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Autore: bluemary    12/12/2010    4 recensioni
La donna sollevò lo sguardo senza rispondere, rivelando gli occhi che fino a quel momento si erano rivolti altrove. Incapace di muoversi, la guardia la fissò sconvolto. L’iride nerissima era frammentata da piccoli lampi di grigio, come delle ferite che ne deturpavano l’armonia, donando al suo sguardo una sfumatura intensa quanto inquietante; ma era stato il centro stesso dell’occhio ad aver attratto da subito l’attenzione dell’uomo, che adesso la fissava quasi con terrore, le mani strette convulsamente alla lancia ed il respiro affannoso: al posto del nero della pupilla, si stagliava il bianco tipico degli Oscuri.
Cinque sovrani dai poteri straordinari, una ragazza alla ricerca della salvezza per una razza intera, un umano con la magia che sembra stare dalla parte sbagliata. Benvenuti su Sylune, una terra dove la speranza è bandita e dove gli ultimi uomini liberi lottano per non soccombere.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sylune' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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-Capitolo 1: Gli Oscuri-

Una donna avanzava lentamente nel sentiero, accompagnata solo dal leggero fruscio del suo mantello.
A poche centinaia di metri da lei si potevano scorgere le torri più alte di un castello che spuntavano dalle cime degli alberi e brillavano leggermente, quasi potessero riflettere la luce della luna.
Anche senza vederlo, sapeva che il maniero era circondato da soldati.
Le sue labbra si imbronciarono in una smorfia: con le sue capacità avrebbe potuto aggirarli senza problemi o regalare loro il sonno eterno prima ancora che si accorgessero della sua presenza, ma forse lui non avrebbe gradito.
Raggiunse il grande portone pochi minuti dopo, stranamente il vestito di seta scura che le fasciava il corpo era ancora in ottime condizioni, nonostante il lungo viaggio a piedi, e, aderente e perfetto, donava un fascino tenebroso a quella figura generata dalla notte.
Subito una guardia le si parò di fronte, puntandole al petto la corta lancia a cui pochi secondi prima era appoggiato.
- Cosa vuoi? - le chiese rudemente.
La donna sollevò lo sguardo senza rispondere, rivelando gli occhi che fino a quel momento si erano rivolti altrove.
Incapace di muoversi, la guardia la fissò sconvolto.
L’iride nerissima era frammentata da piccoli lampi di grigio, come delle ferite che ne deturpavano l’armonia, donando al suo sguardo una sfumatura intensa quanto inquietante; ma era stato il centro stesso dell’occhio ad aver attratto da subito l’attenzione dell’uomo, che adesso la fissava quasi con terrore, le mani strette convulsamente alla lancia ed il respiro affannoso: al posto del nero della pupilla, si stagliava il bianco tipico degli Oscuri.
- Pensi di potermi fare entrare? - chiese lei con un accenno di divertita ironia nella voce.
Senza capire se si era mosso di sua spontanea volontà, il soldato abbassò la lancia e si scostò, lo sguardo ancora perso davanti a sè.
Sentì i passi della donna svanire all’interno del castello, mentre ancora il suo cuore non accennava a rallentare, poi crollò in ginocchio.
Non era la prima volta che vedeva un Oscuro, il suo stesso padrone era uno di essi, eppure, ad ogni incontro con questi detentori della magia, il terrore gli annebbiava la mente, costringendolo a impegnarsi con tutte le sue forze per non scappare lontano.
Nessuno conosceva le origini di questi esseri che, all’improvviso, erano comparsi nel continente di Sylune e avevano cominciato a costruire un impero, ora divenuto il regno della Fiamma Nera, fondato sul sangue e sulla violenza; non erano gli unici a conoscere la magia, prima di loro c’era stato un intero popolo con questo potere, gli Eterei, individui dagli occhi viola, simili agli elfi delle leggende antiche, che vivevano in pacifici villaggi il più possibile isolati dagli uomini.
Tuttavia, apparentemente senza un motivo, gli Eterei erano spariti da Sylune almeno cinque anni prima e la loro scomparsa era coincisa con l’arrivo dei Cinque Re, cinque esseri privi di scrupoli e votati alle tenebre che conoscevano la magia; gli uomini, spaventati dal loro potere apparentemente senza fine, li avevano denominati Oscuri e adesso che il loro regno si estendeva su quasi tutta Sylune, erano essi stessi a fregiarsi di quello che per loro era diventato un titolo distintivo e ovunque fosse pronunciato causava terrore e obbedienza.
La guardia si rimise in piedi faticosamente.
Non gli piaceva il suo lavoro, ma l’unica alternativa alla morte per un abitante del regno della Fiamma Nera era mettersi al servizio degli Oscuri; i più fortunati potevano rimanere nei loro villaggi, buona parte degli uomini veniva impiegata nell’esercito, mentre coloro che avevano osato ribellarsi venivano uccisi senza appello.
Difendere il castello di uno dei Cinque Re in fondo non era poi un impiego tanto pericoloso se paragonato alla guerra, praticamente nessuno aveva il coraggio di attaccare gli Oscuri e la guardia non si era mai trovata in pericolo.
Fino a quel momento, in cui nelle pupille spaventosamente bianche della donna aveva letto la propria morte.
Aveva già sentito parlare di lei come di una maga bellissima e senza pietà, l’unica tra i Cinque Re ad avere fattezze femminili e, per alcuni, la più pericolosa.
Con un brivido sperò di non incontrarla quando sarebbe uscita dal castello.

L'uomo stava di fronte al caminetto, contemplando con un tenue sorriso le fiamme che sembravano divampare più alte o attenuarsi a seconda dei movimenti della sua mano.
Chissà se lei sarebbe arrivata…
Sorrise freddamente tra sè.
Probabilmente avrebbe atteso invano, eppure c’era sempre una piccola possibilità che la sua proposta fosse stata abbastanza interessante per scomodarla dalla sua sfarzosa dimora.
All’improvviso, come se ci fosse sempre stata, una donna comparve alle sue spalle, in un silenzio tanto perfetto che nessuno avrebbe potuto dire se avesse camminato fino a lì o semplicemente fosse apparsa quasi fosse un fantasma.
- Ti do il mio benvenuto, Sawhanna. - mormorò il padrone del castello senza voltarsi.
- Che cosa desideri, Lotar? Non concedi spesso il privilegio dei tuoi inviti. - la voce della donna suonò cordiale, eppure un orecchio esperto sarebbe riuscito a captare una sfumatura gelida nelle sue parole.
L'Oscuro le fece cenno di sedersi di fronte a lui, senza lasciar trapelare alcuna emozione dal volto impassibile. Anche nei suoi occhi luccicavano piccole schegge di colore, come un argento sporco in totale contrasto con il verde dell'iride ed il bianco che aveva preso il posto della pupilla.
- Immagino che tu non abbia tempo per dei frivoli convenevoli. - disse con appena un velo d’ironia, prima di porgerle un bicchiere - O forse desideri qualcosa da bere?
La donna scosse il capo con un freddo sorriso.
- Ormai mi conosci, sai che preferisco arrivare subito al dunque senza...
- Ho trovato un altro degli Alher. - la interruppe Lotar all’improvviso, conscio dell’effetto che avrebbero avuto le sue parole sulla sua ospite.
- Dove? - chiese lei, trattenendo inconsapevolmente il respiro.
Gli Alher erano gli unici esseri rimasti sulla terra in grado di usare la magia. Oltre, naturalmente, agli Oscuri come lei.
Siccome il loro aspetto era identico a quello degli uomini normali, in pochissimi sapevano della loro esistenza, lei stessa non ne aveva mai incontrato uno, né conosceva le loro origini; era stato Lotar a rivelarle tutte queste informazioni, raccontandole di quando, in passato, aveva scoperto della magia in uno dei suoi prigionieri.
In un primo momento l’aveva creduto un Etereo, ma poi, studiandolo a fondo, aveva notato che non possedeva nessun’altra delle loro particolari capacità ed i suoi occhi erano castani.
Purtroppo l’Alher era morto prima che lui potesse appropriarsi del suo potere, tuttavia anche solo il sapere della loro esistenza era un’informazione preziosa.
Per un attimo gli occhi dell’Oscura luccicarono di ambizione: con un Alher nelle loro mani sarebbero stati in grado di ottenere una magia imbattibile, e perfino di eliminare gli altri tre Re…
L’uomo sorrise nel notare come l'interesse fosse subentrato all'irritato riserbo con cui lei l'aveva trattato fino a quel momento
- In un villaggio vicino a Lorimar, ho già mandato dei soldati a catturarla.
L'Oscura sollevò un sopracciglio.
- E' una femmina?
- Così pare.
Ci furono alcuni secondi di silenzio, l'uomo ne approfittò per studiare in maniera discreta la sua ospite: Sawhanna, la più giovane di loro cinque, l'unica donna tra i Cinque Re e, in un certo senso, l’unica per cui provasse una sorta di interesse.
I capelli neri appena arricciati sulle punte scendevano a incorniciarle il volto pallido e perfetto, solo gli occhi innaturali, tipici degli Oscuri, turbavano l'armonia di quei lineamenti che parevano scolpiti in un gelido, bellissimo marmo.
Lotar sorrise, una leggera piega delle labbra che gli accarezzava il volto. Indubbiamente l’aspetto della sua ospite rasentava il concetto stesso di perfezione, eppure non era per questo che l’aveva scelta come alleata per l’ambiziosa scalata verso il potere; c’era qualcosa in lei, forse una scintilla di vita, che gli regalava quell’agrodolce sensazione di nostalgia per la sua natura umana, ormai sempre più distante.
La voce brusca della donna lo riportò alla realtà.
- Aspetta, hai detto Lorimar?
- Qual è il problema? - le chiese, sorpreso del tono duro con cui gli aveva parlato: non una gelida cortesia che nascondeva l’irritazione, ma la paura mascherata dalla rabbia improvvisa.
- Me ne ha parlato Daygon l’ultima volta che l’ho visto, sembrava stranamente interessato a quella città.
Lotar imprecò mentalmente. Daygon era il primo ed il più potente di loro Oscuri, se fosse riuscito a mettere le mani su un Alher nessuno, nemmeno lui e Sawhanna assieme, sarebbe più stato in grado di ucciderlo.
- E cosa ti ha detto? - chiese, mentre, servendosi della magia, cercava invano di rintracciare i pensieri dei soldati che aveva inviato in missione a catturare l’Alher. Ormai da diverso tempo aveva imparato ad instaurare una sorta di legame mentale con i suoi uomini più valorosi, in modo da poter essere sempre in contatto con loro, eppure questa era la prima volta che non riusciva a localizzarli.
Si concentrò corrugando la fronte, ma ogni suo tentativo fu inutile, solamente il vuoto rispondeva ai suoi appelli mentali sempre più pressanti.
Sawhanna gli diede la conferma che cercava con tutte le sue forze di negare.
- Ha detto che Lorimar è la sua nuova preda.

Quello stesso giorno, nel pomeriggio, si spense una delle poche speranze di libertà su Sylune.
Una stretta colonna di uomini procedeva a passo serrato nel deserto, lasciandosi alle spalle i resti bruciati e anneriti di quella che, un tempo, veniva annoverata tra le città autonome dell’impero. I loro mantelli laceri ed imbrattati di sangue li facevano apparire come una spettrale apparizione di morte, silenziosa e quasi irreale.
Nonostante la stanchezza, i soldati continuavano a seguire il loro comandante, l'unico provvisto di cavallo, che apriva la fila con il suo lungo mantello immacolato e lo sguardo impassibile. L'elmo nero e cesellato d'argento copriva gran parte del suo viso, lasciando solo un paio di strette aperture per gli occhi, due gelidi bagliori grigi che trafiggevano l'avversario prima ancora della spada e, altrettanto letali, costringevano i guerrieri meno coraggiosi ad abbassare lo sguardo in sua presenza.
Nonostante l’assenza di stemmi, era facile riconoscere in lui il più giovane e potente generale della Fiamma Nera, colui che godeva della piena fiducia di Daygon, il primo ed il più potente dei Cinque Re.
Si chiamava Mizar, ma tra i suoi soldati era temuto e acclamato con il nome di Devil.
Nessuno sapeva come avesse fatto un ragazzo a raggiungere un rango tanto elevato, ma ormai in molti sospettavano che l'alto e crudele comandante possedesse quel tenebroso potere tipico degli Oscuri e ne condividesse le misteriose origini; più volte, infatti, Mizar aveva dato prova di conoscere la magia, in scontri letali e dirompenti che si erano sempre conclusi con la distruzione del suo avversario.
Una mano guantata si alzò all'improvviso, in un imperioso ordine di arresto.
I soldati obbedirono all'istante, nessuno che avesse provato anche solo a contestare il suo volere era sopravvissuto per più di qualche secondo. Si limitarono a guardare con sorpresa il loro comandante che scendeva da cavallo e si avvicinava ad un corpo esanime steso a terra, senza comprendere le sue intenzioni.
Mizar si fermò a pochi centimetri dalla testa di quello che, probabilmente, era solo il cadavere di una giovane donna.
Le macchie di sangue ancora fresche dimostravano come fossero passati solo pochi minuti da quando lei era crollata a terra, eppure le tracce dei suoi passi sulla sabbia si dirigevano verso Lorimar, segno che non apparteneva alla cittadina che lui ed i suoi uomini avevano appena distrutto.
Incuriosito da questo particolare, il guerriero si soffermò a studiarla per qualche secondo.
Aveva il viso di una ragazzina, neppure la sofferenza era riuscita ad offuscare la dolcezza dei suoi tratti; i capelli castani pieni di sabbia le ricadevano ai lati della testa, come un drappo polveroso su cui si fosse adagiata per riposare, e accanto ad essi c'era un pugnale incrostato di sangue.
Sul fianco faceva mostra di sé una striscia di stoffa utilizzata per tamponare una ferita ancora aperta, mentre entrambi i palmi delle sue mani presentavano segni simili a bruciature.
Per un attimo il generale sembrò intenzionato ad abbandonarla nel deserto, assecondando così il crudele disinteresse per la vita umana che faceva parte della sua natura; non provava pietà per quella ragazza che si era spenta a poche miglia da una città appena distrutta, e seppellire i morti non rientrava nelle sue mansioni.
Un movimento impercettibile bloccò i suoi passi, facendolo voltare verso quel corpo esanime; senza cambiare espressione si abbassò su di lei e le tastò la gola, riuscendo a percepire un debole battito solo dopo essersi tolto il guanto.
Chiuse gli occhi per un secondo, più per prendere una decisione che per concentrarsi, quindi una tenue luce azzurrina apparve tra le sue mani e si diresse guizzando verso lo squarcio sul fianco della ragazza che ancora sanguinava. In un paio di minuti la ferita si richiuse completamente, lasciando una sottile striscia di pelle appena più fragile e chiara del normale, a testimonianza di ciò che era successo.
La ragazza mosse appena la testa, senza riprendere conoscenza.
Mizar si rimise il guanto in silenzio.
Mentre le sue labbra si incurvavano in un sorriso crudele, la prese tra le braccia, attento a non riaprirle la ferita, e salì a cavallo. Dopo averla adagiata contro il proprio petto, circondandola con un braccio affinché non cadesse, voltò la testa verso i suoi uomini che lo ancora lo fissavano timorosi e, da quando aveva utilizzato la magia, anche vagamente incuriositi.
- Partiamo. - ordinò seccamente schioccando le redini.
   
 
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