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Autore: MagikaMemy    14/11/2010    6 recensioni
L'estate ha cambiato davvero molte, troppe cose nella vita di Sora e gli altri. Ma le cose stanno per peggiorare ancora...con l'inizio di un nuovo,terribile, stressante anno scolastico! Tra libri finiti nel fango, esami di metà trimestre e baci segreti negli stanzini, per i ragazzi le cose non saranno molto facili. E poi...beh, poi c'è l'amore. E si sa, quello che potra più guai è proprio lui!
Seguito di "Summer Time"
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Note dell’autrice:

Buona sera a tutti i miei amati lettorucci! Ok,, questo NON e’ il primo capitolo vero e proprio della storia, ma è solo un prologo. Tanto per darvi la certezza che questa ficcy la sto scrivendo sul serio XD

Detto questo, posso solo gridare al mondo che…MI SIETE MANCATI *__* da impazzire!

Prometto che cercherò di non deludere le vostre aspettative, e di fare in modo che anche Winter Time vi prenda e vi appassioni come Summer Time.

Spero davvero di riuscire a creare un capolavoro, questa volta. Mi impegnerò al massimo, quindi seguitemi, mi raccomando <3.

Detto questo: buona lettura, e buon divertimento J

Winter Time.

Prologo: what i’m waiting for?

Sapeva di doversi alzare.

Sapeva che là, fuori da quella stanza disordinata, giù in cucina, sua madre stava preprando il caffè.

Anzi, stava bruciando il caffè.

E poi si lamentava se lui non sapeva farsi neanche un piatto di ramen.

Ok, in quel caso era diverso, perché nel ramen dovevi ficcarci solo l’acqua calda e aspettare tre minuti, ma non era colpa sua se ogni volta era così affamato da non badare minimamente al tempo.

Certo, poi il ramen veniva fuori che era tutto annacquato e schifoso, ma del resto, Sora era famoso per non essere particolarmente schizzinoso.

“SORA! E’ la quinta volta che la mamma ti chiama!”

Suo padre, affacciato alla porta della camera, lanciava sguardi glaciali al figlio, di cui l’unica parte del corpo visibile era il piedi destro, mentre il resto era completamente avvolto dal.piumino.

Aspettando che Sora rispondesse, il signor Mayumi ne approfittò per guardarsi intorno.

Oh, fantastico.

Quello scemo di suo figlio aveva sistemato solo tre giorni prima, eppure sembava che fosse passato un uragano, lì dentro.

Gli cadde subito alla vista una pila disordinata sul pavimento di dvd accanto alla tv, da un lato della quale pendevano, in bella mostra, un paio di mutande grigie con disegnati…cos’erano, supereroi quelli?

Mentre cercava di capire se si trattasse di Batman o de L’uomo Torcia, sentì un mugolio infastidito provenire da sotto quell’ammasso di coperte, e un leggero movimento.

“Sora, se non scendi subito e con la divisa già addosso tua madre ti lancerà il microonde” abbassò lo sguardo, pensieroso “…o probabilmente, con la vista che si ritrova, lo lancerà a me.”

“Mmmmmscì, allivo.” Bisbigliò Sora, tirando poco a poco il visino fuori da sotto le coperte come una tartaruga che si guarda impaurita dopo un colpo sulla corazza.

Il signor Mayumi sbuffò, mostrando disappunto: “Oh, figliolo, andiamo! Smettila di fare la vittima! Anche io alla tua età ero traumatizzato all’idea di tornare a scuola dopo aver passato delle splendide vacanze che…”

“Papà, non devi andare a lavoro?!” lo interruppe bruscamente il figlio, sapendo che i ‘racconti di gioventù’ di suo padre duravano per tempi variabil tra i quindici e i settantacinque minuti.

E, sinceramente, già la prospettiva di dover tornare tra i banchi era a dir poco nauseante.

…ehy, che parolone! ‘Nauseante’!

Da quando era diventato così colto?!

Preso dall’ammirare la scelta di una parola così da intellettuale, neanche notò che suo padre era uscito dalla stanza mandandolo a…beh, in un luogo dove di solito i padri non mandano i figli.

Si stiracchiò placidamente come un gatto, sentendo le ossa che piano piano tornavano a muoversi come sempre, e uno squillo martellante lo fece alzare tutto d’un botto dalla sorpresa.

“Ma porca…cellulare del cavoloooo!” esordì, nervoso, prendendo il telefonino illuminato dal comodino e chiedendosi chi fosse quel pazzo che gli rompeva le palle alle sette di mattina del primo giorno di scuola.

Nonostante le sue intenzioni omicide, però, Sora si ritrovò a sorridere come un idiota quando lesse il mittente del messaggio.

Ehy, principessa su ‘sto cazzo, ci vediamo alle sette e trentacinque all’angolo di casa mia. Altrimenti per me puoi pure fartela a piedi. Bacio, Riku.

…ok, come al solito il romanticismo di Riku sembrava essersi andato a fare una passeggiata, ma tant’è.

Ormai avrebbe dovuto essersi abituato a quel carattere di merda che si ritrovava ( e alla sua delicatezza verbale), eppure ogni volta che gli mandava un messaggio del genere restava impalato dieci minuti a guardare il vuoto davanti a sé, chiedendosi cosa gli piacesse in lui.

Ovviamente la risposta era eloquente:gli piaceva tutto, di Riku.

Che poi fosse il ragazzo più irritante, egoista, vanitoso e presuntuoso sulla faccia della Terra…beh, era solo un dettaglio.

Spinto unicamente dalla voglia di rivedere Riku, cacciò indietro il pensiero di dover affrontare otto ore di scuola e si avviò verso il bagno, sperando che quell’anno scolastico non sarebbe stato un totale disastro.

**

“Good-morning, cuginetto!”

Roxas, nonostante si fosse svegliato circa quindici minuti prima, dopo due sole fermate di metropolitana già stava di nuovo sonnecchiando appoggiato al vetro.

Kairi, notando che non l’aveva sentita, un pò per il sonno un po’ per il volume alto (decisamente troppo) delle cuffiette, gli si avvicinò di soppiatto e, urlando, gli mise le mani su entrambe le spalle.

“AAAAAAH, SI’, SONO SVEG..uh? Kairi, ma che cavolo fai?!” grugnì il ragazzo, che aveva ovviamente attirato su di sé tutti gli sguardi dei passeggeri.

Compreso, tra l’altro, quello di una vecchina più bassa di un gremlin con le orecchie decadenti e il viso pieno di rughe rivolto verso di lui, in un’espressione invimperita.

Roxas borbottò un “Mi scusi” poco convinto, mentre davanti a lui la cugina rideva come un bambino che guarda una scimmia in bikini.

“Grazie per la bella figura, Kacchan” disse poi lui, guardandola offeso.

Kairi, il cui viso fu per un attimo illuminato dal sole che entrava caldo dai vetri della metro, gli diede un bacio sulla guancia e sorrise, raggiante.

“Scusami, Rox. E’ stato più forte di me.”

Roxas, suo malgrado, si ritrovò a sorridere.

“Chissà come mai, mettermi in situazioni imbarazzanti sembra essere il principale hobby di tutte le persone che mi conoscono.”

“Ti sbagli, il nostro hobby è offendere Sora. Diciamo che spaventare te è una libertà unicamente mia.”

Roxas inarcò un sopracciglio biondo.

“E di Axel.” Puntualizzò.

“Già…anche sua” esclamò Kairi, concedendogli almeno questo. “A proposito…com’era la casa che ha visto Venerdì?”

Roxas, a quella domanda, alzò gli occhi al cielo.

“…stendiamo un velo pietoso. Non gli è andata bene neanche questa. Se non si sbriga a trovare un appartamento entro la fine del mese, la Todai se la vede giusto in cartolina!”

“Beh, ma non dice sempre che vuole stare a Shibuya? Perché non cerca direttamente lì?” chiese la ragazza, facendo ondeggiare la gonna corta della divisa scolastica.

Roxas alzò le spalle, mentre il sonno pian piano cominciava ad allontanarsi.

“Che vuoi farci, Kacchan? Gli affitti lì sono troppo alti, e se quel baka non decide a trovarsi un lavoro serio…” la frase fu interrotta dalla suoneria del cellulare.

Roxas lo cacciò fuori dalla tasca e rispose, senza neanche guardare il nome sul display.

Sapeva che era Axel.

Gli aveva promesso che lo avrebbe chiamato in quel preciso istante tutto l’anno sin dal primo giorno di scuola, e nonostante Roxas lo avesse avvertito che probabilmente le risposte non sarebbero state abbastanza educate, quello scemo la promessa già la stava mantenendo.

Ignorando bellamente la cugina che, legandosi i capelli, sghignazzava verso di lui, si senti espoldere nell’orecchio una specie di tuono da mille watt.

“BUONGIORNOOOOOOOOOOOOOOOO piccolo Roku-chaaaaaaaaaan!”

Roxas, saltando tre metri per aria e ritrovandosi con un timpano traforato, cercò di reprimere l’istinto di urlare parolacce, non per altro perché si trovava su un mezzo di trasporto pubblico (e la vecchietta di prima, davanti a lui, ancora lo stava osservando sconcertata, visibilmente tentata di dargli la borsetta di pelle di coccodrillo in testa e sbatterlo fuori dal finestrino. Rompendo il vetro, se necessario.).

“Demyx, ma che diavolo ci fai con il cellulare di Axel?! E soprattutto…perché devi urlare di prima mattina, porca vacca??!”

Demyx, dall’altra parte dell’apparecchio, sorrise raggiante: “Axel sta litigando con il letto richiudibile, solo che voleva esser puntuale e…”

Una voce a poca distanza da quella di Demyx urlò un “Non è vero! Brutto chitarrista del…”

Il timpano di Roxas fu notevolmente danneggiato per la seconda volta nell’arco di un minuto di telefonata, stavolta da qualche parolaccia e un rumore simile a quando cade la linea.

Dopo pochi secondi, la voce di Axel lo salutò con un serio: “Bonjour, mi corazon.”

Roxas, invece di essere rapito da tale romanticismo, sollevò un sopracciglio, impassibile.

“Ax, non puoi mischiare due lingue nella stessa frase. E’ patetico.”

“…è bello sapere che apprezzi i miei sforzi di fare il fidanzato perfetto, Rox.” Ribattè Axel, offeso.

Roxa non potè reprimere una risata: “Dài, sto scherzando. Buongiorno, fidanzato perfetto.”

Axel, sdraiato sul divano, assunse un’espressione così da ebete che Demyx rischiò di vomitare l’avanzo di pizza che stava mangiando.

“Allora, come si preannuncia questo primo giorno di scuola?”

“Una palla unica, come tutti gli anni. E giuro che se sto in classe con Sora mi dò al suicidio”

Kairi, accanto a lui, gli diede una botta in testa con il libro di inglese, e il cugino in tutta risposta le mostrò la lingua.

Scherzava, ma non del tutto. Sora era il suo migliore amico, si volevano un gran bene e tutto il resto…ma averlo come compagno di banco dalla terza elementare aveva fortemente influenzato il suo equilibrio psicologico.

Danneggiandolo, ovviamente.

“Beh, almeno tu non devi vivere in un appartamento di cinque centimetri per due con un coinquilino stonato, un angolo cottura che sembra uscito dal camper di Barbie e un solo bagno senza finestra.”

“…Axel, il bagno ha la finestra”.

Momento di silenzio.

“…oh, bèh, dall’odore che c’è in quel buco credo che Demyx l’abbia rotta, o robe simili.”
Roxa sentì la colazione tornargli sullo stomaco come un vortice.

“E’ bello parlare di merda con te al mattino presto.” Disse, ironico.
La voce meccanica della metro annunciò il nome della fermata, e Kairi fece segno a Roxas di chiudere la telefonata.

“Emh…Ax, devo andare, la prossima fermata è la nostra. Ti mando un mesaggio in pausa pranzo, così ci accordiamo per oggi.”

“Va bene, piccolo. Buona scuo…DEMYX, CAZZO, CHE CI FA LA CARTA IGIENICA SOTTO AL CUSCINO DEL DIVANO?!”

Roxas, notando che c’era stato un piccolo contrattempo, chiuse la conversazione e ricacciò il cellulare in tasca, sbuffando.

Kairi, da sotto la frangetta rosso chiara, lo studiò apprensiva.

“Preparati. Temo che ci sarà il panico, in quel bilocale.”

Roxas sorrise di rimando, come a scacciare anche solo il pensiero di come sarebbe andata a finire la convivenza di quei due pazzi in uno spazio di quelle dimensioni.

Le porte della metro si aprirono, e uscendo dal vagone afferrò la cugina per mano, assicurandosi che non scivolasse.

“Non so, Kacchan” esclamò, aggiustandosi la cravatta “…ma ho la sensazione che, comunque vadano le cose, questo sarà un anno moooolto lungo.”

***

“Il mio o-bento, quest’anno, sarà di soli due piani!”

Tidus, bellamente sdraiato sull’erba del cortile esterno, guardò l’orologio dell’edificio centrale, sperando che la campanella non suonasse mai, mentre Yuna, accanto a lui, lo tirava per la manica, cercando attenzione come un gattino a cui non è stata data la razione quotidiana di latte.

“Ticchan, mi ascolti?! Guarda, guarda come sono stata brava! Ho cucinato tutto io!”
Il ragazzo osservò il cestino del pranzo della gal, dove un miscuglio di cibi non specificabili invadeva il suo campo visivo, e fece un sorriso poco convinto.

“E’…è fantastico, Yucchan. Bravissima.”

Yuna, fortunatamente, dissolse subito lo sguardo, dandosi il cinque con Rikku, e Tidus potè reprimere i conati di vomito con tutta la calma del mondo, quando le sagome lontane di Sora e Riku iniziarono a distinguersi tra la folla di studenti.

“Ehy, Socchan! Da questa parte!” gridò, saltando in piedi.

Sentendosi chiamare, Sora, che fino a quel momento era rimasto mano nella mano con Riku, mollò la presa, arrossendo di botto, gesto che diede a Riku un motivo in più per incupirsi.

“Io…scusami.” Sussurrò Sora, abbassando lo sguardo.

Riku sospirò, e con tutta la pazienza del mondo non ribadì; si limitò a carezzargli la testa e precederlo, avvicinandosi al resto del gruppo.

Il ragazzo rimase un istante lì, sbattutto di qua e di là dai primini che correvano verso i banchi di orientamento, e osservò la schiena di Riku allontanarsi da lui.

…avevano un anno davanti.

Come avrebbe fatto a gestire la cosa?

Una parte del cervello, quella che di solito non funzionava, gli diceva di continuare in quella direzione, che stare con Riku era ciò che voleva, e che Kairi avrebbe capito, quando sarebbe stato il momento.

Eppure, l’altra zona della sua testa gli diceva…di non farlo.

   
 
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