibile, era più che certa che si sarebbe messa a urlare.

"Mi volete scusare? Mi sento un po’ stanca e vorrei ritirarmi a riposare un po’…".

Sua madre la fulminò con lo sguardo: fosse dipeso da lei, era evidente che Andromeda sarebbe potuta cadere addormentata sul tavolo e non avrebbe comunque potuto allontanarsi. Fortunatamente, la signora Lestrange le rivolse un sorriso comprensivo: "Naturalmente, cara: è perfettamente comprensibile che tu sia affaticata, con tutti i pensieri che avrai per la testa in questi giorni…".

"Grazie, è molto gentile".

Si alzò, prevenendo la protesta che sua madre aveva già pronta sulle labbra. "A dopo, madre: sono certa che saprai salvaguardare la magnificenza del mio matrimonio anche senza di me. Signora Lestrange, è stato un piacere. Rabastan, a presto".

Avrebbe voluto dire ‘a mai più’, ma si morse la lingua: si era già guadagnata una bella ramanzina così, lo intuiva dal modo in cui Druella la guardava.

Tuttavia non si scompose e lasciò la stanza a passo lento, per mettersi quasi a correre una volta raggiunto il corridoio, ansiosa di raggiungere il rifugio della sua camera.

In my thoughts I have seen

Rings of smoke through the trees

And the voices of those

Who stand looking

Non ce la faceva più, quella situazione era più di quanto fosse umanamente sopportabile. Tutto di quel matrimonio la disgustava, a partire dallo sposo: la sola idea di dividere la vita con quello sgradevole individuo che era Rabastan la faceva rabbrividire, ma come poteva rifiutarsi?

Semplicemente, non poteva: non osava nemmeno immaginare le conseguenze nel caso in cui una sola parola di protesta fosse uscita dalla sua bocca. Arrivati a quel punto, con il fidanzamento ufficializzato, la data fissata, gli inviti spediti e tutto il resto del teatrino in via di allestimento non poteva più tirarsi indietro, non glielo avrebbero mai permesso.

Ma non era solo quello il problema: certo, Rabastan la ripugnava, ma sapeva che un altro ragazzo scelto dalla sua famiglia non le sarebbe andato bene comunque. Lei ormai voleva una sola persona, l’unica che avrebbe mai potuto amare: Ted, il suo goffo e dolce Ted.

Di nuovo, sentì la sua mancanza in modo quasi fisico: erano passati solo pochi giorni da quando si erano parlati l’ultima volta, sull’Hogwarts Express, eppure sembrava una vita intera. E quando si rendeva conto che probabilmente non l’avrebbe mai più rivisto, provava il fortissimo, irrefrenabile desiderio di piangere: non poteva sopportarlo, l’idea di un’intera vita senza di lui era troppo.

Avrebbe dato qualunque cosa per trovare il coraggio di fuggire, leggera e senza pensieri come fumo, per correre tra le braccia del suo amato.

Ma poi vedeva i volti di Narcissa, di Bellatrix, di Sirius, di Regulus e di tutti coloro che amava pieni d’odio nei suoi confronti, sentiva le loro voci cariche di disprezzo che commentavano la sua scelta e tutta la sua risolutezza spariva come neve al sole.

Non riusciva a scegliere, non poteva scegliere: amava Ted con tutto il cuore, immaginare la sua vita senza di lui era un’autentica sofferenza, ma amava anche la sua famiglia e l’idea che potessero disprezzarla le faceva altrettanto male.

Cosa doveva fare? Sposando Rabastan, avrebbe perso Ted, fuggendo per unirsi a Ted, avrebbe perso la sua famiglia: mezze misure non ce n’erano e presto o tardi avrebbe dovuto prendere una decisione, il giorno del suo matrimonio si avvicinava inesorabile.

And it's whispered that soon

If we all call the tune

Then the piper will lead us to reason

Aveva bisogno di aiuto, aveva bisogno di un consiglio. Ma a chi poteva chiederlo? Se solo in casa qualcuno avesse sospettato che aveva una relazione con un Sanguesporco, si sarebbe scatenato l’inferno. Merlino solo sapeva cosa avrebbe fatto Cygnus o peggio ancora Bellatrix: Andromeda rabbrividiva al solo pensiero.

Solo Narcissa l’avrebbe ascoltata, forse, e di certo non avrebbe capito: l’avrebbe guardata con disappunto, suggerendole senza mezzi termini di troncare qualunque contatto con Ted, minacciandola di fare la spia se non avesse ubbidito.

No, non poteva rivolgersi a nessuno in quella casa: avrebbe avuto più possibilità di comprensione se si fosse rivolta all’Elfo Domestico!

Allora, sentì un sommesso picchiettio contro il vetro della finestra: un gufo era appollaiato sul davanzale e aspettava con impazienza di essere notato. Andromeda lo riconobbe all’istante: era Joyce, l’allocco di Ted.

Si affrettò a farlo entrare prima che attirasse l’attenzione indesiderata di qualcuno in casa. Ted deve essere diventato matto, a scrivermi a casa!

Quest’impressione fu ulteriormente rafforzata quando cominciò a leggere.

Andromeda,

so che se qualcuno della tua famiglia leggesse questa lettera, finiremmo tutti e due in un mare di guai, ma io non ce la faccio più: se non riuscirò a vederti presto, esploderò, ne sono praticamente certo!

Mi rifiuto di arrendermi senza lottare: se pensi che ti lascerò sposare quel bell’imbusto di Come-Si-Chiama, ti sbagli di grosso! Non ho la minima intenzione di farmi da parte e continuare la mia vita come se tutto quello che c’è stato tra noi non fosse mai accaduto.

Meda, io non voglio perderti: ti amo e voglio passare il resto della mia vita a dirtelo, alla luce del sole, però! Sono stanco dei sotterfugi, degli incontri clandestini e delle bugie: nella situazione in cui ci troviamo adesso non sarebbe nemmeno più possibile, lo capiamo tutti e due.

Quello che voglio dirti, senza ulteriori giri di parole è: sposami. Voglio che tu diventi mia moglie, che invecchiamo insieme. So che può sembrare una follia e dirtelo così per lettera non è nemmeno molto romantico, ma te lo chiedo lo stesso: sposami, Meda, sposami.

Se risponderai di sì, verrò domani notte a prenderti e poi fuggiremo insieme. Se risponderai di no, beh, cercherò di farmene una ragione.

Comunque vada, sappi che ti amerò per sempre.

Tuo,

Ted.

Yes, there are two paths you can go by

Andromeda dovette rileggere un paio di volte l’intera missiva prima di rendersi conto di quello che c’era scritto: Ted le aveva chiesto di sposarlo, di fuggire con lui e costruirsi insieme il loro futuro. Il cuore prese a batterle freneticamente: aveva sognato tante volte un momento simile, ne avevano parlato tanto, ma in fondo al cuore non credeva che sarebbe mai successo.

E se da un lato ciò la rendeva talmente felice da farle quasi toccare il cielo, dall’altro la rendeva ancora più confusa. Ogni fibra del suo essere desiderava rispondere sì, sì e ancora sì, ma c’era anche una vocina nella sua testa che le ricordava che in quel caso avrebbe perso per sempre tutto il resto: se avesse accettato la proposta di Ted e fosse fuggita con lui, non avrebbe mai più rivisto le sue sorelle, i suoi genitori, i suoi cugini…

E se invece avesse rifiutato? Non avrebbe più rivisto Ted e si sarebbe ritrovata intrappolata in un matrimonio senz’amore con Rabastan, ma non avrebbe perso tutti gli altri.

Come poteva scegliere? In entrambi i casi, avrebbe guadagnato qualcosa, perdendo nello stesso tempo tantissimo.

Guardò Joyce appollaiato con aria compunta sullo schienale della sedia: Ted si aspettava una risposta al più presto, ovviamente. Era un suo diritto, ma ovviamente non poteva immaginare il conflitto che lei stava vivendo: c’era troppo in ballo per poter decidere così su due piedi, era in discussione tutto il suo futuro.

"Tu che faresti, Joyce? La tua famiglia o l’uomo che ami?".

Il gufo si limitò a inclinare la testa, continuando a guardarla con i suoi grandi occhi ambrati. E vieni a chiederlo a me?, sembrava dire. Come se io avessi di questi problemi!

In quel momento bussarono alla porta. Andromeda sobbalzò, sentendosi colta in flagrante. "Un momento, per favore!".

Fece giusto in tempo a cacciare di malagrazia Joyce nell’armadio, zittendolo con un Incantesimo Silenziatore e infilarsi la lettera di Ted in tasca che Druella entrò.

"I Lestrange se ne sono appena andati" annunciò.

"Oh… Immagino che sarei dovuta venire a salutarli".

Sua madre annuì con vigore, senza nascondere il suo disappunto. "Sì, avresti dovuto. Fortunatamente per te, la signora Lestrange si è dimostrata piuttosto comprensiva, ma voglio comunque essere chiara: che non ti salti in testa di comportati nuovamente così quando saranno presenti, sono stata chiara? E mi faresti la cortesia di dimostrarti un po’ più interessata: è del tuo matrimonio che stiamo discutendo, insomma! Sono stata chiara?".

"Sì, madre, sei stata chiarissima. Mi scuso per il mio comportamento di questo pomeriggio, non si ripeterà mai più".

L’espressione di Druella si addolcì in un fioco sorriso. "Molto bene. Detto questo, domani mattina ti voglio pronta per le nove: andiamo a provare il vestito e poi a fare qualche commissione".

"Sì, madre, trovo che sia una splendida idea".

Soddisfatta, Druella si congedò, con sommo sollievo della figlia.

E ora cosa devo fare?, fu tutto ciò che riuscì a pensare mentre tirava fuori un indignato Joyce dall’armadio.

*******

Guardandosi allo specchio, Andromeda non poté fare a meno di sentirsi una grossa meringa. L’abito in sé non era nemmeno brutto, ma le pareva molto esagerato, soprattutto per una come lei abituata a vestirsi senza troppi fronzoli.

Ma dalla faccia soddisfatta di Druella, poteva facilmente intuire di essere la sola a pensarlo.

"Andromeda, sei stupenda".

La ragazza fece un sorriso tirato, non trovando risposta migliore.

"Vedrai, sarai un sogno il giorno del matrimonio: lascerai tutti a bocca aperta".

"La signorina è assolutamente deliziosa" rincarò la dose la sarta, ansiosa di restare nelle grazie della signora Black.

Mentre le due si immergevano nuovamente in una fitta discussione sulle possibili modifiche da apportare, Andromeda annuì distrattamente, tornando ai suoi pensieri.

Non aveva ancora risposto a Ted: Joyce si trovava ancora in camera sua, per quanto fosse pericoloso tenerlo lì, in solerte attesa di una sua decisione. Una decisione che lei non era in grado di prendere: aveva passato la notte in bianco, riflettendo su tutte le sue alternative, cercando possibili soluzioni, un qualche accomodamento che potesse rendere tutto più facile, ma aveva ottenuto solamente una gran confusione in testa e un aspetto orribile.

Alla fine, era tornata al punto di partenza: o Ted o la sua famiglia, fuggire o restare, amore o dovere. Aveva immaginato decine di volte un suo ipotetico matrimonio, cambiando di volta in volta lo sposo e osservando le possibili pieghe che la sua vita futura poteva prendere.

Rendersi conto, una volta giunto il mattino, che non aveva risolto assolutamente nulla l’aveva lasciata stanca, frustata e scoraggiata. Forse doveva semplicemente fare quello che tutti si aspettavano che facesse: doveva tornare l’Andromeda Black che era stata fino a poco tempo prima, dimenticarsi il nome di Ted Tonks e diventare la nuova signora Lestrange.

In fondo, cosa le garantiva che tra lei e Ted le cose potessero funzionare: magari, in capo a un paio d’anni, si sarebbero odiati e lei avrebbe rinunciato a tutta la sua vita per nulla. In questo modo, sapeva di condannarsi a una vita parzialmente infelice, ma almeno era certa di cosa l’attendeva il futuro.

L’amore non dovrebbe essere così complicato, no?

But in the long run

There's still time to change

The road you're on

Ma mentre si guardava in quello specchio, con indosso quell’abito, sentendo in sottofondo il borbottio senza fine di Druella e la sarta, si rese conto di quanto fosse reale tutto quello che stava accadendo.

Persa nelle sue infinite riflessioni, aveva continuato a vedere due immaginarie vie dispiegarsi davanti a lei, nessuna delle due più consistente di una nuvola di fumo.

Ma il suo matrimonio con Rabastan non era solo una mera ipotesi, era la dura e cruda realtà: senza rendersene conto, marciava già a passo di carica su una strada spianata. Una strada su cui altri l’avevano messa a forza.

Cercò di visualizzare il grande giorno: lei, con indosso quel vestito, a braccetto con suo padre, che dritta e fiera andava in contro al suo futuro marito, quell’uomo che la squadrava come se fosse stata un trofeo appena conquistato. E immaginò quello che sarebbe venuto dopo

Il solo pensiero le fece rivoltare lo stomaco al punto che temette di vomitare: non ce la faceva a sopportare una simile prospettiva. Ma non era mica la prima: tutti nella sua famiglia, a partire da sua sorella Bellatrix, avevano percorso quella strada, volenti o nolenti, perché così doveva essere.

Ma gli altri non avevano un’alternativa…

Al volto di Rabastan si sovrappose quello di Ted, che le sorrideva in quel suo modo speciale, come se ogni volta si stupisse di averla al suo fianco, che la faceva sentire amata come nessun altro era in grado di fare.

Sì, sì, è con te che voglio stare, amore mio!

All’improvviso tutto il resto non ebbe più importanza: c’erano solo lei e Ted e il loro amore. La sua famiglia non avrebbe capito, probabilmente l’avrebbero odiata e non sarebbero mai riusciti a perdonarla, ma sentiva che era un peso con cui poteva convivere.

Dividere la vita con qualcuno che non fosse Ted, invece… No, piuttosto la morte.

Si rese conto di essersi messa a sorridere solo quando Druella le rivolse un’occhiata soddisfatta. "Oh, finalmente ti sei decisa a toglierti quel broncio dalla faccia". Le lisciò una piega della gonna. "Ti piace l’abito?".

"Sì, madre, è bellissimo".

E l’idea che non avrebbe dovuto indossarlo mai più lo rendeva davvero bello ai suoi occhi.

Your head is humming and it won't go

Mezzanotte.

Irrequieta, Andromeda continuava a fare su e giù per la sua camera, in attesa. Appena tornata a casa, aveva affidato a Joyce la sua risposta, certa che Ted sarebbe venuto a prenderla quella notte stessa come le aveva scritto, ma man mano che i minuti passavano, il dubbio la rodeva sempre più: forse aveva aspettato troppo, forse Joyce non era arrivato in tempo, forse Ted, di fronte alla sua indecisione, aveva cambiato idea… La lista dei possibili se e ma che aveva costruito da quando era rimasta sola era praticamente infinita.

Oltretutto, più aspettava più crescevano i sensi di colpa: cercava di non pensare alle facce dei suoi cari quando l’indomani si fossero resi conto che se n’era andata, ma era difficile, se non impossibile. Quando ci pensava le veniva voglia di piangere…

E il fatto che non fosse nemmeno lontanamente sufficiente per farla desistere in un certo senso la faceva sentire anche peggio.

Mezzanotte e dieci.

Ma quando arriva Ted…, pensò, andando a sdraiarsi sul letto, con i piedi che sporgevano, senza preoccuparsi del fatto che così facendo si sarebbe spettinata e avrebbe sgualcito il vestito: in fondo, era l’ultima notte che poteva adoperare quel letto, no? Inoltre, era stanca di camminare: se avesse continuato di quel passo, entro mattina avrebbe scavato un buco nel pavimento.

Gettò un’occhiata fugace alla valigia che aveva preparato: non aveva preso molto, pensando che era meglio viaggiare leggeri. C’erano un po’ di abiti, i suoi effetti personali, qualche piccolo ricordo (fotografie soprattutto)… Non c’era altro che voleva da quella vita: quella notte avrebbe segnato un nuovo inizio per lei, tutto il resto l’avrebbe lasciato alle spalle, pur se con qualche rimpianto.

Dei grandi rimpianti, si corresse.

Aveva lasciato delle lettere sulla scrivania, per i suoi genitori, Bellatrix e Narcissa: sperava davvero che le leggessero e non si limitassero a gettarle nel fuoco in un impeto di rabbia, ma era quasi certa che sarebbe stato proprio quello che avrebbe fatto Bella quando si fosse resa conto di cosa aveva fatto.

Forse poteva sperare nella comprensione di Narcissa, ma Bellatrix non l’avrebbe mai perdonata, mai: l’avrebbe visto come una sorta di tradimento nei suoi confronti e probabilmente l’avrebbe odiata per l’eternità. Quanto ai suoi genitori, beh, sospettava che gli avrebbe allarmati di più la pessima figura con i Lestrange che neanche la sua fuga in sé: aveva sempre avuto l’impressione che l’avessero messa al mondo più per dovere che per amore. Ciò non toglieva che in un modo tutto suo, fosse loro affezionata…

Guardò l’orologio: mezzanotte e venti e di Ted ancora nessuna traccia. Non verrà, lo sapevo: avrà cambiato idea visto che l’ho fatto aspettare così tanto prima di prendere una decisione. In fondo, non lo posso biasimare: al suo posto, mi sarei stufata parecchio prima!

Avrebbe atteso ancora un po’, si disse, e se non si fosse fatto vivo, avrebbe fatto sparire tutte le prove della sua tentata fuga e sarebbe andata a letto. In effetti, aveva davvero sonno, faticava a tenere gli occhi aperti: la lunga notte passata in bianco cominciava a farsi sentire…

In case you don't know

The piper's calling you to join him

Toc, toc. Toc, toc.

Andromeda sbatté le palpebre, cercando di inquadrare quell’irritante suono che l’aveva richiamata dal mondo dei sogni: stava dormendo così bene, avrebbe maledetto lo stupido Elfo che era venuto a disturbarla!

Subito dopo averlo pensato, si rese conto che era ancora notte fonda: l’orologio segnava che era da poco passata l’una, perciò non poteva essere un Elfo a bussare. Ad ascoltare bene, il rumore non veniva nemmeno dalla porta, ma dalla finestra che aveva alle spalle.

Si stropicciò gli occhi, tirandosi a sedere e voltandosi. Era talmente intontita che in un primo momento credette che fosse Joyce a bussare, poi si rese conto di quanto fosse stupido il suo pensiero: Joyce se n’era andato quel pomeriggio, era tornato da…

"Ted!".

Controllò per un soffio il livello di voce, trattenendosi dall’urlare il nome del ragazzo, che stava dall’altra parte del vetro e continuava a battere il dito per attirare la sua attenzione, e si precipitò alla finestra.

"Accidenti, Meda, sono almeno cinque minuti che tento di farmi sentire" borbottò, volando dentro a bordo di una scopa piuttosto sgangherata.

"Scusami, mi devo essere addormentata… Ma da dove sbuca questo catorcio?" domandò Andromeda, ricordandosi che Ted era piuttosto negato nel volo e perciò non aveva mai comprato una scopa in vita sua.

"Me l’ha prestata un amico: non mi fidavo a Smaterializzarmi…".

E meno male che l’aveva fatto: scioccamente, Andromeda si era scordata di avvisarlo dei vari Incantesimi Protettivi che Cygnus aveva piazzato tutto intorno alla villa. In effetti, era meglio andarsene in fretta prima che scattasse qualche strano allarme…

Fu in quel momento che la giovane realizzò che Ted era davvero lì, nella sua stanza, con una scopa in mano e pronto a portarla via. Sentendosi il cuore gonfio di indescrivibile felicità, lo abbracciò stretto. "Oh, Ted, come sono felice che tu sia arrivato".

"Perché, avevi qualche dubbio? Ragazza malfidata…" la rimproverò bonariamente, dandole un bacio leggere sulle labbra. "In realtà, devi sapere che io contavo di venire comunque qui stanotte, qualunque fosse stata la tua risposta".

"Ted…" sbuffò Andromeda: quello sarebbe stato proprio un gesto tipico suo.

"Te l’ho detto che non avrei rinunciato a te tanto facilmente, non credere che bluffassi… Quando ho visto che dormivi, ho quasi pensato che avessi cambiato idea, non fosse che avevi lasciato la luce accesa".

"E mi ero messa a letto vestita di tutto punto! Ted, ascolta, dobbiamo andarcene subito: è troppo pericoloso stare qui, non voglio che ci scoprano".

Il ragazzo annuì. "Hai ragione, come al solito. È che sono talmente felice di rivederti che non riesco a ragionare…".

"Vale anche per me" lo tranquillizzò Andromeda. Ma non posso concedermi il lusso di essere felice finché non saremo molto lontani da qui…

"Ok, allora andiamo: preferisco mettere qualche miglio tra noi e questo posto prima di Smaterializzarci. Hai preso tutto?".

Andromeda annuì, andò a prendere la valigia, rimpicciolendola con un colpo di bacchetta e infilandosela in tasca, dopodichè spense la luce e andò alla finestra. Ted si era già rimesso in sella e volteggiava a mezz’aria, in attesa.

"Sei sicuro che questo coso possa reggerci tutti e due, vero?" domandò ansiosa: quella scopa sembrava vagamente un cimelio medievale.

"Il mio amico ha detto di sì, ma se andiamo a sbattere contro il Big Ben, ricordami di dargliela in testa… Vieni, Meda" la invitò, tendendole la mano.

Dear lady, can you hear the wind blow?

And did you know

Your stairway lies on the whispering wind?

Andromeda esitò un istante, voltandosi indietro a guardare quella che per diciassette anni era stata la sua camera da letto: era davvero giunto il momento dell’addio, allora…

"Meda" la chiamò di nuovo Ted, senza sforzarsi di nascondere la sua agitazione. "Meda, non hai cambiato…".

"Non osare finire la frase, Ted Tonks" lo minacciò Andromeda afferrando la mano che le porgeva con espressione risoluta.

Prese posto meglio che poteva alle sue spalle, stringendogli la vita per evitare di cadere.

"Ci sei?".

"Sì, credo di sì".

Un attimo dopo, l’aria le sferzava il viso, segno che Ted era partito in quarta. Non riuscì a evitare di girare il capo un’ultima volta: riusciva ancora a distinguere la sua vecchia casa, anche se si stava allontanando sempre più. Sentì una singola lacrima pungerle l’angolo degli occhi: aveva fatto la sua scelta ed era sicura che non l’avrebbe mai rimpianta, ma ciò non significava che non fosse stata profondamente sofferta.

Addio. Perdonatemi, se potete.

"Tutto ok, Meda?" le chiese Ted. "Sei ancora lì, vero?".

"Ti sto abbracciando, ovvio che sono qui. Ted?".

"Mmmm?".

"Ti amo".

"Anch’io ti amo".

Andromeda sorrise, godendosi il soffio del vento sul volto. Il soffio della libertà, l’avrebbe forse definito qualcuno dall’animo poetico, ma per lei era soltanto l’inizio di qualcosa di nuovo e, sperava, meraviglioso.

 

Lyrapotter’s corner

Ebbene sì, vi sto propinando la seconda Ted/Andromeda in poco più di una settimana… E penso proprio che, tempo permettendo, non sarà nemmeno l’ultima, visto che nell’ultimo periodo sono molto ispirata da questi due. Dite la verità, non siete felici?

Comunque, questa storia si è classificata sesta al primo turno del Club dei Duellanti, passando il turno per ripescaggio (il duello l’ha vinto la mia avversaria, Whateverhappened, la cui storia consiglio a tutti): inutile dire che il risultato e il giudizio mi hanno molto sorpreso (chi ha detto che siamo i peggiori giudici di noi stessi aveva proprio ragione u.u) e mi hanno resa felicissima!

Ringrazio di nuovo le tre giudiciE e faccio i miei complimenti a tutte le partecipanti.

Lyrapotter

Grammatica e sintassi: 9.8

Lessico e Stile: 9.3

Originalità:8.7

Caratterizzazione dei personaggi: 14.6

Attinenza al prompt e sviluppo della trama: 13.7

Gradimento personale: 9.5

Totale: 65.6/70

Giudizio di fabi:

Mi è piaciuta molto.

Grammaticalmente ci sono pochissimi errori.

Adoro il tuo stile, sai dare spessore ai personaggi e agli ambienti, mi sono sentita Andromeda che aspetta Ted, con il timore di attendere invano.

Ho trovato la canzone ben inserita.

Hai gestito bene i personaggi, mi è piaciuta la discussione tra le famiglie, e il modo poco velato di Andromeda di andarsene secondo me mostra un'Andromeda realistica, che è disposta a rinunciare, ma che infondo non vorrebbe farlo senza certezze.

Una scelta tra i due sentieri che le si ponevano davanti che ha espresso tutte le incertezze e le insicurezze che una donna può avere in un caso del genere.

Giudizio di lilyblack:

Inizio premettendo che è una delle prime Andromeda/Ted che leggo, ma nonostante questo ho un lungo trascorso di storie sulle sorelle Black. Questa è una storia che si avvicina moltissimo alla mia idea di Andromeda, l’IC è praticamente perfetto in questa storia anche se,decisamente, Ted sarebbe potuto essere più approfondito, questa è l’unica pecca da questo punto di vista. Grammaticalmente e lessicalmente gli errori sono talmente pochi che non rovinano quasi per niente l’atmosfera resa dalla storia, dall’attesa e dall’angoscia che proviamo insieme ad Andromeda. L’inserimento della canzone e lo sviluppo della trama, che sarebbe potuto essere ancora più approfondita e sciolta, a volte sembra incepparsi un pochino, sono praticamente le uniche cose che dal mio punto di vista ti hanno penalizzato.

Giudizio di Vogue:

Grammaticalmente la storia è abbastanza precisa. Non ci sono errori veri e propri, ho riscontrato solo un ‘dopodiché’ scritto con l’accento grave anziché acuto; certamente una svista. Anche il lessico è decisamente buono, lineare e coerente con le situazioni e i personaggi da te descritti. La lettura risulta abbastanza scorrevole, ma devo ammettere che ci sono dei passaggi in cui la punteggiatura non mi convince: ossia, ci sono punti in cui pecchi per eccesso di virgole e punti in cui pecchi per difetto. Comunque nulla di grave, di certo non mina alla linearità del testo. Storia originale, in quanto fra tutte le storie su Ted e Andromeda che ho letto, nessuna trattava del momento esatto della fuga e dei momenti subito precedenti. Forse non originalissimi gli espedienti in sé, ma sicuramente sono piacevoli da leggere in relazione ai due personaggi. Hai delineato il loro carattere alla perfezione, mettendone in risalto le ragioni. Hai dato ad Andromeda lo spessore che merita, così come hai fatto (anche se in misura minore) con Ted. Ottimo anche l’utilizzo della canzone, che si prestava a questo tipo di storia, ma tutto tuo il merito di averne sviluppato così bene il significato, unendo a ciò una trama lineare e ben definita,che ha un suo inizio e una sua fine precisi. Insomma, la storia mi è piaciuta. L’ho trovata assolutamente completa, in quanto vi è un’ottima introspezione, dei momenti... beh, decisamente teneri e dei momenti in cui l’ansia e la tristezza di Andromeda diventano quasi tangibili. Dunque ti faccio i miei complimenti, davvero un buon lavoro!

   
 
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