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Autore: beat    24/12/2010    2 recensioni
“Con tutto il rispetto, Aiolos, ma tu non sai. Non sai quello che hanno fatto passare ad Aiolia solo per il fatto di essere il fratello di un traditore. E non solo le ancelle pettegole, o i boriosi soldati giù alla guardia. Tutti i Saint, perfino i Cavalieri d'Oro erano schierati tutti contro di lui. Se sapessero che Ilias è mio figlio gli riserverebbero lo stesso trattamento, e né tu, né nessun altro potreste fare qualcosa per impedirlo!”
{Galan}
[Fic legata a "This Ain't About Givin' Up Or Givin' In"]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Sagittarius Aiolos, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: i personaggi non mi appartengono e questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.

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Titolo: Nel vento e nelle spighe di grano
Autore: Beat
Presentazione: [cit.] “Con tutto il rispetto, Aiolos, ma tu non sai. Non sai quello che hanno fatto passare ad Aiolia solo per il fatto di essere il fratello di un traditore. E non solo le ancelle pettegole, o i boriosi soldati giù alla guardia. Tutti i Saint, perfino i Cavalieri d'Oro erano schierati tutti contro di lui. Se sapessero che Ilias è mio figlio gli riserverebbero lo stesso trattamento, e né tu, né nessun altro potreste fare qualcosa per impedirlo!” [/cit.]
Personaggi principali: Galan,
Sagitter Aiolos
Altri personaggi: Un pò tutti
OC: Ilias, Kyriaki (© Ayay)
Genere: Introspettivo, Sentimentale
Rating: Verde
Parentele: Questa fic è legata cromosomicamente all'ultimo capitolo della bellissima storia This Ain't About Givin' Up Or Givin' In
 di Ayay, da cui prende il pezzo nell'introduzione e a cui si ispira per il titolo.
Se non l'avete letta (fatelo! correte subito a leggerla!), in breve dovete sapere che Galan
è il padre di Ilias - allievo di Ikki di Phoenix - e che la madre di quest'ultimo, Kyriaki, è morta durante la Guerra Sacra.
Sono passati sette anni da allora…
[post-Hades, tutti vivi e vegeti]


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- Vuoi sapere se sento di aver fallito? -
con un adulto non sarebbe mai stato così diretto,
 ma gli occhioni verdi e curiosi di Ilias non sembravano ansiosi di giudicare, solo di ascoltare e capire

- No, Ilias. Se non sono divenuto cavaliere, evidentemente non ero adatto.
Il destino ha provveduto in maniera diversa a me, e sebbene io sia fiero di aver tentato,
ora so che servendo il signor Aiolos e poi suo fratello Aiolia ho fatto meglio di quanto non avrei fatto come Saint.
Capisci? Ognuno di noi è destinato a qualcosa... -
 esitò per un istante, sentendosi sfuggire le parole più adatte.
Voleva spronare Ilias a credere nei suoi sogni, ma nello stesso tempo temeva di fornirgli false speranze

- Bisogna scegliere per cosa combattere.
Ma se scopri di trovarti sul sentiero sbagliato, non avere paura di ammetterlo, non lottare contro il tuo fato.
Non sentirti sminuito da questo.


[cit. Galan, This Ain't About Givin' Up Or Givin' In, capitolo 4]





Nel vento e nelle spighe di grano


Galan stava raccogliendo le vesti che padron Aiolia aveva lasciato per terra, quando era rientrato la sera precedente. Sebbene fosse passato fin troppo da quando era un ragazzino pestifero che si divertiva a far ammattire la servitù, quella brutta abitudine di lasciare gli abiti dove capitava non gli era mai passata. Galan scrollò energicamente un mantello impolverato, e dopo una rapida occhiata inquisitrice lo aggiunse alla cesta del bucato.
Stava scrutando il pavimento alla ricerca di altri capi d'abbigliamento, quando un cosmo dorato si fece sentire all'ingresso posteriore del Tempio.

“Buongiorno, Galan!”
“Buongiorno a lei, sommo Aiolos!”
Aiolos scoppiò in una risata argentina.
“Via, Galan, cosa sono tutte queste formalità?”
Galan rispose con un educato sorriso e fece sparire in fretta la cesta del bucato dietro la tenda della lavanderia.
“Padron Aiolia non c'è, è uscito questa mattina presto. Penso sia sceso all'Arena.”
“Non stavo cercando mio fratello in effetti.” Aiolos si fece avanti, dando poi una pacca sulla spalla a Galan “Volevo fare due chiacchiere con un vecchio amico! Ti va di accompagnarmi a fare un giro?”

Galan abbassò istintivamente lo sguardo. Temporeggiò. Erano passati così tanti anni, tanti da far quasi dimenticare a tutti, ma ancora non se la sentiva di uscire come una persona comune. La casa del Leone era stata per lungo tempo luogo di sventura, di disonore, empio rifugio di sacrileghi e criminali; e anche se la reputazione dei due fratelli dorati era stata pienamente risanata, la sua continuava a rimanere irrimediabilmente macchiata.
Galan aveva passato così tanti anni a schivare le occhiate malevole e accusatorie, che ormai aveva perduto praticamente ogni interesse per qualsiasi gioia di quel mondo ostile che esisteva al di fuori della Quinta Casa. Anche il solo poter passeggiare per il Santuario era cosa che lui stesso si era precluso.

Aiolos si rattristò vedendo per l'ennesima volta quello sguardo sofferente sul volto del suo amico. Non l'aveva sentito lamentarsi nemmeno una volta in quei sette anni. Mai una sola volta si era lasciato andare a caustici commenti o lamentele più che giustificate. Semplicemente, sorrideva gentile come sempre e discretamente allontanava l'attenzione da sé, per poi sparire alla vista di tutti, ritirandosi nell'unico angolo di mondo in cui poteva vivere senza che nessuno lo vedesse. L'unico angolo di mondo in cui poteva stare in pace con se stesso.

“Galan, amico mio, non ti sembra che sia arrivato il momento di perdonarti?”
“Non è questione di perdono. Semplicemente la gente non vuole vedermi. Ricordo a tutti, ogni giorno, che il male esiste, e che si nasconde anche nei luoghi che credevano più sicuri. Non mostrandomi, tolgo a loro un dispiacere ed evito a me l'ennesima delusione.”
“Sei troppo duro con te stesso, Galan.”
“E tu sei troppo buono con me, Aiolos. Ma non fa nulla, ormai ci sono abituato. Mi sentirei strano se per caso gli altri cominciassero a salutarmi, invece di apostrofarmi con i peggiori insulti. Dico davvero. Non ne faccio una colpa a loro, hanno tutte le ragioni del mondo per odiarmi. Ma preferisco evitare. Evitare tutti quelli che non mi vogliono.”
“Non c'è davvero nessuno con cui avresti voglia di parlare, o con cui passare del tempo?”
“Le persone a cui tengo sono quelle che vogliono frequentarmi. Il sommo Aiolia, la giovane Lythos. E poi voi, nobile Aiolos. Lo sai che la tua amicizia è per me la cosa più preziosa.”

Aiolos si concesse un sorriso: sapeva bene quanto le parole dell'amico fossero vere e sinceramente piene di gratitudine.
Per un attimo Aiolos si morse il labbro inferiore, invece che parlare. Voleva discutere con Galan di una questione di una certa importanza, ma non sapeva come la cosa avrebbe potuto farlo reagire. Pregò che il legame di amicizia che li legava fosse abbastanza saldo da permettergli di porre anche quella domanda così indiscreta.

“E non ti piacerebbe poter finalmente abbracciare tuo figlio?”

Galan sussultò, vistosamente.
Sgranò l'occhio sano e per un momento le guance gli si tinsero di rosso imbarazzo. Aprì la bocca per dire qualche cosa, ma le labbra si serrarono un momento dopo, incapaci di lasciar sfuggire una frase di senso compiuto.
Aiolos attese, abbassò lo sguardo per dare modo all'amico di trovare il modo di riprendere il contegno e il controllo di se stesso.
Galan pronunciò cautamente le parole, e in un sussurro, come se mille orecchie indiscrete fossero in agguato per carpire i suoi segreti.

“Come… come hai saputo? Aiolos, in nome degli dèi, come hai saputo? Chi altri ne è a conoscenza?” la voce di Galan tremava.
“Non temere, amico mio.” Aiolos gli strinse affettuosamente il braccio, cercando di tranquillizzarlo. “Nessuno sa niente, non temere. Me ne sono accorto da solo. Ho incontrato il ragazzo l'altro giorno… e ho capito.”

Ilias era rientrato dal suo addestramento solamente la mattina prima. Dopo sei anni il giovane aveva fatto ritorno al Santuario. A casa.
Aiolos l'aveva incontrato solo una volta, il giorno prima che partisse per l'addestramento: un esuberante bambino che sgambettava dietro a Ikki di Phoenix, colui che sarebbe stato il suo maestro. Se avesse saputo chi era la madre, Aiolos non avrebbe potuto che riconoscere in quel giovane fanciullo il viso tondo di Kyriaki, i suoi capelli di spiga e lo sguardo luminoso.
Aiolos non aveva conosciuto bene quella giovane ancella, ma conosceva bene Galan. Era cresciuto con lui, aveva lottato con lui e ci aveva combattuto contro. Avevano riso assieme, condiviso i pensieri, le paure e le speranze, nonché i lunghi anni di duro addestramento. Le loro strade si erano divise – dorata per uno e di servitù per l'altro – ma non si erano mai separati. Nemmeno nel momento più buio si erano allontanati l'uno dall'altro. Né Aiolos aveva voltato le spalle a Galan dopo l'empio furto, né Galan aveva ripudiato la memoria luminosa di Aiolos dopo la Notte degli Inganni. Per sempre legati da quella profonda amicizia di reciproco rispetto
Aiolos conosceva Galan meglio di chiunque altro, e quando aveva visto comparire nell'Arena il giovane Ilias, non aveva potuto fare a meno di notare come il viso si fosse affilato, di come la pelle e i capelli si fossero scuriti, e che il morbido corpo di bimbo aveva lasciato posto alla corporatura slanciata e muscoloso di un guerriero. E gli occhi, quegli occhi gentili erano fermi e risoluti.
Quando Aiolos aveva visto comparire nell'Arena il giovane Ilias, per un attimo credette sgomento di avere davanti un miraggio, un'apparizione, perché quello altri non sembrava che il ragazzo con cui aveva condiviso tutta la sua giovinezza.

“Perché non me lo hai detto?”
“Non volevo che si sapesse. Non lo sa nessuno…”
“Ma perché nemmeno a me? Non ti fidi?”
“Di te mi fido più di chiunque altro al mondo, Aiolos, e lo sai. Ma non voglio che alcuno sappia che Ilias è figlio di un traditore. Speravo di portare il segreto con me nella tomba, soprattutto da quando la madre non c'è più, e con nessuno al mondo che possa confermare che è figlio mio.”
Scese il silenzio, un silenzio teso.
“Perché, Galan, perché?”
“Perché sarebbe macchiato dalla colpa. Sangue del sangue di un criminale! Pensi che qualcuno potrebbe ancora fidarsi di lui dopo averlo saputo?” la voce di Galan tremava di rabbia.
“Non pensare sempre male delle persone…”
“Con tutto il rispetto, Aiolos, ma tu non sai. Non sai quello che hanno fatto passare ad Aiolia solo per il fatto di essere il fratello di un traditore. E non solo le ancelle pettegole, o i boriosi soldati giù alla guardia. Tutti i Saint, perfino i Cavalieri d'Oro erano schierati tutti contro di lui. Se sapessero che Ilias è mio figlio gli riserverebbero lo stesso trattamento, e né tu, né nessun altro potreste fare qualcosa per impedirlo!”
Galan si passò una mano sul volto, come per scacciare qualche cosa di fastidioso.
Sussurrò una preghiera, chiese una promessa: “Ti prego. Non raccontarlo a nessuno.”
“Hai la mia parola, Galan, senza bisogno che tu me lo chieda.”
“Grazie. Davvero.”
C'era ancora tensione nell'aria, ma la tempesta sembrava passata. Galan non amava soffermarsi su quel genere di pensieri e Aiolos non aveva intenzione di arrecare altro dispiacere all'amico.
“Non glielo dirai? Che sei suo padre?”

Galan alzò lo sguardo, dirigendolo istintivamente verso il Tempio della Vergine, come un tempo faceva quando il pensiero correva alla dolce fanciulla che gli aveva donato il cuore e la più luminosa speranza che un reietto avesse mai potuto sperare di avere.
Si era maledetto mille e mille volte per averla cacciata in quel guaio, ma lo stesso non aveva potuto non ringraziare gli dei ogni volta che aveva avuto la possibilità baciarla, abbandonandosi nell'abbraccio delle sue braccia bianche, per un momento dimentico di tutto, di tutto quello che di male c'era nella sua vita. Perché con Kyriaki aveva passato i momenti più sereni di tutta la sua esistenza. Non avrebbe mai potuto ringraziare gli dei abbastanza per il dono che gli avevano fatto. Quella meravigliosa figura dai capelli di spiga, temeraria fanciulla dal cuore immenso.
E ogni tanto, quando il ricordo di lei si faceva sentire più pressante del solito, quando il tramonto era più rosso, o quando distrattamente sentiva nell'aria profumo di rosmarino e di mirto, in quei momenti la mente volava al dolce viso di Kyriaki. Ogni volta gli veniva in mente delle rare, preziose volte in cui si incontravano di nascosto. E da quando il bambino era nato, Galan aveva atteso con il cuore in gola ogni volta che la ragazza decideva di andare a fare una passeggiata con il piccolo a Rodorio. Dal Tempio della Vergine dove prestava servizio, per la Quinta Casa ci dovevano passare per forza, e ogni volta Galan era puntualmente in giardino, a stendere il bucato o a prendersi cura dell'antico ulivo che cresceva poco lontano dall'ingresso sul retro.
Erano incontri fugaci, un saluto quasi brusco se visto da occhi estranei, e quando il bambino era stato in grado di reggersi sulle sue gambe senza aiuto, incredibilmente riusciva ogni volta a sfuggire dalle braccia della madre, e ogni volta Galan doveva andargli dietro per acchiappare quella creaturina lesta lesta. Ilias si lasciava catturare dopo poco, strillando contento quando Galan lo prendeva in braccio. Era l'unico abbraccio che gli era concesso, prima di doverlo restituire alle amorevoli braccia materne. Dita bianche che ne sfioravano altre coperte di calli, in una carezza struggente. E poi di separavano, di nuovo, tornando ancora una volta con i cuori gonfi di affetto ad una simulata indifferenza.

Aveva sofferto oltre ogni dire quando Kyriaki era morta. Aveva sofferto altrettanto quando aveva saputo che Ilias sarebbe partito per l'addestramento.
Non aveva mai potuto fare molto per lui, e il fatto di non poter essere una figura più presente nella sua vita gli aveva sempre straziato l'animo. Ma l'ultima cosa che Galan voleva era condannare anche quell'innocente ad una vita di inganni, beffe e oltraggi. E per questo non l'aveva mai avvicinato più dello stretto necessario.
L'unica cosa per cui non aveva davvero potuto farsi da parte era stato quando il piccolo Ilias – cinque, anzi, sei anni quasi – era stato chiamato a decidere del suo stesso futuro. Rischiare e tentare di diventare un Saint o continuare la vita tranquilla tra le fila della servitù. Una scelta che avrebbe cambiato per sempre la sua vita.
Galan l'aveva raggiunto sulle scalinate, afferrandolo per la collottola e mettendoselo sulle ginocchia. Ma aveva parlato, da uomo a uomo.
Non aveva mai potuto essere stato molto presente nella crescita di Ilias, ma Galan era stato contento, almeno per quella volta, di averlo potuto consigliare in una scelta di vita.
Ed era stato fiero, immensamente fiero, quando aveva saputo che suo figlio era riuscito a terminare l'addestramento. Il suo futuro si prospettava brillante, assolutamente glorioso come era giusto per un degno Saint.
Non aveva alcun diritto di intromettersi.
Nessuno.

“Non glielo dirò” rispose Galan infine, dopo un tempo che sembrò infinito. “Non hai idea di quanto mi piacerebbe, ma non lo farò. Non sarebbe giusto. Ha la sua vita ormai. Io non gli servo.”
Aiolos sorriso comprensivo, ma batté con energia la mano sulla spalla dell'amico.
“Se è questo il tuo volere non cercherò di farti cambiare idea. Ma sappi che è una sciocchezza pensare che un figlio non abbia bisogno del padre!”
Aiolos rise e Galan si concesse di sorridere a sua volta.
Nel suo cuore giurò di non interferire mai nella vita di Ilias. Ma, Zeus lo potesse fulminare, non avrebbe mai perdonato chi mai avrebbe osato farlo soffrire.




“Buongiorno Galan!”
“Sommo Aiolos!”
“Ancora con i saluti formali?”
“Come mai ancora da queste parti?”
“Oh, Galan, amico mio! Sono in un pasticcio e mi chiedevo se tu potevi farmi un favore!”
“Ma certo, Aiolos. Di che si tratta?”
“Il Pontefice ha convocato i Gold Saint, ma avevo preso un appuntamento inderogabile con il mio allievo, e temo che farò tardi alla riunione. Non è che saresti così gentile da andare a portare le mie scuse al Pontefice, mentre io sbrigo il più in fretta possibile la questione con Kosta?”
Galan guardò stupito Aiolos. Che cosa-?
“Che significa tutto questo, Aiolos, non è da te…”
“Ti prego, è una cosa importante!”
Galan sospirò, ma acconsentì.
“Se me lo chiedi così, non posso certo rifiutarmi.”
“Grazie mille!”
Aiolos si era volatilizzato mezzo secondo dopo, e Galan si era affettato lungo le scalinate.

Non comprese lo strano comportamento di Aiolos finché non arrivò alla Sala del Gran Sacerdote. Vi erano riunite talmente tante persone che perfino Galan passò inosservato. C'erano numerosi Cavalieri d'Oro in effetti, ma anche i cinque Bronze Saint, e perfino numerose ancelle. E zia Penelope.
E al centro della sala c'era Ilias. Di fianco a lui Ikki di Phoenix che gli stava borbottando qualche cosa sul fatto che se si fosse innervosito ancora un po' sarebbe andato in pezzi.
“Oh, Galan, anche tu qui?”
“Nobile Aiolia! Veramente…”
“Ah, è sempre emozionante assistere all'investitura di un Saint. Non trovi anche tu?”
Galan mandò un grato pensiero ad Aiolos, ma non poté replicare nulla perché in quel momento entrò il Pontefice e il silenzio scese immediatamente nella sala.
Pronunciò le frasi di rito, e alla fine della cerimonia investì ufficialmente Ilias come Bronze Saint della Croce del Sud.

E mentre tutti quanti uscivano per festeggiarlo, nella foga del momento Ilias si voltò per un attimo verso di lui. I loro sguardi si incrociarono, e la gioia smisurata del figlio fu la stessa del padre.
In quel momento, mentre suo figlio veniva preso sotto braccio da un esuberante Seiya deciso a festeggiare in piena regola, mentre tutti si congratulavano per il suo degno successo, mentre un sorriso pieno di speranza illuminava il volto di Ilias, in quel momento una lacrima sfuggì al controllo di Galan. La fece sparire, asciugandola velocemente.
Erano anni che non piangeva – le ultime lacrime le aveva sparse sulla tomba della sua amata.
Era parecchio che non andava a trovarla, si trovò a pensare con una punta di vergogna.
Però quello senza dubbio era un momento che andava condiviso. Quella sera, al tramonto, le avrebbe portato una corona di spighe dorate – quelle con cui amava adornarsi per gioco i capelli – e una bottiglia di quel vino dolce che avevano condiviso insieme tanti anni prima.

“Kyriaki, anche tu sei fiera di nostro figlio?” lo chiese al vento, che soffiava giocoso tra le fronde argentate dell'uliveto.
Galan ringraziò gli dèi. Li ringraziò come non aveva mai fatto in vita sua.
A lungo – forse per troppo tempo – aveva creduto che la sua vita era stata uno sbaglio. Non si era mai pentito delle sue scelte, non l'aveva mai fatto, perché tutte le decisioni che aveva preso nella sua vita avevano fatto di lui la persona che era. Errori e tutto il resto. Ma solo in quel momento, in cui seguiva con lo sguardo commosso e velato di lacrime suo figlio portato in trionfo, solo in quel momento Galan prese coscienza del fatto che la sua vita era servita davvero a qualche cosa. A qualcosa di incredibilmente buono.
Aveva fatto tanti sbagli nella sua vita, ma Ilias era il compimento della sua esistenza.
Sorrise Galan, sorrise al cielo dalle candide nuvole, sorrise al vento.
Ne era valsa la pena.




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Angolo dell'Autrice:

*C*
Bonsoir, e buona Vigilia a tutti quanti! *___*
Ci tenevo un sacco a presentare questa fic. Era da un pò che volevo scrivere qualche cosa sul buon Galan e finalmente ce l'ho fatta. Merito principalmente di Ayay, come al solito, che ultimamente mi ha fatto amare sempre di più questo splendido personaggio! ♥ È una delle cose davvero buone che l'Episode G (abbraviazione di Episode Galan, è chiaro! È la colonna portante di tutto il fumetto ù.ù) ha prodotto.
Anche voi, amatelo, nutritelo e non lasciatelo mai! 

Buone feste a tutti quanti! *C*


Fatemi sapere i vostri commenti, pareri o critiche.

Grazie a chi vorrà recensire e a quanti leggeranno e basta!

Beat


   
 
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