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Autore: beat    10/12/2010    9 recensioni
Era stato dunque con un enorme sorriso di vittoria che Kanon gli aveva dato appuntamento per quella mattina, nella piazza principale di Atene. Insieme si sarebbero poi diretti verso il Santuario, per quella convenzione sociale - di cui Rhadamanthys proprio non capiva la necessità – che era presentarsi alla famiglia del compagno.
[Post-Hades, tutti felici e contenti. Rhada x Kanon]
Genere: Comico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Gemini Kanon, Gemini Saga, Phoenix Ikki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: i personaggi non mi appartengono e questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.

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Make tweed not war


Rhadamanthys si schermò gli occhi con una mano. Socchiuse le palpebre, per abituarsi alla luce intensa, e si guardò attorno con circospezione. Il viaggio era stato breve – i miracoli del muoversi alla velocità della luce - quindi era rimasto spaesato quando invece della consueta pioggerellina britannica si era trovato sotto il sole luminoso delle terre del Mediterraneo.
Un piacevole e intenso tepore lo avvolse immediatamente, e l'uomo fu per un attimo tentato di levarsi la giacca, evidentemente troppo pesante per quel clima. Giacca di tweed. Ma accantonò quel pensiero quasi subito. Nella sua vita aveva dovuto sopportare cose ben peggiori, quindi non poteva certo darla vinta ad una banalissima giornata soleggiata. Non si sarebbe piegato: avrebbe mantenuto il suo perfetto contegno – e abbigliamento – inglese.
Ciò che purtroppo non riusciva tenere sotto controllo era il malumore. Causato dalla consueta e ormai proverbiale totale mancanza di affidabilità di Kanon.
Suddetta persona aveva insistito talmente tanto per quel viaggio che alla fine Rhadamanthys era stato preso per sfinimento. Era stato dunque con un enorme sorriso di vittoria che Kanon gli aveva dato appuntamento per quella mattina, nella piazza principale di Atene. Insieme si sarebbero poi diretti verso il Santuario, per quella convenzione sociale - di cui Rhadamanthys proprio non capiva la necessità – che era presentarsi alla famiglia del compagno.
Ma oltre al fatto che odiava essere stato tirato in mezzo a quell'inutile situazione, Rhadamanthys si stava indisponendo non poco per il ritardo abissale di Kanon.
L'ora dell'appuntamento era passata da un bel pezzo e se anche Rhadamanthys aveva avuto così la possibilità di studiare con attenzione tutto quello che la piazza di Atene aveva di bello da far ammirare, ora si stava davvero irritando.
Fu dunque con un cipiglio che non prometteva nulla di buono che si diresse a passo di marcia verso il Santuario.
Kanon si era premurato di spiegargli la strada, chi evitare e dove passare senza essere notati dalla gente comune. Forse non ricordando che con tutte le volte che in tutte le sue vite aveva preso d'assalto il Santuario, Rhadamanthys conosceva quella zona molto bene.
Sogghignò, ma preferì accantonare quel pensiero. Quella volta era una visita di pura cortesia. Nessun intento bellicoso in vista. Forse. Nei confronti di Kanon, comunque, era in ogni caso sempre meglio stare preventivamente sul piede di guerra.
Continuò ad incedere con il suo passo fiero, facendo finta di non notare le occhiate sorprese delle ancelle e dei soldati che incontrava. Continuò a camminare senza fermarsi, finché non si trovò davanti la casa del Montone Bianco. E tra le colonne dell'ingresso, fermo a fissarlo, c'era anche il suo custode, Mu dell'Ariete.
Rhadamanthys salì tutti i gradini che lo separavano dal Saint, e una volta arrivato a qualche metro di distanza, si fermò. Tenne il cosmo azzerato, cercando di mantenersi quanto più pacifico possibile, nei modi e nell'apparenza.
I due rimasero fermi a squadrarsi per parecchi minuti.
Il volto di Mu era spianato, la sua solita maschera di enigmatica calma. Ma gli occhi erano accessi, come lo erano di rado. E a Rhadamanthys sembrò di riuscirvi a leggere senza dubbio quello che in realtà stavano guardando: un luogo ben più lontano, nel tempo e nello spazio, quell'immenso cratere che arrivava fino in fondo all'inferno, dentro cui Aries, Scorpio e Leo erano stati scaraventati come bambole rotte. Da lui in persona.
Mu stava senza dubbio ricordando quell'episodio.
“Cosa ti porta fin qui, Spectre?”
“Nessuna guerra. Non temere.”
Mu assottigliò lo sguardo, puntando gli occhi dritti in quelli dell'altro. Non ripose, ma nemmeno accennò a spostarsi.
Rhadamanthys allora sospirò appena, estraendo dalla tasca interna della giacca un plico di fogli. Li passò a Mu, il quale li guardò attentamente, sfogliandoli uno alla volta. Erano delle pergamene, di quelle usate per le comunicazioni ufficiali del Santuario; in calce portavano la firma e il sigillo del Pontefice. E autorizzavano Charles David Rhadamanthys Lancaster a visitare il Santuario. C'era poi elencata una serie di limitazioni a dove l'intestatario poteva andare, chi aveva il permesso di avvicinare, e anche come doveva vestire – niente surplice, in ogni caso. In realtà Mu conosceva bene il contenuto di quei fogli – Kanon aveva preso per sfinimento anche il Sommo Shion, per avere quei permessi, e la storia aveva fatto tanto scalpore che tutto il Santuario sapeva che cosa era avvenuto - ma si prese lo stesso la briga di leggerli tutti con attenzione.
Ciò serviva evidentemente solo a far innervosire Rhadamanthys, ma lo Spectre decise che non si sarebbe piegato a quella provocazione e aspettò con pazienza. Quando Mu ebbe finito di leggere anche l'ultimo rigo, gli restituì i fogli.
“Posso passare adesso?”
Mu si scostò appena, facendo un elegante gesto con la mano che acconsentì al passaggio all'ospite. Rhadamanthys piegò appena il capo, e passò oltre. Non sentì altre parole da Mu, ma finché non ebbe passato la casa del Montone Bianco continuò ad avere l'impressione di avere gli occhi dardeggianti del Saint puntati contro la sua schiena.
Nemmeno alla casa del Toro ricevette un'accoglienza calorosa. Aldebaran non fece tutta la scena di Mu, gli bastò dare un'occhiata al sigillo pontificio, ma anche lui non gli staccò gli occhi di dosso finché non scomparve oltre le porte del secondo Tempio.
Rhadamanthys ringraziò silenziosamente il fatto che la casa dei Gemelli era solamente la terza. Per quanto potesse sempre far affidamento sul suo contegno inglese, sarebbe stato non poco impegnativo dover passare in rassegna la tattica del silenzio accusatorio da parte di tutti e dodici i Gold Saint.
Fu dunque un immenso sollievo intravedere la figura di Kanon stagliarsi contro le bianche colonne del terzo Tempio. Sotto il sole di Atene i suoi capelli avevano una straordinaria sfumatura di blu, che il cielo perennemente plumbeo dell'Inghilterra non riusciva di certo a donargli.
Rhadamanthys ancora non ci credeva a quello a cui l'aveva costretto quel disgraziato di Kanon. Se appena pochi mesi prima gli avessero raccontato che sarebbe finito a chiamare “compagno di vita” un Gold Saint, avrebbe riso in faccia allo sventurato burlone. Dopo averlo preso personalmente a calci dallo Yomotsu fin nel profondo del Cocito.
E invece adesso era lì, nel cuore del Santuario di Athena, in abiti civili e con il suo completo più elegante, per andare a presentarsi ufficialmente al fratello del suo amante. Rhadamanthys non aveva proprio idea di come sarebbe proseguito l'incontro. Male di sicuro, ma non riusciva a figurarsi quanto male.
Kanon gli aveva raccontato delle reazioni ben poco positive di quando aveva raccontato al fratello di loro due. A quanto pareva, se anche Saga avesse inizialmente voluto tenere segreta la cosa per evitare il più che probabile scandalo, lui e Kanon avevano finito per urlarsi contro con talmente tanto impeto che gli strepiti si erano sentiti praticamente in tutto il Santuario.
Quindi Rhadamanthys era psicologicamente pronto alle più disparate, e disperate, reazioni da parte di Saga.
L'unica cosa di cui era sicuro era che Kanon gli doveva un enorme favore, per ripagarlo di quello che stava per fare. E ne avrebbe preteso il pagamento immediato non appena quella manfrina fosse finita. Lo spectre sogghignò. Ora che ci pensava poteva benissimo incassare anche un anticipo.
Si avvicinò di soppiatto al terzo Tempio, salendo le scale furtivo come un gatto. Kanon non sembrava essersi accorto della sua presenza. Stava controllando una delle numerose crepe sulle colonne diroccate del pronao. Rhadamanthys si mosse agile, comparendo come un'ombra alle spalle dell'amante. Gli cinse il petto in un abbraccio forte e avvolgente.
A diretto contatto con la sua schiena, sentì con chiarezza impeccabile il cuore di Kanon accelerare all'improvviso, con battiti chiari che gli rimbombavano nelle orecchie.
“Il ritardo di oggi viene aggiunto al conto che mi devi pagare, Kanon.”
Rhadamanthys si beò del forte rimbombare del cuore dell'amante.
Non fosse stato che percepì più che chiaramente anche l'improvviso ribollire di un cosmo imponente, per nulla amichevole
“Togli le tue zampacce dal mio fondoschiena, Spectre, se non vuoi che ti tranci le mani!”
Rhadamanthys si allontanò lentamente.
E squadrò con attenzione l'uomo che aveva di fronte.
Non avrebbe potuto certo metterci la mano sul fuoco, ma qualche cosa nel suo sguardo oltraggiato – e particolarmente assassino - gli diceva che quello che aveva di fronte non era Kanon.
Si prospettava un incontro davvero molto, molto difficile. E che iniziava nel peggiore dei modi.





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Angolo dell'Autrice:

Non lo so.
Davvero.
Il titolo è molto a caso. Anche la storia in effetti.
Volete sapere di chi è la colpa? A parte di Kanon, che è sempre colpa sua…
Sorpresa sorpresa, colpa di ayay
.
Io dovrei smetterla di frequentarti, tiri fuori il peggio di me.
*C*



No, sto scherzando, come farei senza di te?! *la abbraccia e la stritola di coccole*


Fatemi sapere i vostri commenti, pareri o critiche.


Grazie a chi vorrà recensire e a quanti leggeranno e basta!

Beat


   
 
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