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Autore: Elos    20/12/2010    4 recensioni
La Terra del Ventitreesimo Secolo, pensa Yeshrael il Viaggiatore, Yeshrael il Drago, non è un posto in cui valga la pena di vivere: ma c'è qualcuno, forse, che meriterebbe d'essere salvato. Giunto con il compito di Osservatore a premergli sulle spalle, si troverà a fare i conti con il peso del dovere.
Non tutti i futuri sono già stati scritti.
Terza Classificata e vincitrice del premio Eylis consiglia al concorso La Stazione... e il Drago, indetto da Eylis.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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.ventitreesimo giorno



C'era un treno in arrivo, lui lo sentiva sferragliare alle sue spalle e non osava volgersi: perché se si fosse girato l'avrebbe visto. Giaceva bloccato tra le traversine e non poteva muoversi, non poteva scansarsi, saltare via, aprire le ali e volare. Il treno stava arrivando, avrebbe attraversato la Stazione e l'avrebbe travolto, e lui non poteva farci niente.
Sentiva che Alys era lì da qualche parte sulle banchine e lo stava guardando, guardando, non Osservando, e Joss sapeva che lei stava piangendo, che era infelice, che voleva aiutarlo: ma quando la cercava con gli occhi lei sembrava sparire e spostarsi un po' più in là.

Dal giorno del bacio aveva cominciato a sognare questo tutte le notti.
Il bacio c'entrava sicuramente in qualche modo. Il bacio doveva aver causato il sogno. Se avesse smesso di baciarla forse il sogno sarebbe scomparso, ma lui la baciava e la baciava e la baciava e tutta la nausea spariva. Quando la baciava si sentiva guarito, rinato. Quando la baciava le camere d'albergo erano sale e stanze di posti stupendi che aveva visitato, pieni di luce, con l'odore del vento e del mare. Quando la baciava il cielo era azzurro.
Quando la baciava Alys era vestita di lino bianchissimo in un posto dove alle streghe costruivano ponti d'oro. Faceva ballare i cucchiaini sul tavolo e lui spalancava le ali per portarla più vicina alla luna.

Davanti a un pensiero come questo anche il ricordo del sogno e della Stazione si faceva fioco e lontano.



.ventisettesimo giorno


- In un posto così si potrebbe stare per sempre. -
A nord di Donegal c'era un faro bianchissimo gettato a scavalcare un promontorio verde - com'era verde il cielo, che però nel contrasto sembrava quasi azzurro - e un villaggio minuscolo incastrato tra due lembi di bosco spoglio. Faceva freddo da morire e da giorni mangiavano solo funghi e biscotti secchi, ma se dormivano abbracciati nel sacco a pelo riuscivano a scaldarsi, dopo un po'; e anche lo stomaco doleva di meno. Respiravano l'uno addosso all'altra e Joss passava il suo tempo con gli occhi aperti, spalancati.
Stava sveglio. Non poteva perdersi neanche un minuto di tutto questo, e perciò stava sveglio. Non sapeva quanto di Alys avrebbe potuto avere quanto a lungo. Non sapeva quanto di lei gli sarebbe stato permesso di prendere, gli occhi da stella e quella scheggia di denti bianchi in mezzo al sorriso intimorito e gli occhiali che al mattino erano sporchi, unti, perché lei glieli aveva strofinati contro una guancia per tutta la notte. Le mani di Alys. I sassolini che tremavano attorno al sacco a pelo, le foglie che le si incollavano ai capelli e non volevano venir via, come forcine verdi, come calamite. Cercava di prendere tutto quel che avrebbe potuto portare con sé, ma lui non se ne voleva andare, no: voleva restare con lei e continuare a scappare così. Quando avessero terminato di girare quell'isola sarebbero passati ad un'altra, e poi ad un'altra ancora e infine sulla terraferma; c'era tanto da vedere, tanti posti nei quali nascondersi, dormire. Tanti spicchi di mare buio da guardare, e lui e la Stazione avevano un'infinità di tempo, no? Cos'erano dieci anni, cento, a confronto di tutto il tempo che aveva passato ad Osservare?
- Il posto da cui vengo io... - Disse Joss, distratto. - … è molto più bello di questo. -
Le teneva una ciocca di capelli tra le dita, e Alys strusciò la testa contro il sacco a pelo per poter alzare gli occhi e guardarlo:
- E che posto è? -
- Un posto di mare, come questo. E' un grosso arcipelago di isole verdi. Fa sempre molto caldo, la gente si sposta in piccole barche. -
Lei domandò, incerta:
- Esiste un posto così? -
Non qui.
- Sì. -
Un attimo di silenzio.
- Mi piacerebbe andarci. - Bisbigliò Alys.
Mi piacerebbe portartici. Joss aveva appena festeggiato il suo primo secolo di vita il giorno in cui il Capostazione gli aveva detto che era stato scelto tra migliaia di razze, tra milioni di miliardi di creature, che avrebbe Osservato. L'aveva portato via da casa prima dell'alba e, malgrado tutto l'orgoglio provato nel sentirsi chiamare Viaggiatore, gli era rimasta dentro, così, quell'alba mancata, con le ali degli altri - fratelli - come spuma iridescente nel cielo.
- Joss....? -
- Uh? -
Alys inghiottì a vuoto un paio di volte e poi disse con un filo di coraggiosissima voce:
- Sono molto contenta di averti conosciuto. Mi vergogno di esserlo, perché tu sei in pericolo, così, e lo sei per colpa mia, ma sono contenta. Vorrei averti conosciuto prima. Vorrei averti conosciuto da sempre. -
Sempre, sempre. Joss le accarezzò i capelli: erano lisci e sottilissimi, capelli infantili. Un posto così non era bello quanto il posto dal quale veniva lui, ma avrebbe potuto rimanere egualmente lì per sempre, pensò, attorcigliato agli occhi da stella. Edera, erica, lei gli stava fiorendo addosso.
Voleva portarla via. Intera. Tutto di lei, tutto di lei, alla Stazione, altrove. Continuare a scappare da lì in eterno. Averla sotto le mani, dentro le mani, tenerla tra due palmi e serrarla senza farle del male.
- Non ho più molta paura. - Bisbigliò Alys.
E sentirglielo dire gli fece male da morire.



.trentunesimo giorno



Il trentunesimo mattino si svegliarono ed inciamparono senza accorgersene nel giorno in cui Alys sarebbe morta.
Ed era cominciato di nuovo tutto con un trillo.

Non era stato l'orologio a squillare, stavolta, ma un uccello spaventato in fuga tra i rami più alti degli alberi; Joss scivolò dal sonno alla veglia in un attimo, gli occhi pieni del verde spezzato d'oro pallido della foresta nell'alba, e poi qualcos'altro esplose a valle, ai piedi della collina, un suono come di sirena aguzza che spezzò in due parti taglienti l'aria. Alys spalancò gli occhi accanto e lui e Joss le accarezzò la testa, meccanicamente.
- Va tutto bene. - Le disse, e mentiva. - Resta sdraiata. -
Non voleva che si alzasse, ancora, perché forse il trillo e il suono e il ronzio non erano quel che lui pensava fossero; e, se lo erano, forse sarebbero passati oltre. Forse li avrebbero superati. Forse non li avrebbero visti. Il bosco era folto, il paese lontano. La collina alta.
Si inerpicò su un sasso per sbirciare tra gli altri, e la prima cosa che gli saltò nel petto nel vedere il grande mostro argentato fu fratello...?, ma poi si ricordò in un baleno che non c'era nessuno come lui su quel mondo, nessun drago, Drago, niente di così grosso che volasse senza che fossero stati gli uomini ad appenderlo sul cielo. Puntava proprio da quella parte e sul suo tragitto tranciava i rami, gli alberi, tutto, e Joss seppe immediatamente che stavano cercando loro due.
Saltò giù dal sasso, afferrò Alys e - senza ricordare quasi che aveva promesso al Capostazione che sarebbe stato attento a passare per umano, solo per umano - la sollevò senza sforzo e la mise in piedi, un po' spingendola, un po' tirandola.
- Corri! -
Scapparono. Giù per la collina, giù per il prato, giù per una terra verde, verdissima, l'Isola di Smeraldo, dove però il cielo era sempre più verde dell'erba. Superarono una bassa valletta e furono allo scoperto, e il mostro d'argento era sempre alle loro calcagna: ruggiva inghiottendo gli alberi, con occhi di vetro opaco che riflettevano le nuvole e non lasciavano vedere gli uomini che lo stavano manovrando.
Erano lì per Alys. Li stavano inseguendo. Erano lì per prendere Alys.
La trascinò su per la collina e non si stupì di sentirla tremare, terrorizzata, di sentirla mugolare piena di spavento mentre gli correva dietro e cercava di tenere il suo passo.
- Tirali giù! - Le urlò, senza fermarsi. - Alys! Tu puoi! Tu puoi farlo! -
- Non posso... - Boccheggiò lei.
- Sì che puoi! Tirali solo... pensa che siano sassi e tirali, tirali giù! -
La voce nella gola di Alys si strozzò in un singhiozzo:
- Non posso! - Lei si fermò di colpo a metà della salita, bloccandosi senza preavviso. - Lasciami andare, Joss! Lasciami, vai, vattene via! - Cercò di strattonare il braccio per costringerlo a lasciare la presa, ma Joss era semplicemente troppo, troppo forte per lei. - Joss, ti prego... -
Il mostro d'argento era proprio dietro di loro. Li stava raggiungendo. Li avrebbero presi. Avrebbero preso Alys. Alys la strega. Alys preziosa. Alys occhi di stella, cuordicielo, Alys bianchissima e candida con i suoi occhiali macchiati della pelle sulla quale s'era strofinata - la sua.
La strattonò, trascinandosela dietro e obbligandola a muoversi:
- Non ti fermare! Corri! -
Non ce l'avrebbero mai fatta, pensò Joss. Quella salita sembrava infinita, tutta alberi radi e cespugli bassi, e il mostro d'argento volava veloce come una saetta, come una gonfia libellula mostruosa, sarebbe stato loro addosso a momenti. Joss avrebbe potuto prendere Alys in spalla e correre di più, più forte, ma anche così prima o poi sarebbero stati raggiunti.
Non possiamo scappare. Realizzò tutto ad un tratto. Non possiamo scappare. Inchiodò lì dov'era, bloccandosi, e Alys lo superò e fece ancora qualche passo prima di fermarsi e volgersi a guardarlo, stupita. Joss vide il mostro d'argento riflesso nelle sue lenti, nei suoi occhi, e poi il panico e le mani di lei che si allungavano per afferrarlo. Joss cominciò a girarsi, e gli sembrò che le spalle gli scoppiassero di dolore mentre le stirava, lentamente, mentre le ali venivano fuori poco alla volta da sotto la pelle. Vide di nuovo panico negli occhi di Alys, poi sbalordimento e poi, poi, poi, gli arrivò alle orecchie il fischio lontano.
Il trillo della campana.
Non adesso, pensò Joss, terrorizzato, non adesso, non adesso, la nausea lo stava schiacciando, no, no, no!
Il treno stava arrivando: fischiava e suonava per annunciare la sua comparsa, e Joss vide le rotaie allungarsi sotto ai suoi piedi, una delle traversine stesa a separarlo da Alys, e prima pensò no e poi lo urlò più forte che poteva.
No, no, no, no, centinaia di volte no, mille volte no, Alys era lì, Alys era in pericolo, lui doveva salvarla, lui doveva restare, fermarsi, la Stazione poteva aspettare, il treno poteva aspettare, lui voleva Osservare, osservare, osservare Alys fino a quando non avesse avuto i capelli bianchi e la faccia piena di rughe e la pancia piena di bimbi e il sorriso colmo, traboccante, luminoso. Voleva Osservarla, osservarla, sempre. Voleva che vivesse.
Tese le mani e cercò di incontrare le sue: e si accorse di avere le dita luminose, le braccia luminose, scintillanti di uno sciame di lucciole che si concentrava in prossimità della tasca dei calzoni - dove teneva l'orologio. Nauseato, si rese conto che stava già scomparendo. Poteva guardare il terreno in trasparenza attraverso le proprie braccia, e anche Alys doveva vederlo così, perdersi e svanire, perché grido e tentò di nuovo di trattenerlo.
Il fischio del treno gli esplose dentro la nuca, e il rombo del mostro sovrastò il suo nome sulla bocca di Alys. Un fascio di schegge di metallo luminoso passò attraverso al corpo di Joss che scompariva e si piantò nel petto di Alys, nel viso di Alys, nel suo stomaco liscio, nelle sue spalle curve. Le sue gambe brillarono come piante irte d'aculei, le dita protese, insanguinate, fu la volta di Joss di gridare e urlare mentre la Osservava cadere.
Sta morendo, pensò Joss, muore.

Aveva creduto che gli sarebbe dispiaciuto doverla Osservare morire, ma questo non era dispiacere, questo non era dolore. Questo gli stava mangiando il cuore.



.trentunesimo giorno – Epilogo



- Capostazione! Capostazione! Esci fuori! Devo... Tu! Perché mi hai portato via? Riportami indietro, ora! -
Ma non sarebbe mai più tornato indietro, pensò Joss, Yeshrael. Mai più. Alys era morta, moriva.
Ora anche i suoi pensieri stavano sanguinando.






Note: In ritardo per via di problemi alla connessione internet!
Come sempre, un grazie di cuore a tutti coloro che si sono fermati a leggere, a chi ha inserito questa storia tra le Seguite, i Preferiti o la Ricordate e, soprattutto, un grazie a chi ha lasciato un commento.

Doppiamente grazie a Killuale94, che sta partecipando alla campagna Adotta una storia anche tu. Ondate di grazie.
  
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